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Petrolio - Storia del petrolio
 

Il petrolio è un liquido oleoso, denso, infiammabile, di colore fra il giallo e il nero; si trova in superficie ma più spesso nelle profondità della crosta terrestre e in generale nella litosfera dove si è depositato in strati di rocce permeabili racchiusi da strati impermeabili. Si è formato in seguito all'accumularsi di sostanze organiche, in altre parole attraverso la decomposizione di antiche forme di vita acquatiche: alghe, microrganismi, plancton e animali marini. Nel corso dei millenni tali sostanze si sono depositate sui fondali e quindi sono finite nel sottosuolo, in ambienti privi di ossigeno. Qui sono state elaborate da batteri anaerobi, capaci appunto di vivere in assenza di ossigeno. Temperatura e pressione, acqua e gas hanno contribuito alla lentissima trasformazione di questa materia in prezioso petrolio.

Il petrolio era conosciuto e sfruttato già nell'antichità. Nelle pagine dell'Antico Testamento si legge infatti che Dio disse a Noé di spalmare sulle fiancate dell'arca uno strato di bitume che in abbondanza affiorava nella zona.
Nella Mesopotamia, almeno tre mila anni prima di Cristo, esistevano molte fonti di questa sostanza: la più famosa si trovava a Hit, non lontano da Babilonia. Dalle fessurazioni e crepe del terreno fuoriusciva bitume e cospicue quantità di gas che bruciavano in continuazione. Si diceva fossero le "fornaci ardenti" in cui Nabucodonosor, re di Babilonia, aveva gettato gli ebrei. Plutarco scrisse che gli abitanti di quella località avevano dato fuoco a una strada cospargendola di petrolio per impressionare Alessandro Magno.
Nell'antichità si ignorava che il petrolio si trovasse nella profondità della terra; ci si limitava a sfruttare soltanto gli affioramenti superficiali previo un rudimentale trattamento di depurazione che consisteva ne separarlo dall'acqua. Il prodotto così ottenuto divenne a quel tempo una merce commerciabile per impermeabilizzare, per asfaltare le strade e in parte per l'illuminazione.
L'interesse dei popoli antichi fu attratto dall'olio di pietra per le proprietà medicinali. Plinio, nel primo secolo dopo Cristo descrisse ben ventisette rimedi che si potevano attendere da questo prodotto importato a caro prezzo dalla Persia e dalle isole greche.
Nel XIII secolo Marco Polo aveva saputo che presso Baku, nel Caucaso, una fonte forniva olio di pietra, buono da bruciare e per curare una malattia della pelle dei cammelli. A Baku vide alte colonne di fuoco, che bruciavano senza sosta e che venivano adorate dai seguaci di Zoroastro.
Nell'antichità il petrolio non fu utilizzato soltanto per scopi pacifici; il prodotto infiammato trovò diffuso impiego in campo militare. Nell'Iliade, Omero scrisse che i Troiani gettavano sulle navi nemiche un fuoco perenne che produceva una fiamma inestinguibile.
Dal VII secolo i Bizantini fecero uso in guerra di oleum incendiarum, il cosiddetto "fuoco greco". Era una miscela di petrolio, zolfo, salnitro e resina di pino che a contatto con l'aria prendeva fuoco. I Bizantini lanciavano questo materiale contro le navi nemiche, ne impregnavano le punte delle frecce o se ne servivano per fabbricare bombe tanto primitive quanto micidiali che avevano un effetto psicologico notevole. Queste bombe furono impiegate contro le navi dei crociati e per secoli vennero considerate un'arma più terribile della polvere da sparo.
Piccole e veloci imbarcazioni, con a bordo questi antenati dei lanciafiamme passavano in mezzo alle navi nemiche spruzzandole di fuoco. I contenitori erano di grosse dimensioni, simili a otri in pelle con un tubo di rame. Schiacciando l'otre partiva un getto di composto che, una volta acceso, era inestinguibile.
Nel 1853 George Bissell, mentre attraversava la Pennsylvania occidentale, ebbe modo di osservare i metodi primitivi con cui veniva estratto il petrolio. In quei luoghi l'olio minerale, si sprigionava da sorgenti attraverso crepe del terreno e si raccoglieva in pozze oleose miste ad acqua salata. Vide che gli abitanti raccoglievano barili della sostanza scura schiumandola dalla superficie della fonte. Bissell sapeva che quest'olio veniva usato per preparare farmaci curativi del mal di testa, di denti, dei disturbi dello stomaco, dei reumatismi e delle malattie della pelle. Sapeva che quel liquido era infiammabile e da uomo astuto quale egli era, ebbe l'intuizione che si potesse usare non come farmaco, ma come olio illuminante.
George Bissell era un avvocato di New York e insieme a Townsend, presidente di una banca ed altri, aveva costituito un gruppo di imprenditori. Obiettivo del gruppo diventò quello di trasformare l'olio minerale in un fluido utilizzabile per alimentare le lampade.

Questo nella certezza che la nuova sostanza sarebbe stata altamente competitiva rispetto agli olii ricavati dal carbone, che intorno al 1850 stavano conquistando i mercati.
Se si poteva disporre di grandi quantità di olii minerali, si sarebbe ottenuto un basso costo del prodotto che avrebbe permesso di illuminare tutte le città del Nordamerica e dell'Europa. Senza contare che lo stesso olio minerale adeguatamente lavorato poteva essere impiegato per lubrificare le parti mobili dei macchinari.
Bissell incaricò il professor Benjamin Silliman, uno dei più eminenti scienziati di quel tempo, di predisporre uno studio che analizzasse le proprietà dell'olio di pietra, sia come illuminante che come lubrificante.
Silliman si dimostrò entusiasta, parlando di un sicuro successo del rock oil (olio di pietra) quale sostanza illuminante.
L'attesa degli investitori si faceva spasmodica, mentre la ricerca si dimostrava talmente costosa da prosciugare le risorse finanziarie raccolte fino a quel momento.
A fugare ogni dubbio fu la relazione consegnata da Silliman il 16 aprile 1855 che dimostrava le ampie potenzialità di utilizzazione dell'olio minerale. Lo studio accertava che il prodotto poteva essere portato a vari gradi di ebollizione e distillato poi in varie frazioni, tutti composti di carbonio e di idrogeno. Uno di questi era olio illuminante di altissima qualità.
L'incremento demografico e lo sviluppo economico conseguente alla rivoluzione industriale avevano fatto aumentare la richiesta di una illuminazione artificiale che non fosse quella prodotta da uno stoppino immerso in qualche grasso animale o vegetale, sistema diffuso nel corso dei tempi e non sempre disponibile per gente comune.
Chi disponeva di denaro aveva trovato nell'olio di capodoglio una sostanza illuminante di alta qualità e di costo elevato, la cui diffusione avrebbe messo in pericolo l'esistenza di quei cetacei.
C'era poi il "gas di città" distillato dal carbone, che alimentava, mediante condutture i lampioni stradali e le abitazioni delle famiglie del ceto medio e alto. Ma il gas di città era costoso e si faceva perciò sempre più pressante l'esigenza di una sostanza illuminante a prezzo contenuto.
Nel presentare il suo studio il professor Silliman aveva scritto, come conclusione: "senza ombra di dubbio vi sono fondati motivi per ritenere che la vostra società sia assolutamente in grado di trasformare il materiale grezzo di cui disponete, mediante procedimenti semplici e poco costosi, in prodotti di grande validità nel settore dell'illuminazione e della lubrificazione".
A seguito di questo Bissell e soci non ebbero difficoltà a trovare nuovi finanziamenti. Lo stesso Silliman acquistò un certo numero di azioni, conferendo maggior credibilità all'impresa che divenne nota come Pennsylvania Rock Oil Company.
Prima di entrare nel mercato era necessario accertare se le riserve di olio sarebbero state sufficienti ed estraibili a costi contenuti. Di certo non si poteva impiantare un'industria spurgando le superfici delle pozze o strizzando stracci e spugne. Lo scopo dell'impresa era di dimostrare l'esistenza di una riserva sufficiente e sfruttabile di olio minerale. Solo disponendo di quantitativi elevati di materia prima si sarebbe potuto vendere il prodotto a buon prezzo, togliendo dal mercato gli olii illuminanti più costosi.
Scavare in superficie o raccogliere gli affioramenti oleosi non avrebbe assicurato sufficienti quantitativi d'olio minerale, ma c'era una alternativa: la perforazione. C'era l'esperienza delle cave di sale in Cina dove da più di millecinquecento anni si scavavano pozzi profondi anche mille metri.
Verso il 1830 il metodo cinese d'estrazione era stato importato in Europa e negli Stati Uniti dov'era stata introdotta la perforazione dei pozzi di salgemma.
Quella tecnica di perforazione poteva essere applicata anche al petrolio? Se lo chiese George Bissell che considerava l'eventuale risposta positiva a tale domanda il tassello mancante per avviare la sua iniziativa.

Intanto a Tarantum, piccolo centro di poche centinaia di abitanti, un certo Thomas Kier faceva trivellare il terreno lungo le sponde del fiume Allegheny, in cerca di sale. Con rudimentali trivelle azionate a pedale, i cercatori di sale di Thomas Kier scavavano buche su buche, riempiendo di acqua salata i bianchi bacini di essicazione. Quand'ecco che un giorno, attraverso uno dei tanti buchi, anziché scaturire acqua salata scaturisce acqua nera, un'acqua oleosa e pesante, che puzza. Il signor Kier, immediatamente avvertito, corre sul posto disperato e ordina di buttare tutto nel fiume.
L'acqua nera sta a galla; nel giro di pochi giorni l'Allergheny diventa uno scuro lucido nastro color piombo che si snoda tra le foreste della Pennsylvania con strani bagliori azzurri.
Una delegazione di pescatori della costa si reca a Tarantum per protestare: non si può uccidere il fiume per salvare le saline di Kier.
Una notte scoppia l'incendio. Qualcuno ha buttato un tizzone acceso nelle acque; l'Allergheny s'illumina come d'incanto per la lunghezza di un chilometro, sollevando tra le fiamme una pesante coltre di fumo. I pionieri della Pennsylvania assistono stupiti e impotenti al colossale falò che nasce dall'acqua. Thomas Kier, anche osserva l'incendio; immediatamente si rende conto che l'acqua nera, se genera luce e calore, può essere utile quanto, e forse più, dell'acqua salata.
Prima ancora che l'immenso rogo si sia spento ha già preso la sua decisine: metterà l'acqua nera in barili e la venderà per l'illuminazione. Thomas Kier butta sul mercato il petrolio, che, anche se presenta l'inconveniente del fumo, costa poco.
A questo punto entra in azione il figlio Samuel. Il giovane Kier, che ha sempre preferito le ballerine dei saloons di Pittsburg alle saline paterne, conosce gli indiani Senecas e sa che essi portano giù dalle loro montagne un miracoloso "olio di roccia" buono a curare la gotta e i dolori reumatici. Confrontato l'olio di roccia dei Senecas con l'acqua nera delle saline, Samuel si accorge che si tratta della stessa sostanza, Di lì a pochi giorni egli venderà le bottiglie del balsamo al prezzo di un dollaro ciascuna.
La notizia dell'incendio sul fiume Allegheny e dell'olio di roccia si era propagata in più Stati, era giunta a New Haven e a New York. L'olio che scorre tra le grosse pietre dei monti della Pennsylvania, che si nasconde sotto terra, che dà fuoco e calore, quest'olio comincia ad incuriosire banchieri e commercianti, cercatori d'oro e cercatori di vario genere.
A Titusville, la sera del 20 dicembre 1857 dalla diligenza che fa sosta davanti all'American Hotel, scende un distinto signore. E' il colonnello Edwin Drake, di 38 anni. Colonnello di non si sa quale esercito: ma lui si fa chiamare così. Ed è un tipo che, pur non portando pistola alla cintura, incute soggezione e rispetto all'albergatore Billy Robison.
Il misterioso personaggio, disarmato, desta curiosità tra i 125 abitanti di Titusville. Lo si vede andare sulle sponde dell'Allergheny ad osservare i buchi delle saline di Kier, tracciare segni su pezzi di carta, raccogliere zolle di terra e analizzarle sul palmo della mano.
- Chi è? Da dove viene? Cosa vuole?
Alle domande degli avventori neppure Billy Robison riesce a dare una risposta.
- E' un colonnello, - può solo rispondere.
L'enigmatico Drake ha tutta una storia alle spalle. Nato da una famiglia di contadini del Vermont, fin da ragazzo sogna di abbandonare il lavoro dei campi e di spingersi all'Ovest, in cerca di fortuna. Lascia la famiglia e i campi del padre, raggiunge Buffalo. Qui, affamato e senza un dollaro in tasca, s'ingaggia come mozzo sul battello "Wisconsin", che fa servizio lungo le coste del lago Erie. E' sul ponte del Wisconsin, battuto dai più disparati tipi di viaggiatori, che sente parlare per la prima volta dell'olio di roccia dei Senecas. Decide di raggiungere la Pennsylvania. A Tucumseh alloggia all'hotel dell'Ovest, fa il cameriere, quindi si sposta a New York, commesso in un negozio di tessuti e infine conduttore di treni. Raggiunto un certo benessere economico si sposa ed ha due figli.
L'antico sogno dell'Ovest sembra essersi spento tra le pareti domestiche, quando la disgrazia rimette Drake sulla propria strada. All'età di 35 anni gli muoiono moglie e figli. Drake vende tutto e va a New Haven dove conosce il banchiere Townsend. Daccordo col banchiere scende a Titusville per mettere il naso in quell'olio di roccia di cui tanto si parla, e per lo sfruttamento del quale già si sono costituite alcune compagnie.
"Se l'olio viene a galla da un pozzo scavato per raccogliere acqua, perché non farlo più profondo, superare l'acqua e attingere direttamente all'olio stesso?" Questa è la semplice, concreta domanda che egli si pone dopo un lungo esame dei pozzi di sale.
Torna a New Haven e convince Townsend a costituire una compagnia in proprio, la Seneca Oil Company. Drake che non se ne intende troppo di carte e di contratti, non capisce che di questa compagnia lui sarà un semplice impiegato, non un socio. Riparte per Titusville, raccoglie un gruppo di sfaticati, li ingaggia e dà inizio alla prima operazione petrolio.

Siamo nell'agosto 1858. Il pozzo di Drake, azionato da un motore a vapore e da un derrick, frantuma la roccia, scava la terra, scende lentamente in profondità. Le infiltrazioni del fiume però pregiudicano il buon esito dell'impresa. Allora Drake mette nel pozzo un grosso tubo di ferro, dentro al quale la testa del percussore può continuare a battere.
I lavori vanno per le lunghe, il pozzo ha già consumato 2000 dollari e Townsend non concede altro denaro. Drake firma cambiali, si riempie di debiti, vuole raggiungere l'olio.
La mattina della domenica del 30 agosto 1959 il trivellatore Billy Smith, detto "zio Billy", va a dare un'occhiata al pozzo rimasto abbandonato e lo trova pieno di acqua nera. Quello resterà nella storia il "pozzo Drake numero 1".
Gli azionisti della Seneca Oil Company acquistarono immediatamente i terreni circostanti, ma la notizia della scoperta si propagò come un'onda d'urto. Ribattezzata "Oil Creek" (la valle del petrolio), la regione era degna del suo nome e offriva il deprimente spettacolo di uomini che sguazzavano tra le torri di trivellazione, in un mare di fango, petrolio e detriti. Nei primi anni a seguire venne imposta una legge che per lungo tempo dominò l'universo dell'oro nero: il mercato del petrolio si basa sulla domanda.
L'anno seguente alla scoperta di Drake, il prezzo del petrolio raggiunse l'impressionante cifra di 20 dollari al barile ma, a causa dell'inesistenza di significativi sbocchi commerciali, il prezzo scese rapidamente. Nel 1861 il barile non valeva più di 10 centesimi e il prezzo scese ancora, fino a rendere il petrolio un prodotto meno caro dell'acqua.
Nello stesso momento, un uomo di 26 anni, un ex contabile, stava creando una società, la Standard Oil, che avrebbe dominato il mercato mondiale del petrolio e reso John Rockefeller l'uomo più ricco del pianeta. I numerosi produttori e raffinatori si erano scavati la fossa affidandosi ad una concorrenza selvaggia che aveva generato una situazione di sovrapproduzione. Acquistando le loro proprietà, da padrone del gioco, Rockefeller diceva: "se avessero prodotto meno petrolio di quello richiesto, ne avrebbero ricavato il prezzo massimo."
 Il 7 ottobre 1959, per una disattenzione dello zio Billy, il pozzo numero 1 si incendia: soltanto la pioggia riesce ad avere ragione delle fiamme. Rientrato in funzione, il pozzo produrrà 32 barili al giorno.
Al pozzo numero 1 ne seguiranno molti altri, una foresta. Ma la sorte di Drake è prossima alla conclusione. Il banchiere Townsend non gli paga le cambiali, abbandona il colonnello che con tanta tenacia aveva condotto la battaglia per conquistare il fuoco della terra. Egli non serve più. Viene licenziato con 731 dollari di liquidazione!
Drake torna a New York, presso la seconda moglie. Solo qualche anno più tardi lo Stato della Pennsylvania gli riconoscerà una modesta pensione.
Nel 1880, quando il suo funerale attraversò la città, qualcuno disse di lui:
" E' morto di freddo dopo aver incendiato il monTuttitemi - Petroliodo."

 

Ai tempi di Drake il petrolio veniva sottoposto ad una rudimentale distillazione e una delle frazioni, il cherosene, si rivelò adatta come olio per le lampade; fino allora il principale olio per illuminazione era quello di balena, ma la richiesta di olio di balena aveva portato all’impoverimento delle popolazioni di balene e il nuovo “olio” risolveva un problema di esaurimento di una risorsa naturale divenuta scarsa.

Negli anni successivi furono perfezionate le tecniche di “distillazione frazionata” del petrolio greggio con le quali si potevano ottenere varie sostanze, alcune più volatili, altre più “dense”; la scoperta del petrolio “americano” diede una spinta decisiva all’uso commerciale della nuova risorsa, apparentemente abbondante, offerta dalla natura. Si può quindi ben dire che il pozzo di Drake, 150 anni fa, segnò l’inizio di una nuova era, nel bene e nel male. Intorno al petrolio si scatenò ben presto una guerra per il diritto di sfruttamento dei giacimenti; nel 1865 entra in scena John Rockefeller (1839-1937) che comprò una traballante raffineria di petrolio e la potenziò col nome di Standard Oil. In quell’anno era finita la guerra civile americana e, con l’unificazione fra stati industriali del Nord e stati agricoli del Sud, l’America era assetata di energia. Il petrolio doveva essere trasportato dai pozzi alle raffinerie e Rockefeller costruì i primi oleodotti; i derricks, le torri che sostengono le trivelle dei pozzi petroliferi, apparvero sempre più spesso nell’orizzonte di sempre più numerose zone del mondo.

Il successo commerciale dei derivati del petrolio ne fece aumentare l’estrazione in Russia e nelle colonie britanniche, da cui il petrolio arrivava in Europa con navi petrolifere che, dal 1892, potevano passare attraverso il canale di Suez. Aumentavano le grandi compagnie petrolifere: la Standard di Rockefeller, i russi, la britannica Shell, l’olandese Royal Dutch che sfruttava i pozzi delle colonie del Sud-est asiatico. Nel vocabolario entravano parole nuove come “trust”, accordo fra le compagnie per spartirsi il mercato tenendo alti i prezzi e, naturalmente, i guadagni dei pochi baroni del petrolio. Il perfezionamento del motore a scoppio e la sua applicazione alle automobili e agli aeroplani, fece aumentare, nei primi anni del Novecento, la richiesta di petrolio e dei suoi prodotti di raffinazione e tale aumento fece aumentare a sua volta la richiesta di automobili e di aerei.

Gli usi militari durante la prima guerra mondiale (1914-1918) e gli anni della frenesia consumistica del dopoguerra videro l’esplosione dell’industria petrolifera. Una nuova svolta nella storia del petrolio si chiamò “Texas” e si ebbe intorno al 1930; bastava fare un buco per terra che nel Texas sgorgava petrolio e si formavano sterminate ricchezze. L’atmosfera di quel tempo è ben riprodotta nel film “Il gigante” di Gorge Stevens (1956) con James Dean (fu il suo ultimo film), che interpreta un giovane povero bracciante a cui il padrone aveva regalato un pezzetto delle sue immense proprietà texane, e che scopre che nel sottosuolo c’è petrolio (celebre la scena del protagonista che fa la doccia sotto il primo getto di petrolio) e diventa ricchissimo.

Petrolio fonte di immense ricchezze e povertà, fonte di inquinamenti e di conflitti. Afghanistan, Iran, Iraq, Sud America, Libia, Indonesia, Caucaso, Ucraina, Nigeria: dovunque ci sono guerre, morti per violenza e per fame, c’è lui, il petrolio, ci siamo noi con la nostra sete di benzina e di elettricità. Petrolio che oggi occorre estrarre da pozzi sempre più profondi, sotto gli oceani, fra i ghiacci polari, da giacimenti che mostrano i segni di impoverimento o esaurimento.

 

Petrolio nel 2000

Da 11 anni la quota di petrolio nei consumi mondiali di energia continua a diminuire: si è passati dal 41% del 2000 a meno del 37% nel 2010.
Tuttavia la domanda di energia continua a crescere fortemente, per cui la quantità di petrolio consumata, pur in diminuzione come percentuale, continua a crescere in valore assoluto. Nel 2010 si è toccato il nuovo record storico, con un incremento di +3,1% rispetto al 2009 secondo il recente rapporto del WorldWatch Institute.

Il petrolio è dunque ancora saldamente la principale fonte di energia primaria nel mondo.

Se si va a guardare chi consuma più petrolio emergono però alcune differenze. Si riduce, infatti, il “gap” nel consumo di petrolio tra i Paesi industrializzati e quelli emergenti e in via di sviluppo. I primi sono responsabili del 52,5% del consumo mondiale di petrolio e i secondi del 47,4.
Ma, mentre i Paesi più sviluppati a partire dal 2005 hanno contratto i propri consumi di greggio (-7%) puntando sulle fonti rinnovabili e sull’aumento dell’efficienza energetica, i Paesi in via di sviluppo continuano a utilizzare il petrolio (oltre al carbone, che la fonte che sta registrando i maggiori sviluppi) per soddisfare la loro crescente fame di energia. Con il risultato di aver aumentato i loro consumi del 20% negli ultimi cinque anni.

Oggi, circa il 33% dell’incremento registrato da petrolio e prodotti derivati viene dalla Cina, che attualmente consuma il 10% del petrolio mondiale. A seguire Brasile, Russia e Medio Oriente responsabili di circa la metà dei maggiori consumi.
 

I consumi mondiali di petrolio sono aumentati nel 2011 dello 0,7% così da raggiungere una consumo giornaliero di 88,03 milioni di barili. Lo afferma un nuovo studio di Worldwatch Institute per Vital Signs Online. È rilevante che l’aumento della domanda sia di molto inferiore a quello del 2010 che era stato del 3,3%, e seguiva il calo dell’1,3% del 2009 a causa della fase più acuta della crisi.

Mentre i consumi in Cina nel 2011 sono aumentati del 5,5% (la Cina copre circa l’85% della crescita globale netta dei consumi di petrolio) e nell’ex Unione Sovietica del 5,7%, si registrano decrementi nell’uso dell’oro nero negli Stati Uniti (-1,8%) e nell’Unione Europea (-2,8%); quest’ultima è l’area più dipendente dalle importazioni (90%).

Diminuisce quindi il divario nei consumi petroliferi tra i Paesi OCSE e le economie emergenti, con valori percentuali rispettivamente di 51,5% e 48,5% sul totale. Nel grafico i consumi di petrolio per area geografica dal 1965 al 2011.
Per l’analisi di Worldwatch Institute il petrolio nel 2011 resta la prima fonte primaria mondiale, ma la sua quota diminuisce per il dodicesimo anno consecutivo, per arrivare ora al 33%.

Anche nel 2011 si è avuto un adeguamento dell’offerta. Infatti la produzione è cresciuta dell’1,3%, così da toccare gli 83,58 milioni di barile/giorno. Il maggiore contributo di questo incremento è arrivato dai Paesi OPEC, che nel complesso hanno aumentato nel 2011 la produzione del 3%, mentre nei Paesi non-OPEC si è avuto un calo dello 0,1%. In termini percentuali la produzione petrolifera mondiale cresce meno di quella del gas naturale (+3,1%) e del carbone (+6,1%).

I disordini degli ultimi mesi nel Medio Oriente e nell’Africa del Nord hanno avuto un impatto negativo nella produzione di olio. In Libia, per esempio, questa è crollata del 71% (da 1,7 milioni a 479mila b/g) per coprire solo lo 0,6% della produzione mondiale. Anche le tensioni e i conflitti interni in Iran, Siria e Yemen hanno causato un declino della produzione annuale rispettivamente dello 0,6, 13,7 e 24%.

I Paesi dell’OPEC controllano il 72,4% delle riserve petrolifere mondiali e l’area del Medio Oriente mantiene la quota maggiore di riserve di qualsiasi area del Pianeta con il 48,1%. Un fattore che molti Paesi, come USA, Cina e UE, dovranno valutare per la loro sicurezza energetica.

Per quanto concerne i prezzi del greggio al West Texas Intermediate (WTI) in media nel 2011 hanno raggiunto 94,83 $/barile, non lontano dalla media del 2008, anno con i picchi di prezzo più elevati, pari a 99,67 $/b.