L'inferno esiste?

E' vuoto?

 

  

All’Inferno non ti mandano: ci vai tu, perché tu scegli di essere lì. L’Inferno è volere allontanarsi da Dio perché io non voglio l’amore di Dio. Questo è l’Inferno. Va all’Inferno soltanto colui che dice a Dio: “Non ho bisogno di Te, mi arrangio da solo”, come ha fatto il diavolo che è l’unico che noi siamo sicuri che sia all’Inferno». In queste poche e semplici parole di Papa Francesco è racchiusa tutta la dottrina cattolica sull’Inferno.

Innanzitutto, non c’è alcuna contraddizione tra l’infinita misericordia di Dio

 e l’esistenza dell’inferno: quando l’uomo sceglie egoisticamente di eleva

rsi sopra Dio, di preferirsi a Dio, di essere dio di se stesso, semplicemente viene rispettato dal  Creatore, che ratifica la libera volontà dell’uomo e, accogliendo la sua volontà, lo tiene lontano da Sé. L’inferno è opera dell’uomo, non di Dio, ne abbiamo parlato approfonditamente nell’aprile scorso. In secondo luogo, il dogma cristiano ci impegna a credere che l’inferno è lo stato eterno (non un luogo, uno stato) di chi lascia questa vita in peccato mortale, ma non ci impegna a credere che qualcuno sia morto o muoia, in peccato mortale. «La dannazione», ha spiegato Giovanni Paolo II, «rimane una reale possibilità, ma non ci è dato conoscere, senza speciale rivelazione divina, se e quali esseri umani vi siano effettivamente coinvolti».

Da qui a sostenere, però, che l’inferno esiste ma è vuoto bisogna fare un salto enorme, ingiustificato e sbagliato. Chi lo afferma spesso fa risalire questa convinzione al celebre teologo Hans Urs von Balthasar, ma egli non volle mai dire una cosa del genere come ha spiegato recentemente anche il teologo padre Angelo Bellon. Lui stesso chiarì: «Sono state ripetutamente travisate le mie parole nel senso che, chi spera la salvezza per tutti i suoi fratelli e tutte le sue sorelle, “spera l’inferno vuoto” (che razza di espressione!). Oppure nel senso che chi manifesta una simile speranza, insegna la “redenzione di tutti” (apokatastasis) condannata dalla Chiesa, cosa che io ho espressamente respinto: noi stiamo pienamente sotto il giudizio e non abbiamo alcun diritto e alcuna possibilità di conoscere in anticipo la sentenza del giudice» (H.U. Von Balthasar, “Sperare per tutti. Breve discorso sull’inferno”, Jaca Book 1997, p.123).

Ne ha parlato in modo approfondito nel 2008 padre Giandomenico Mucci, gesuita e redattore de La Civiltà Cattolica, concludendo: «Basti questo testo a quanti ripetono per abitudine la formuletta dell'”inferno vuoto” della quale sono responsabili le fin troppo grossolane deformazioni sui giornali».

Il peccato esiste, l’uomo ne è tentato in quanto indebolito dal peccato originale che si porta dentro: vuole il bene, ma sceglie il male. La misericordia di Dio è infinita e perdona tutto ma, a patto che, si percepisca il nostro essere peccatori. Per questo, si dice, Dio ama e salva gli umili. Invece, ci ha spiegato Francesco, «il corrotto non conosce l’umiltà, non si ritiene bisognoso di aiuto, maschera il suo vizio con la buona educazione, facendo sempre in modo di salvare le apparenze». . Parole simili a quelle di Benedetto XVI: «Dio non costringe nessuno alla salvezza. Dio accetta la libertà dell’uomo. Non è un incantatore, che, alla fine, sistema tutto e realizza il suo “happy end”. E’ un vero padre; un creatore che afferma la libertà, anche quando essa lo rifiuta. Per questo la volontà salvifica di Dio non implica che tutti gli uomini giungano necessariamente alla salvezza. C’è la potenza del rifiuto. Dio ci ama. Dobbiamo solo essere tanto umili da lasciarci amare. Ma dobbiamo continuare a chiederci se non abbiamo la presunzione che vuole fare da sé; se non priviamo l’uomo creatura e il Dio creatore della loro grandezza e dignità, togliendo alla vita dell’uomo la sua serietà e riducendo Dio a un incantatore o a una sorta di nonno, rispetto al quale tutto è indifferente. Anzi, è proprio l’incondizionata grandezza dell’amore di Dio a non escludere la libertà del rifiuto e, quindi, la possibilità della dannazione» (J. Ratzinger, “Il Dio vicino”, San Paolo 2008)

L'inferno è una di quelle verità che oggi vengono sottese o date per scontate, che sono "chiacchierate" ma non prese sul serio, lasciate ancora in quel tratto della teologia dove c'è esposto il cartello "lavori in corso".
Non ci sfiora neppure la mente né proviamo timore di essere scacciati dal regno di Dio per essere gettati dagli Angeli nell'inferno, anzi abbiamo la convinzione che sia l'invenzione di un retaggio ormai sorpassato. Così la realtà tragica della condanna eterna descritta nei Vangeli si è trasformata sino a divenire una favola per adulti.


L'inferno esiste? Ecco le prove della ragione


Giustizia deriva dal latino iustitia che a sua volta deriva da iustus "giusto" e questo da ius, diritto, ragione. L'ideale di giustizia, in ciascuno di noi, si fonda sul concetto di riconoscere a ciascuno ciò che gli è dovuto. Pur con tutti i limiti di una giustizia che inevitabilmente si discosta dal nostro concetto ideale, la giustizia impone la condanna per coloro che violano la legge, ossia prevede il castigo per coloro che hanno commesso un reato.

D'altra parte in quasi tutti i campi dell'attività umana tanto per citare la scuola, i voti sono relativi alla preparazione dello studente, alti per gli studenti bravi e brutti per gli studenti non volenterosi. Se dunque noi che siamo imperfetti prevediamo la possibilità del premio o del castigo, tanto più Colui che dovrebbe applicare la giustizia perfetta per l'uomo dovrà dare secondo equità.

Come è possibile immaginare una Giustizia divina protesa a premiare gli assassini, gli immorali, i sacrileghi, gli empi e gli iniqui? Per tutti coloro che hanno calpestato ogni sentimento, ogni pietà e si sono nutriti dell'ingiustizia pur di soddisfare ogni loro brama, in nome di che cosa dovrebbero meritare il gaudio e la gioia eterna? Forse di un pentimento che non si è nemmeno affacciato nelle loro coscienze. Forse in nome di una Misericordia divina che è stata intesa come pretesto ad ogni illecito. Questa è la giustizia divina pensata addirittura inferiore a quella umana? In realtà la Misericordia di Dio non può scontrarsi con la Sua perfetta Giustizia e tanto meno distruggerla. La Misericordia per poter concedere il perdono pretende il pentimento.


Le prove della rivelazione


Dio ha voluto svelare all'uomo cose a lui misteriose. Nel Vangelo Gesù ha più volte ammonito con parole che non ammettono alcun fraintendimento, che arriverà nel tempo stabilito il giorno del Giudizio ed a ognuno sarà dato secondo giustizia; il premio per i buoni e il castigo per i malvagi. Che non sia facile percorrere la via del bene è lo stesso Gesù a svelarcelo. "Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanta stretta è la porta e angustia la via che conduce alla vita, e sono pochi quelli che la trovano!" (Mt 7,13-14). In quel tempo gli Ebrei credevano di aver diritto al Paradiso soltanto perché erano discendenti di Abramo, Gesù in un modo molto efficace li ammonisce: "Ora io vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti" (Mt 8,11). Gesù instancabilmente ci esorta ad impegnarci in quanto "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7,21).

Questo impegno deve portare inevitabilmente molti frutti altrimenti "Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco" (Mt 3,10). Sovente Gesù ribadisce il concetto della solerzia verso le cose di Dio: "Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano" (Gv 15,6). Il fuoco come castigo ricorre anche per gli operatori di scandali: "Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è bene per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geèna, nel fuoco inestinguibile" (Mr 10,43). La Geenna, o la Valle dell'Hinnom, era un luogo vicino a Gerusalemme dove si bruciavano le immondizie, ma anche il luogo dove al tempo del dominio cananeo venivano eseguiti sacrifici di bambini tramite roghi e che valeva come luogo di giudizio divino. Per coloro che non credono nell'esistenza dell'inferno attraverso la parola rivelata, ci sarà ancora qualche speranza di ripensamento? Gesù stesso ci risponde attraverso la parabola del ricco epulone: "Allora, Padre ti prego di mandare Lazzaro a casa da mio padre, perché ho cinque fratelli. Li metta in guardia, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se fra i morti qualcuno andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti" (Lc 17,27-30).
Come avverrà il Giudizio è Gesù stesso a rivelarcelo: "Quando il figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, sederà sul trono della sua gloria [...] Egli separerà gli uni dagli altri [...] venite benedetti del Padre mio, riceverete in eredità il regno [...] Poi dirò anche a quelli che saranno alla mia sinistra: via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli [...] e se ne andranno: questi al supplizio eterno" (Mt 25,31-46).

Chi saranno i maledetti? "I maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna" (Ap 22,14).
Ecco, io vengo presto e ho con me il salario per rendere a ciascuno le sue opere.

La prova più forte dell'esistenza dell'inferno è data proprio dalle parole di Gesù. Dubitare o negare di questa tremenda verità sarebbe come distruggere il Vangelo, dubitare dell'esistenza della luce del sole.

La "dannazione" non va attribuita ad un progetto di Dio, perché nel suo amore, egli desidera la salvezza degli uomini, in realtà sono le creature che si chiudono al suo amore. La "dannazione" in sintesi consiste proprio nella definitiva lontananza da Dio liberamente scelta dall'uomo, la sentenza dopo la morte ratifica proprio questo stato.

La dannazione è una realtà possibile e il pensiero dell'inferno deve rappresentare un necessario monito alla libertà di peccare.

La logica del peccato è l'Inferno. Se il peccatore permane nel peccato, se prova rimorso ma questo non si trasforma in pentimento, la Misericordia Divina non può intervenire, perché Dio non può perdonare una volontà che in nessun caso mai si pente, che mai gli chiede perdono, che sempre gli è ribelle. Sarebbe paradossale pretendere da Dio il dono della vista dopo essersi strappati gli occhi e non voler ricorrere al Suo aiuto.

Paradossalmente la riflessione sull'inferno ci mette comunque di fronte alla nostra responsabilità in modo molto efficace e ci fa recepire che la nostra scelta del bene è veramente il "caso serio" da non poter eludere e tanto meno da snobbare.

Di seguito potrai comprendere meglio su quale fondamento si basa la tremenda verità dell'inferno, le pene e i tormenti dei dannati, attraverso le argomentazioni e le visioni di Santi tra i quali Veronica Giuliani, Teresa D'Avila, Faustina Kowalska, Emmerick, Alfonso, Agostino, per comprendere questo luogo infelice e a prendere sul serio la possibilità reale di poter sprofondare in quel luogo di tormento ed essere infelici per sempre.