Suddivisione della
Preistoria in periodi
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Il paleolitico |
E’ un periodo di continui cambiamenti climatici
entro cui si alternano glaciazioni e interglaciazioni. Si contano
quattro glaciazioni; le glaciazioni erano epoche caratterizzate da clima
polare. L’Europa era completamente ghiacciata con esclusione delle
coste del Mediterraneo.
Durante i periodi interglaciali il clima era temperato e piovoso. |
Ominazione |
Comparsa dell’uomo sulla terra
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Homínidi
Paleolitico inferiore
Australopiteco |
Per disporre di dati concreti sulla linea evolutiva dell'uomo
bisogna arrivare a 3-4 milioni di anni fa, età a cui si datano
reperti appartenenti al genere denominato Austrelopithecus.
Gli australopiteci rappresentano un gruppo eterogeneo vissuto in un
periodo compreso tra 3,6 e 1,4 milioni di anni fa e costituite
da specie diverse. Il più antico, l'Australopithecus afarensis, è stato scoperto in Etiopia,
nel deserto degli Afar; questo ritrovamento fortunatissimo ha portato
alla luce quasi la metà dello scheletro di un individuo di sesso
femminile che è stato ribattezzato con il nome di Lucy.
L'analisi della forma delle
ossa, perfettamente conservate, ha permesso di stabilire che
questo ominide camminava con portamento eretto in maniera non
molto dissimile dalla nostra. Il cranio poteva ospitare un
cervello ancora relativamente piccolo (400 centimetri cubi: la
capacità cerebrale dell'uomo attuale è di 1300 cc).
Un'altra
specie di australopiteco, più recente di Lucy, è stata
denominata Australopithecus africanus; poco più alto del suo
predecessore, quest'ominide aveva comunque la stessa capacità
cranica. I resti fossili venuti alla luce hanno permesso di
distinguere altre due specie di questo gruppo: Australopithecus
robustus e Australopithecus boisei, entrambi più grossi e più
massicci dei precedenti.
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Homo Habilis |
Evoluzione
esosomatica, cioè non mediante modifiche del corpo ma mediante l'uso di
manufatti.
L' Homo abilis è sempre stato considerato il primo
membro della famiglia umana. Si differenzia dai precedenti
ominidi per la capacità di usare utensili e la più grande
struttura cerebrale. E’ un antenato importante che viene da un
periodo cruciale della preistoria, un periodo in cui abbiamo
cominciato per la prima volta a vedere strumenti di pietra, in
cui gli ominidi avevano appena iniziato a utilizzare grandi
animali come fonte di cibo, e durante il quale la dimensione del
cervello aveva cominciato a ingrandirsi in modo significativo.
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Homo Erectus |
Compare in Africa circa 1.600.000 anni fa nella zona
della RIFT Valley il cosiddetto Homo Erectus. Dall' Africa Orientale si diffonde rapidamente
in Europa e in Asia: l'Homo erectus è quindi il primo ominide a
diffusione intercontinentale. Scompare circa 250.000 anni fa. La
sua capacità cranica è compresa tra 800 e 1200 cm3 e
il suo scheletro è simile al nostro.
L'Homo erectus è un
cacciatore e raccoglitore; egli impara a
utilizzare ed a
produrre IL FUOCO,
a
fabbricare strumenti di pietra (industria litica), a
costruire CAPANNE con le fronde degli alberi,
a
costruire muri
di pietra.
Il dominio del fuoco è una conquista di importanza
fondamentale. Tutto questo, insieme con la capacità di costruire
efficienti ripari, permette all' uomo di abbandonare i climi
tropicali di cui è originario e di spostarsi verso i climi più
rigidi. L'Homo erectus era più alto dell' Homo habilis e aveva
il cervello più sviluppato. Viveva regolarmente in luoghi in cui
restava per un tempo più prolungato. L'Homo erectus era in
grado di dare la caccia a grossi animali , spesso utilizzava la
pelliccia per ripararsi dal freddo. Macellava le prede ed era in
grado di costruire muri in pietra come riparo. |
Paleolítico Medio |
Homo di Neanderthal (da 300.000 a 35.000 anni a.c.) e homo sapiens
(circa 300.000 anni a.c.)
Aspetto moderno. Praticamente ha perso tutti i caratteri
primitivi. Gli strumenti che costruisce denotano una tecnica
notevole. Il suo cervello misura 1500 cm3. Le sue
mani possiedono la nostra stessa abilità. E’ abile nella caccia.
E’ capace di pensiero astratto e di idee creative. Conosce e
produce il fuoco; costruisce oggetti complessi.
Le razze più diffuse sono i caucasoidi, i mongoloidi e i negroidi.
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Homo di Neanderthal -
homo sapiens
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L'uomo di Neanderthal e l'homo sapiens non sono parenti.
Lo sostiene uno studio di ricercatori dell'Università di Ferrara
secondo il quale le due specie sono rimaste sempre distinte
Il
test del Dna per l'uomo di Neanderthal e alcuni esemplari di
Homo sapiens dimostra che i due gruppi, pur avendo abitato
insieme in Europa, non si incrociarono tra loro, rimanendo
sempre due specie distinte, fino a che Neanderthal, perdendo la
battaglia evolutiva con Sapiens, si estinse.
Il test del Dna mostra
che i nostri geni non hanno ricevuto alcuna eredità sostanziale
da Neanderthal, cosa interpretata dagli scienziati come
risultato del fatto che il nostro diretto antenato non si è mai
accoppiato con uomini di Neanderthal, limitandosi a dividere con
loro i territori colonizzati durante il tardo Pleistocene, circa
40 mila anni fa.
Mentre il Dna degli uomini contemporanei è praticamente identico
a quello degli antenati homo sapiens, quello di Neanderthal
differisce nettamente da entrambi
Il Dna di Homo Sapiens non è quasi per niente
cambiato negli ultimi 25 mila anni, mentre i Neanderthaliani
avevano caratteristiche genetiche a sé, mantenute tali fino alla
loro estinzione.
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Paleolítico Superiore |
Homo
Sapiens Sapiens: Uomo di
Cro Magnon (inizia circa 40.000 anni fa)
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Homo
Sapiens Sapiens
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1900 cm3 di cervello.
Pensiero astratto e idee creative
Linguaggio - 2 gruppi linguistici dominanti:
Indoeuropeo e uralico (caucasoide+mongoloico)
Abita in case costruite e in grotte.
Pratica riti funebri.
Crea una cultura
Pratica cacce organizzate.
L'uomo di Cro Magnon credeva che quando la natura offriva
l'abitazione, era bene sfruttarla. Sull'entrata della grotta
spesso essi stendevano alcune pelli sorrette da un'armatura di
rami per chiudere l'imboccatura e consentire all'ambiente di
riscaldarsi.
Al centro della grotta ardeva un fuoco che serviva per
riscaldare e per cuocere le carni.
Nelle caverne troviamo anche le prime forme di pittura in quanto
intere pareti, spesso in luoghi bui e difficilmente accessibili,
sono state dipinte con figure di animali, cervi, cavalli,
bisonti, mammut e di uomini. Queste figure, frutto di un lavoro
lungo, accurato e impegnativo facevano parte probabilmente di
una sorta di rito magico per assicurarsi il successo della
caccia, si credeva forse che colpire l'animale rappresentato
durante il rito avrebbe favorito la sua cattura. |
Caratteristiche del
Paleolitico
Economia:
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Economia fondamentalmente predatoria: caccia,
pesca, raccolta. Gli ominidi nomadi e la popolazione era molto
ridotta.
Non poter nutrire i piccoli era un grosso problema per i
nomadi per cui alcune tribù praticavano l’infanticidio. Le tribù
erano poco numerose. Non possedevano il concetto di conservare
le provviste, la proprietà privata e la divisione sociale del
lavoro.
La popolazione aumenta nel paleolitico superiore. Il
ritrovamento della Venere del paleolitico ci indica che esisteva
il desiderio di aumentare il numero dei figli. Il dominio del
fuoco e la capacità di costruire permise agli uomini di
difendersi dal freddo e dalle belve e ancora di migliorare
l’alimentazione.
Nel paleolitico superiore i membri della tribù collaboravano
nella caccia, avevano un capo, lo sciamano, che dirigeva la
caccia e teneva funzioni religiose. La caccia diventava più
efficace e permetteva di nutrire più facilmente i piccoli.
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Nuovi strumenti |
Non solo in questo periodo aumenta la quantità e la qualità
di strumenti di selce specializzati, ma aumentano anche gli
strumenti che servono unicamente a fabbricarne altri e che
dimostrano quindi nei loro costruttori un’elevata capacità di
progettazione. Tra tutti emerge il bulino, un attrezzo appuntito
di pietra, ideato per incidere ossa, corna di cervo, avorio e
legno in modo da ricavarne altri attrezzi di uso quotidiano.
Il
primo minatore di cui ci siano restate le tracce fu schiacciato
in Belgio dal cedimento di una galleria, mentre lavorava col suo
piccone di corna di renna. Quando la selce divenne un materiale
di largo consumo non ci si accontentò più di quella che si
trovava sulla superficie della terra, ma si scavarono delle vere
e proprie miniere con pozzi e gallerie. L’arco, usato come arma
per la caccia ai cervi, e sfruttato nella sua applicazione
pacifica: il trapano. In questo caso la cinghia viene avvolta
strettamente al paletto appuntito compiendo diversi giri; poi la
si srotola velocemente muovendo avanti e indietro l’archetto e
provocando il movimento rotatorio del trapano.
Col bulino furono
costruiti pugnali, aghi di osso dotati di cruna, fibbie e
persino bottoni. Alcune statuette rivelano che questi popoli
portavano indumenti di pelle cuciti, con maniche e pantaloni,
che accrescevano notevolmente l’efficienza dei cacciatori
durante i rigidi inverni della quarta glaciazione.
Tra i
progressi tecnici va segnalata anche l’invenzione della tecnica
dell’incastro. Ormai le lance sono munite regolarmente di punte
uncinate d’osso, di corno di cervo o di selce e alcune
affilatissime lame di selce sono fissate in manichi di osso o di
legno. Prima di allora tutto veniva direttamente impugnato dalla
mano: l’incastro è il primo passo verso l’uso di un dispositivo
meccanico. Proseguendo su questa via, gli uomini paleolitici.
munirono le loro zagaglie di lunghe aste che, sfruttando il
principio della leva, aumentavano la capacità di lancio del
braccio e, infine, inventarono l’arco. Esso aprì grandi
possibilità alle comunità che lo usavano, e non solo come
propulsore per le frecce e quindi come strumento per la caccia;
subito si scoprì che esso forniva il mezzo per far girare
rapidamente un’asticciola munita di punta e ne nacque il trapano
ad archetto, che venne poi usato ininterrottamente per tutta
l’antichità, fino al medioevo.
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Arte e magia |
L’aspetto più sorprendente di quest’epoca della storia umana
è che per ventimila anni, dal 30.000 al 10.000 a.C., essa
produsse anche una quantità incredibile di opere d’arte:
statuette d’argilla e di pietra, trovate a migliaia in Europa,
dagli Urali all’Atlantico, e inoltre pitture e graffiti
rinvenuti sulle pareti delle cento e più caverne scoperte in
Francia, in Spagna e in Italia. Esse rappresentano le più
antiche espressioni artistiche dell’uomo e occupano un periodo
che rappresenta ben due terzi dell’intera storia dell’arte.
Quali furono i motivi precisi che spinsero gli uomini di
Cro-Magnon a occupare una parte del loro tempo in attività
apparentemente prive di uno scopo pratico, non lo sappiamo. E´
certo però che esse non scaturivano da ciò che oggi chiamiamo
"senso estetico", che, molto sommariamente, può essere definito
come l’apprezzare qualcosa non perché serve, ma solo perché
piace. Gli artisti preistorici non dipingevano per «arredare» le
caverne. Colori e forme, anche se non avevano l’utilità concreta
di un attrezzo, rispondevano certamente a un’esigenza fortemente
condivisa da tutta la comunità; ed è probabile che essa fosse
quella di calmare le ansie create dalla difficoltà di trovare
cibo. Le opere di Cro-Magnon insomma, avevano certamente un
significato magico-religioso
Ce lo fanno pensare, in primo luogo, le statuette femminili,
fatte di avorio di mammuth o di pietra: minuscole «Veneri» —
così sono state chiamate — coi seni molto pieni, il ventre
gonfio tipico di una donna incinta e completamente nude.
I cacciatori paleolitici erano assillati dal problema della
fame. La loro dieta si basava quasi esclusivamente sulla carne
dei grandi animali (renne, bisonti, cervi, mammuth, a seconda
delle zone e delle epoche) alla quale potevano aggiungere al
massimo tuberi e frutti selvatici, lumache, molluschi, insetti,
in qualche caso pesci. I grandi animali erano dunque
indispensabili per la vita della comunità; se venivano colpiti
da un’epidemia, se i pascoli inaridivano, se i cambiamenti
climatici li costringevano a emigrare, tutti i gruppi umani che
vivevano cacciandoli entravano in crisi. La magia fu forse
all’origine una «tecnica » elaborata dagli uomini per placare le
ansie create dalla difficoltà di procurarsi la selvaggina. Nei
riti magici — a quel che possiamo supporre — i cacciatori
«mimavano », cioè imitavano, in una specie di danza collettiva
tutti i gesti che avrebbero compiuto cacciando: indossavano le
pelli degli animali che avrebbero ucciso, forse ne ripetevano il
verso, scagliavano le armi contro immagini di argilla che li
riproducevano a grandezza naturale, oppure si limitavano a
dipingerli su una parete. Tutte queste usanze (dalle quali sono
forse nate la danza, la pittura, le arti plastiche, la musica
ecc.), che sopravvivono presso i popoli «primitivi» odierni, le
possiamo ricostruire, anche se con notevoli margini
d’incertezza, dalle testimonianze archeologiche. Alla base dei
riti di magia c’è la convinzione che in ogni essere e in ogni
evento sia contenuta una forza di cui ci si può appropriare:
indossando la pelle del cervo il cacciatore «diventa» cervo,
cioè si impadronisce della sua forza, abilità e velocità, e
quindi può batterlo e catturarlo; mimando i vari momenti di una
caccia fortunata, la comunità si garantisce il buon esito della
caccia vera e propria; allo stesso modo la forza di un animale o
la fertilità della terra possono essere assorbite dal gruppo
umano semplicemente riproducendone le sembianze o i simboli con
la pittura o con la scultura.
Parti del corpo legate al parto e alla nutrizione sono
talmente evidenziate, che sembrano ispirate a una sorta di culto
della fecondità, diffuso in tutta l’area europea e destinato a
propiziare la nascita di uomini e di animali, due condizioni
essenziali per la sopravvivenza delle comunità. Anche nelle
pitture delle caverne ci sono elementi che confermano
quest’ipotesi. Il ruolo principale non è mai attribuito
all’uomo, né agli animali feroci che potevano minacciarlo, ma
proprio agli animali che costituivano la sua preda di caccia. E
questo, come abbiamo visto, è un sintomo del desiderio di
impadronirsi «magicamente» della selvaggina. Inoltre le pitture
non si trovano nelle parti delle caverne più vicine all’uscita,
dove presumibilmente le famiglie si accampavano, ma in «camere»
situate a grande profondità, laddove forse la comunità si recava
solo in occasioni del tutto particolari. In Francia vi è una
caverna nella quale bisogna addentrarsi per più di mezzo
chilometro prima di incontrare le prime raffigurazioni rupestri,
che poi scendono nelle viscere della terra per una profondità di
altri 700 metri. Del resto i popoli europei di quest’ultima fase
del Paleolitico avevano un mondo spirituale complesso;
tributavano ai loro morti solenni onori funebri, li dipingevano
con la stessa ocra rossa usata per le pitture e li seppellivano
con tutti i loro ornamenti (cinture di gusci di chiocciola,
braccialetti, collane di denti e di conchiglie, anelli
cavigliari d’avorio ecc.).
Dal punto di vista economico, tuttavia, i popoli dell’ultima
fase del Paleolitico non avevano fatto nessun progresso rispetto
ai loro predecessori. Vivevano ancora esclusivamente di caccia e
di raccolta e la loro fiorente cultura non rispecchiava altro
che un certo grado di ozio, reso possibile da una selvaggina
particolarmente abbondante rispetto ai livelli degli stadi
precedenti.
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Il Neolitico |
Circa 10.000 anni a.c.
L'aspettativa di vita raramente
raggiungeva i 30 anni, eccezionalmente i 40.
Per migliaia di secoli gli uomini vissero di caccia e di
piante selvatiche; poi inventarono un nuovo sistema per
procurarsi il cibo: la coltivazione delle piante e l’allevamento
degli animali.
L’invenzione di questo pratiche produsse un
fondamentale cambiamento non solo nella vita economica ma anche
nella mentalità e nella cultura degli uomini, segnando il
passaggio a un atteggiamento attivo nella ricerca del cibo:
l’uomo non si limitò più a cercare le piante o gli animali che
si trovavano in natura, ma cominciò a produrre i suoi alimenti,
a "crearli" con le sue mani, acquistando la capacità di
trasformare le risorse naturali per la propria utilità. Fu una
vera e propria rivoluzione, che diede origine a mutamenti
radicali nel modo di vivere e rappresentò una svolta decisiva
nell’evoluzione della società umana.
Fu importante anche l'introduzione
della ceramica: l'uomo imparò ad impastare la terra, l'essiccazione e
successivamente la cottura.
L'uso degli animali domestici, pecora, capra, cammello, portò
all'introduzione della tessitura |
Agricoltura |
Scavi compiuti in diverse parti del mondo hanno rivelato
tracce molto antiche di lavori agricoli: nell’Asia
sud-orientale, nell’Africa centrale, nelle Americhe. Ma nessuno
dei resti trovati in quelle regioni è antico come quelli del
Vicino Oriente, tra l'Asia Minore sud-orientale e l’attuale
Iraq. In questa zona sono stati dissepolti utensili agricoli in
pietra — zappe e falcetti — che sembrano risalire a circa 10.000
anni fa; insieme con loro si sono trovati chicchi fossili di
orzo e di frumento coltivati, testimonianza sicura che in quelle
terre, a quel tempo, l’uomo coltivava le piante e lavorava la
terra. In base a tali ritrovamenti, i più antichi attualmente
conosciuti, si può affermare che l’agricoltura ebbe le sue prime
origini negli altipiani del Vicino e Medio Oriente (Mesopotamia
settentrionale, Anatolia sud-orientale, Palestina), la
cosiddetta mezzaluna fertile. Le prime piante coltivate furono
l’orzo, il miglio, il frumento.
In seguito l’agricoltura compare in altre regioni della
Terra: 9000 anni fa in Asia (Cina, India, Indonesia), dove si
mise a coltivazione soprattutto il riso; 8000 anni fa in America
(Messico e Ande settentrionali), dove si coltivarono mais e
patate. Gli studiosi si pongono da tempo una domanda:
l’agricoltura è nata in maniera autonoma nelle varie parti della
Terra, oppure è nata in una zona da cui è stata trasportata in
altri luoghi? Entrambe le ipotesi sono possibili e la
discussione sull’argomento rimane aperta. L'arte di coltivare le
piante nacque probabilmente da osservazioni casuali (grani
selvatici che, messi da parte, avevano germogliato; semi che,
gettati sul terreno, avevano fatto nascere nuove piante..) e
tali fortuite circostanze poterono verificarsi un po’ ovunque
tra i popoli raccoglitori. Tuttavia, la cronologia di
apparizione dell’agricoltura fa pensare piuttosto a una sua
espansione progressiva: dal Medio Oriente all’Asia, di qui
all’America, forse seguendo gli spostamenti dei popoli
agricoltori. Ciò appare evidente soprattutto in Europa, dove
l’agricoltura si diffuse a iniziare circa da 8000 anni fa,
secondo una direttiva Sud-Nord che raggiunse le latitudini più
settentrionali solo due-tremila anni dopo.
Perché l’uomo inventò l’agricoltura?
Secondo alcuni studiosi si trattò di una risposta alle mutate
condizioni ambientali con cui gli uomini ebbero a confrontarsi
dopo la fine delle grandi glaciazioni. Diventato più caldo e più
secco il clima, molte foreste si inaridirono e gli animali che
le abitavano (soprattutto quelli più grandi come gli orsi, le
renne, i mammut) si spostarono verso Nord alla ricerca di nuovi
pascoli. Diminuì pertanto la selvaggina, che fino ad allora
aveva costituito, assieme ai frutti selvatici, la base
dell’alimentazione umana. Alcuni gruppi umani seguirono gli
animali ed emigrarono nelle regioni settentrionali. altri si
adattarono a cacciare selvaggina di taglia più piccola
(cinghiali, cervi, lepri) che ben presto, però, si rivelò
insufficiente. In tali condizioni, la scoperta che si potevano
far crescere le piante seminandole apri agli uomini un nuovo
modo per vincere la fame. Secondo altri, lo sviluppo
dell’agricoltura è legato non tanto ai cambiamenti del clima
quanto piuttosto alla crescita demografica, che a un certo punto
rese impossibile la sopravvivenza con la sola economia di caccia
e raccolta; essa dunque stimolò l’inventiva dei gruppi umani e
provocò la nascita delle pratiche di coltivazione. Anche in
questa seconda ipotesi, protagonista del cambiamento fu sempre
il bisogno, ossia la fame, che costrinse gli uomini a cercare
nuovi modi per procurarsi il cibo. La crescita progressiva delle
risorse alimentari, messe a disposizione dalla pratica
dell’agricoltura, consentì a sua volta agli uomini di
moltiplicarsi. Scattò così un meccanismo sconosciuto nelle
società primitive: l’abbondanza di cibo faceva crescere il
numero degli uomini e questi, a loro volta, tendevano ad
allargarsi su nuovi territori alla ricerca di altre terre da
coltivare. A differenza di quanto era accaduto e, in parte,
continuava ad accadere fra le tribù di cacciatori, i gruppi
umani dediti all’agricoltura mostrarono una naturale tendenza
all’espansione: anche questo motivo rende probabile l’ipotesi
che l’agricoltura sia stata "portata" nelle varie regioni del
mondo dai gruppi umani che via via le occupavano. Quasi
certamente l’agricoltura fu un’invenzione della donna. Erano
infatti le donne, in genere, ad occuparsi della raccolta delle
piante, mentre gli uomini andavano a caccia. La pratica
dell’agricoltura richiese la costruzione di nuovi attrezzi,
adatti alla nuova attività: nacque così la zappa, poi, molti
secoli dopo, l’aratro di legno, al quale si aggiunse il giogo
quando si scoprì che gli animali (soprattutto buoi e cavalli)
potevano essere impiegati nel lavoro dei campi.
Agricoltori e pastori
Contemporaneamente alle tecniche agricole, l’uomo incominciò
a scoprire i modi per addomesticare e allevare gli animali,
diversi a seconda delle regioni e delle latitudini: galline,
maiali, pecore, cammelli, cavalli, renne, asini, elefanti,
bovini, cani. Spesso l’agricoltura e l’allevamento si
integrarono: gli agricoltori erano anche allevatori e
utilizzavano gli animali non soltanto come cibo, per arricchire
la loro alimentazione vegetale, ma anche come aiuto nel lavoro
dei campi (soprattutto i buoi) e nei trasporti. Altre volte si
formarono gruppi di uomini dediti esclusivamente alla
pastorizia, che conservavano abitudini nomadi ormai abbandonate
dagli agricoltori (pag. 14). In questi casi poteva accadere che
i pastori entrassero in conflitto con gli agricoltori, in quanto
i primi avevano bisogno di spazi aperti e di spostamenti
frequenti, i secondi invece avevano necessità di recintare la
terra per proteggerla dal passaggio degli animali. |
Dalla pietra ai metalli
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Per migliaia di anni il materiale più usato fu la pietra
dura. Poi si scoprirono i metalli (primo fra tutti il rame) che
a poco a poco si rivelarono di grande utilità e diventarono di
larghissimo impiego, contribuendo a costruire oggetti più
efficaci in lega: armi, attrezzi ecc. La scoperta dei metalli è
stato un passo decisivo nell'evoluzione delle culture umane. L'
età della pietra viene, a sua volta, suddivisa in due fasi
principali:
la paleolitica o "della pietra antica" e
la neolitica
o "della pietra nuova"
La fase paleolitica, in cui i sassi e le
selci venivano semplicemente scheggiati, comprende tutto il
periodo dalla comparsa dell’uomo fino all’invenzione
dell’agricoltura. La fase neolitica, in cui appaiono strumenti
levigati, coincide con la nascita e l’affermazione
dell’agricoltura e dei primi villaggi stabili. L’età dei metalli
ebbe inizio in tempi diversi a seconda delle regioni. In Oriente
cominciò già 9000-8000 anni fa. I primi metalli ad essere
impiegati furono i più teneri e malleabili, facili da lavorare
anche allo stato puro: soprattutto il rame, l’argento, l’oro.
L’uomo ne ricavò collane, braccialetti ed altri ornamenti.
Più
tardi, circa 6000-3000 anni fa, si incominciò ad usare la
tecnica della fusione dei metalli, praticata dapprima nei forni
già in uso per cuocere la terracotta, poi in forni appositi, in
grado di raggiungere più alte temperature. Attraverso tale
tecnica si poté ottenere un materiale non esistente in natura,
il bronzo, formato dalla fusione del rame insieme con lo stagno.
Più tardi ancora venne scoperto il ferro, che per le sue
caratteristiche di durezza e resistenza si diffuse come il
metallo di più largo impiego. |