Suddivisione della Preistoria in periodihome

 

Il paleolitico E’ un periodo di continui cambiamenti climatici entro cui si alternano glaciazioni e interglaciazioni. Si contano quattro glaciazioni; le glaciazioni erano epoche caratterizzate da clima polare. L’Europa era completamente ghiacciata con esclusione  delle coste del Mediterraneo.

Durante i periodi interglaciali il clima era temperato e piovoso.

Ominazione  

Comparsa dell’uomo sulla terra

 

Homínidi

Paleolitico inferiore

Australopiteco

Per disporre di dati concreti sulla linea evolutiva dell'uomo bisogna arrivare a 3-4 milioni di anni fa, età a cui si datano reperti appartenenti al genere denominato Austrelopithecus.

Gli australopiteci rappresentano un gruppo eterogeneo vissuto in un periodo compreso tra 3,6 e 1,4 milioni di anni fa e costituite da specie diverse.

Il più antico, l'Australopithecus afarensis, è stato scoperto in Etiopia, nel deserto degli Afar; questo ritrovamento fortunatissimo ha portato alla luce quasi la metà dello scheletro di un individuo di sesso femminile che è stato ribattezzato con il nome di Lucy. L'analisi della forma delle ossa, perfettamente conservate, ha permesso di stabilire che questo ominide camminava con portamento eretto in maniera non molto dissimile dalla nostra. Il cranio poteva ospitare un cervello ancora relativamente piccolo (400 centimetri cubi: la capacità cerebrale dell'uomo attuale è di 1300 cc).

Un'altra specie di australopiteco, più recente di Lucy, è stata denominata Australopithecus africanus; poco più alto del suo predecessore, quest'ominide aveva comunque la stessa capacità cranica. I resti fossili venuti alla luce hanno permesso di distinguere altre due specie di questo gruppo: Australopithecus robustus e Australopithecus boisei, entrambi più grossi e più massicci dei precedenti.

 Homo Habilis Evoluzione esosomatica, cioè non mediante modifiche del corpo ma mediante l'uso di manufatti.

L' Homo abilis è sempre stato considerato il primo membro della famiglia umana. Si differenzia dai precedenti ominidi per la capacità di usare utensili e la più grande struttura cerebrale. E’ un antenato importante che viene da un periodo cruciale della preistoria, un periodo in cui abbiamo cominciato per la prima volta a vedere strumenti di pietra, in cui gli ominidi avevano appena iniziato a utilizzare grandi animali come fonte di cibo, e durante il quale la dimensione del cervello aveva cominciato a ingrandirsi in modo significativo.

Homo Erectus

 

Compare in Africa circa 1.600.000 anni fa nella zona  della RIFT Valley il cosiddetto Homo Erectus. Dall' Africa Orientale si diffonde rapidamente in Europa e in Asia:  l'Homo erectus è quindi il primo ominide a diffusione intercontinentale. Scompare circa 250.000 anni fa. La sua capacità  cranica è compresa tra 800 e 1200 cm3 e il suo scheletro è simile al nostro. 

L'Homo erectus è un cacciatore e raccoglitore; egli impara a utilizzare ed a produrre IL FUOCO, a fabbricare strumenti di pietra (industria litica), a costruire CAPANNE con le fronde degli alberi, a costruire muri di pietra.

Il dominio del fuoco è una conquista  di importanza fondamentale. Tutto questo, insieme con la capacità di costruire efficienti ripari, permette all' uomo di abbandonare i climi tropicali di cui è originario e di spostarsi verso i climi più rigidi. L'Homo erectus era più alto dell' Homo habilis e aveva il cervello più sviluppato. Viveva regolarmente in luoghi in cui restava per un tempo più prolungato.  L'Homo erectus era in grado di dare la caccia a grossi animali , spesso utilizzava la pelliccia per ripararsi dal freddo.  Macellava le prede ed era in grado di costruire muri in pietra come riparo.

Paleolítico Medio

Homo di Neanderthal (da 300.000 a 35.000 anni a.c.) e homo sapiens (circa 300.000 anni a.c.)

Aspetto moderno. Praticamente ha perso tutti i caratteri primitivi. Gli strumenti che costruisce denotano una tecnica notevole. Il suo cervello misura 1500 cm3. Le sue mani possiedono la nostra stessa abilità. E’ abile nella caccia. E’ capace di pensiero astratto e di idee creative. Conosce e produce il fuoco; costruisce oggetti complessi.

Le razze più diffuse sono i caucasoidi, i mongoloidi e i negroidi.

Homo di Neanderthal - homo sapiens

L'uomo di Neanderthal e l'homo sapiens non sono parenti.

Lo sostiene uno studio di ricercatori dell'Università di Ferrara secondo il quale le due specie sono rimaste sempre distinte

Il test del Dna per l'uomo di Neanderthal e alcuni esemplari di Homo sapiens dimostra che i due gruppi, pur avendo abitato insieme in Europa, non si incrociarono tra loro, rimanendo sempre due specie distinte, fino a che Neanderthal, perdendo la battaglia evolutiva con Sapiens, si estinse.

Il test del Dna mostra che i nostri geni non hanno ricevuto alcuna eredità sostanziale da Neanderthal, cosa interpretata dagli scienziati come risultato del fatto che il nostro diretto antenato non si è mai accoppiato con uomini di Neanderthal, limitandosi a dividere con loro i territori colonizzati durante il tardo Pleistocene, circa 40 mila anni fa.

Mentre il Dna degli uomini contemporanei è praticamente identico a quello degli antenati homo sapiens, quello di Neanderthal differisce nettamente da entrambi

Il Dna di Homo Sapiens non è quasi per niente cambiato negli ultimi 25 mila anni, mentre i Neanderthaliani avevano caratteristiche genetiche a sé, mantenute tali fino alla loro estinzione.

 

Paleolítico Superiore

Homo Sapiens Sapiens: Uomo di Cro Magnon (inizia circa 40.000 anni fa)

 

Homo Sapiens Sapiens

 

1900 cm3 di cervello.

Pensiero astratto e idee creative

Linguaggio - 2 gruppi linguistici dominanti: Indoeuropeo e uralico (caucasoide+mongoloico)

Abita in case costruite e in grotte.

Pratica riti funebri.

Crea una cultura

Pratica cacce organizzate.

L'uomo di Cro Magnon credeva che quando la natura offriva l'abitazione, era bene sfruttarla. Sull'entrata della grotta spesso essi stendevano alcune pelli sorrette da un'armatura di rami per chiudere l'imboccatura e consentire all'ambiente di riscaldarsi.
Al centro della grotta ardeva un fuoco che serviva per riscaldare e per cuocere le carni.
Nelle caverne troviamo anche le prime forme di pittura in quanto intere pareti, spesso in luoghi bui e difficilmente accessibili, sono state dipinte con figure di animali, cervi, cavalli, bisonti, mammut e di uomini. Queste figure, frutto di un lavoro lungo, accurato e impegnativo facevano parte probabilmente di una sorta di rito magico per assicurarsi il successo della caccia, si credeva forse che colpire l'animale rappresentato durante il rito avrebbe favorito la sua cattura.

 

Caratteristiche del Paleolitico

Economia:

 

 

Economia fondamentalmente predatoria: caccia, pesca, raccolta. Gli ominidi nomadi e la popolazione era molto ridotta.

Non poter nutrire i piccoli era un grosso problema per i nomadi per cui alcune tribù praticavano l’infanticidio. Le tribù erano poco numerose. Non possedevano il concetto di conservare le provviste, la proprietà privata e la divisione sociale del lavoro.

La popolazione aumenta nel paleolitico superiore. Il ritrovamento della Venere del paleolitico ci indica che esisteva il desiderio di aumentare il numero dei figli. Il dominio del fuoco e la capacità di costruire permise agli uomini di difendersi dal freddo e dalle belve e ancora di migliorare l’alimentazione.

Nel paleolitico superiore i membri della tribù collaboravano nella caccia, avevano un capo, lo sciamano, che dirigeva la caccia e teneva funzioni religiose. La caccia diventava più efficace e permetteva di nutrire più facilmente i piccoli.

 

Nuovi strumenti

Non solo in questo periodo aumenta la quantità e la qualità di strumenti di selce specializzati, ma aumentano anche gli strumenti che servono unicamente a fabbricarne altri e che dimostrano quindi nei loro costruttori un’elevata capacità di progettazione. Tra tutti emerge il bulino, un attrezzo appuntito di pietra, ideato per incidere ossa, corna di cervo, avorio e legno in modo da ricavarne altri attrezzi di uso quotidiano.

Il primo minatore di cui ci siano restate le tracce fu schiacciato in Belgio dal cedimento di una galleria, mentre lavorava col suo piccone di corna di renna. Quando la selce divenne un materiale di largo consumo non ci si accontentò più di quella che si trovava sulla superficie della terra, ma si scavarono delle vere e proprie miniere con pozzi e gallerie. L’arco, usato come arma per la caccia ai cervi, e sfruttato nella sua applicazione pacifica: il trapano. In questo caso la cinghia viene avvolta strettamente al paletto appuntito compiendo diversi giri; poi la si srotola velocemente muovendo avanti e indietro l’archetto e provocando il movimento rotatorio del trapano.

Col bulino furono costruiti pugnali, aghi di osso dotati di cruna, fibbie e persino bottoni. Alcune statuette rivelano che questi popoli portavano indumenti di pelle cuciti, con maniche e pantaloni, che accrescevano notevolmente l’efficienza dei cacciatori durante i rigidi inverni della quarta glaciazione.

Tra i progressi tecnici va segnalata anche l’invenzione della tecnica dell’incastro. Ormai le lance sono munite regolarmente di punte uncinate d’osso, di corno di cervo o di selce e alcune affilatissime lame di selce sono fissate in manichi di osso o di legno. Prima di allora tutto veniva direttamente impugnato dalla mano: l’incastro è il primo passo verso l’uso di un dispositivo meccanico. Proseguendo su questa via, gli uomini paleolitici. munirono le loro zagaglie di lunghe aste che, sfruttando il principio della leva, aumentavano la capacità di lancio del braccio e, infine, inventarono l’arco. Esso aprì grandi possibilità alle comunità che lo usavano, e non solo come propulsore per le frecce e quindi come strumento per la caccia; subito si scoprì che esso forniva il mezzo per far girare rapidamente un’asticciola munita di punta e ne nacque il trapano ad archetto, che venne poi usato ininterrottamente per tutta l’antichità, fino al medioevo.

Arte e magia

L’aspetto più sorprendente di quest’epoca della storia umana è che per ventimila anni, dal 30.000 al 10.000 a.C., essa produsse anche una quantità incredibile di opere d’arte: statuette d’argilla e di pietra, trovate a migliaia in Europa, dagli Urali all’Atlantico, e inoltre pitture e graffiti rinvenuti sulle pareti delle cento e più caverne scoperte in Francia, in Spagna e in Italia. Esse rappresentano le più antiche espressioni artistiche dell’uomo e occupano un periodo che rappresenta ben due terzi dell’intera storia dell’arte.

Quali furono i motivi precisi che spinsero gli uomini di Cro-Magnon a occupare una parte del loro tempo in attività apparentemente prive di uno scopo pratico, non lo sappiamo. E´ certo però che esse non scaturivano da ciò che oggi chiamiamo "senso estetico", che, molto sommariamente, può essere definito come l’apprezzare qualcosa non perché serve, ma solo perché piace. Gli artisti preistorici non dipingevano per «arredare» le caverne. Colori e forme, anche se non avevano l’utilità concreta di un attrezzo, rispondevano certamente a un’esigenza fortemente condivisa da tutta la comunità; ed è probabile che essa fosse quella di calmare le ansie create dalla difficoltà di trovare cibo. Le opere di Cro-Magnon insomma, avevano certamente un significato magico-religioso

Ce lo fanno pensare, in primo luogo, le statuette femminili, fatte di avorio di mammuth o di pietra: minuscole «Veneri» — così sono state chiamate — coi seni molto pieni, il ventre gonfio tipico di una donna incinta e completamente nude.

I cacciatori paleolitici erano assillati dal problema della fame. La loro dieta si basava quasi esclusivamente sulla carne dei grandi animali (renne, bisonti, cervi, mammuth, a seconda delle zone e delle epoche) alla quale potevano aggiungere al massimo tuberi e frutti selvatici, lumache, molluschi, insetti, in qualche caso pesci. I grandi animali erano dunque indispensabili per la vita della comunità; se venivano colpiti da un’epidemia, se i pascoli inaridivano, se i cambiamenti climatici li costringevano a emigrare, tutti i gruppi umani che vivevano cacciandoli entravano in crisi. La magia fu forse all’origine una «tecnica » elaborata dagli uomini per placare le ansie create dalla difficoltà di procurarsi la selvaggina. Nei riti magici — a quel che possiamo supporre — i cacciatori «mimavano », cioè imitavano, in una specie di danza collettiva tutti i gesti che avrebbero compiuto cacciando: indossavano le pelli degli animali che avrebbero ucciso, forse ne ripetevano il verso, scagliavano le armi contro immagini di argilla che li riproducevano a grandezza naturale, oppure si limitavano a dipingerli su una parete. Tutte queste usanze (dalle quali sono forse nate la danza, la pittura, le arti plastiche, la musica ecc.), che sopravvivono presso i popoli «primitivi» odierni, le possiamo ricostruire, anche se con notevoli margini d’incertezza, dalle testimonianze archeologiche. Alla base dei riti di magia c’è la convinzione che in ogni essere e in ogni evento sia contenuta una forza di cui ci si può appropriare: indossando la pelle del cervo il cacciatore «diventa» cervo, cioè si impadronisce della sua forza, abilità e velocità, e quindi può batterlo e catturarlo; mimando i vari momenti di una caccia fortunata, la comunità si garantisce il buon esito della caccia vera e propria; allo stesso modo la forza di un animale o la fertilità della terra possono essere assorbite dal gruppo umano semplicemente riproducendone le sembianze o i simboli con la pittura o con la scultura.

Parti del corpo legate al parto e alla nutrizione sono talmente evidenziate, che sembrano ispirate a una sorta di culto della fecondità, diffuso in tutta l’area europea e destinato a propiziare la nascita di uomini e di animali, due condizioni essenziali per la sopravvivenza delle comunità. Anche nelle pitture delle caverne ci sono elementi che confermano quest’ipotesi. Il ruolo principale non è mai attribuito all’uomo, né agli animali feroci che potevano minacciarlo, ma proprio agli animali che costituivano la sua preda di caccia. E questo, come abbiamo visto, è un sintomo del desiderio di impadronirsi «magicamente» della selvaggina. Inoltre le pitture non si trovano nelle parti delle caverne più vicine all’uscita, dove presumibilmente le famiglie si accampavano, ma in «camere» situate a grande profondità, laddove forse la comunità si recava solo in occasioni del tutto particolari. In Francia vi è una caverna nella quale bisogna addentrarsi per più di mezzo chilometro prima di incontrare le prime raffigurazioni rupestri, che poi scendono nelle viscere della terra per una profondità di altri 700 metri. Del resto i popoli europei di quest’ultima fase del Paleolitico avevano un mondo spirituale complesso; tributavano ai loro morti solenni onori funebri, li dipingevano con la stessa ocra rossa usata per le pitture e li seppellivano con tutti i loro ornamenti (cinture di gusci di chiocciola, braccialetti, collane di denti e di conchiglie, anelli cavigliari d’avorio ecc.).

Dal punto di vista economico, tuttavia, i popoli dell’ultima fase del Paleolitico non avevano fatto nessun progresso rispetto ai loro predecessori. Vivevano ancora esclusivamente di caccia e di raccolta e la loro fiorente cultura non rispecchiava altro che un certo grado di ozio, reso possibile da una selvaggina particolarmente abbondante rispetto ai livelli degli stadi precedenti.

Il Neolitico Circa 10.000 anni a.c.

L'aspettativa di vita raramente raggiungeva i 30 anni, eccezionalmente i 40.

Per migliaia di secoli gli uomini vissero di caccia e di piante selvatiche; poi inventarono un nuovo sistema per procurarsi il cibo: la coltivazione delle piante e l’allevamento degli animali.

L’invenzione di questo pratiche produsse un fondamentale cambiamento non solo nella vita economica ma anche nella mentalità e nella cultura degli uomini, segnando il passaggio a un atteggiamento attivo nella ricerca del cibo: l’uomo non si limitò più a cercare le piante o gli animali che si trovavano in natura, ma cominciò a produrre i suoi alimenti, a "crearli" con le sue mani, acquistando la capacità di trasformare le risorse naturali per la propria utilità. Fu una vera e propria rivoluzione, che diede origine a mutamenti radicali nel modo di vivere e rappresentò una svolta decisiva nell’evoluzione della società umana.

Fu importante anche l'introduzione della ceramica: l'uomo imparò ad impastare la terra, l'essiccazione e successivamente la cottura.

L'uso degli animali domestici, pecora, capra, cammello, portò all'introduzione della tessitura 

Agricoltura

Scavi compiuti in diverse parti del mondo hanno rivelato tracce molto antiche di lavori agricoli: nell’Asia sud-orientale, nell’Africa centrale, nelle Americhe. Ma nessuno dei resti trovati in quelle regioni è antico come quelli del Vicino Oriente, tra l'Asia Minore sud-orientale e l’attuale Iraq. In questa zona sono stati dissepolti utensili agricoli in pietra — zappe e falcetti — che sembrano risalire a circa 10.000 anni fa; insieme con loro si sono trovati chicchi fossili di orzo e di frumento coltivati, testimonianza sicura che in quelle terre, a quel tempo, l’uomo coltivava le piante e lavorava la terra. In base a tali ritrovamenti, i più antichi attualmente conosciuti, si può affermare che l’agricoltura ebbe le sue prime origini negli altipiani del Vicino e Medio Oriente (Mesopotamia settentrionale, Anatolia sud-orientale, Palestina), la cosiddetta mezzaluna fertile. Le prime piante coltivate furono l’orzo, il miglio, il frumento.

In seguito l’agricoltura compare in altre regioni della Terra: 9000 anni fa in Asia (Cina, India, Indonesia), dove si mise a coltivazione soprattutto il riso; 8000 anni fa in America (Messico e Ande settentrionali), dove si coltivarono mais e patate. Gli studiosi si pongono da tempo una domanda: l’agricoltura è nata in maniera autonoma nelle varie parti della Terra, oppure è nata in una zona da cui è stata trasportata in altri luoghi? Entrambe le ipotesi sono possibili e la discussione sull’argomento rimane aperta. L'arte di coltivare le piante nacque probabilmente da osservazioni casuali (grani selvatici che, messi da parte, avevano germogliato; semi che, gettati sul terreno, avevano fatto nascere nuove piante..) e tali fortuite circostanze poterono verificarsi un po’ ovunque tra i popoli raccoglitori. Tuttavia, la cronologia di apparizione dell’agricoltura fa pensare piuttosto a una sua espansione progressiva: dal Medio Oriente all’Asia, di qui all’America, forse seguendo gli spostamenti dei popoli agricoltori. Ciò appare evidente soprattutto in Europa, dove l’agricoltura si diffuse a iniziare circa da 8000 anni fa, secondo una direttiva Sud-Nord che raggiunse le latitudini più settentrionali solo due-tremila anni dopo.

Perché l’uomo inventò l’agricoltura?

Secondo alcuni studiosi si trattò di una risposta alle mutate condizioni ambientali con cui gli uomini ebbero a confrontarsi dopo la fine delle grandi glaciazioni. Diventato più caldo e più secco il clima, molte foreste si inaridirono e gli animali che le abitavano (soprattutto quelli più grandi come gli orsi, le renne, i mammut) si spostarono verso Nord alla ricerca di nuovi pascoli. Diminuì pertanto la selvaggina, che fino ad allora aveva costituito, assieme ai frutti selvatici, la base dell’alimentazione umana. Alcuni gruppi umani seguirono gli animali ed emigrarono nelle regioni settentrionali. altri si adattarono a cacciare selvaggina di taglia più piccola (cinghiali, cervi, lepri) che ben presto, però, si rivelò insufficiente. In tali condizioni, la scoperta che si potevano far crescere le piante seminandole apri agli uomini un nuovo modo per vincere la fame. Secondo altri, lo sviluppo dell’agricoltura è legato non tanto ai cambiamenti del clima quanto piuttosto alla crescita demografica, che a un certo punto rese impossibile la sopravvivenza con la sola economia di caccia e raccolta; essa dunque stimolò l’inventiva dei gruppi umani e provocò la nascita delle pratiche di coltivazione. Anche in questa seconda ipotesi, protagonista del cambiamento fu sempre il bisogno, ossia la fame, che costrinse gli uomini a cercare nuovi modi per procurarsi il cibo. La crescita progressiva delle risorse alimentari, messe a disposizione dalla pratica dell’agricoltura, consentì a sua volta agli uomini di moltiplicarsi. Scattò così un meccanismo sconosciuto nelle società primitive: l’abbondanza di cibo faceva crescere il numero degli uomini e questi, a loro volta, tendevano ad allargarsi su nuovi territori alla ricerca di altre terre da coltivare. A differenza di quanto era accaduto e, in parte, continuava ad accadere fra le tribù di cacciatori, i gruppi umani dediti all’agricoltura mostrarono una naturale tendenza all’espansione: anche questo motivo rende probabile l’ipotesi che l’agricoltura sia stata "portata" nelle varie regioni del mondo dai gruppi umani che via via le occupavano. Quasi certamente l’agricoltura fu un’invenzione della donna. Erano infatti le donne, in genere, ad occuparsi della raccolta delle piante, mentre gli uomini andavano a caccia. La pratica dell’agricoltura richiese la costruzione di nuovi attrezzi, adatti alla nuova attività: nacque così la zappa, poi, molti secoli dopo, l’aratro di legno, al quale si aggiunse il giogo quando si scoprì che gli animali (soprattutto buoi e cavalli) potevano essere impiegati nel lavoro dei campi.

Agricoltori e pastori

Contemporaneamente alle tecniche agricole, l’uomo incominciò a scoprire i modi per addomesticare e allevare gli animali, diversi a seconda delle regioni e delle latitudini: galline, maiali, pecore, cammelli, cavalli, renne, asini, elefanti, bovini, cani. Spesso l’agricoltura e l’allevamento si integrarono: gli agricoltori erano anche allevatori e utilizzavano gli animali non soltanto come cibo, per arricchire la loro alimentazione vegetale, ma anche come aiuto nel lavoro dei campi (soprattutto i buoi) e nei trasporti. Altre volte si formarono gruppi di uomini dediti esclusivamente alla pastorizia, che conservavano abitudini nomadi ormai abbandonate dagli agricoltori (pag. 14). In questi casi poteva accadere che i pastori entrassero in conflitto con gli agricoltori, in quanto i primi avevano bisogno di spazi aperti e di spostamenti frequenti, i secondi invece avevano necessità di recintare la terra per proteggerla dal passaggio degli animali.

Dalla pietra ai metalli

Per migliaia di anni il materiale più usato fu la pietra dura. Poi si scoprirono i metalli (primo fra tutti il rame) che a poco a poco si rivelarono di grande utilità e diventarono di larghissimo impiego, contribuendo a costruire oggetti più efficaci in lega: armi, attrezzi ecc. La scoperta dei metalli è stato un passo decisivo nell'evoluzione delle culture umane. L' età della pietra viene, a sua volta, suddivisa in due fasi principali:

la paleolitica o "della pietra antica" e

la neolitica o "della pietra nuova"

La fase paleolitica, in cui i sassi e le selci venivano semplicemente scheggiati, comprende tutto il periodo dalla comparsa dell’uomo fino all’invenzione dell’agricoltura. La fase neolitica, in cui appaiono strumenti levigati, coincide con la nascita e l’affermazione dell’agricoltura e dei primi villaggi stabili. L’età dei metalli ebbe inizio in tempi diversi a seconda delle regioni. In Oriente cominciò già 9000-8000 anni fa. I primi metalli ad essere impiegati furono i più teneri e malleabili, facili da lavorare anche allo stato puro: soprattutto il rame, l’argento, l’oro. L’uomo ne ricavò collane, braccialetti ed altri ornamenti.

Più tardi, circa 6000-3000 anni fa, si incominciò ad usare la tecnica della fusione dei metalli, praticata dapprima nei forni già in uso per cuocere la terracotta, poi in forni appositi, in grado di raggiungere più alte temperature. Attraverso tale tecnica si poté ottenere un materiale non esistente in natura, il bronzo, formato dalla fusione del rame insieme con lo stagno. Più tardi ancora venne scoperto il ferro, che per le sue caratteristiche di durezza e resistenza si diffuse come il metallo di più largo impiego.