Non erano passati 15 anni dalla conquista bizantina, quando nel 568 i Longobardi
penetrarono in Italia attraverso il Friuli.
Il Longobardi erano un antico popolo germanico originario della scandinavia.
Dal I secolo a.C. ebbero sede lungo il
basso corso dell'Elba. Dopo oscure migrazioni fu loro permesso nel 547 da
Giustiniano di stanziarsi in Pannonia e nel Norico (Ungheria e Austria).
Alboino, re dei Longobardi, dopo una lotta lunga ed accanita, si era impadronito
della Pannonia, uccidendo il re stesso dei Gèpidi, Cunimondo; ma in seguito
preferì prendere la via dell'Italia.
I
Longobardi, fra tutti i popoli germanici, erano quelli che meno si erano
allontanati dalla tradizione e il loro Re aveva ancora carattere di capo
militare eletto dall'aristocrazia nei momenti di necessità e il suo potere era
fortemente limitato dall'ordinamento tribale del popolo.
L'esercito si articolava in gruppi di guerrieri appartenenti a famiglie che si
richiamavano ad un antenato comune e che sotto la guida dei loro duchi si
muovevano con una certa autonomia sia in pace che in guerra, stanziandosi
nei territori via via conquistati.
Questo fece sì che la conquista fosse legata all'iniziativa dei duchi che
avanzavano non secondo un piano unitario, ma nelle direzioni in cui trovavano
meno resistenza. Alcune zone erano ancora fortemente presidiare dai bizantini.
I Longobardi che scesero in Italia erano, circa 120.000, di cui metà circa gli
armati, e l'altra metà donne e fanciulli.
Facile fu la conquista, favorita dallo spopolamento della penisola per le
pestilenze e le carestie; dal malcontento della popolazione per il fiscalismo
bizantino; dall'impalpabile resistenza opposta dai Bizantini, che, non avendo forze
sufficienti, si rinchiusero in Ravenna.
Era il
568
e la prima città occupata fu Cividale (Forum Iulii), centro del sistema di
fortificazione nord-orientale, ove Alboino lasciò il nipote Gisulfo come duca
del Friuli; poi Aquileia, il
cui patriarca fuggi con la popolazione a Grado sulle ben difese isole della
laguna; e infine, dopo varie città del Veneto e della Lombardia, fu occupata
Pavia, che resistette per oltre tre anni, e divenne la capitale del regno
longobardo in Italia.
Essi presto penetrarono profondamente nell'Italia centrale e
meridionale, ma Ravenna, la Pentapoli (Rimini, Ancona, Fano, Pesaro e
Senigallia), e molte delle coste rimasero in mano ai Bizantini, mentre Roma e il
patrimonio di San Pietro rimanevano in mano al papa.
Il
corpo di spedizione che si spinse più a SUD fu quello del duca di Zottone, che
raggiunse Benevento nel 571, costeggiando l'Adriatico fino a Pescara e da qui
penetrando negli Abruzzi in direzione di Isernia.
Queste conquiste, unitamente a quelle effettuate nel Piceno e nell'Umbria, che
entrarono a far parte del Ducato di Spoleto, non avevano continuità con il
grosso delle conquiste longobarde concentrati nella Piana Padana, nel Piemonte
nel Friuli, in Trentino e nella Toscana.
I
bizantini riuscirono a mantenere il controllo della Romagna (territorio dei
Romani) di Ravenna e della cosiddetta Pentapoli, Rimini Pesaro Fano Sinigallia e
Ancona. Conservavano inoltre le isole, Sicilia, Sardegna e Corsica.
Alla
divisione dei territori, che proseguirà per molti secoli, contribuì la
resistenza bizantina, ma forse in maniera minore della divisione tra i duchi e
il loro spirito di autonomia.
Dopo la morte di Alboino
nel 572, vittima di una congiura, ed il breve regno di Clefi (morto nel 575) nessun re fu eletto e
l'Italia longobarda fu divisa per 10 anni (574-584) fra 36 ducati.
Fu il periodo della cosiddetta anarchia militare
in cui le condizioni di vita della popolazione latina furono molto difficili.
La
popolazione romana, fu privata della capacità politica e ridotta in servitù. Nei
decenni successivi, solo chi accettò di assumere il diritto e la tradizione dei
dominatori potè accumulare beni e risorse finanziarie.
I duchi longobardi di Spoleto e di
Benevento si resero completamente indipendenti.
Nel 584 i nobili Longobardi si
unirono per eleggere il figlio di Clefi, Autari, come nuovo re allo scopo di
affrontare con più forza i Franchi, i Bizantini e il Papa.
Il regno longobardo raggiunse il massimo della sua potenza nel VII ed VIII
secolo.
Quando arrivarono in Italia la trovarono già sconvolta da 20 anni di guerra
contro gli Ostrogoti. A questo aggiunsero lo sconvolgimento delle circoscrizioni
amministrative romane e quelle ecclesiastiche. A sconvolgere il funzionamento
dei vescovadi contribuì anche l'abbandono dei titolari, spesso fuggiti in
territorio bizantino.
I
Longobardi infatti, convertiti da poco al cristianesimo, non avevano alcun
riguardo per i beni della chiesa cattolica e non li distinguevano dai patrimoni
dei privati.
L'invasione longobarda fu un fattore di aggravamento del degrado in Italia dove
gli edifici pubblici vanno in rovina e non solo i Longobardi, ma anche i
bizantini, li utilizzano come cave di pietra e marmo portandoli alla definitiva
rovina.
Il paganesimo e l'Arianesimo che erano all'inizio prevalenti tra i
Longobardi, gradualmente cedettero il posto al cattolicesimo. La cultura romana
e la lingua latina furono accettate e i vescovi cattolici emergevano come
autorità apolitiche nelle città.
Le leggi longobarde combinavano le tradizioni
germaniche e romane.
Con
Autari abbiamo la piena trasformazione.
Infatti i Longobardi divenuti proprietari terrieri avvertirono al necessità di
difendere i beni acquisiti da un possibile ritorno offensivo dei Bizantini e
furono ben presto indotti a darsi un ordinamento politico più stabile ed
evoluto. Finirono per volgersi verso il modello romano con conseguente
rafforzamento del ruolo del re, che comportava a sua volta la ricerca
dell'appoggio dell'episcopato cattolico e quindi del consenso anche dalla
popolazione romana.
Il
punto di partenza fu la restaurazione dell'autorità regia nel 584 ad opera di
Autari. Il re si fece cedere
dai 30 duchi stanziati in Italia (meno quelli di Spoleto e Benevento) metà delle
loro terre per consentire alla monarchia di procurarsi i mezzi necessari al suo
funzionamento.
In questa occasione fu ampliato il ruolo di controllo sui duchi
dei Gastalti, legati al re da vincoli di fedeltà personale, che veniva
ricambiata con ricchi doni.
Nell'esercizio del loro potere i sovrani si avvalsero anche di una categoria
particolare di collaboratori i gasindi, a loro legati da vincoli di
fedeltà personale anch'essa ricambiata con ricchi doni.
RE LONGOBARDI DA ALBOINO A LIUTPRANDO
Alboino non godette a lungo il frutto della sua impresa. Secondo il racconto di
Paolo Diacono, la moglie Rosmunda, figlia dell'ucciso re dei Gèpidi, costretta
dal re a bere nel cranio del proprio padre, ordì una congiura, e con l'aiuto di
Elmichi, fratello di latte del re, uccise nel sonno il marito (573).
Clefi (573-574), duca di Bergamo, successo ad Alboino, fu anch'egli ucciso dopo
appena un anno di regno.
I duchi, alla sua morte, non si accordarono nell'elezione del successore, e
fecero seguire un interregno di dieci anni (574-584), durante i quali
governarono come altrettanti piccoli re nei loro ducati.
Autari (584-590), figlio di Clefi, fu infine proclamato re in seguito a una
invasione dei Franchi, alleati coi Bizantini.
Autari assunse il nome romano di Flavio, e mirò a rafforzare l'autorità regia
per poter respingere i nemici esterni ed estendere il dominio longobardo anche
al resto della penisola. Egli riuscì infatti a respingere più volte i Franchi,
ed a giungere sino all'estrema Calabria. Si unì in matrimonio con Teodolinda,
figlia del duca di Baviera e cattolica di religione. L'azione di Teodolinda fu
abbastanza determinante nella conversione del suo popolo al cattolicesimo.
Agilulfo (590-615), duca di Torino e secondo marito di Teodolinda, riprese il
programma di Autari, rafforzando il potere regio, respingendo i nemici esterni
ed estendendo il dominio longobardo su altre terre dei Bizantini, fino a
minacciare la stessa Roma.
Era allora pontefice Gregorio Magno (590-616) il quale, dopo lunghe trattative, riuscì a
far concludere una tregua tra Longobardi e Bizantini, e, con l'aiuto della
regina Teodolinda, iniziò la conversione dei Longobardi ariani al cattolicesimo.
Nel 603 il figlio del re, Adaloaldo, ricevette il battesimo cattolico nella
chiesa di San Giovanni in Monza; e qualche anno più tardi lo stesso re Agilulfo,
secondo Paolo Diacono, si sarebbe convertito con tutta la sua corte.
Col favore del re il monaco irlandese Colombano fondò il celebre monastero di
Bobbio, che divenne uno dei più attivi centri di vita religiosa e culturale.
Adaloaldo (615-625), ancora tredicenne, successe al padre sotto la reggenza
della madre Teodolinda, ma dopo non molto venne assassinato dal cognato Arioaldo,
e la madre non tardò a seguire il figlio nella tomba.
Arioaldo (625-636), duca di Torino e marito di Gundeberga (figlia di
Teodolinda), fu considerato come un usurpatore, e ritornò, contro l'esempio dei
suoi predecessori, all'eresia ariana.
Lo
schieramento filocattolico e quello nazionalista si fronteggiano ancora per
tutto il VII secolo e sul trono si alternano re cattolici e re ariani. Uno dei
personaggi di maggior spicco fu:
Ròtari (636-652), duca di Brescia, e secondo marito di Gundeberga,
che continuò la
vecchia politica dei re longobardi, rafforzando con energia il potere regio ed
estendendo il dominio longobardo sulla Liguria e sulla Sardegna.
Egli è inoltre
famoso per il suo editto, (643) con cui furono messe in scritto le leggi
longobarde. Redatto in latino, a differenza di
quello di Teodorico, pur risentendo del diritto romano, rispecchia ancora gli
usi e i costumi germanici: fàida, guidrigildo (pagamento
di una somma in denaro da parte del colpevole del reato di omicidio: 900 per gli
uomini liberi - baroni - e 1200 per le donne, alla famiglia dell'ucciso)
, ordalia (antica pratica giuridica, secondo la quale
l'innocenza o la colpevolezza dell'accusato venivano determinate sottoponendolo
ad una prova dolorosa o a un duello),
mundio (un diritto signorile consistente nel potere di
protezione dell'uomo capofamiglia (mundualdo) sugli altri membri del gruppo
familiare, e tra questi in particolare sulle donne, in cambio di vari tipi di
sottomissione) ecc.. Rodari riprese con forza la guerra contro i bizantini
riconquistando la Liguria.
I numerosi Longobardi, che si succedettero al trono da Ròtari a Liutprando
(652-712) , furono anch'essi più o meno alle prese coi Bizantini, finché fu
stretta con l'impero d'Oriente una pace durevole, nella quale il regno
longobardo, che fino allora era stato considerato come una usurpazione, ottenne
finalmente il proprio riconoscimento.
Il re Liutprando (712-744) consolidò il regno attraverso la
sua legislazione e ridusse in vassallaggio i ducati di Spoleto e Benevento. Con
lui può dirsi completata la conversione dei Longobardi al cattolicesimo e
superata la divisione tra Longobardi e Romani con il progressivo inserimento di
quest'ultimi nella tradizione politica dei dominatori.
Forte
dell'unità dei sudditi provò a conquistare i territori ancora bizantini,
invadendo Esarcato e Pentapoli ma, convito da papa Gregorio II a desistere
appellandosi al suo sentimento religioso, rinunciò alle conquiste tra cui il
castello di Sutri, preso Viterbo, che non fu restituito ai bizantini ma ai
"Beatissimi Pietro e Paolo" divenendo l'embrione del futuro stato pontificio.
Era il 728.
Da
rimarcare anche che con Liutprando, tutti i liberi dotati di reddito si
riconoscevano nella tradizione militare longobarda.
Uno
dei suoi successori, Astolfo (749-756) con un editto del 750 prescrisse il tipo
armatura che il liberi del regno, fossero romani o longobardi dovevano possedere
e con cui dovevano prestare servizio militare, e questo in base al reddito
e non all'origine etnica.
Astolfo con questo esercito prese Ravenna nel 751, e minacciò Roma.
Il papa
Stefano II si appellò al re franco Pipino il Breve, il quale invase l'Italia; i
Longobardi persero quei territori che costituirono la donazione di Pipino al
Papa.
Dopo la morte di Astolfo il re Desiderio rinnovò l'attacco a Roma nel 772.
Carlo Magno, successore di Pipino, intervenne,
e sconfisse i Longobardi di Desiderio in Val di Susa costringendolo a ritirarsi
a Pavia. Dopo dieci mesi di assedio si arrese e fu portato prigioniero in
Francia.
Spezzato infine un tentativo di resistenza del figlio Adelchi,
costretto a rifugiarsi presso l'imperatore di oriente, Carlomagno fu
incoronato nel 774 con la corona dei Longobardi a Pavia. Del regno longobardo
rimase solo il ducato di Benevento, che fu conquistato dai Normanni nell'XI
secolo. La corona ferrea dei re longobardi (ora conservata a Monza) fu anche
usata per l'incoronazione nel 951 di Ottone I (il primo santo imperatore romano)
come re d'Italia e per l'incoronamento di molti imperatori successivi.
I
Longobardi lasciarono il loro nome alla regione Lombardia. Il principale storico
dei Longobardi fu Paolo Diacono.
La pace, naturalmente, favorì il processo di romanizzazione dei Longobardi,
mentre i patrimoni, l'apparato politico-amministrativo e le leggi preesistenti
non subirono conseguenze.
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