Fin
dai tempi dell'imperatore Costantino i luoghi nei quali Gesù Cristo nacque e
visse, erano diventati meta di pellegrini numerosi che, partendo da regioni
distanti, giungevano lì per sciogliere un voto o adorare il sepolcro di Cristo.
Il pellegrinaggio in Terra Santa era nel Medioevo una pratica pia, spesso
imposta dalla Chiesa come espiazione di grandi peccati o raccomandato come
impresa di grande valore. Nei secoli sia i Bizantini, sia gli Arabi accettavano
benevolmente i pellegrini perché vedevano nel loro afflusso una fonte di
guadagno e di sviluppo dei commerci.
Ma a partire dal secolo XI le condizioni politiche cambiarono per l'invasione
dei Turchi nell'oriente arabo.
Queste popolazioni di stirpe mongola erano ancora culturalmente arretrate.
Vivevano nel Turchestan e stendevano le loro propaggini occidentali fino agli
Urali e al Caucaso. Venuti a contatto con gli Arabi nei pressi del lago di Aral
si erano convertiti all'Islamismo, ed essendo poveri, erano penetrati alla
spicciolata in mezzo ai paesi arabi in cerca di fortuna.
Fortissimi e coraggiosi
erano molto ricercati come guardie del corpo e truppe scelte specialmente dai
califfi di Bagdad che portavano molti di loro alla propria corte. Poi avvenne
qualcosa di simile a quanto avvenuto ai romani con i mercenari barbari: i
Turchi, divennero numerosi nell'esercito e arbitri del destino degli stati arabi
nei quali servivano. I loro parenti rimasti nei paesi d'origine, attratti dalla
fortuna dei propri consanguinei presso gli arabi, cominciarono ad emigrare in
massa verso l'ovest, guidati dalla famiglia di Selgiuk ( da cui il nome di
Turchi Selgiuchidi). Attraversarono la Persia, penetrarono nella Mesopotamia e
sconvolsero l'antico califfato di Bagdad nel 1055. Da qui procedettero verso il
Mediterraneo e conquistarono la Siria e la Palestina, regioni allora sottomesse
agli arabi dell'Egitto.
Le avanguardie turche, procedendo poi verso nordovest, sconfissero l'impero
d'oriente che manteneva ancora l'Asia Minore e parte dell'Armenia e della Siria.
Il momento era molto difficile per i Bizantini: Bulgari e Serbi occupavano le
regioni migliori della penisola balcanica; i Normanni facevano continue
incursioni sulle coste dell'Epiro; dall'Armenia e dalla Siria veniva
un'alluvione di fuggitivi di fronte all'invasione turca, spogliati d'ogni bene e
sconvolti dal terrore. D'altra parte non era possibile attendersi aiuti
dall'Occidente perché proprio in quegli anni imperversavano le controversie
dogmatiche che si erano risolte nello scisma definitivo della chiesa greca dalla
chiesa latina.
La freddezza delle relazioni fra il papa e l'imperatore d'Oriente aveva impedito
che le invocazioni d'aiuto, giunte a Roma da Costantinopoli, potessero trovare
una sollecita accoglienza presso i pontefici, i quali si trovavano proprio
allora nel periodo più acuto della lotta delle investiture. Contro gl'invasori
marciò allora, con le sole sue forze, l'imperatore Romano IV Diogene, ma nella
battaglia di Manzikert (1071) fu sconfitto e fatto prigioniero.
Tutta l'Asia
Minore, la Siria settentrionale e l'Armenia caddero allora in mano dei Turchi.
Rimasero nelle mani dei Bizantini solamente alcune zone costiere, difese dalla
flotta greca.
Prima Crociata - Pietro l'Eremita.
Gravi lamentele giunsero in Europa coi pellegrini sfuggiti alle angherie dei
Turchi, e suscitarono una reazione fra i popoli, ai quali pareva indegno che i
Luoghi Santi dovessero essere in possesso dei nemici della religione cristiana.
L'idea quindi di una spedizione liberatrice cominciò a farsi strada fra i popoli
dell'Occidente per la vivace parola di un noto predicatore, Pietro d'Amiens,
detto l'Eremita, che, reduce di laggiù, dipingeva a tetri colori le violenze
degl'infedeli, eccitando bellicosi entusiasmi. I papi, i quali già da anni
vagheggiavano una simile impresa, non rimasero indifferenti di fronte ad una
propaganda, che poteva recare un vantaggio notevole alla cristianità con
l'acquisto della Terra Santa. Infatti in una grande adunata di signori italiani
a Piacenza e in un concilio a Clermont papa Urbano II parlò così efficacemente
in favore della Crociata, che feudatari e uomini del popolo, al grido di "Dio lo
vuole!", giurarono di partire per la Terra Santa e fregiandosi il petto con la
croce si dichiararono Crociati, pronti a dare la vita per la liberazione del
sepolcro di Cristo (1095).
Un'ondata di entusiasmo religioso pervase i popoli di Francia, Italia,
Inghilterra: era un accorrere da ogni parte di feudatari, cavalieri,
artigiani, contadini, i quali altro non chiedevano che di partire, altro
non volevano che combattere contro gl'infedeli. Divenne ben presto impossibile
arrestare i più impazienti: guerrieri, monaci, popolani, donne, bambini, sotto
la guida di Pietro l'Eremita e di un oscuro cavaliere, Gualtieri Senzaveri, si
avviarono attraverso l'Europa centrale e la Balcania, saccheggiando ogni cosa
per provvedersi di viveri, finchè, decimati dagli Ungheri e dai Bulgari, accolti
con diffidenza dai Bizantini, furono quasi del tutto massacrati dai Turchi
nell'Asia Minore.
Era la follia!
La prima Crociata e la conquista di Gerusalemme (1096-1099)
Ben più seria preparazione ebbe la vera Crociata, composta in gran parte di
feudatari, valvassori e cavalieri, gente abituata alla guerra, provvista di
viveri e sussidiata dal papa e da tutta la cristianità: vi erano Goffredo di Buglione, conte della bassa Lorena, col fratello Baldovino; Raimondo, conte di
Tolosa, Ugo di Vermandois, fratello del re di Francia, Roberto di Normandia,
figlio del re d'Inghilterra, i normanni Boemondo di Taranto, figlio di Roberto
il Guiscardo e il nipote Tancredi, il vescovo Ademaro di Puy, legato
pontificio, e molti altri Francesi, Inglesi, Normanni, Italiani; pochi i
Tedeschi, poiché l'Impero si trovava allora in piena lotta col Papato.
Mancando
quindi il capo naturale, l'imperatore, la spedizione non ebbe quel coordinamento
di forze e di intenti che sarebbe stato così necessario: ciascuno dei grandi
feudatari agiva da se, conduceva seco i suoi e secondava gli altri solo quando
gli pareva conveniente. I Crociati, per vie diverse, chi per terra, chi per
mare, si concentrarono a Costantinopoli, e di là passarono in Asia Minore;
quanti fossero non si sa: probabilmente poche decine di migliaia tra fanti e
cavalieri.
Per quanto l'imperatore d'Oriente Alessio I Comneno (1081-1118) avesse invocato
l'aiuto dell'Occidente e si fosse messo in rapporti con lo stesso pontefice
Urbano II, la Crociata non ebbe affatto l'aspetto di un'impresa militare in
aiuto dei Bizantini.
I Crociati, che partivano al grido di — Dio lo vuole! —,
sapevano solamente di rappresentare i diritti della cristianità contro
gl'infedeli, e se erano risoluti a conquistare la Terra Santa, non pensavano
certo di doverla poi restituire all'imperatore d'Oriente, che, secoli addietro,
non aveva saputo difenderla dall'invasione musulmana.
Perciò i Bizantini videro con una certa diffidenza queste turbe di Franchi (così
chiamavano i Crociati) rovesciarsi sulla Tracia per passare il Bosforo e
conquistare terre, che un tempo erano state soggette a Bisanzio e sulle quali
l'Impero intendeva di far valere i propri diritti nel caso di una riconquista.
L'imperatore Alessio Comneno, concedendo le navi per il passaggio, pretese dai
Franchi il giuramento di vassallaggio, alla maniera d'Occidente, per tutte le
conquiste future. Tra Bizantini e Crociati nacque allora una rivalità, che per
poco non scoppiò poi in una guerra quando, presa dopo lungo assedio Nicea
(1097), i Crociati si videro dai Greci interdetta l'entrata nella città, su cui
i legati imperiali avevano fatto innalzare le insegne di Bisanzio.
Calmate con doni le proteste, l'imperatore Alessio lasciò ormai che i Crociati
riprendessero da soli l'avanzata. Questi infatti, addentratisi nel Sultanato
d'Iconio, a Dorilea sconfissero i Turchi in battaglia campale, traversarono il
Tauro ed entrarono nella Siria, mentre Baldovino, fratello di Goffredo,
staccatosi dal grosso dell'esercito, espugnava la lontana città di Edessa,
facendone una contea per se.
Antiochia, presa dai Crociati, divenne un
principato di Boemondo di Taranto, mentre Raimondo di Tolosa, avviatosi a
conquistare la zona costiera, poneva le basi della futura contea di Tripoli di
Soria. Malgrado le opposizioni dei Bizantini, che non potevano rassegnarsi
all'idea di lasciare nelle mani dei Franchi città così importanti e specialmente Antiochia, i Crociati, ridotti ormai di numero, proseguirono la marcia verso
Gerusalemme. La città, assediata per parecchi mesi, nel luglio del 1099, dopo un
furioso assalto, cadde nelle mani dei Crociati. Goffredo di Buglione, a cui fu
offerto il titolo di re di Gerusalemme, volle per modestia esser chiamato
solamente difensore del Santo Sepolcro, e tale egli rimase fino alla sua morte
avvenuta nel 1100, mentre i suoi successori ebbero il titolo di re.
Gli Stati Crociati: i Templari e i Cavalieri di S. Giovanni.
La prima Crociata si concludeva così con la formazione di diversi Stati
Crociati, di cui i più importanti erano il Regno di Gerusalemme, il Principato
di Antiochia, la Contea di Tripoli, la Contea di Edessa; essi furono subito
ordinati secondo il sistema feudale, come appare dalle « Assise di Gerusalemme
», il vecchio codice delle leggi crociate. Fu questo il maggior tentativo fatto
dagli occidentali per trapiantare in Oriente i loro metodi di vita politica e
sociale; esso però riuscì solamente a scavare un abisso sempre più profondo fra
i conquistatori, baroni e cavalieri nella maggior parte, e le popolazioni
conquistate, incapaci di comprendere e di vivere la vita feudale dell'Occidente.
Perciò i Crociati rimasero piuttosto accampati che stabiliti nella Terra Santa.
Questi Stati ebbero dunque una vita effimera, tanto più che perdettero assai
presto i loro difensori, perché in gran parte i Crociati, a impresa finita, se
ne tornarono a casa.
Per difendere Gerusalemme con milizie stabili, si pensò
allora alla creazione degli Ordini cavallereschi, specie di Ordini religiosi, in
cui i monaci-cavalieri, oltre ai voti monastici di castità, povertà e
ubbidienza, ne giuravano un quarto, quello cioè di difendere i Luoghi Santi
contro gl'infedeli. Sorsero così i Cavalieri di S. Giovanni (detti anche Ospitalieri), i Teutonici e i Templari : essi fondarono i loro
monasteri-caserme
a Gerusalemme e nei principali centri degli Stati Crociati, ebbero un rigido
ordinamento sotto le dipendenze del Gran Maestro che li reggeva come abate e
come capo militare, possedettero molti beni, costruirono ospizi per i
pellegrini, e si prodigarono generosamente nelle lotte contro i Turchi.
Ma i
nuovi difensori, per quanto valorosi, erano troppo pochi, e non poterono
impedire che gli Stati cristiani della Palestina vivessero in ansia continua di
fronte ad un nemico, che era solamente respinto, ma non distrutto.
Le repubbliche marinare italiane e i mercati del Levante.
Le repubbliche marinare italiane videro subito nelle Crociate una occasione
bellissima per sviluppare il loro commercio nel Levante, e per tentare di
prendersi il monopolio delle ricche spezierie. Mandarono dunque navi e uomini;
cercarono però di trarre dalle Crociate i più larghi vantaggi, vendendo a caro
prezzo il loro aiuto.
Genova -
All'appello di papa Urbano II i Genovesi armarono dodici navi, con le quali
portarono aiuto a Boemondo di Taranto nella conquista di Antiochia, ottenendone
in compenso un trattato assai favorevole, per il quale essi ricevettero in
possesso trenta case, una chiesa e una fonte nel cuore della città, con pieno
diritto di trafficare sotto la protezione del principe e con l'esenzione
assoluta da tutte le tasse, sia in Antiochia che nel suo territorio (1098).
Qualche anno dopo si procurarono analoghi privilegi nel Regno di Gerusalemme, ed
ebbero colonie a Giaffa, a San Giovanni d'Acri e nella stessa capitale.
Pisa -
I Pisani si mossero un po' più tardi, quando seppero che i Crociati assediavano
Gerusalemme, e sebbene con le loro 120 navi arrivassero a impresa compiuta,
poterono largamente fruire della vittoria, ottenendo che il loro vescovo Daiberto divenisse patriarca di Gerusalemme e avesse in feudo un quartiere nel
porto di Giaffa; più tardi cercarono di stabilirsi anch'essi ad Antiochia, a
Tripoli, a Laodicea, ottenendo privilegi ed esenzioni.
Venezia -
I Veneziani erano troppo interessati nel commercio col Levante per non seguire
subito l'esempio delle altre repubbliche marinare italiane. Nel 1100 con 200
navi vennero nelle acque della Palestina, carpirono laute concessioni, si
stanziarono ad Antiochia, Ascalona, Gerusalemme, Acri; più tardi presero Tiro e
ottennero il privilegio di poter fondare una loro colonia in ciascuna delle
città, che i Crociati avessero eventualmente conquistate.
Le colonie italiane e il commercio col Levante.
Queste colonie veneziane, genovesi e pisane che si vennero formando in Levante
dopo le Crociate, non avevano lo scopo di sfollare la madre-patria, né di
popolare regioni disabitate, né di difendere territori di conquista; esse erano
semplici basi per il commercio, e si componevano generalmente, non di una intera
città, ma di un solo quartiere, racchiudendo alcune case, un fondaco per le
merci, un luogo di raduno, una chiesa, un mulino, una fonte, un bagno, qualche
volta alcuni appezzamenti di terreno coltivabile fuori della città, e, se si
trattava di un centro di mare, qualche banchina o edificio al porto. E lì, entro
la breve cerchia di questa concessione, si parlava il dialetto della
madre-patria, si viveva nelle tradizioni dello Stato di origine, si trafficava
coi metodi italiani, mentre col prosperare della colonia aumentavano le famiglie
residenti, e si sentiva il bisogno di un magistrato locale, detto balivo, più
spesso console, che, mandato dalla madrepatria, rappresentava di fronte al
governo locale i coloni e ne tutelava i privilegi.
Appena fondata e ordinata, la
colonia cominciava a funzionare, attraendo a sé i prodotti dell'Oriente, quelli
stessi cioè che avevano fatta la ricchezza dei Fenici, dei Greci, dei Bizantini
e degli Arabi. I profumi, come il muschio, la canfora, l'incenso; le spezie,
come il pepe, la noce moscata, il garofano; le sete della Cina e del Giappone,
le pietre preziose, le materie coloranti, le pelli, gli avori dell'India si
ammassavano nei fondachi italiani, donde le navi portavano tutto in Europa.
Naturalmente tale traffico con l'andar del tempo non potè limitarsi ai soli
porti cristiani, da Alessandretta a Giaffa: troppo connessi erano questi centri
con quelli importantissimi dell'Egitto e degli altri paesi arabo-turchi, ai
quali affluivano pure i prodotti dell'Oriente. I mercanti italiani, veneziani
soprattutto, iniziarono un buon giro d'affari coi Turchi, impiantandosi ad
Alessandria, che era sempre un gran porto per il commercio d'Oriente; di lì
passarono al Cairo, a Damietta e nei centri più vitali, dove a poco a poco, tra
l'alternarsi delle vicende liete e tristi della politica, riuscirono ad ottenere
fondachi, quartieri e privilegi sul tipo di quelli che avevano avuto in Siria e
in Palestina.
La seconda Crociata (1147-1149) ; la caduta di Gerusalemme (1187) ; la terza
Crociata (1189-1192)
Alla morte di Goffredo di Buglione (1100
) era stato eletto re di Gerusalemme suo fratello Baldovino I, già conte di Edessa,
il quale può dirsi il vero fondatore e ordinatore del regno. Tuttavia né
Baldovino I né i suoi successori poterono mai conquistare un vasto territorio e
sottomettere Damasco, che era il più grande centro della Siria e dominava le vie
per la
Mesopotamia e l'Egitto: il Regno di Gerusalemme rimase sempre piccolo,
debole; lo stesso dicasi degli altri Stati, continuamente trepidanti sotto la
minaccia di un ritorno offensivo dei Turchi. Dalla Terra Santa giungevano perciò
in Occidente continue invocazioni di aiuto. Rispose quasi sempre il Papato, il
quale però non riuscì mai a collegare tutti i principi cristiani in uno sforzo
grandioso, che assicurasse definitivamente alla cristianità la preziosa
conquista. Le altre sette Crociate, che dopo la prima furono bandite dai papi,
si risolvettero spesso in disastri.
La seconda Crociata (1147-1149) -
Nel 1144 il sultano di Mossul s'impadronì di Edessa, abbattendo così il più
forte baluardo degli Stati cristiani nella Siria. Un appello disperato giunse
allora in Europa da Gerusalemme; lo raccolse il grande monaco Bernardo di
Chiaravalle, il quale indusse Luigi VII, re di Francia, e l'imperatore Corrado
III a prendere la croce. Partirono prima i Tedeschi nel 1147, ma furono quasi
tutti massacrati e dispersi nell'Asia Minore; né sorte più lieta ebbero i
Francesi, sconfitti alle porte della Siria; i due sovrani tentarono con le forze
superstiti di attaccare Damasco, ma non riuscirono; onde, stanchi dei disagi e
logorati dalle discordie, abbandonarono l'impresa. Questa fu la seconda
Crociata.
Intanto, di fronte al nemico, gli Stati Crociati, lungi dal fondersi e dal
rafforzarsi, venivano indebolendosi con le contese dinastiche, cosicché il
sultano d'Egitto, Saladino, nel 1187, sconfitti i cristiani, poté riconquistare
Gerusalemme. Il re Guido di Lusignano, il Gran Maestro dei Templari e moltissimi
cavalieri del regno caddero nelle mani del barbaro vincitore.
La terza Crociata (1189-1192).
La caduta della città santa produsse in Europa enorme impressione, onde i papi
riuscirono ad organizzare la terza Crociata, a cui presero parte l'imperatore
Federico Barbarossa, il re di Francia Filippo Augusto e il sovrano d'Inghilterra
Riccardo Cuor di Leone. Dal tempo della prima Crociata mai tanto entusiasmo
religioso era corso per l'Europa, né così grande esercito era passato in
Oriente. Vinte le opposizioni e le insidie dei Greci, l'imperatore passò in
Asia, prese Iconio, varcò il Tauro e già stava alle porte della Siria, quando
improvvisamente annegava nel fiume Salef in Cilicia (1190).
L'esercito suo
allora, parte si sbandò, parte si congiunse coi re di Francia e d'Inghilterra,
che stavano all'assedio di San Giovanni d'Acri : la città, bloccata dalle flotte
dei Genovesi e dei Pisani, fu presa; ma, essendo sorte tra i Crociati insanabili
discordie, i Francesi e i Tedeschi abbandonarono l'impresa, lasciando solo
Riccardo Cuor di Leone. Questi fece prodigi di valore, ma non poté conquistare
Gerusalemme e firmò una tregua coi Turchi.
Guido di Lusignano, che aveva potuto
sfuggire alla prigionia di Saladino, ebbe da Riccardo il possesso dell'isola di
Cipro, da lui sottratta ai Greci. Così Guido si disse re di Cipro e di
Gerusalemme.
La quarta Crociata (1202-1204) : la conquista di Costantinopoli (1204) ; le
ultime Crociate.
La quarta Crociata (1202-1204): l'Impero Latino d'Oriente.
Se i vantaggi politici e religiosi delle tre prime Crociate furono assai scarsi,
enormi invece divennero
i guadagni delle repubbliche marinare italiane, le
quali seppero trasformare quelle imprese in una vera e propria occupazione
commerciale del Levante. È naturale quindi che all'avido sguardo dei mercanti
genovesi, pisani e veneziani anche l'Impero Bizantino si presentasse come un
territorio di sempre maggior valore economico, poiché, posto così fra
l'Occidente e l'Oriente, quello Stato era il ponte di passaggio fra l'Italia e
le regioni asiatiche. I Veneziani da. molto tempo cercavano di impadronirsi
dell'Impero; mancando però di truppe sufficienti, forse non sarebbero riusciti
nell'impresa, se l'astuto loro doge, Enrico Dandolo, non avesse saputo
sfruttare, a tutto vantaggio di Venezia, la quarta Crociata, che il pontefice
Innocenzo III aveva bandita fino dal 1198.
Nel 1202 molti cavalieri crociati, fra i quali primeggiavano Baldovino, conte di
Fiandra, Tebaldo, conte della Champagne e Bonifacio, marchese del Monferrato,
erano venuti coi loro soldati a Venezia per passare in Oriente; ma non avendo il
danaro sufficiente per pagare il viaggio, accolsero l'invito del doge Enrico
Dandolo, il quale propose loro di aiutare l'esercito veneziano all'assedio di
Zara, che si era ribellata. Il papa si oppose, ma i Crociati andarono ugualmente
a Zara e l'espugnarono. Mentre erano all'assedio, ecco apparire il principe
Alessio, figlio dell'imperatore di Costantinopoli Isacco l'Angelo, con la
notizia che il proprio padre era stato deposto dal trono, e con la preghiera di
cooperare alla restaurazione del regno: egli prometteva, in caso di vittoria,
navi e danari per la Crociata e s'impegnava di promuovere anche l'unione della
Chiesa greca con la latina.
I Crociati e i Veneziani, sbrigatisi di Zara,
andarono a Costantinopoli e con la forza rimisero sul trono Isacco. Ma essendo
scoppiata una rivoluzione popolare contro di essi, presero d'assalto la città,
la saccheggiarono orrendamente, rovesciarono l'Impero Greco e inaugurarono
l'Impero Latino d'Oriente, il cui primo sovrano fu Baldovino di Fiandra (1204).
Nella distribuzione delle prede territoriali, mentre i Crociati, dimentichi
ormai di Gerusalemme e dei loro voti, dividevano il paese in tanti piccoli
feudi, Venezia occupò i punti commercialmente più importanti, raccogliendo nelle
sue mani tutti i traffici dell'Impero paralizzando l'opera dei Genovesi e dei
Pisani. In quaranta anni tutte le isole greche dell'Egeo e dello Ionio divennero
veneziane, da Corfù e da Tenedo, fino a Candia, mentre nei principali porti la
repubblica apriva fondachi e colonie, e in tutti i paesi dell'Impero otteneva
franchigia assoluta per le merci veneziane.
Allora il doge prendeva il pomposo
titolo di signore di una quarta parte dell'Impero di Romania L'Impero Latino
d'Oriente durò meno di sessanta anni (1204 1261), ma la potenza commerciale di
Venezia toccò allora l'apogeo destando le gelosie della rivale Genova.
Le ultime Crociate
Innocenzo III, deluso del risultato della quarta Crociata, subito si adoperò a
prepararne un'altra; non riuscì però a vederla, essendo morto nel 1216. La
quinta Crociata (1218-1221) si diresse verso l'Egitto, considerato ormai da
molti come il più facile ponte di passaggio verso la Palestina; occupò per
qualche tempo Damietta, alle foci del Nilo, ma poi si disperse, essendo venuto
meno alle sue promesse l'imperatore Federico II di Svevia, che avrebbe dovuto
dirigerla. Questa partì qualche anno dopo (1228), mentre era in pieno disaccordo
col papa, e nel 1229 ottenne con un trattato dal sultano d'Egitto la
restituzione di Gerusalemme e di alcune altre città. Benché scomunicato,
Federico II si fece incoronare « re di Gerusalemme » nella chiesa del Santo
Sepolcro (sesta Crociata); ma ritornò subito in Italia per difendere i suoi
Stati dal papa. Il nuovo Regno di Gerusalemme, così costituito, ebbe una durata
effimera.
La settima (1248) e l'ottava Crociata (1270) ebbero come animatore il piissimo
re di Francia, Luigi IX. Egli nel 1248 sbarcò in Egitto, conquistò Damietta, ma,
fatto prigioniero e riscattato con una forte somma, ritornò in Francia (settima
Crociata). Molti anni dopo, il pio re volle ritentare l'impresa; per compiacere
il fratello Carlo d'Angiò, re di Napoli, sbarcò a Tunisi, ma là morì di
pestilenza (1270). Gli altri Crociati che erano andati con lui si dispersero,
onde anche questa volta i risultati furono nulli (ottava Crociata).
Intanto una dopo l'altra cadevano le poche città che in Palestina erano ancora
in possesso dei cristiani; Cesarea, Giaffa, Antiochia, Tripoli furono prese dai
Turchi: ultima fu Tolemaide (San Giovanni d'Acri), espugnata nel 1291. Gli
Ordini religiosi cavallereschi perdettero allora lo scopo per cui erano stati
istituiti; i Templari passarono in Europa e furono soppressi nel secolo XIV; i
Teutonici si trasferirono in Germania, dove combatterono contro gli Slavi; solo
i Cavalieri di S. Giovanni restarono a Cipro, donde passarono a Rodi, la bella
isola, in cui hanno lasciato tanti ricordi del loro dominio e della loro
mirabile ostinazione nella difesa della cristianità contro i Turchi. I Cavalieri
di Rodi si raccolsero più tardi a Malta e vi rimasero fino al 1799; il loro
Ordine esiste anche oggi e porta il nome di Sovrano Ordine Militare di Malta :
il loro Gran Maestro risiede a Roma.
Conseguenze sociali, economiche e culturali delle Crociate.
Come impresa militare le Crociate furono dunque un fallimento e non lasciarono
grande traccia nella storia politica dell'Europa e dell'Oriente; ebbero invece
un'influenza vasta e duratura nella vita sociale, economica ed intellettuale del
mondo latino-germanico e specialmente d'Italia.
- Conseguenze sociali. Sarebbe un errore il considerare le Crociate come un
fatto esclusivamente religioso: sotto la parvenza religiosa esse nascondono un
fenomeno sociale, la rivolta al feudalesimo. Si pensi entro quale cerchio di
ferro il feudalesimo aveva chiuso la vita: le popolazioni, asservite alla terra,
erano divenute stazionarie, vivendo per intere generazioni sempre nello stesso
paese, nello stesso fondo, nella stessa casa, senza muoversi mai, onde avevano
finito per identificare la patria col loro castello, il mondo col loro misero
feudo.
I pochi che erano riusciti a fare un viaggio fino a Roma, o avevano
pellegrinato fino al santuario di S. Giacomo di Compostella in Spagna o al Santo
Sepolcro di Gerusalemme, erano ritenuti come uomini di eccezione, consultati
come gente che venisse dal mondo dell'ignoto. E la mentalità paesana era
divenuta piccina piccina come il feudo; ogni iniziativa si fiaccava contro
difficoltà insormontabili; la vita stagnava.
Quand'ecco giungere alle
popolazioni, sotto l'aspetto di un appello religioso, l'invito di rompere i
confini feudali, di passare di feudo in feudo, di nazione in nazione, fino al
misterioso Oriente, ricco di favolose promesse. Il fascino dell'ignoto, il
desiderio di avventure, la speranza di una improvvisa ricchezza si uniscono
all'entusiasmo religioso, e seducono molti, i giovani specialmente, che si
lanciano all'impresa con la ingenuità di fanciulli; i primi partenti vanno senza
meta, cantando inni sacri, come invasati dall'ebbrezza di una libertà nuova,
chiedendo ad ogni svolto di strada se Gerusalemme è in vista. Il cerchio di
ferro feudale si rompe sotto l'impeto dei partenti e con esso s'infrange il
mondo feudale; dei Crociati alcuno non ritornerà più, avendo trovato altrove una
vita di più largo respiro; altri ritornerà, ma mutato interamente, con l'idea di
un mondo più vasto, con l'aspirazione ad una vita più intensa e più libera, e ai
rimasti narrerà i suoi viaggi, dirà le sue idee: quanto mondo, quanta vita al di
là del breve orizzonte che si vede dalla torre del castello feudale!
Viste così, come ribellione al sistema feudale, le Crociate debbono certamente
ritenersi uno dei più decisivi elementi dissolvitori di esso, e nello stesso
tempo una delle maggiori forze destinate a dar vita alla economia dei tempi
nuovi.
Dalle Crociate infatti non trasse alcun vantaggio la nobiltà feudale, che
si trastullò ad impiantare laggiù degli effimeri Stati con l'idea di perpetuare
gli errori economici e politici di un sistema, ormai non più rispondente ai
tempi. Chi profittò delle Crociate fu invece la borghesia, proprio quella che
fino a ieri era stata oppressa e tenuta sottomessa dal ferreo regime feudale, ed
ora si arricchiva senza scrupoli e ostentava di fronte ai signori e ai cavalieri
la prosaica ma florida opulenza dei mercanti.
- Conseguenze economiche. Le Crociate ebbero una importantissima conseguenza
economica: emanciparono l'Europa dal monopolio mercantile dei Bizantini e degli
Arabi. Questa emancipazione avvenne però solo per merito delle nostre
repubbliche marinare, le quali seppero conquistare i mercati del Levante.
L'Italia divenne allora il paese più ricco del mondo, l'arbitro fra l'Occidente
e l'Oriente, il dominatore dei più grandi traffici mondiali, che si svolgevano
ancora nel bacino del Mediterraneo.
- Conseguenze culturali. Intanto la frequenza dei viaggi rendeva ai mercanti
italiani molto più facili i contatti con popoli, una volta tanto lontani. Il
mare ridiveniva, come ai tempi dell'Impero Romano, la grande via su cui
s'incontravano le civiltà delle diverse genti.
L'Europa, ancor barbara, non
ebbe che a guadagnare venendo nei luoghi, dove da secoli fiorivano due grandi
civiltà, la bizantina e l'araba, ambedue di tanto superiori a quella del gramo
Occidente. Là dove passava il mercante, andò presto l'erudito; nelle stesse
navi, che portavano in Europa le spezierie d'Oriente, vennero a noi i codici
della letteratura greca, le versioni arabe di Tolomeo e di Aristotele; negli
stessi mercati, in cui si trattavano gli affari, si accendevano le dispute
religiose, le controversie filosofiche. La lingua greca e l'araba trovarono
cultori in Occidente; il pensiero orientale apparve a poco a poco in una luce
nuova di seduzione; con l'allargarsi dell'orizzonte geografico e commerciale si
aperse anche un più vasto orizzonte culturale. Appunto dalle Crociate incominciò
quel generale risveglio della cultura, che in pochi secoli portò l'Italia
all'apice della civiltà mondiale.
Qui, nelle Crociate, ha le sue remote origini
il nostro Rinascimento.
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