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1939 Verso la guerra -
Dopo essersi impadronito dell'Austria e della Cecoslovacchia e ormai sicuro
dell'appoggio della Russia, nell'estate del 1939 Hitler aumentò le sue pretese.
Intimò alla Polonia di lasciare il porto di Danzica e di restituire i territori
che dividevano la Prussia orientale dal resto della Germania.
Hitler era convinto che le democrazie occidentali avrebbero protestato, ma non
sarebbero intervenute, che Inglesi e Francesi non erano disposti, come fu detto,
a "morire per Danzica".
Con questa mossa egli pensava di ottenere dei vantaggi senza correre rischi.
Nel
1938 la Germania aveva invaso l'Austria.
Mussolini, che nel 1934 si era opposto
duramente, lasciò fare. L'anno dopo, in compenso, occupò a sua volta l'Albania.
Nel 1939 l'Italia firmò con la Germania il Patto d'Acciaio. Con questa
sciagurata alleanza militare l'Italia si legò completamente alla Germania e si
avviò a seguirla nella tragica avventura della seconda guerra mondiale.
Il grande errore di Mussolini fu quello tipico di molti altri dittatori: egli si
isolò sia dalla società italiana che dalla cultura degli altri paesi europei.
Nessuno di quelli che lo circondavano avevano il coraggio di contraddirlo o di
aprirgli gli occhi.
Finì per credere di avere sempre ragione e di essere alla testa di una nazione
militarmente potente.
Inoltre Mussolini non si rese conto che il popolo italiano non condivideva la
delirante aggressività del nazismo né la sua politica antiebraica.
Di fronte a questi fatti, molti che avevano sostenuto o tollerato il fascismo,
molti giovani allevati nelle idee fasciste, persino molti militari persero la
fiducia nel regime. In seguito non pochi sarebbero diventati antifascisti e
avrebbero combattuto nelle file della resistenza.
Invasione della Polonia -
La repubblica polacca non accettò le imposizioni tedesche e si rifiutò do
consegnare i territori richiesti. Di conseguenza, il primo settembre 1939
l'esercito tedesco iniziò l'invasione della Polonia senza neppure presentare una
formale dichiarazione di guerra.
Nel giro di poche settimane le truppe polacche furono annientate dai carri
armati tedeschi e la Germania occupò tutte le regioni occidentali del paese,
compresa la capitale Varsavia. La Campagna di Polonia prima e quella di Francia
dopo dimostrarono l'efficacia di una nuova tattica di combattimento attuata
dall'esercito tedesco, la Blitzkrieg (guerra lampo). Essa consisteva in attacchi
repentini ed in profondità nelle linee nemiche messe in opera contemporaneamente
da truppe di terra supportate dai mezzi veloci blindati e dall'aviazione.
Nel frattempo l'Unione Sovietica di Stalin occupava le regioni polacche
orientali e, l'anno seguente, le repubbliche del Baltico: Lettonia, Estonia,
Lituania.
Il tre settembre Francia e Inghilterra presero le armi contro la Germania:
iniziava così la seconda guerra mondiale.
Europa in guerra -
Nel primo anno di guerra la Germania occupò la Danimarca e la Norvegia, dove
costituì due governi collaborazionisti.
Nel maggio del 1940 sul fronte occidentale l'esercito tedesco, preceduto da
veloci colonne di carri armati e protetto dall'aviazione, invase Belgio e Olanda
senza curarsi del fatto che si trattava di paesi neutrali. Di lì attaccò
immediatamente la Francia.
La tattica tedesca della guerra lampo si rivelò vincente: i carri armati presero
alle spalle l'esercito inglese che riuscì a evitare la distruzione soltanto
raccogliendosi a Dunkerque e imbarcandosi per l'Inghilterra.
Il passaggio dal Belgio e dall'Olanda permise ai tedeschi di aggirare la potente
linea Maginot, le fortificazioni che la Francia aveva preparato sul confine
tedesco. Senza incontrare ostacoli le truppe di Hitler raggiunsero e occuparono
Parigi.
Non belligeranza italiana -
Quando le truppe naziste attraversarono il confine polacco Mussolini non era
stato nemmeno avvisato. In base al patto d'acciaio l'Italia avrebbe dovuto
intervenire a fianco della Germania immediatamente, ma decise di aspettare
qualche anno che l'esercito italiano fosse pronto.
Dopo i rapidi successi riportati dall'esercito tedesco Mussolini rimase
impressionato e pensò che la guerra sarebbe stata ormai breve e sicuramente
vittoriosa per Hitler. Benchè le armate italiane fossero impreparate Mussolini
si persuase che l'Italia dovesse ugualmente partecipare alla guerra per
beneficiare dei vantaggi provenienti dalla vittoria.
La sconfitta della Francia -
Le truppe italiane attaccarono senza successo i francesi sulle Alpi. In
sostanza, l'intervento italiano non ebbe alcun effetto.
Pochi giorni dopo, la Francia chiedeva alla Germania un armistizio. Tutte le
regioni settentrionali del paese, inclusa Parigi, passarono sotto l'occupazione
militare tedesca. La repubblica francese, sotto il governo autoritario e
collaborazionista del maresciallo Pétain, fu ridotta alle regioni meridionali;
la sua nuova capitale fu posta nella cittadina termale di Vichy.
Nel frattempo il generale Charles De Gaulle, fuggito a Londra, costituì il
governo in esilio della Francia libera e arruolò truppe francesi per combattere
al fianco dell'Inghilterra.
Inghilterra -
L'Inghilterra rimase sola a sostenere il peso della guerra in Europa e nel
Mediterraneo. Winston Churchill un conservatore energico e vigoroso, decisissimo
a resistere a ogni costo, divenne il capo di un governo di coalizioni nazionale.
Hitler cercò di convincere gli inglesi a firmare una pace separata così da poter
aggredire con tutte le forze l'Unione Sovietica.
Per circa due mesi l'aviazione tedesca attaccò ogni giorno l'Inghilterra.
Sottoposta a crudeli bombardamenti essa seppe resistere coraggiosamente grazie
all'abilità e allo spirito di sacrificio dei piloti della sua aviazione.
Fu chiamata battaglia d'Inghilterra il terribile combattimento aereo che si
svolse nei cieli britannici fra il settembre e l'ottobre del 1940.
Il 10 agosto 1940 l’aviazione militare tedesca (la Luftwaffe) iniziò
l’operazione che avrebbe dovuto distruggere l’aviazione inglese (la Royal Air
Force), in vista dello sbarco delle truppe tedesche nel territorio della Gran
Bretagna, secondo il piano di Hitler. Per lo Stato Maggiore tedesco, quattro
giorni sarebbero bastati per distruggere la difesa aerea inglese a sud della
linea Londra-Gloucester, quattro settimane per eliminare la RAF al completo.
Tenuto conto dei dieci giorni di preavviso richiesti dalla marina per la posa
delle mine e gli altri apprestamenti finali prima del giorno dello sbarco, la
data dell’invasione poteva essere fissata per la metà del mese di settembre.
Il 13 agosto è il giorno di inizio dell’offensiva tedesca (operazione ‘Aquila’).
L’azione
principale si sviluppò lungo due direzioni: la 2^ Luftflotte attaccò sul Kent e
sull’estuario del Tamigi, mentre la 3^ Luftflotte compiva pesanti incursioni
sullo Hampshire, sul Doretshire e sul Wiltshire, provocando gravi danni a tre
campi d’aviazione. In nessuno di essi, però, erano dislocate unità di caccia,
mentre gli attacchi diretti contro le effettive basi, come Rochford, furono
respinti.
Dopo i primi giorni di incursioni, i tedeschi valutarono, sbagliando, che gli
aerei da caccia inglesi rimasti ammontavano a 300 unità: in realtà, il numero di
Spitfire e Hurricane era quasi doppio, oltre a circa 120 aerei da combattimento
di altro tipo. La valutazione spinse il comando tedesco a pensare altri due
giorni di pesanti bombardamenti avrebbero posto fine alla resistenza inglese. Il
18 agosto, così, la Luftwaffe lanciò altri pesantissimi attacchi contro i campi
d’aviazione del Kent, del Surrey e del Sussex, perdendo
71 aerei contro i 27 caccia persi dalla RAF. Tra il 18 agosto ed il 6 settembre 1940,
i bombardamenti tedeschi si concentrarono sulle basi operative, che
costituivano il cuore del sistema difensivo aereo britannico, continuando a
colpire anche i campi di aviazione e le fabbriche di aerei, per colpire le fonti
produttive della caccia inglese, la cui capacità di ripresa sembrava
inesauribile. In questo periodo, i tedeschi compirono ben 33 grandi incursioni
ed oltre due terzi furono dirette contro le basi operative di settore e gli
altri campi dei caccia. I piloti inglesi incontrarono maggiori difficoltà nei
combattimenti, poiché la proporzione dei caccia tedeschi rispetto ai bombardieri
era diventata altissima e parte della scorta era molto ravvicinata; in media, il
numero degli apparecchi tedeschi che presero parte quotidianamente alle
operazioni contro l’Inghilterra durante quelle due settimane si aggirò attorno
ai 1000, dei quali da 250 a 400 erano bombardieri. Per due volte, il 30 ed il 31
agosto, gli incursori tedeschi furono circa 1500.
Nel corso dei combattimenti e delle susseguenti azioni notturne,
la difesa inglese distrusse 380 apparecchi tedeschi, subendo la perdita di 286
caccia, ma molti altri furono seriamente danneggiati, 103 piloti della RAF
furono uccisi ed altri 128 feriti, su un contingente che non superava il
migliaio. Sei delle sette basi operative dell’11^ divisione subirono gravi
danni; nessuna venne messa fuori uso, ma quella di Biggin Hill, per esempio,
poteva controllare soltanto un gruppo di caccia anziché tre, come di regola. La forza della caccia inglese, quindi, stava diminuendo
ininterrottamente ed a ritmo più veloce che nella fase iniziale della battaglia.
Le perdite dei piloti e quelle degli apparecchi superavano di gran lunga le
sostituzioni. In un senso il comando della difesa aerea stava vincendo la
battaglia, nell’altro (specie se i tedeschi avessero potuto mantenere
sufficientemente a lungo la pressione) la stava perdendo. Tuttavia i
tedeschi, in realtà, non avevano intenzione di prolungare troppo la battaglia
stessa. Neppure la loro aviazione, infatti, si poteva permettere di affrontare
illimitatamente perdite così elevate.
La
battaglia aerea, nei piani tedeschi, avrebbe dovuto essere breve, perché
costitutiva solo un elemento del piano relativo all’invasione dell’Inghilterra.
Poiché gli attacchi contro le basi aeree e contro altri obiettivi all’interno
del paese non parevano determinanti, il 7 settembre il comando tedesco scelse un
nuovo obiettivo:
Londra. La decisone era stata suggerita da tre ragioni che i tedeschi
consideravano valide. Innanzitutto le operazioni avrebbero dato origine a
battaglie aeree di entità ancora maggiore provocando, nelle loro previsioni,
perdite ancora maggiori nella caccia inglese. In secondo luogo, un attacco
contro la capitale, rafforzato da incursioni notturne contro altre grandi città,
avrebbe potuto paralizzare l’apparato governativo britannico nel periodo
precedente lo sbarco, o addirittura seminare un tale panico nel paese da indurlo
alla resa.
Infine, il bombardamento di Londra veniva visto come rappresaglia per
il bombardamento inglese sui Berlino del 4 settembre.
Il 7 settembre,
così, circa 300 bombardieri tedeschi, scortati da 600 caccia arrivarono su
Londra dall’estuario del Tamigi in ondate successive. Alcuni bombardarono i
deposti petroliferi a Thameshaven; gli altri, invece di bombardare le basi
operative sorvegliate dai caccia in allarme, proseguirono uniti fino alla
periferia della capitale. Benché quasi tutti i gruppi di caccia inglesi avessero
preso contatto con gli aerei tedeschi, la maggior parte dei bombardieri riuscì a
sganciare il proprio carico di bombe ad alto esplosivo ed incendiarie prima di
essere disturbata. L’attacco colpì in pieno la zona portuale di Londra ad est
della City (il quartiere sede delle imprese finanziarie e delle banche). Incendi
divamparono nella zona dei magazzini, soprattutto a Silvertown, e servirono ai
tedeschi da guida per le ondate che seguirono la stessa notte, durante la quale
250 bombardieri protrassero l’attacco contro la capitale fino all’alba.
Da quel giorno in poi, il Maresciallo Göering (comandante in capo
dell’aviazione tedesca) assunse personalmente la direzione delle operazioni ed i
bombardieri tedeschi delle basi in Norvegia ed in Danimarca furono impiegati per
quello che, nelle intenzioni dei tedeschi, doveva essere il ‘colpo’ finale. Nel
frattempo, però, i preparativi tedeschi per l’invasione non erano passati
inosservati: sin dal 31 agosto gli aerei inglesi inviati in osservazione
tornavano dalle loro missioni con un’abbondante documentazione fotografica, che
rivelava un ammassamento sempre più massiccio di chiatte ed altri mezzi da
sbarco nei porti e negli estuari lungo la costa europea. Le 18 chiatte che si
trovavano ad Ostenda il 31 agosto, per esempio, il 6 settembre erano diventate
205.
Di conseguenza, anche gli inglesi iniziarono operazioni di bombardamento su
tali località. Il 6 settembre i preparativi tedeschi erano così evidenti che le
autorità inglesi ordinarono l’allarme di invasione di secondo grado, che
prevedeva l’invasione entro tre giorni. Il giorno dopo, quando l’aviazione
tedesca attaccò Londra, l’allarme passò al primo grado: l’invasione era
considerata imminente, entro dodici ore. Mentre l’Inghilterra era tutta in stato d’allarme, in attesa di
quello che avrebbero portato le ore o al più tardi i giorni successivi,
l’aviazione tedesca tentò di continuare il bombardamento del 7 settembre. Il
giorno 8 il maltempo limitò l’attività diurna, ma durante la notte 200
bombardieri attaccarono Londra per nove ore. La zona dell’attacco si estese dai
bacini del porto a tutta la capitale, prendendo particolarmente di mira le
centrali elettriche e le linee ferroviarie. Il mattino dopo tutta le rete che
correva a sud di Londra era stata messa fuori servizio, sia pure per breve
tempo. Il 9 settembre il cielo nuvoloso limitò nuovamente l’attività durante la
mattinata, ma l’attacco venne lanciato nel pomeriggio, quando più di 200
bombardieri tedeschi, abbondantemente scortati, puntarono sulla capitale
inglese. Questa volta, però, la difesa intervenne con prontezza ed energia,
tanto che solo la metà dei bombardieri riuscì a sganciare le bombe sulla città;
gli inglesi abbatterono 28 apparecchi tedeschi, perdendone 19.
Il 14
settembre Hitler decise di rinviare lo sbarco di tre giorni, al 27 settembre, ultimo giorno favorevole
rispetto all’andamento delle maree mentre la marina tedesca
faceva pressioni per un rinvio a tempo indeterminato per la crescente intensità degli attacchi
inglesi contro i mezzi da sbarco nei porti, che avevano portato alla distruzione
di un notevole numero di tali mezzi la sera precedente. Il 15 settembre, verso le 11, i
radar inglesi localizzarono le massicce formazioni di aerei tedeschi che si
stavano concentrando nella zona del Passo di Calais. Lungo tutto il percorso
fino alla capitale, gli aerei tedeschi furono attaccati dai caccia inglesi, il
che costrinse gli attaccanti a sganciare le bombe senza mirare esattamente,
colpendo così i quartieri meridionali della città. Analoga situazione si
realizzò due ore dopo, quando una seconda ondata di bombardieri tedeschi si
diresse verso Londra. Un altro attacco tedesco si concentrò su Portland, e più
tardi una ventina di Messerchmitt 110, armati di bombe, tentarono di colpire gli
stabilimenti aeronautici di Southampton, ma incontrarono una violenta ed
efficace reazione della contraerea. Durante la notte, 180 bombardieri ripresero
il martellamento della capitale, senza colpire obiettivi militari importanti,
mentre altri attaccarono Bristol, Cardiff, Liverpool e Manchester. Durante
quella giornata, i tedeschi impiegarono complessivamente, nelle operazioni
diurne, circa 230 bombardieri e 700 caccia. I bombardamenti erano stati compiuti
in una vasta zona e si erano rivelati inefficaci; l’aviazione tedesca, nello
stesso giorno, perse non meno di 60 aerei, contro i 23 caccia inglesi (13 piloti
dei quali erano riusciti a salvarsi). Questa ulteriore sconfitta aerea tedesca e gli attacchi dei
bombardieri inglesi contro i concentramenti di chiatte furono determinanti. Il
17 settembre Hitler rinviò a tempo indeterminato l’operazione “Leone Marino”
(questo era il nome in codice dello sbarco in Inghilterra). Il nuovo strumento, il radar,
aveva permesso agli inglesi di
avvistare in tempo d'arrivo dei bombardieri tedeschi, la Luftwaffe perse 1700 aerei contro le
900 perdite registrate dall'aviazione britannica.
LA GUERRA SUI MARI -
Intanto la flotta britannica da guerra, la Royal Navy, manteneva il controllo
dei mari; la maggior corazzata tedesca, la Bismark progettata per essere la più
potente del mondo, venne affondata nel 1941.
Inoltre la flotta britannica fu impegnata nella sorveglianza del canale della
Manica, nella scorta alle navi da carico che portavano rifornimenti dagli Stati
Uniti e nella difesa del Mediterraneo contro la flotta italiana.
Fondamentale per la resistenza dell'Inghilterra fu l'aiuto degli Stati Uniti.
Con la legge Affitti e Prestiti il presidente Roosevelt garantì la concessione
di mezzi navali, aerei e terrestri americani ai paesi impegnati contro il
nazismo. Aiutò e rifornì in questo modo la Gran Bretagna, e più tardi anche
L'Unione Sovietica.
Contro la superiorità della Royal Navy la Germania si affidò alla guerra
sottomarina, come già aveva fatto nel corso del primo conflitto mondiale; fu
chiamata battaglia dell'Atlantico quella condotta dai sommergibili tedeschi
contro i convogli di navi mercantili che attraversavano l'oceano per rifornire
Inghilterra.
Protetti da navi da battaglia provviste di armamenti antisommergibili, questi
convogli si difesero validamente, tanto che circa 800 sottomarini tedeschi
furono affondati nel corso della guerra.
HITLER CONTRO STALIN -
Il 21 giugno 1941 Hitler attaccò di sorpresa l’Unione Sovietica. Impreparato
nonostante i due anni guadagnati col patto Molotov- Ribbentrop, l’esercito
sovietico subì inizialmente gravi sconfitte. Le truppe tedesche dilagarono: a
nord conquistarono i paesi baltici e la Bielorussia; a sud occuparono quasi
tutta l’Ucraina arrivando fino al mar Nero e alla penisola di Crimea. Dopo le
prime sconfitte, l’Armata Rossa riuscì a riorganizzarsi, aiutata in questo
dall’inverno russo che, con la neve e il fango, ostacolava e rallentava sia
l’avanzata dei tedeschi sia l’arrivo dei loro rifornimenti. L’invasione ebbe
inoltre l’effetto di unire le diverse popolazioni sovietiche, rafforzando il
loro patriottismo e il loro spirito di resistenza di fronte al nemico. Nei
territori occupati si formarono importanti nuclei di resistenza, mentre le
truppe russe, prima di ritirarsi, distruggevano i raccolti, le stalle e i
granai, impedendo alle forze tedesche di rifornirsi di viveri. Era la vecchia
tattica della "terra bruciata" che centotrent’anni prima aveva fermato
Napoleone. L’offensiva tedesca si arrestò nell’inverno 1941-42 e poi riprese più
lentamente, arrivando nell’estate 1942 a insidiare Mosca e Stalingrado, e
avvicinandosi ai pozzi di petrolio del Caucaso.
LA GUERRA IN GRECIA E NEI BALCANI -
Nel frattempo Mussolini decise di attaccare la Grecia. Fu una decisione presa
solo per motivi di prestigio, che si rivelò ancora una volta improvvisata e
dannosa.
L'idea di Mussolini era infatti quella di affermare l'Italia come potenza
dominante del Mediterraneo particolarmente ora che la Francia era uscita di
scena. Egli intendeva realizzare una serie di "conquiste parallele" a quelle che
la Germania stava ottenendo così da non restare in secondo piano rispetto al
potente alleato.
Gli effettivi risultati furono ben diversi. La Grecia resisté a lungo e per
sconfiggerla si rese necessario l'intervento delle truppe tedesche.
La Grecia e poi la Jugoslavia vennero occupate militarmente. Per controllare il
vasto e accidentato territorio della penisola Balcanica dove i gruppi di
partigiani svolgevano continue azioni di guerriglia l'Italia e la Germania
chiamata in soccorso furono costrette a impiegare consistenti truppe togliendole
da altri fronti.
MEDITERRANEO E AFRICA SETTENTRIONALE
Numerosi combattimenti si svolsero anche in Africa settentrionale e nel
Mediterraneo che la flotta inglese controllava grazie alle basi navali di
Gibilterra, Alessandria d'Egitto e soprattutto Malta. Nonostante i ripetuti
bombardamenti a cui fu sottoposta, Malta non cedette e, di conseguenza, la
flotta italiana ebbe grandi difficoltà a difendere dagli attacchi inglesi i
convogli di navi mercantili che portavano rifornimenti per le truppe impegnate
in Africa.
Qui, ancora una volta, si rivelò l'impreparazione dell'esercito italiano dotato
di mezzi del tutto superati proprio nel settore più importante: carri armati e
aerei. Il comando e l'iniziativa in Africa settentrionale passarono ancora una
volta all'esercito tedesco del generale Erwin Rommel detto "la volpe del
deserto" per la sua abilità e le sue astute tattiche militari. Sotto la sua
guida le truppe italo- tedesche arrivarono a breve distanza da Alessandria
d'Egitto e dal canale di Suez.
IL CORPO DI SPEDIZIONE ITALIANO IN RUSSIA
L'aggressione tedesca alla Russia costrinse Mussolini a inviare un corpo di
spedizione italiano nella Russia meridionale a fianco dell'alleato nazista.
Anche in questo caso il regime fascista rivelò la sua incapacità organizzativa.
Vennero inviati in Russia reparti privi di carri armati, di autotrasporti, di
collegamenti radio. Bersaglieri, fanti e alpini dovettero avanzare in regioni
sterminate, spesso a piedi senza riuscire a tenersi in contatto tra loro.
Nel
terribile inverno russo vennero a mancare scarpe adatte, indumenti pesanti,
generi alimentari, benzina. Gli esempi di valore e di spirito di sacrificio
furono frequenti ma non poterono cambiare la situazione. In questa occasione si
verificò l'ultima coraggiosa, tragica e inutile carica di soldati a cavallo
della storia, eseguita dal
reggimento Savoia Cavalleria.
A seguito delle controffensive sovietiche, il corpo di spedizione italiano
dovette ritirarsi. Abbandonati, sbandati, lasciati privi di viveri, migliaia di
soldati italiani morirono in mezzo alla neve e al ghiaccio. Altri vennero
catturati e morirono di fame e di stenti nei campi di prigionia sovietici.
IL GIAPPONE -
Fino al 7 dicembre1941 lo scenario della guerra era rimasto limitato
dall’Europa. Ma quel giorno l’aviazione giapponese attaccò di sorpresa la flotta
americana ancorata nella baia di Pearl Harbour, nelle isole Hawaii.
Alle 7 di mattina di una tranquilla domenica di pace, mentre l’ambasciatore del
Giappone in USA fingeva di trattare, bombardieri e aerosiluranti giapponesi
distrussero gran parte della flotta americana nel Pacifico. Subito dopo anche le
Germania e l’Italia, legate al Giappone da un patto di alleanza, dichiaravano
guerra agli Stati Uniti.
Il colpo subito a Pearl Harbour fu durissimo , ma non decisivo: gli Stati Uniti
riuscirono a rimettere in mare un’altra flotta. Il loro intervento, inoltre,
significò soprattutto l’entrata in scena della gigantesca industria americana,
capace di produrre in un solo anno 50.000 aerei, 20.000 carri armati 4.000 navi da
guerra.
Inizialmente gli Stati Uniti si impegnarono nell’oceano Pacifico, per ostacolare
la vittoriosa avanzata del Giappone che aveva rapidamente occupato le Filippine,
l’Indocina, la Malesia, Singapore. Poi, lentamente, iniziò la controffensiva
americana condotta dalla flotta a dall’aviazione mentre l’esercito si preparava
a combattere in Europa.
L’EUROPA NAZISTA -
Verso la metà del 1942 gran parte dell’Europa e quasi tutto il Nordafrica erano
caduti sotto il dominio tedesco. Nei pochi paesi dell’Europa orientale che non
furono direttamente sottomessi, come l’Ungheria, la Bulgaria e la Romania, si
costituirono governi alleati o collaborazionisti. Unici paesi neutrali restavano
la Svezia, la Svizzera, il Portogallo e la Spagna del generale Franco.
Quest’ultimo, dopo una guerra civile che aveva causato oltre 700.000 morti,
riuscì con astuzia a tenersi fuori dal conflitto mondiale, resistendo alle
pressioni degli alleati nazisti e fascisti. L’occupazione tedesca dell’Europa
continentale portò a un durissimo sfruttamento dei popoli sottomessi, alimentato
dall’ideologia razzista del nazismo. Milioni di uomini vennero deportati in
Germania e costretti con la forza a lavorare nelle industrie o nei campi. Gli
oppositori politici, gli zingari, i prigionieri russi o slavi, tutti coloro che
venivano considerati di "razza inferiore" furono internati a milioni nei campi
di concentramento (i lager). Qui essi venivano impiegati in lavori pesantissimi
(nel campo austriaco di Mauthausen per esempio c’era una cava di pietra da
sfruttare a forza di braccia, senza l’ausilio di mezzi meccanici), malnutriti e
maltrattati tanto che quasi la metà degli internati morì per la fame o per la
fatica. Molti altri furono invece vittime di torture o usati come cavie umane di
esperimenti medici e chirurgici, tanto folli quanto crudeli.
IL POPOLO EBRAICO -
Ancora peggiore fu il destino che Hitler riservò agli ebrei. Già nel 1938, con
le leggi razziali, essi erano stati perseguitati, licenziati dagli impieghi,
allontanati da ogni attività economica e isolati dal resto della popolazione.
Con lo scoppio della guerra, gli ebrei tedeschi che non erano riusciti a
scappare furono imprigionati e internati nei campi di concentramento; lo stesso
avvenne via via agli ebrei dei territori occupati. In alcuni paesi di tradizione
civile e democratica la reazione a tali provvedimenti fu esemplare. La stessa
Danimarca collaborazionista, per esempio, si rifiutò di consegnare gli elenchi
dei suoi cittadini ebrei e riuscì a farne fuggire gran parte nella neutrale
Svezia.
Molti non ebrei e lo stesso sovrano danese, Cristiano X, applicarono sui loro
abiti la stella gialla, il contrassegno che Hitler aveva imposto agli ebrei per
renderli riconoscibili.
A partire dal 1941-42 Hitler decise di far letteralmente scomparire il popolo
ebraico dalla faccia della Terra. Per riuscire a comprendere la spaventosa
realtà di quella che il nazismo chiamò soluzione finale della questione ebraica,
sono sufficienti le cifre. In tutta l’Europa centrale e persino in Germania, ma
soprattutto nella Polonia occupata, furono allestiti dei campi di sterminio (Dachau,
Aushwitz, Bergen-Belsen, Chelmno, Belzec, Sobibor, Treblinka, Maidanek ecc.),
destinati esclusivamente al massacro sistematico degli ebrei, con mezzi tecnici
di un’efficienza e di una rapidità agghiaccianti: dalle camere a gas ai forni
crematori per sbarazzarsi rapidamente dei cadaveri.
Qui venne sterminata una quantità impressionante di ebrei che ancora oggi gli
studiosi stentano a ricostruire con precisione: un numero compreso fra i 5 e i 6
milioni di persone. È impossibile trovare nell’intera storia dell’umanità una
tragedia e un crimine che possano essere anche solo lontanamente paragonati allo
sterminio del popolo ebraico durante la seconda guerra mondiale.
GLI EBREI ITALIANI
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Neppure l'Italia fu risparmiata dagli orrori della soluzione finale. Nel periodo
della occupazione tedesca, dopo l'8 settembre del 1943, moltissimi ebrei furono
perseguitati e inviati nei campi di sterminio. Purtroppo in molti casi i nazisti
ebbero la collaborazione attiva dell'autorità fascista. Un caso tristemente noto
è quello che riguarda gli ebrei di Roma.
Il 20 settembre del 1943 le autorità fasciste romane chiesero alla comunità
ebraica di versare 50 chili d'oro ai tedeschi entro otto giorni. Con grande fatica
l'oro fu raccolto e proprio l'enormità della richiesta convinse gli ebrei romani
che i fascisti e tedeschi preferivano sfruttarli piuttosto che sterminarli. Ma
il 16 ottobre 1943 il ghetto di Roma, il quartiere dove vivevano gli ebrei, fu
recintato con transenne e le case furono perquisite e svuotate. In poche ore,
1022 ebrei romani, uomini e donne, adulti, bambini e lattanti, giovani e anziani
e persino malati e paralitici, furono caricati sui carri-bestiame, chiusi con
catene e lucchetti e portati al campo di sterminio di Auschwitz. Dei 1022 ebrei
catturati solo 16 sopravvissero.
Non tutti gli ebrei del nostro paese, per fortuna subirono la stessa sorte.
Molti fuggirono e si nascosero tenendo celata la loro identità, aiutati da
moltissimi italiani che condannavano il razzismo, l'antisemitismo e le
persecuzioni come una follia criminale.
RESISTENZA IN EUROPA -
In tutti i paesi occupati dai nazisti, dalla Francia alla Polonia, dal Belgio e
dall’Olanda alla Jugoslavia e alla Grecia, nacquero e si svilupparono gruppi
clandestini e di partigiani. Furono formazioni volontarie e spontanee di
combattenti che presero le armi contro gli occupanti tedeschi, ostacolarono le
loro attività e le loro comunicazioni con sabotaggi, agirono come informatori
segreti degli anglo-americani. Molti di loro pagarono con la vita, con le
torture, con il campo di concentramento il loro desiderio di battersi per la
libertà dei loro paesi.
La resistenza (così fu chiamata in tutti i paesi l’opposizione e la lotta
all’occupazione tedesca) costò cara alle popolazioni. Le autorità naziste,
infatti, moltiplicarono le rappresaglie, gli arresti, le fucilazioni, la
distruzione di case e talvolta di interi villaggi o quartieri cittadini. Si
calcola che nella sola Francia i nazisti abbiano fucilato 25.000 persone tra
partigiani e ostaggi civili.
I nuclei di partigiani che costituirono la Resistenza europea spesso operavano
in contato con i loro governi democratici in esilio (quello polacco e quello
francese in particolare) che si erano costituiti a Londra. Sempre da Londra, le
trasmissioni radio destinate ai paesi occupati portarono ogni giorno notizie e
messaggi di speranza per tutti coloro che non si rassegnavano alla dominazione
nazista, e spesso, segnali e informazioni in codice per i partigiani.
CONTROFFESSIVA
A partire dalla metà del 1942 l'andamento della guerra ebbe una svolta a favore
degli alleati. Stati Uniti, Inghilterra e Unione Sovietica vinsero tre
importanti battaglie, dopo le quali il Giappone e la Germania iniziarono a
perdere terreno.
Nel giugno 1942 la flotta americana, ormai riorganizzata, riportò una netta
vittoria su quella Giapponese presso le isole Midway, nell'oceano Pacifico.
Nell'ottobre dello stesso anno, le truppe inglesi sconfissero quelle
italo-tedesche a El Alemain, nel deserto egiziano e le obbligarono a ritirarsi,
abbandonando man mano tutto il Nordafrica.
Inoltre, nell'inverno 1942-43 la controffensiva sovietica riportò un grande
successo a Stalingrado dove, dopo accaniti combattimenti, oltre 200.000 soldati
tedeschi furono costretti ad arrendersi.
Infine, allo scopo di distruggere le industrie e le comunicazione della Germania
e di ridurre le capacità di resistenza della popolazione tedesca, gli alleati
iniziarono a bombardare massicciamente le città, i porti, i nodi ferroviari,
adottando nei confronti dei nazisti la strategia che questi avevano impiegato
nel 1940 contro Londra e le città inglesi. Molte città tedesche furono distrutte
dai "Bombardamenti a tappeto" che fecero un numero altissimo di vittime fra la
popolazione civile.
Gli scioperi e il malcontento popolare in Italia -
In Italia le notizie dal fronte si facevano sempre più scoraggianti: neppure la
propaganda fascista riusciva più a tenerle nascoste.
Anche la vita civile era divenuta particolarmente difficile. I prezzi salivano e
gran parte dei prodotti di largo consumo, divenuti molto scarsi, venivano
razionati. Furono introdotte tessere che davano diritto a un massimo giornaliero
di generi alimentari( per esempio, 150 grammi di pane a testa).
Nel marzo del 1943 iniziarono a Torino e Milano i primi scioperi operai contro
il carovita, la fame, le sofferenze e i sacrifici imposti da una guerra che ben
pochi italiani avevano voluto.
Fu una grande manifestazione popolare contro la guerra, la dimostrazione di
un'avversione al fascismo e ai tedeschi, che la propaganda ufficiale non riusciva
più a controllare. Molti ormai avevano capito che l'Italia non avrebbe mai
dovuto mettersi al seguito della Germania nazista e, soprattutto, che non poteva
continuare la guerra contro gli alleati.
Industriali, movimenti cattolici e autorità della chiesa, anziani uomini
politici liberali o nazionalisti riemersi dal passato, generali e capi militari:
molti iniziarono a premere sulla corte di Vittorio Emanuele III affinché si
prendessero contatti con le potenze alleate per arrivare a svincolarsi dalla
Germania e firmare una pace separata. Intanto il 9 luglio 1943 le truppe alleate
sbarcarono in Sicilia e rapidamente la conquistarono. Questo convinse alcuni
alti esponenti del regime fascista che era necessario abbandonare Mussolini e
porre fine alla guerra.
LA CADUTA DI MUSSOLINI -
Il 25 luglio 1943 si tenne a Roma una seduta del Gran Consiglio del fascismo,
assemblea che riuniva i più influenti gerarchi fascisti.
Essi approvarono a larga maggioranza un ordine del giorno contrario a Mussolini, firmato persino dal genero del duce Galeazzo Ciano.
Il documento invitava il re a intervenire, riprendendo i poteri dei quali
Mussolini si era appropriato.
Prontamente Vittorio Emanuele III fece arrestare Mussolini e formò un nuovo
governo presieduto dall'anziano maresciallo Pietro Badoglio.
Il governo Badoglio dichiarò la soppressione del partito fascista e dei
tribunali speciali, rimettendo in libertà coloro che erano stati arrestati o
inviati al confino dal regime.
Iniziarono in varie città italiane le prime riunioni dei partiti politici:
cattolici, liberali, repubblicani, socialisti e comunisti tentavano di
riprendere contatto con l'opinione pubblica, dopo quasi 20 anni di persecuzioni
e condanne.
Molti speravano in una pace imminente, ma il maresciallo Badoglio dichiarò che la
guerra a fianco dei tedeschi continuava, iniziando tuttavia caute trattative
segrete con il comando anglo - americano. Naturalmente i tedeschi non si
fidarono e iniziarono a inviare in Italia nuove truppe. Forse per accelerare le
decisioni di Badoglio, gli alleati intensificarono i bombardamenti aerei sulle
città italiane.
Nel mese di agosto Napoli, Milano, Torino la stessa Roma subirono pesanti
bombardamenti, con gravi perdite per la popolazione civile.
L’ITALIA IN GUERRA CONTRO I TEDESCHI -
L’8 settembre 1943 venne annunciato via radio che un armistizio con gli
angloamericani era stato firmato a Cassìbile in Sicilia. Per timore delle
rappresaglie tedesche, il re, il governo e gli alti comandi abbandonarono
immediatamente Roma. Nella fretta di fuggire e di salvarsi nessuno pensò alla
sorte dei soldati italiani lasciati privi di ordini a fronteggiare la reazione
tedesca. La radio aveva detto soltanto che dovevano rispondere agli attacchi da
qualunque parte provenissero.
Incredibilmente nessuno, né il governo né gli alti comandi, si occupò delle
truppe italiane sparse in tutto il Mediterraneo, in Grecia, nei Balcani, mentre
alla flotta da guerra venne semplicemente ordinato di recarsi a Malta.
Si abbandonarono così, interi corpi d’armata mentre gruppi di soldati italiani
spontaneamente combattevano contro i tedeschi. Infine, il 13 ottobre il governo
Badoglio dichiarò guerra alla Germania. Nel frattempo interi reparti italiani
erano stati massacrati dalle truppe tedesche in Corsica, nei Balcani e in
Grecia.
L’Italia meridionale venne, nel frattempo, liberata dagli alleati, sbarcati a
Reggio Calabria e a Salerno. Dopo numerosi esempi di lotta popolare contro i
tedeschi (Capua, Bari, Lanciano, Matera), Napoli riuscì a liberarsi da sola, con
l’insurrezione delle quattro giornate; l’esercito italiano si ricostituì e
combatté per due anni a fianco degli angloamericani.
Il governo Badoglio, rimasto senza prestigio e senza effettivi poteri, fu tenuto
in vita dagli alleati solo perché assicurava la continuità della Stato italiano
e la fedeltà dell’armistizio.
Intanto, era rientrato dalla Russia dove aveva trovato rifugiato Palmiro
Togliatti, il capo dei comunisti italiani. Con il suo appoggio furono poi
formati i successivi governi italiani che videro la partecipazione dei partiti
antifascisti.
MUSSOLINI E LA REPUBBLICA DI SALO’ -
Subito dopo l’8 settembre 1943, un commando tedesco riuscì a liberare Mussolini.
Quest’ultimo, con l’appoggio delle truppe tedesche, si insediò nell’Italia
centro-settentrionale e vi costituì la Repubblica Sociale Italiana (RSI), detta
anche Repubblica di Salò, dal nome della cittadina sul lago di Garda dove ebbe
sede il governo.
La RSI cercò il consenso popolare e varò un programma che risentiva delle
antiche origini socialiste del duce. Il consenso non ci fu, Mussolini riuscì
tuttavia ad attirare svariati giovani nell’esercito di Salò, illudendoli con
proclami ispirati al patriottismo e all’onore e poi destinandoli al servizio dei
tedeschi.
La maggior parte dei richiamati alle armi, però, non si presentò alle caserme:
si nascose o si unì ai partigiani. Scarso successo ebbero i tentativi di
arruolare i
soldati italiani prigionieri in Germania.
Molti preferirono il campo di concentramento. Alcuni aderirono alla Repubblica
Sociale e più tardi, una volta in Italia, in gran parte disertarono e passarono
alla Resistenza. Il governo di Salò mostrò il suo volto cupo e feroce in mille
occasioni.
Nel cosiddetto processo di Verona furono condannati a morte i fascisti che
avevano votato contro Mussolini il 25 luglio. Venne fucilato anche il genero Ciano che il duce rifiutò di salvare benché fosse il padre dei suoi nipoti.
Vennero fucilati anche gli ammiragli Luigi Mascherpa e Inigo Campioni, colpevoli
di aver comandato la Resistenza italiana contro i tedeschi nelle isole
dell’Egeo. Alla fine del 1943 l’Italia si trovò così divisa in due:
nel Centro- nord, la Repubblica di Salò, appoggiata dai tedeschi;
nel Mezzogiorno, il Regno d’Italia, sostenuto dalle truppe anglo- americane.
COMITATI LIBERAZIONE NAZIONALE - Con la caduta del fascismo i partiti politici avevano ripreso la loro attività. Per
loro iniziativa si costituivano clandestinamente nell'Italia occupata dai
tedeschi i comitati di liberazione nazionale (CLN). Essi coordinarono non solo
la guerra partigiana , ma anche tutte le altre attività legate alla propaganda
antifascista e ai contatti con le truppe alleate.
I partigiani e la popolazione che li aiutava , sempre più numerosa, rischiavano
la vita: i tedeschi e i fascisti li consideravano banditi e combattenti non
regolari: quindi spesso li uccidevano sul posto o li torturavano. Molti civili
innocenti vennero coinvolti nelle feroci rappresaglie attuate dai tedeschi e dai
fascisti. A Marzabotto presso Bologna furono massacrate 1.830 persone, alle Fosse Ardeatine presso Roma vennero fucilati 335 civili.
La guerra partigiana era quella che oggi si chiama guerriglia, fatta di
rapidi spostamenti e di piccoli attacchi di sorpresa , non certo di grandi
battaglie che i partigiani non avrebbero potuto sostenere contro un nemico assai
più numeroso e meglio armato.
Eppure la resistenza riuscì a liberare alcune zone e a governarle anche per
periodi abbastanza lunghi: furono le cosiddette repubbliche partigiane che si
formarono in Piemonte nella Val D'Ossola, nelle Langhe e in varie località dell'
Appennino.
LA LIBERAZIONE IN EUROPA
Dopo la sconfitta di Stalingrado, l’esercito tedesco dovette ritirarsi e
abbandonare via via i territori dell’Unione Sovietica, quelli dell’Europa
orientale e dei Balcani.
La Germania continuava però a occupare la Francia. Per liberarla e dare inizio
al definitivo attacco contro il territorio tedesco, il 6 giugno 1944 gli alleati
sbarcarono in Normandia realizzando una delle più colossali operazioni militari
della storia. Dopo durissimi combattimenti, il generale De Gaulle poté entrare a
Parigi, alla testa delle truppe alleate.
L’avanzata degli alleati, soprattutto in Francia e in Italia, fu duramente
contrastata dai tedeschi, ma in ogni nazione occupata la Resistenza dette
un’importante contributo alla liberazione. Nello stesso periodo le armate
sovietiche erano all’offensiva sul fronte orientale costringendo così l’esercito
tedesco a combattere contemporaneamente su più fronti. Nei Balcani un importante
contributo alla lotta contro i tedeschi venne dato dai partigiani del comandante
Josip Broz, conosciuto dai suoi uomini e poi da tutto il mondo come il
maresciallo Tito.
L’ultima offensiva fu sferrata contemporaneamente contro la Germania da ovest a
est mentre i bombardamenti alleati radevano al suolo intere città. Berlino venne
circondata mentre sul fiume Elba le truppe americane si incontravano con quelle
sovietiche. Il 30 aprile 1945 Hitler si uccise con la sua compagna Eva Braun e
altri capi nazisti. Pochi giorni dopo le armate tedesche si arresero in tutta
l’Europa.
LA LIBERAZIONE DEGLI ITALIANI -
La lunga avanzata delle truppe alleate, che risalivano la penisola da sud, portò
anche alla progressiva liberazione dell'Italia. Diverse città: Firenze, Genova,
Milano, Bologna, Torino, furono liberate dalle formazioni partigiane che
riuscirono a precedere l'ingresso delle truppe alleate.
Il 25 aprile 1945 il CLN ordinò l'insurrezione generale: i partigiani presero
possesso di tutto il Nord, abbandonato dall'esercito tedesco in fuga.
Mussolini fu arrestato a Dongo, sul lago di Como mentre cercava di fuggire in
Svizzera vestito da soldato tedesco, e venne fucilato sul posto con altri
gerarchi fascisti.
Nei combattimenti si stima abbiano partecipato 100.000 partigiani che crebbero fino a 250.000 negli ultimi tempi. I
caduti furono circa 35.000 e altrettanti i feriti. La Resistenza dimostrò così
che il popolo italiano, prima trascinato dal fascismo in una guerra vergognosa
al fianco dei nazisti e poi lasciato solo dal governo Badoglio, aveva ancora la
capacità di ribellarsi e di combattere per la propria libertà.
LA SCONFITTA DEL GIAPPONE
La controffensiva americana nel Pacifico progredì più lentamente dell'avanzata
in Europa. Pur perdendo via via terreno, il Giappone continuava a opporre una
resistenza disperata e accanita. Piloti suicidi (i kamikaze = vento divino) si
offrivano volontari per gettarsi contro le navi americane con i loro aerei
carichi di esplosivo.
Il presidente americano Harry S. Truman, che aveva sostituito il defunto
Roosevelt si trovò di fronte alla drammatica decisione se usare o no la bomba
atomica, una nuova terribile arma appena messa a punto. Per abbreviare la durata
della guerra ed evitare quindi la perdita di altri soldati, Truman decise per il
sì.
Il 6 e il 9 agosto 1945 due bombardieri americani lanciarono la bomba atomica
sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki.
Esse vennero totalmente
distrutte: oltre 150.000 furono i morti e altrettanti i feriti. Centinaia di
migliaia di altre
persone morirono in seguito per le conseguenze delle radiazioni. Il Giappone si
arrese il 2 settembre 1945.
Terminò così la seconda guerra mondiale, la guerra più crudele e sanguinosa
della storia.
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