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L'intera Europa a partire dal 1873 (sino al 1895 circa)
affrontò una fase di recesso economico: non investì tutti gli stati e tutti i
settori ma in particolare l'agricoltura di alcuni paesi.
La ragione principale va ricercata nello sviluppo dei
trasporti, soprattutto ferroviari, della conservazione e refrigerazione del cibo
che portò sempre più cereali a basso costo dagli Stati Uniti in Europa.
Ne risentì l'agricoltura europea e il mercato interno e l'unico modo per
difendersi da questa concorrenza fu di alzare tantissimo i dazi doganali
intraprendendo una politica protezionista: questo fu fatto in Germania, Francia,
Russia e Italia.
L'Inghilterra invece, ormai ampiamente industrializzata, non fu colpita dalla
crisi e mantenne caratteri liberisti.
La situazione più complessa fu in Germania
dove il calo dei prezzi danneggiò l'aristocrazia prussiana, gli Junker, ma la
scelta protezionistica fu ostacolata dalla borghesia imprenditoriale che era
beneficiata dai bassi prezzi.
Bismarck, che aveva a cuore gli interessi aristocratici, elaborò un progetto per
mantenere la stabilità sociale: in primo luogo promosse una legislazione
repressiva nel 1878 che colpì il partito operaio tedesco; essa proibiva le
riunioni e gli assembramenti di gruppi che si ispirassero a Marx.
Bismarck, che
aveva utilizzato l'ondata di indignazione successiva ai due attentati contro il
Kaiser Guglielmo I, era consapevole che questa legislazione anti-socialista
avrebbe provocato odio e rancore nelle masse operaie: per questo promosse nel
1833-34 una serie di norme che potenziavano il sistema di assicurazione dei
lavoratori; con questo paradosso Bismarck dimostrava con la legge repressiva di
voler impedire scioperi e altri incidenti che ostacolassero la produzione e con
le leggi sociali che lo stato non era nemico del popolo. Queste riforme sia a
favore dei borghesi che del proletariato erano finalizzate a placare le
obiezioni per l'adozione di tariffe protezionistiche sui cereali che
danneggiavano entrambi i ceti legati alle industrie ma avvantaggiava gli Junker
e gli agricoltori. L'adozione del protezionismo era ottenibile solo tramite il
voto del partito cattolico di Centro e per ottenere il consenso di tale partito
Bismarck dovette attenuare il Kulturkampf (lotta per la civiltà) stabilito dopo
l'unificazione: una serie di provvedimenti restrittivi ai danni delle scuole e
delle organizzazioni cattoliche che, ad esempio, esprimeva l'assoluta supremazia
dello Stato.
La bell'epoque:
intorno al 1895 l'economia mondiale superò le difficoltà e si
introdusse in una fase di espansione che si concluderà solo con la prima guerra
mondiale. I contemporanei si resero conto della vitalità del periodo e lo
battezzarono bella epoque. La depressione precedente era in realtà una fase di
assestamento dovuta alla comparsa sulla scena economica di nuovi protagonisti
come la Germania unificata e gli USA. Se il sistema economico ottocentesco
possedeva un unico centro, quello inglese, quello della bella epoque no: accanto
all'Inghilterra si posero Germania e Usa nei quali erano emigrati negli ultimi
30 anni del secolo due milioni di tedeschi: tale emigrazione era segno di
disagio lavorativo dovuto a un passaggio dall'agricoltura alla crescita
industriale.
Seconda rivoluzione industriale: durante l'ultimo trentennio dell'ottocento si
utilizzarono in Europa e negli Usa nuove fonti e nuove forme di energia grazie
alla ricerca scientifica sempre maggiore collegata sia alla tecnologia sia ai finanziamenti di banche e sia al consistente ruolo degli Stati che favorirono
questo processo tramite il protezionismo e le commissioni statali alle imprese.
Una delle scoperte più importanti fu quella dell'acciaio, considerato costoso e
poco efficace sino all'800, a cui fu tolto il fosforo e il carbonio in eccesso
rendendolo così materiale robusto e utilizzato in ogni settore: gli Usa erano i
primi produttori mondiali seguiti dalla Germania (Krupp).
Analogo successo
ottenne il settore chimico (Reich - tedesca) che favorì la crescita farmaceutica
testimoniata dall'invenzione nel 1899 dell'aspirina a opera
della Bayer.
Le
nuove fonti scoperte, in contrapposizione a quelle del carbone e del vapore che
caratterizzarono la prima rivoluzione, furono il petrolio e l'energia elettrica.
Il petrolio dapprima fu utilizzato solo in Russia e poi esportato in tutto il
mondo e utilizzato come combustibile per autoveicoli. Anche l''invenzione
dell'elettricità, da prima fu sottovalutata, (attribuibile a Siemens inventore
della dinamo e a Edison inventore della lampadina)e in seguito cambiò
radicalmente la vita dei cittadini: furono così costruiti impianti di produzione
di energia elettrica in Inghilterra negli Usa e in Germania dove si instaurò la
più potente industria dell'energia elettrica, l'AEG, che, come molte altre
imprese, dava lavoro a un enorme numero di dipendenti.
Questo gigantismo era
dovuto anche alla comune fusione di più imprese tramite trust (fusione) o
cartelli (accordi di sinergia, rinuncia di concorrenza per il controllo di un
settore produttivo). Anche le banche, che finanziarono molte operazioni,
assunsero una grande importanza e si compenetrarono sempre più con le industrie.
Tutti questi elementi portarono a un fenomeno di urbanizzazione. Il
sopraggiungere della modernità non fu sempre accolto con entusiasmo ma anzi,
soprattutto in Germania e Francia, i ceti medi si videro ristretti il campo di
guadagno a causa della concorrenza delle grandi industrie. Da qui nacquero
sentimenti di disagio, di rabbia e frustrazione che sfociarono spesso in
atteggiamenti antisemiti o comunque razzisti, nel tentativo di trovare i
responsabili della rovina economica.
Nel 1890 Bismarck veniva licenziato dall'Imperatore di
Germania Guglielmo II e sostituito dal modesto e devoto generale Caprivi.
La Russia rifiutò di rinnovare il Trattato di Contro-assicurazione su cui si
basava la politica conservatrice di Bismarck.
Di conseguenza, si giunse, nel
1894 ad un'alleanza Franco-Russa accompagnata da un consistente prestito
francese destinato a sviluppare l'industria pesante russa.
In questo modo risorge l'incubo germanico di dover combattere su due fronti tra
due fuochi: da una parte la Russia e dall'altra la Francia ed altre potenze
alleate.
Viene elaborato dalla Germania il piano Schliffen, dal nome del capo dello Stato
Maggiore Germanico. Contando sulla lentezza di mobilitazione dell'esercito russo
la Germania avrebbe gettate tutte le sue forze contro la Francia, che si contava
di annientare il sei settimane, e quindi rivolgere le proprie attenzioni al
fronte russo.
Guglielmo II aveva licenziato Bismarck perché lo riteneva troppo poco ambizioso,
non adeguato ai destini gloriosi della nuova grande Germania, imperialista e
aggressiva. Nel 1895 veniva approvato un piano per la creazione di una grande flotta da
guerra. Questo porta la Germania a diventare una potenza navale suscitando le
preoccupazioni dell'Inghilterra. Con il Piano Tirpitz, attraverso le leggi
navali del 1897 e 1900, la Marina Tedesca venne rafforzata fino a rivaleggiare
con quella del Regno Unito. La personalità di Guglielmo II e le sue politiche in
questo periodo oscillano tra l'antagonizzare e il compiacere Regno Unito,
Francia e Russia.
Dopo
aver dimesso Otto von Bismarck nel 1890 e abbandonato le attente politiche del
cancelliere, sostituendolo con Leo Graf von Caprivi, lo sostituì a sua volta col
principe Chlodwig zu Hohenlohe-Schillingsfurst nel 1894. Quest'ultimo venne
succeduto dal principe Bernhard von Bülow nel 1900 e da Theobald von
Bethmann-Hollweg nel 1909. Tutti questi cancellieri erano funzionari civili
anziani e non politici come Bismarck.
Guglielmo II voleva impedire il
sorgere di un altro Bismarck. Con il suo atteggiamento anche se non cercò la
prima guerra mondiale, fece ben poco per impedirla. Si era alleato con l'Austria-Ungheria
ed incoraggiò la loro linea dura nei Balcani. Anche se perse il coraggio
all'ultimo minuto era ormai troppo tardi, e ben presto si riprese per spingere i
suoi generali a grandi conquiste.
Corsa agli armamenti.
Un altro motivo di allarme per l'Inghilterra fu il discorso tenuto da Guglielmo II a Costantinopoli nel quale si ribadiva l'amicizia tra Germania e popoli
musulmani, ma soprattutto l'inizio dei lavori per la costruzione della ferrovia
Costantinopoli-Bagdad che impiegava ingenti capitali tedeschi.
La Turchia
scivolò piano piano nell'orbita tedesca facendo perdere l'influenza dell'Inghilterra
nel difendere la Turchia dalle mire russe, nello stesso tempo perdeva d'importanza anche
il contrasto russo inglese sul problema degli stretti.
Le nuove alleanze
Si intrecciarono nuove alleanze, tra piccole e grandi potenze, che portarono, in
ambito europeo, alla formazione di due blocchi: la Triplice Alleanza e la
Triplice Intesa.
Nel 1904 si stabiliva tra la Francia e l'Inghilterra la cosiddetta "Intesa
Cordiale" con lo scopo di controllare la sempre più aggressiva politica estera
germanica che non nascondeva, anzi sbandierava le sue mire imperialistiche. In
questo modo la flotta francese si concentrava a Tolone per il controllo del
Mediterraneo e quella Inglese si occupava del controllo del Mare del Nord.
La Germania cominciò a sentire un senso di accerchiamento al quale reagì
provocando una serie di crisi successive.
La prima crisi marocchina.
La Francia si proponeva di istituire un protettorato
in Marocco. L'imperatore di Germania visitò il sultano a Tangeri e si dichiarò
interessato all'indipendenza del Marocco. Per evitare un conflitto si convocò la
conferenza di Algesiras in Spagna nel 1906. In questa conferenza apparve chiaro
l'isolamento della Germania, appoggiata solo dall'Austria. Si concluse di
rendere Tangeri città neutralizzata sotto il controllo internazionale, mentre il
resto del Marocco, meno il Marocco spagnolo, sarebbe rimasto sotto il controllo
francese.
Ecco come si giunse all'Intesa Anglo-Russa.
Nel 1904-1905 si era
combattuta la guerra russo-giapponese nella quale la Germania aveva tenuto un
comportamento filo-russo mentre l'Inghilterra aveva tenuto un atteggiamento filo-giapponese. La sconfitta durissima della Russia da parte dei giapponesi fece
cambiare radicalmente l'atteggiamento inglese.
Una serie di trattati poneva fine
alle controversie anglo-russe in Afganistan, nel Tibet e nella Persia. Nasceva
quindi un'alleanza Franco-russa-inglese poi definita Triplice Intesa.
La prima crisi balcanica. 1908.
Una rivolta di giovani ufficiali, quasi tutti
appartenenti alle guarnigioni europee, imposero al sultano una riforma: l'impero
turco diventava uno stato laico, dotato di una costituzione, con pari diritti e
dignità tra le confessioni religiose. Di questa crisi turca approfittarono la
Bulgaria, che si rese indipendente, l'Austria, che annesse la Bosnia e
L'Erzegovina, il Montenegro che si costituì regno indipendente. Questo creò un
grandissimo scontento in Italia, che chiedeva invano dei compensi, e in Russia,
troppo sottovalutata dagli Austriaci dopo la sconfitta russa da parte dei
Giapponesi.
Seconda crisi balcanica.
La guerra Italo-Turca nel 1912-13 per il controllo
della Libia aveva indebolito l'impero turco. Di questo indebolimento
approfittarono alcune nazioni balcaniche appoggiate dalla Russia, per scatenare
la prima guerra balcanica. Bulgaria, Serbia, Montenegro e Grecia sconfissero
l'esercito turco e giunsero fin sotto Costantinopoli. Nel 1913 la Conferenza di
Londra pose fine alla guerra. L'Austria, gelosa dell'eccessiva influenza russa,
e approfittando della gelosia antibulgara di Grecia, Serbia e Turchia e Romania
che si chiuse con le paci di Bucarest e di Costantinopoli nel 1913.
Da nove anni l'Europa Guglielmina sfiorava l'abisso nel quale crollerà nel 1914.
Fiducia nel progresso -
Pace, prosperità, progresso sono state le caratteristiche del periodo a cavallo
tra l'800 e il 900.
Sia i prodotti agricoli che quelli industriali erano disponibili in quantità e a
buon prezzo grazie ai mutati metodi di lavoro in fabbrica e all'uso di
fertilizzanti e macchine in agricoltura.
Lo sviluppo dei trasporti permise di portare i prodotti agricoli ovunque,
debellando in parte il fenomeno delle carestie. Prima della Grande Guerra il
progresso scientifico, l'ottimismo, la fiducia nel progresso sembravano
caratterizzare quegli anni d'oro. Si pensava che non esistessero più problemi
non risolvibili col tempo dalla scienza.
Aumentavano a migliaia i viaggiatori grazie ai transatlantici, ai treni, ai
palloni aerostatici. Le comunicazioni sono rese immediate dal telegrafo e dal
telefono. Le case cominciano ad essere illuminate elettricamente, compaiono i
primi elettrodomestici.
Il suffragio universale maschile viene concesso in quasi tutti i paesi più
evoluti; i lavoratori si organizzano in sindacati liberamente, antiche malattie
come il colera, la TBC e la malaria sono debellate nei paesi ricchi. Ma non tutto è così bello come sembra
...
Gli aspetti positivi del periodo, descritti finora, esistevano per un numero
limitato di benestanti, destinatari della stampa che esaltava tutto il buono del
tempo.
Le donne erano rimaste escluse dal diritto di voto, le condizioni operaie non
erano sempre molto buone, ma soprattutto i contadini conducevano una vita molto
dura di privazioni e di stenti.
Il nazionalismo -
Intanto nei diversi stati si sviluppava la coscienza e l'orgoglio della propria
storia, della propria cultura, del proprio ruolo internazionale. Si affermava
inoltre la convinzione che i paesi tecnicamente più evoluti avessero il diritto
e il dovere di guidare anche lo sviluppo dei paesi rimasti più arretrati.
Si trattava, come si è visto poi, di egoismi e calcoli economici camuffati da
nobili propositi.
Come non bastasse cresceva in molti stati la convinzione della superiorità della
propria nazione sulle altre.
Si pensava che alla potenza economica dovesse corrispondere una pari potenza
politica, da esprimere imponendo agli altri stati trattati economici ingiusti e
sfavorevoli. Siccome gli Stati Uniti d'America diventavano più ricchi degli
stati europei e l'industria tedesca stava superando in crescita quella
dell'Inghilterra e della Francia, aumentavano le tensioni internazionali tra
Europa e Stati Uniti e tra gli stessi paesi Europei.
Così mentre alcuni stati come Italia, Giappone e Germania crescevano,
Francia e Inghilterra temevano per la propria supremazia politica ed
economica.
La forza militare come mezzo di supremazia internazionale
-
La forza militare era considerata il mezzo più indicato per imporre la propria
supremazia anche politica agli altri stati. Di conseguenza le spese militari
raggiunsero vette mai viste, anche perché il progresso tecnologico permetteva la
costruzione di armi e navi da guerra sempre più potenti e costose, e nessuno
voleva rimanere indietro.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che la corsa agli armamenti favoriva la
crescita delle grandi industrie che ricevevano le commesse statali, e queste
influivano pesantemente sulle scelte dei diversi governi. Ma non solo le
industrie belliche erano interessate: ricevevano benefici anche le industrie
tessili che producevano le divise, le industrie automobilistiche, le industrie
di accessori ecc.
Potenza industriale e sogni di gloria in Germania -
L'industria tedesca, essendo nata in ritardo, approfittava in pieno delle
scoperte scientifiche della seconda metà dell'800. L'aumento della sua ricchezza
e della sua popolazione sembravano inarrestabili, tanto da far temere, ai paesi
rivali, l'unificazione di tutte le popolazioni di lingua tedesca e il
raggiungimento, da parte della Germania del primo posto nel mondo per potenza
economica e militare. Finalmente sembrava giunto il momento, ai tedeschi, di
ottenere quella potenza internazionale che Francia e Inghilterra avevano già
avuto, sembrava giunto il momento per i nobili prussiani di veder trionfare i
loro sogni di supremazia militare mondiale.
La Francia sogna la rivincita di Sedan -
Agli elementi di tensione già detti si deve aggiungere il desiderio della
Francia di prendersi una rivincita sulla Germania dopo la terribile umiliazione
subita a Sedan nel 1870, che era costata la perdita dell'Alsazia e della Lorena.
Questo desiderio di rivincita fu definito "revanscismo".
Il vulcano balcanico -
L'impero turco, da tempo in disfacimento, aveva perso la sua influenza sui balcani, dando libero sfogo alle aspirazioni indipendentiste dei popoli in
contrasto con i desideri espansionistici di Serbia e impero austriaco.
L'Austria occupò la Bosnia nel 1908: ne nacque un'accesa rivalità con la Serbia,
che mirava a unificare sotto di sé le popolazioni slave della penisola. Come non bastasse, anche la Russia era interessata, sia perché si dichiarava
protettrice della Serbia, sia perché da tempo aspirava ad uno sbocco sul
Mediterraneo.
Le alleanze -
Le due alleanze militari che si fronteggiavano in Europa erano:
la triplice intesa che collegava fra loro Russia, Francia e Inghilterra,
la triplice alleanza che univa Germania, Austria-Ungheria e Italia. Si trattava di
alleanze un poco strane, perché mettevano insieme stati con interessi
contrastanti: l'Italia era alleata con l'Austria, che ancora occupava territori
italiani; la Germania progettava di unificare sotto il proprio dominio tutti i
popoli di lingua tedesca, incluso quello austriaco e di dominare militarmente
tutto il
territorio dell'impero austro-ungarico. I due paesi più democratici,
Francia e Inghilterra, erano alleate della Russia, la nazione più arretrata e
reazionaria d'Europa.
Rivoluzione russa del 1905 -
Nei primi anni del ventesimo secolo si formarono in Russia raggruppamenti
politici che rappresentavano l’alta e media borghesia e i proprietari terrieri,
gruppi sociali che si erano sempre tenuti lontani dalla politica. All'inizio del
1904 elementi moderati degli zemstvo (una forma di governatorato locale
introdotto dallo zar Alessandro II, organo di consultazione ed amministrazione
locale, gestito da rappresentanti di tutti i ceti) e membri delle associazioni
di liberi professionisti fondarono l’Unione per la Libertà.
Inizio del 1905: ai
problemi legati alle incomplete riforme agrarie e all’industrializzazione
forzata si aggiungevano le conseguenze della guerra giapponese che aveva messo
in luce l’impreparazione dell’esercito e l’incompetenza dei comandanti
Il 22 gennaio 1905 a San Pietroburgo una folla di operai guidata da un pope si recò
di fronte al palazzo d’Inverno per consegnare una supplica allo Zar. Lo zar
Nicola II non abitava a San Pietroburgo e in più nessuno lo aveva avvertito
della manifestazione. Le truppe di guardia, formate da Ulani e Cosacchi,
caricarono la folla di pacifici e fedeli sudditi uccidendo 1000 persone e
ferendone 2000. Lo zar, dopo essere stato informato indusse un’inchiesta per
punire i colpevoli, ma a San Pietroburgo e a Mosca gli operai scesero in
sciopero, vi furono sollevazioni di contadini, alcuni reparti dell’esercito si
ammutinarono a Mosca, in Lettonia, negli Urali e in Polonia. Si ammutinarono
anche la base navale di Kronstadt e la squadra navale del Mar Nero.
Tra ottobre e dicembre 1905 si formarono molti soviet (consigli) di operai e
soldati in diverse città: questi rovesciarono le autorità locali e si
impadronirono del potere in quasi tutte le città industriali della Russia. Col
passare dei mesi la rivolta dilagò assumendo i connotati di una rivoluzione. A
Mosca un'insurrezione armata di 8.000 operai durò dal 9 al 19 dicembre. La
repressione fu spietata: un migliaio di morti e altrettanti feriti; 2.000 gli
arresti.
Manifesto di ottobre -
Spaventati da ciò che stava accadendo membri dell'alta borghesia e della nobiltà
terriera fecero pressioni sul regime affinché concedesse almeno il minimo
necessario a riportare l'ordine. Nell'ottobre 1905 lo zar Nicola II pubblicò un
documento, detto poi Manifesti di Ottobre, con cui concedeva una costituzione e
proclamava i basilari diritti civili per tutti i sudditi.
Il documento prevedeva anche l’elezione di una Duma (parlamento) con poteri
limitati e un sistema elettorale basato sul censo. I ministri eletti dal
parlamento avrebbero continuato a essere responsabili solo davanti allo zar.
Il fronte di opposizione rivoluzionario si divise tra coloro che tendevano ad
accettare i contenuti del Manifesto e i gruppi più radicali che auspicavano il
rovesciamento della monarchia. Dimostrazioni e rivolte ripresero in tutto il
paese, provocando la controffensiva del governo: i leader del Soviet di San
Pietroburgo furono arrestati e le insurrezioni nelle campagne furono represse
nel sangue dalle truppe dei cosacchi. Gruppi dell’estrema destra reazionaria si
scatenarono contro dissidenti e cittadini delle nazionalità non russe e
lanciarono persecuzioni contro gli ebrei che trovarono il consenso della
popolazione e non furono osteggiati dalle autorità.
A metà del 1905 il governo zarista aveva ripreso il totale controllo sul paese.
I partiti rivoluzionari furono isolati e il tentativo di far espandere a
dicembre il movimento insurrezionale fuori da Mosca fu represso nel sangue; nel
marzo del 1906 ebbero luogo le elezioni per la Duma.
I politici che accettarono le condizioni poste dal Manifesto vennero a formare
quello che verrà poi designato come partito degli ottobristi. Tale partito
rappresentava gli interessi dell’alta borghesia e riceveva l’appoggio anche
della nobiltà meno retriva. Il partito degli ottobristi era contrario al
suffragio universale. Anche l'Unione della Libertà si era nel frattempo
trasformata in un vero e proprio partito denominato Partito
Costituzional-Democratico, ma conosciuto come
partito dei cadetti, dalla
pronuncia della sigla KD che identificava il partito. I cadetti erano favorevoli
al suffragio universale.
Il primo parlamento -
La prima Duma fu eletta nel marzo del 1906. Alle elezioni non parteciparono,
ufficialmente, i partiti della sinistra, ma un certo numero di indipendenti
legati a tale schieramento scelsero comunque di candidarsi.
I risultati delle elezioni videro vincitori i Cadetti ed i loro alleati, con i
progressisti di sinistra senza partito leggermente più deboli degli Ottobristi e
dei senza partito di centro destra. Anche un certo numero di delegati
socialisti, presentatisi come indipendenti, vennero comunque eletti.
La prima Duma ebbe vita breve e travagliata, le sue relazioni con il governo
Stolypin furono ostili fin dall'inizio. Lo scoglio principale tra i Cadetti ed
il regime restò la riforma agraria. Dopo meno di un anno lo zar, sperando che
nuove elezioni portassero ad una Duma più malleabile, sciolse il parlamento.
La rivoluzione del 1905 ebbe risultati contraddittori. Da un lato permise
un’apertura riformista che ruppe il sistema autocratico zarista con l’elezione
dell’assemblea legislativa, la legalizzazione dei partiti politici e la garanzia
dei diritti civili; d’altro lato, le richieste di una democrazia piena, della
distribuzione della terra ai contadini e di miglioramenti nelle condizioni di
vita degli operai non furono soddisfatte. Le ragioni del malcontento rimasero
quindi irrisolte, ponendo le basi per la successiva rivoluzione del 1917, dove
l’esperienza dei soviet del 1905 avrebbe giocato un ruolo fondamentale.
Nel 1907 esplose una crisi finanziaria internazionale.
Quel che accadde nel 1907 arrivò a conclusione di un ciclo di sviluppo mondiale
vorticoso. L’epicentro della crisi fu il sistema finanziario americano e l
‘economia reale degli Stati Uniti fu coinvolta.
La crescita dell’economia mondiale mise in risalto lo sviluppo di alcuni grandi
paesi. Nel quindicennio che precedé il 1907 si trattò di Stati Uniti e Germania,
che vennero a sfidare l’Inghilterra e la la Francia. Ma cominciarono, in quel
periodo, a brillare anche il Giappone e l’Italia, mentre veniva alla ribalta la
Russia, grazie ad una industrializzazione basata sullo sfruttamento delle
materie prime e sull’agricoltura di esportazione. Altri paesi grandi produttori
agricoli si sollevarono dalla tradizionale stagnazione, acquistando un ruolo
nell’economia mondiale grazie alle esportazioni di derrate alimentari. Furono in
particolare Argentina, Brasile, Australia, Ungheria.
Il motivo principale della crisi è nel disordinato, vorticoso, enorme sviluppo
del mercato finanziario internazionale privato. La crisi del 1907 giunse alla
fine di un esperimento di innovazione finanziaria, che vide il formarsi, nei
principali paesi, di enormi banche private, che mettevano in ombra il potere
delle banche di emissione e rispondevano solo a se stesse. Le grandi istituzioni
finanziarie divennero capaci di spostare capitali da una parte all’altra del
mondo nei tempi più brevi, grazie alla introduzione di nuove tecnologie: i cavi
telefonici sottomarini.
L'illusione che la nuova economia avesse eliminato il rischio e resi possibili
guadagni notevoli e continui portò gli investitori a immettere quote di capitali
sempre maggiori nel mercato azionario, creando una differenza molto grande tra
il valore reale delle società per azioni e il valore azionario.
I guadagni ottenuti dalle banche nel concedere prestiti con garanzie molto basse
induceva l'illusione che si potesse agire in economia senza disporre in proprio
dei capitali adeguati. Quando la bolla speculativa divenne troppo evidente e
qualche banca europea particolarmente esposta cominciò a pretendere la
restituzione dei propri capitali si creò presto un'ondata di panico pari
all'entusiasmo ingiustificato degli anni precedenti. Si formarono file enormi di
risparmiatori che volevano rientrare dei propri capitali e le maggiori banche
americane crollarono una dopo l'altra.
La crisi del 1907 provocò profonde conseguenze sull'economia reale innanzitutto
degli Stati Uniti, ma anche della Germania e dell’Italia, indotte direttamente
dalla caduta delle importazioni americane e rese ancora maggiore la corsa agli
armamenti, che sfociò nella guerra aperta. Tra il 1907 e il 1914 il riarmo fu
alla base della ripresa delle maggiori economie. Insieme al nazionalismo si
affermava sempre più il protezionismo.
Le grandi banche investivano le proprie riserve di cassa, prestandole a
brevissimo termine a intermediari che a loro volta le usavano per speculazioni
di borse sulle quali per la prima volta le azioni prevalevano sulle obbligazioni
o per arbitraggi sul mercato delle cambiali internazionali, su quello delle
valute, o sui mercati dei prodotti primari, da quelle agricoli a quelli
minerari.
La crisi del 1907 ebbe come epicentro gli Stati Uniti, il paese dove le
istituzioni finanziarie private agivano in totale libertà e dove esse facevano
parte di grandi gruppi industriali dediti a enormi operazioni di fusione e
acquisizione di imprese come quelle ferroviarie, il cui fine ultimo era il
controllo dei mercati e la imposizione di prezzi di monopolio.
Crescendo
l’economia di quel gigantesco paese a tassi assai simili a quelli ai quali ci ha
abituato di recente la Cina, e mantenendo il regime di protezionismo che l’aveva
contraddistinto fin dai suoi esordi, il resto del mondo cercò di partecipare al
grande boom americano prestando risorse finanziarie sempre maggiori alle
istituzioni finanziarie americane.
Anche a quel tempo, dunque, gli Stati Uniti fecero con entusiasmo la parte di
quelli che investono molto più di quanto risparmino. E anche a quel tempo la
maggior fonte di risparmi fu messa a loro disposizione dall’Europa, in
particolare, allora, dall’Inghilterra che non riusciva a reinvestire in casa
propria tutte le sue risorse finanziarie. Anche allora fu una decisione europea,
una decisa stretta di freni da parte della Banca d’Inghilterra alla fine del
1906, a mettere in crisi l’economia di carta che i grandi finanzieri americani
avevano messo in piedi coi soldi dell’Europa.
A partire da quella decisione, che bloccò il flusso delle risorse finanziarie
europee verso gli Stati Uniti, iniziò una agonia sempre più rapida del mercato
finanziario americano, che si tradusse infine in una frenata epocale delle
importazioni di quel paese. Gli americani importavano solo quel che ritenevano
opportuno, entro i principi del proprio protezionismo, ma poiché erano divenuti
la massima economia mondiale, importavano quantità gigantesche di merci, e
assorbirono anche, in pochissimi anni, milioni di emigranti europei.
Gli Stati Uniti erano allora non il paese egemone, ma solo il paese più dinamico
e l’unico a dimensioni continentali, con una bilancia commerciale fortemente
attiva perché sia l’agricoltura che l’industria americane erano divenute le più
avanzate del mondo. Il paese egemone era l’Inghilterra, che esprimeva
annualmente un surplus anziché un deficit di bilancia dei pagamenti.
La crisi fu provocata dalla decisione della principale banca centrale europea a
bloccare la vorticosa giostra che girava a New York. Era stata alimentata da
risorse europee e al segnale di stop dato dalla prima banca centrale d’Europa
anche le istituzioni finanziarie private europee e poi i singoli investitori
cominciarono a fermarsi, a cercare di ritirare dal calderone americano i
capitali sempre più avventatamente collocati. Il circolo vizioso si mise dunque
in moto, coinvolgendo anche i paesi e i mercati finanziari della periferia.
In tutte o quasi le crisi finanziarie al cuore del problema è il concetto di
liquidità. In un sistema a forte leva finanziaria, dire che il sistema è liquido
significa che molti strumenti finanziari in esso usati possono fungere da
contanti, sono cioè spendibili senza sacrificio per il loro valore nominale. A
seconda delle situazioni, dunque, il perimetro degli strumenti finanziari
considerati liquidi può allargarsi o restringersi fortemente. E’ una percezione
soggettiva, dunque può difficilmente essere cambiata con iniezioni di moneta da
parte delle autorità monetarie.
Nel 1907 l’esplosione della bolla finanziaria americana indusse conseguenze
rapide e profonde sull’economia reale non solo di quel paese ma del resto del
mondo. La giovane FIAT (fondata nel 1899), che aveva cominciato a esportare con
gran successo automobili di lusso negli Stati Uniti si trovò, ad esempio, in
acque tanto cattive da dover essere salvata da un gruppo di grandi banche.
Doveva essere, per quella che divenne la massima impresa italiana, il primo di
molti salvataggi.
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