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Lo sviluppo della Germania
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Lo sviluppo della rete ferroviaria fu uno dei più importanti fattori
dell'industrializzazione tedesca e contribuì moltissimo alla crescita
complessiva
dell' economia.
Basterà qui solo ricordare alcuni dati: già nel 1846 ben 178.000 operai erano
utilizzati in Germania nella costruzione delle ferrovie. Nel 1875 gli addetti
erano saliti alla cifra record di 541.000, per scendere poi a 320.000 nel 1879.
Così la Germania, in soli trent'anni, fu in grado di costruire una rete
ferroviaria di grande estensione: dai 4.822 km di ferrovie del 1850 si passò ai
33.866 km del 1880.
La regione della Ruhr, che nel 1870 già produceva 2,6 milioni di tonnellate di
carbone, arrivò a produrne oltre 60 milioni nel 1900. Vi sorsero grandiose
fabbriche, come le celebri acciaierie Krupp, tanto che la regione arrivò a
produrre più di 8 milioni di tonnellate di ghisa.
La crescita dell'economia tedesca - L'economia tedesca poté inoltre avvantaggiarsi di un articolato sistema di
trasporti: alla rete ferroviaria si aggiungeva infatti la navigazione sui grandi
fiumi Reno ed Elba. Messi in collegamento da una fitta rete di canali, essi
consentivano di effettuare trasporti a basso costo fino ai grandi porti del
Nord.
Nel 1862 divenne cancelliere (cioè primo ministro) prussiano Otto von Bismarck,
un uomo politico di notevoli
capacità.
Otto von Bismarck (1815-1898) era esponente di una delle grandi famiglie
dell'aristocrazia prussiana.
Nel 1847 fu
deputato della destra nel parlamento prussiano e si oppose ai moti democratici
della rivoluzione del 1848.
Nel 1862 divenne presidente del consiglio dei
ministri della Prussia. Rafforzò l'esercito e impose gradualmente l'egemonia
prussiana tra i tanti piccoli e grandi stati della Germania.
Fu, nel 1870-71,
l'artefice dell'unità della Germania sotto l'egemonia della Prussia e dopo, fino
al 1890, il suo primo Cancelliere.
Per i suoi metodi autoritari e l'inflessibile
determinazione nel perseguire l'obiettivo di fare della Germania la potenza
predominante in Europa, fu soprannominato "der eiserne Kanzler", il cancelliere
di ferro.
L'idea della Germania unita nasce nella lotta comune contro l'imperatore
francese Napoleone che, all'inizio dell'800, aveva occupato tutta la Germania.
Ma questa prima idea di una Germania unita era accompagnata anche da richieste
democratiche, inaccettabili per i governanti, che erano tutt'altro che
democratici. Un primo tentativo di arrivare a uno stato democratico e unitario
fallì nella rivoluzione del 1848.
Ma un po' alla volta l'unità divenne
necessaria anche per liberare lo sviluppo economico, bloccato da troppi confini
interni e troppe leggi diverse.
Solo la Prussia era attrezzata economicamente e militarmente per tentare
l'unificazione. L'obiettivo fu realizzato quando trovò con Bismarck, l'uomo politico abile e
senza troppi scrupoli che occorreva. Bismarck, aveva capito che una Germania unita veniva o "dal basso",
cioè dal popolo con tutti i rischi che questo comportava (bisogna ricordarsi che
Carlo Marx aveva già scritto il suo "Manifesto dei comunisti") o arrivava
"dall'alto", cioè da qualcuno abbastanza forte da poter costringere gli altri
stati ad aderire a questa "Germania unita". Chiaramente, voleva essere la Prussia la guida di questo nuovo stato. Ma come fare a convincere gli altri
stati, tutti orgogliosi di essere indipendenti? Un altro problema era l'Austria:
integrarla o lasciarla fuori dalla Germania?
La Prussia fece di tutto per
provocare e rafforzare i contrasti con l'Austria, che, un po' alla volta fu
emarginata. In questo modo la Prussia conquistava una posizione sempre più
forte.
Poi
fu risolto anche il problema della coesione degli stati: una guerra contro la Francia, il nemico numero uno..
Nello stesso tempo il cancelliere rafforzò ulteriormente
l'esercito prussiano.
Un passo importante verso l'unificazione tedesca, fu la costituzione dell'unione
doganale con la quale
vennero eliminati i dazi doganali fra gli stati e resi più facili i commerci e
gli scambi all'interno della Confederazione.
La guerra fra Prussia e Austria
Potenziato
e ammodernato l'esercito, Bismarck giudicò che ormai i tempi fossero maturi per il
definitivo scontro con l'Austria. Se fosse riuscito a estrometterla dalla
Germania, nessuno più avrebbe impedito alla Prussia di diventare lo Stato guida
della nazione tedesca.
Assicuratosi che Napoleone III sarebbe rimasto neutrale, la Prussia nel 1866 dichiarò guerra all' Austria.
Poco
prima dello scoppio del conflitto, Bismarck accolse l'alleanza italiana, ben
contento di poter distogliere una buona parte delle forze imperiali nel fronte
meridionale, rendendo in tal modo meno rischioso il compito delle forze armate.
In Italia, nella metà del decennio, ci si era resi conto della volontà
bismarckiana di esclusione dell'impero asburgico dalla Confederazione Tedesca e
si decise di approfittare della preziosa potenza bellica prussiana per
continuare la strada del processo di unificazione della penisola. Venne
conclusa, pertanto, una singolare alleanza offensiva di limitata durata (tre
mesi) nell'aprile 1866. Tra le clausole del patto di alleanza non venne prevista
la cessione della Venezia-Giulia, poiché era un territorio appartenente alla
Confederazione; una sua eventuale cessione all'Italia non sarebbe stata
politicamente accettabile per i Principi tedeschi, che avrebbero potuto creare
problemi di resistenza al progetto bismarckiano di unificazione del mondo
germanico sotto l'egida della Prussia.
Dal punto di vista militare, la guerra contro l'Austria trova soluzione grazie
alla vittoria prussiana a Sadowa, seguita dall'armistizio di Nikolsburg.
Con il conseguente trattato di Praga (23 agosto 1866) fu istituita una
confederazione degli stati tedeschi a nord del fiume Meno che fu posta sotto la
direzione prussiana.
Guglielmo I la presiedeva e Bismarck ne era il cancelliere; un'assemblea eletta
a suffragio universale (il Reichstag), rappresentava il popolo, sebbene il
cancelliere e il governo non fossero responsabili verso di essa, ma soltanto di
fronte al re.
I
ducati dello Schleswig e dell'Holstein insieme all'Hannover furono annessi
direttamente alla Prussia, mentre gli stati meridionali della Germania si
riunirono in una loro confederazione indipendente che era di fatto strettamente
vincolata all'orbita prussiana, come dimostrò l'alleanza militare del 1866 nella
quale fu sancito che, in caso di guerra, gli eserciti della confederazione
indipendente sarebbero dovuti essere a disposizione del governo prussiano.
Nell'Impero asburgico, la sconfitta segnò l'inizio di un lungo periodo di
decadenza. Nel tentativo di reagire alla crisi e di rafforzare le strutture
interne, nel 1867 l'imperatore Francesco Giuseppe compì una riforma
costituzionale (l'Ausgleich) con cui concedeva larga autonomia all'Ungheria e
proclamava la parità tra l'etnia tedesca e quella ungherese, la più forte e la
più combattiva delle nazionalità che componevano l'impero, ma ormai la monarchia
asburgica che, da quel momento, prese il nome di Impero austro-ungarico, era
avviata ad una lenta agonia.
Il Regno d'Italia, da poco costituitosi, alleandosi con la Prussia (Terza guerra
di indipendenza italiana), aspirava all'annessione del Veneto; il Veneto sarà
ottenuto dalle mani di Napoleone III, a cui l'Austria, che non si riteneva vinta
dagli Italiani - sconfitti per terra a Custoza e per mare a Lissa - lo cederà, e
che a sua volta lo passerà all'Italia.
La guerra con la Francia
La rapida espansione della Prussia aveva però turbato l'equilibrio fra le
potenze europee; anche Napoleone III cominciò a temere un vicino rivelatosi
troppo ambizioso e potente.
La
crisi precipitò quando il trono vacante di Spagna fu offerto a Leopoldo di
Hohenzollern. L'iniziale accettazione di questi (23 giugno 1870) scatenò in
Francia violenti attacchi antiprussiani; dopo convulse trattative gli Hohenzollern cedettero, ma l'euforia spinse Napoleone III a pretendere garanzie
di rinuncia per il futuro.
L'assurda richiesta e la secca reazione di Guglielmo I, rese note a Bismarck e
da questi pubblicate con grande scalpore (Telegramma di Ems), suscitarono
indignazione sia in Francia sia in Germania.
La
dichiarazione di guerra della Francia, ancorché il Paese fosse impreparato ad
affrontare la Prussia e gli altri Stati tedeschi, non si fece attendere (19
luglio 1870).
I due
eserciti si equivalevano sostanzialmente per armamento (migliore quello leggero
delle truppe francesi, che disponevano di fucili Chassepot; più efficace
l'artiglieria tedesca), ma l'esercito prussiano era di gran lunga meglio
organizzato: la mobilitazione e il trasporto ferroviario al fronte di 460.000
soldati (740.000 riservisti erano stati intanto chiamati alle armi) si compirono
in meno di venti giorni, mentre i Francesi poterono inviare nei teatri di
operazione soltanto 270.000 militari dei 400.000 disponibili. Tale mobilità
giocò in favore di Moltke anche nelle azioni di guerra.
Fallito il primo tentativo francese di isolare la Prussia dagli Stati del Sud,
il 4 agosto, dopo aver distrutto una divisione francese a Wissenburg, i
Prussiani vinsero l'esercito di Mac Mahon (battaglia di Wœrth), che dovette
ripiegare verso Châlons-sur-Marne; fra il 14 e il 18 agosto si svolsero diversi
scontri nei pressi di Metz con le forze del maresciallo Bazaine; questi si
arroccò a Metz con i suoi 200.000 uomini, dove si arrese il 27 ottobre.
Indecisione e contrordini, tra l'obiettivo urgente di proteggere Parigi e quello
più prestigioso di sbloccare Metz, costrinsero l'armata di Mac Mahon nella
sfavorevole posizione di Sedan, dove avvenne l'urto decisivo con i Tedeschi (1º
settembre): in una giornata e mezza 85.000 uomini e lo stesso Napoleone III
caddero prigionieri. È difficile definire questa una guerra-lampo, come invece
vantò Moltke; anzi, fu notevole lo strascico che essa ebbe, in uno sforzo di
ricostruzione e di resistenza guidato dal Governo di Difesa Nazionale, che il 4
settembre aveva deposto Napoleone III.
La
guerra popolare a oltranza, guidata dal repubblicano Gambetta permise a Parigi
(assediata dal 17 settembre e da dove Gambetta fuggì in pallone per organizzare
la resistenza) di non arrendersi fino al 28 gennaio 1871. L'armistizio fu esteso
a tutta la Francia solo il 15 febbraio e la capitolazione siglata dal governo
Thiers ebbe non poco peso nel provocare la rivoluzione della Comune di Parigi
(18 marzo).
Bismarck, che si era insediato a Versailles mentre Parigi era assediata, dopo
aver convocato separatamente i rappresentanti della Germania del Sud e averli
convinti alla causa dell'unità, il 18 gennaio aveva proclamato – alla vigilia
delle trattative che dopo una prima accettazione firmata il 26 febbraio
portarono alla Pace di Francoforte del 10 maggio 1871 – la nascita del Reich. La
Francia si impegnava a cedere l'Alsazia e la Lorena e a pagare un'ingente
indennità, mentre le truppe tedesche sarebbero rimaste a presidiare il Paese
vinto sino al 1873, a garanzia della riscossione concordata.
Questa guerra
rafforzava da una parte i sentimenti nazionali, dall'altra parte serviva a far
capire a tutti la forza militare che la Prussia nel frattempo aveva raggiunto.
Così, vinta la guerra, tutti si piegarono alla Prussia. Il modo concreto della
costituzione del nuovo stato è degno di essere raccontato perché costituiva una
provocazione senza precedenti nei confronti della Francia che la umiliava
profondamente: la cerimonia ufficiale della costituzione della nuova Germania fu
celebrata, quando le truppe tedesche avevano occupato Parigi, nella sala più
prestigiosa del palazzo reale di Versailles, centro e simbolo della monarchia
francese. Una umiliazione
che i francesi non si dimenticavano certamente e che contribuì a cimentare la
"storica" inimicizia tra i due popoli fino alla fine della Seconda Guerra
Mondiale.
L'insurrezione di Parigi provocò la caduta della monarchia di Napoleone III e la proclamazione
della repubblica.
La Comune di Parigi
A Parigi, non appena le truppe prussiane abbandonarono la città, scoppiò
un'insurrezione popolare. Il governo allora lasciò la città e si trasferì a
Bordeaux. Gli insorti diedero vita al movimento detto della Comune e presero il
governo della città.
Vennero adottati radicali provvedimenti in campo amministrativo ed economico,
come la soppressione dell' esercito permanente e della polizia, la confisca dei
beni della Chiesa, la gestione popolare di alcune fabbriche. Così, per la prima
volta nella storia d'Europa, venne realizzato un governo socialista e
proletario.
Parigi era già allora una città industrializzata con una numerosa classe
operaia. Tuttavia era circondata da importanti regioni agricole, assai più
tradizionaliste e conservatrici, che non si sentirono coinvolte dalla
sollevazione. La Comune rimase perciò circoscritta alla sola città di Parigi. I
gruppi moderati e la borghesia furono molto preoccupati da questo esperimento di
socialismo radicale, che rievocava ai loro occhi i fantasmi della Rivoluzione.
Di conseguenza il governo di Bordeaux inviò contro Parigi l'esercito, che
assediò la città.
Alla fine, la Comune dovette arrendersi: la capitale venne conquistata dopo
durissimi scontri che costarono la vita a oltre 20.000 parigini.7
Il nuovo impero germanico
Il nuovo impero germanico fu organizzato come Stato federale formato da 25
stati, ognuno con un proprio sovrano. Il governo imperiale era presieduto dal
cancelliere, che non era responsabile di fronte al Parlamento, come avveniva in
Inghilterra o in Francia, ma solo di fronte all'imperatore: ciò favorì il
mantenimento di una politica conservatrice. La struttura federale consentì
tuttavia notevoli differenziazioni fra la politica dell'impero e quella dei
singoli Stati. Ad esempio, nel 1875 venne fondata in Germania la SPD (il Partito
socialdemocratico tedesco). Pur molto combattuti dal governo imperiale, i
socialdemocratici riuscirono ugualmente a vincere le elezioni in alcuni Stati
(ad esempio in Baviera) e in diverse città.
Nell'impero tedesco tuttavia furono gli junker prussiani a formare la classe
dirigente. La società tedesca fu quindi modellata sulla base dei principi che
caratterizzavano quell'aristocrazia di grandi proprietari, militaristi e
conservatori: ordine, disciplina, gerarchia.
Tuttavia Bismarck cercò anche di frenare il crescente successo del movimento
socialista con una politica di riforme sociali: introdusse l'assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro, le pensioni per i lavoratori anziani, le scuole
per i lavoratori.
Contemporaneamente, però, limitò la libertà di associazione e quella di stampa
per ostacolare le organizzazioni dei lavoratori e i loro giornali.
La corsa agli armamenti
Allo scopo di impedire una possibile rivincita della Francia, Bismarck ricercò
l'alleanza di altre nazioni europee. A tal fine egli concluse un trattato
difensivo con l'Austria e poi con l'Italia, che fu chiamato Triplice Alleanza
(1882). Le tre nazioni si impegnarono a entrare in guerra nel caso che una delle
tre venisse attaccata da un altro paese. Pochi anni dopo egli sottoscrisse un
altro patto (trattato di contro-assicurazione) con la Russia, in base al quale i
due paesi si impegnavano a restare neutrali fra loro nel caso che uno dei due si
fosse trovato coinvolto in una guerra con altri (1887).
Nel 1890 divenne
imperatore Guglielmo Il, uomo vanitoso, impulsivo e ambizioso. Egli si affrettò
a congedare Bismarck, che considerava troppo anziano e prudente, e annunciò una
nuova politica di espansione mondiale dell'impero tedesco. Tale programma destò
l'allarme delle altre nazioni: Inghilterra, Francia, Stati Uniti, Giappone.
Tutte risposero al rafforzamento della Germania col potenziamento, a loro volta,
dell' esercito e della marina da guerra. Iniziò così quella corsa agli armamenti
che si sarebbe conclusa nel 1914 con lo scoppio della prima guerra mondiale.
Quella che seguì la caduta di Napoleone III e la sconfitta della Comune di
Parigi, fu chiamata Terza Repubblica francese (la Prima era stata quella
proclamata dalla Rivoluzione e la Seconda quella sorta dopo il 1848). Tale
periodo fu segnato da forti contrasti fra la borghesia moderata e i partiti
radicale e socialista.
In poco più di 40 anni si costituirono ben 50 governi, ognuno dei quali
sosteneva una politica diversa. Vi furono anche dei tentativi di colpo di Stato
da parte dell' esercito per imporre un governo conservatore e autoritario.
Nel 1894 le forti tensioni fra conservatori e democratici sfociarono nel
cosiddetto affare Dreyfus.
Alfred Dreyfus era un ufficiale francese, di origine ebrea, che venne processato
per spionaggio a favore dei Tedeschi.
Le prove della sua colpevolezza, in realtà ben poco consistenti, erano state
"fabbricate" dalle autorità militari per evitare che un'inchiesta coinvolgesse i
più alti gradi dell' esercito.
Sul processo e sulla successiva condanna influì pesantemente il clima di
antisemitismo che stava prendendo piede negli ambienti più reazionari dell'esercito e della politica.
Condannato alla deportazione, Dreyfus venne difeso dall' opinione pubblica
democratica. Il grande romanziere Emile Zola scrisse un appassionato atto
d'accusa contro le autorità. La polemica che ne seguì si chiuse, dopo anni, con
la riabilitazione di Dreyfuss.
Ferro, vetro e acciaio: una nuova architettura
I continui progressi della tecnologia favorirono Io sviluppo di nuove e sempre
più sofisticate forme di architettura: già a partire dagli inizi del XIX secolo
vennero edificate costruzioni in ferro e vetro (tecnica utilizzata dapprima per
la copertura di giardini botanici e successivamente per i padiglioni delle
grandi esposizioni universali). Uno dei più significativi esempi è
rappresentato, in Italia, dalla struttura che ricopre la galleria Vittorio
Emanuele nel centro di Milano, opera dell'architetto Giuseppe Mengoni (1829-77).
Interamente costruita in acciaio è invece la Torre Eiffel, divenuta il simbolo
stesso della città di Parigi. Progettata dall'architetto Gustave Eiffel (da cui
prese il nome), questa monumentale opera venne inaugurata in occasione
dell'Esposizione Universale del 1889). Costituita da 15.000 pezzi d'acciaio,
essa raggiunge un peso di circa 7.400 tonnellate e un'altezza di 320 metri,
mentre i lati della sua base misurano circa 125 metri.
Il ponte di Manhattan, a New York, la cui costruzione venne completata agli
inizi del XX secolo, è sostenuto da quattro cavi che poggiano su due grosse
torri in acciaio, il ponte raggiunge la lunghezza complessiva di 887 metri.
L'antisemitismo
Per tutta l'età medioevale e moderna quella dei nuclei di ebrei residenti nei
vari paesi d'Europa fu spesso una situazione estremamente difficile. Vivendo
come minoranze all'interno di società e di ambienti poco tolleranti, soprattutto
sul piano religioso, essi furono spesso discriminati, considerati cittadini con
diritti limitati, costretti a risiedere solo in appositi quartieri (i ghetti).
L'uguaglianza dei diritti civili e politici degli ebrei venne riconosciuta per
la prima volta nella Dichiarazione dei diritti americana del 1776 e poi in
quella francese del 1789. Successivamente gli ebrei ottennero la piena parità
dei diritti nel corso dell'Ottocento in quasi tutta l'Europa occidentale: nel
1831 in Belgio, nel 1858 in Inghilterra, nel 1870 in Italia e nel 1871 in
Germania.
Nell'impero russo e nell'Europa orientale, dove pure contavano fiorentissime
comunità, gli ebrei continuarono a essere discriminati. Per ragioni di fanatismo
religioso e di intolleranza verso ogni motivo di diversità, spesso furono anche
perseguitati dalla popolazione contadina, talvolta con veri e propri massacri, i
cosiddetti pogrom.. Soltanto dopo la rivoluzione russa del 1917 gli ebrei russi
avrebbero ottenuto la parità dei diritti, peraltro non sempre rispettata nei
fatti.
D'altra parte, man mano che gli ebrei
ottenevano in tutta Europa il riconoscimento dei loro diritti, si diffondevano
convinzioni ispirate all'antisemitismo. Era questa una dottrina che predicava
l'avversione o addirittura l'odio verso gli ebrei (i "semiti"), sostenuta da una
falsa e vergognosa propaganda razzista che affermava la superiorità di una
pretesa razza bianca "ariana", destinata a dominare il mondo.
L'antisemitismo si diffuse soprattutto in Germania e in alcuni paesi dell'Europa
orientale, ma ebbe anche sostenitori in Francia, come abbiamo visto nell'affare
Dreyfus. Privo di qualsiasi fondamento scientifico, storico o logico,
l'antisemitismo si basava solo sull'ignoranza e sul fanatismo religioso,
nascondendo spesso solo il profondo senso di inferiorità o di invidia di chi lo
professava.
In risposta alle discriminazioni dell'antisemitismo e al pogrom nacque fra gli
ebrei il sionismo (da Sion, nome della parte più antica di Gerusalemme). Il
sionismo fu un movimento politico-religioso sorto al fine di. costituire in
Palestina, occupata dall'impero turco, una sede nazionale ebraica. Essa doveva
consentire agli ebrei sparsi in tutto il mondo di ricongiungersi nella loro
antica patria come popolo indipendente.
Ne fu accanito sostenitore Theodor Herzl, che riuscì a organizzare un Congresso
internazionale a Basilea nel 1897. Nel 1915 avevano già raggiunto la Palestina
ben 110.000 ebrei e l'Inghilterra affermò nel 1917 l'impegno del governo inglese
di costituire in Palestina la sede nazionale del popolo ebraico: tuttavia ciò
avvenne molto più tardi, nel 1948, e solo dopo le terribili persecuzioni subite
dagli ebrei ad opera della Germania nazista.
Inghilterra vittoriana
In Inghilterra l'Ottocento fu caratterizzato dal lungo regno della regina
Vittoria (1837-1901).
Nell'età vittoriana (così fu chiamato quel periodo) la Gran Bretagna divenne la
prima potenza mondiale. Il suo vastissimo impero coloniale si estendeva dal
Canada, all' Africa, all'India, mentre la produzione industriale la collocava al
primo posto in molti importanti settori economici.
Londra era la più popolosa città europea (con 3.600.000 abitanti nel 1878), un
importante porto e la sede delle maggiori banche e compagnie di assicurazione
mondiali.
In tali anni i due maggiori partiti, il Partito conservatore (Tory) e il Partito
liberale (Whig), si alternarono al potere.
Nel frattempo si allargava il numero degli elettori, finché nel 1884 il diritto
di voto fu esteso a tutti i cittadini maschi.
Irlanda
Un problema assai grave fu rappresentato dalla questione irlandese.
L'Irlanda era entrata a far parte del Regno Unito nel 1801; ma l'isola era in
gran parte cattolica, mentre il governo era in mano ai protestanti di origine
inglese. Gran parte delle terre migliori, inoltre, erano di proprietà dell'
aristocrazia inglese, che vi risiedeva di rado e viveva di rendita in
Inghilterra. Nel 1845-46 vi era stata una terribile carestia che aveva provocato
la morte di centinaia di migliaia di Irlandesi e l'emigrazione di molti altri
negli Stati Uniti.
Tutto ciò provocò la nascita di un movimento indipendentista che si opponeva al
governo inglese, ai ricchi proprietari e ai loro amministratori. Dopo decenni di
agitazioni e di lotte sanguinose, nel 1921 l'Irlanda divenne una repubblica
indipendente, con l'esclusione della regione del nord (Ulster) che rimase
all'Inghilterra.
Il
declino dell'impero austro-ungarico
Appariva intanto in rapido declino l'impero austriaco. Sempre maggiori, infatti,
erano le difficoltà che Vienna incontrava per far convivere regioni, paesi e
popoli diversi per lingua, religione, economia, tradizioni. Anche dopo la
perdita delle regioni italiane e di ogni influenza sulla Germania, all'interno
dell'impero continuarono le tensioni. Così, nel 1867, l'imperatore Francesco
Giuseppe I accettò di riconoscere all'Ungheria forti autonomie. Simili richieste
da parte della Boemia, e dei diversi popoli slavi, invece, non vennero accolte
suscitando forte malcontento. Inoltre restava fortissima l'aspirazione di Trento
e Trieste di riunirsi all'Italia.
Il rinnovamento culturale
Agli impetuosi cambiamenti economici e culturali che si verificarono alla fine
del 19° secolo si affiancarono profonde trasformazioni nel mondo culturale e
artistico.
I risultati molto avanzati cui la scienza era giunta avevano messo in
discussione le certezze su cui essa si fondava: la realtà risultava sempre più
complessa e la scienza doveva rinunciare alla speranza di fornire una
spiegazione a ogni problema.
Di fronte alle tensioni sociali prodotte dall'industrializzazione e allo
sviluppo della società di massa dove l'unico valore sembrava essere il denaro,
gli intellettuali assunsero atteggiamenti contrastanti.
Ostili all'esaltazione del benessere e del progresso tecnologico, alcuni poeti e
scrittori (detti decadenti) fissarono la loro attenzione sulle incertezze
dell'uomo e sulla sua solitudine nella grande città industriale.
Altri movimenti culturali e letterari importanti furono il positivismo, il
realismo, il verismo. Il più importante rappresentante del verismo italiano fu
Giovanni Verga, autore dei romanzi "I Malavoglia" e "Mastro don Gesualdo", e le
novelle rusticane, tra cui ricordiamo "Rosso Malpelo", "Cavalleria Rusticana",
"La roba", "La Lupa", "La libertà" ecc.
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