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  1930-1940 si prepara la 2° guerra mondiale home
 

Italia - Il PNF Partito Nazionale Fascista, fondato a Roma il 7 novembre 1921 da Benito Mussolini, nel 1930 è al potere.

Presentatosi come baluardo contro il dilagare del comunismo, il PNF riesce ad entrare in parlamento nel 1921 e dopo la Marcia su Roma del 28 ottobre 1922, lo stesso Mussolini è incaricato dal re Vittorio Emanuele III di formare un nuovo governo sostenuto da una maggioranza composta anche dal Partito Popolare Italiano e da altri gruppi di estrazione liberale.
Il 15 dicembre 1922 viene costituito il Gran Consiglio del Fascismo, organo supremo del Partito Nazionale Fascista.

Alle elezioni politiche dell'aprile 1924, grazie alla "legge Acerbo", una nuova legge elettorale con premio di maggioranza voluta da Mussolini allo scopo di assicurare al PNF una forte maggioranza parlamentare, e grazie all'impiego di "liste civetta" volte a drenare ulteriori voti, il PNF presentatosi come Lista Nazionale, ottenne una netta maggioranza.
Il PNF è l'unico partito ammesso in Italia dal 1928 al 1943, dopo l'emanazione delle cosiddette leggi fascistissime e dotandosi di un proprio statuto.

Il Gran Consiglio del Fascismo diventa organo costituzionale del Regno: "organo supremo, che coordina e integra tutte le attività del regime sorto dalla rivoluzione dell'ottobre 1922".

Il Gran Consiglio delibera sulla lista dei deputati da sottoporre al corpo elettorale (poi sostituiti dai consiglieri nazionali della Camera dei Fasci e delle Corporazioni); sugli statuti, gli ordinamenti e le direttive politiche del Partito Nazionale Fascista; sulla nomina e la revoca del Segretario, dei Vicesegretari, del Segretario amministrativo e dei membri del Direttorio nazionale del Partito Nazionale Fascista.
Le iscrizioni al Partito aumentano a dismisura quando, il 29 marzo 1928, si decide che gli iscritti al PNF avrebbero avuto la precedenza nelle liste di collocamento - più antica era l'affiliazione, più si "scalavano" le graduatorie.

Quasi duepiccoli fascisti anni esatti dopo, il 28 marzo 1930, si decreta che per poter svolgere gli incarichi scolastici di alto livello (presidi e rettori) bisogna essere tesserati almeno da cinque anni. Il 3 marzo del 1931 le iscrizioni sono sospese per circa un anno; questo dato fa intuire che molte sono le adesioni al Partito Fascista dettate esclusivamente da interesse: contro di esse si mosse il segretario Giovanni Giuriati, attivista anti-corruzione che, forse proprio per questa spinta "moralizzatrice", viene destituito dal Duce dopo pochi mesi.
Nel 1930 vengono creati i Fasci giovanili di combattimento.
Gli anni Trenta sono caratterizzati dalla segreteria di Achille Starace, "fedelissimo" di Mussolini e uno dei pochi gerarchi fascisti provenienti dal sud Italia, che lancia una campagna di fascistizzazione del paese fatta di cerimonie oceaniche e creazione di organizzazioni volte a inquadrare il paese e il cittadino in ogni sua manifestazione sia pubblica che privata. Al fine di irregimentare anche i movimenti giovanili Starace porta sotto il controllo diretto del PNF sia l'Opera Nazionale Balilla (ONB) sia i Fasci Giovanili che sono sciolti e fatti confluire nella nuova Gioventù Italiana del Littorio (GIL).
Il 27 maggio 1933 l'iscrizione al PNF è dichiarata requisito fondamentale per il concorso a pubblici uffici; il 9 marzo 1937 diventa obbligatoria se si vuole accedere a un qualunque incarico pubblico e dal 3 giugno 1938 non si può lavorare se non si ha la tanto conclamata tessera: è chiaro quindi che gli iscritti si contino a milioni, ma che tra questi i "tiepidi" e i "freddi" verso il regime siano moltissimi.

Nel 1939 Ettore Muti avvicenda Starace alla guida del partito e tale fatto testimonia l'aumento dell'influenza di Galeazzo Ciano.


America - Gli Stati Uniti furono i veri vincitori della Grande Guerra. Mentre i paesi europei uscirono fortemente provati dal conflitto, gli americani avevano sopportato bene lo sforzo bellico ed anzi, grazie ad esso, le sue industrie si erano fortemente sviluppate e modernizzate.

Grazie anche al contributo dato alla ricostruzione europea, nei dieci anni successivi l'economia americana non cessò mai di crescere: le sue industrie e l'agricoltura esportavano in tutto il mondo. Grattacieli, piazze enormi, autostrade gigantesche caratterizzarono il paesaggio urbano americano; le ferrovie si moltiplicarono, così come le linee metropolitane. Le case si riempirono di elettrodomestici. Ma come al solito non è tutto oro ciò che riluce: forti erano in America i contrasti tra le grandi città e i piccoli centri, tra la prosperità di pochi e i bassi redditi di una notevole parte della popolazione.
Inoltre in quel tempo vigeva il liberismo più selvaggio, le banche e le società che operavano in borsa non subivano alcuna regolamentazione da parte del governo. Approfittando della crescita economica apparentemente senza limiti, tutti investivano in borsa sicuri che il valore delle azioni sarebbe cresciuto.
Adesso sappiamo che non si può crescere all'infinito, ma allora tutti i grandi o piccoli operatori compravano con il proprio denaro o con quello preso in prestito, con la certezza di riuscire a rivendere a prezzo più alto.
Cambia l'aspetto delle città - Elettrodomestici, automobili e altri beni si trasformarono rapidamente in consumi di massa; anche le città vogliono imprimere al proprio aspetto il segno del potere e della ricchezza: diventano numerosi i grattacieli, le metropolitane sotterranee e sopraelevate. ballo 1930
1929 anno della resa dei conti - La crescita della produzione e del prezzo delle azioni sembrava non dovesse mai finire, ma le cose non potevano andare avanti così in eterno. Un giorno alcune aziende cominciarono a non vendere più tutto il prodotto perché il mercato si era saturato. Le troppe merci prodotte faticavano a trovare compratori e ingolfavano i magazzini. I prezzi delle azioni smisero di salire, le banche, impaurite, cominciarono a richiedere indietro il denaro che avevano prestato agli speculatori e alle industrie. Ma i soldi non potevano essere restituiti perché bloccati in investimenti azionari o in materiali che giacevano fermi e invenduti. Si cominciò a diffondere la paura di non rientrare più dei capitali investiti sotto varie forme.

Il panico s'impadronì dei risparmiatori grandi e piccoli, i quali cercarono di vendere, ma nessuno comprava, così ingenti capitali azionari si ridussero al valore della carta straccia.

Il 10 ottobre 1929 i prezzi delle azioni della Borsa di New York ebbero una spaventoso crollo, che proseguì nei giorni successivi. Milioni di famiglie passarono da un regime di consumismo sfrenato alla condizione di non acquistare più niente se non i generi di primissima necessità. Le industrie, indebitate con le banche, non potevano far fronte agli impegni perché non vendevano le merci. Fermate le industrie milioni di lavoratori si ritrovarono licenziati, in tal modo diminuirono ancora di più i consumi e altre industrie chiusero i battenti. Le fabbriche in crisi licenziavano, gli operai licenziati non compravano, altre industrie chiudevano: si creò un circolo vizioso che sembrava non avere fine. I disoccupati raggiunsero il numero di 12 milioni, 5000 banche fallirono, 32000 imprese commerciali chiusero i battenti. Naturalmente anche l'Europa risentì di questa crisi: gli esportatori non avevano più una clientela colossale, coloro che avevano ricevuto denaro in prestito dagli Stati Uniti se lo sentivano richiedere. Francia, Inghilterra, Italia, che si stavano riprendendo dalle spese della guerra, ricaddero nella crisi di nuove difficoltà economiche, disoccupazioni, chiusure di fabbriche.


Il nuovo corso di ROOSVELT -

La campagna elettorale del 1932 doveva dare all'America un presidente che si sarebbe trovato sulle spalle un compito gravosissimo: trarre il paese da una crisi economica di cui non si vedevano gli sbocchi. Gli americani fecero la scelta vincente eleggendo alla presidenza il democratico Franklin Delano Roosvelt.
Roosevelt aveva fiducia nel popolo e nella democrazia. Egli capì che se un paese ricco e pieno di risorse come gli Usa si trovava in quella profonda depressione ci doveva essere qualcosa di sbagliato nel sistema, qualcosa che bisognava correggere. Quindi preparò un piano per ricostruire l'economia basato su idee completamente nuove per quel tempo.

Questo nuovo corso: "New Deal", curò in breve la crisi americana riassorbendo la disoccupazione e rimettendo in moto la macchina produttiva.
RooseveltPer rimettere in moto l'economia bisognava mettere la gente in condizione di fare acquisti. Per fare questo bisognava dare lavoro alle migliaia di disoccupati, quindi Roosvelt diede inizio ad un gigantesco piano di opere pubbliche. Come trovare i soldi? Non certo imponendo nuove tasse ad uno stato oppresso dalla recessione. Così ricorse ad un massiccio indebitamento statale che poi fu ripianato incassando nuove tasse da un'economia risanata e da uno stato ritornato ad essere ricco.

Per le grandi opere pubbliche il governo federale spese molti miliardi di dollari in sei anni. Per conservare le ricchezze naturali e i grandi parchi americani diede lavoro a più di 3 milioni di giovani. Inoltre appoggiò nuovi progetti nel campo dell’arte: spettacoli teatrali e concerti. In agricoltura il governo diede sovvenzioni a 6 milioni di proprietari, evitando in tal modo che abbandonassero le campagne. In tal modo i prodotti agricoli furono disponibili per la nuova domanda dei consumatori.

Roosvelt favorì la ricostituzione di un forte sindacato di cui riconosceva l'indispensabile ruolo di equilibrio, fissò la settimana lavorativa in 40 ore, stabili un salario minimo e impedì il lavoro minorile. Fondamentale fu anche la legislazione sociale a favore dei disoccupati, dei vecchi, degli inabili al lavoro. Furono concesse pensioni per la vecchiaia, assicurazioni per i disoccupati, sussidi per i ciechi, le madri con figli a carico, i bambini handicappati.

Roosvelt con i suoi provvedimenti dimostrò che non vi può essere una contrapposizione netta tra gli interessi della produzione e quelli dei lavoratori e dei pensionati: se questi ultimi non possono fare acquisti tutto il resto si ferma. Contrariamente a quanto sostenuto dalle teorie liberiste egli impose un nuovo sistema di controlli sulle attività delle banche, degli speculatori, dei finanzieri, per evitare il ripetersi di quanto era accaduto nel 1929. Infine diede luogo ad una riforma fiscale più equa ed efficiente.


Unione Sovietica - Il 1 gennaio 1923 viene fondata l’Unione Sovietica. Alla morte di Lenin (1870-1924) si era scatenata la lotta per la successione alla guida dell'Unione Sovietica.

La lotta si era conclusa con la sconfitta di Trotskij, espulso dal Partito comunista nel 1927 e costretto all'esilio. Stalin, eliminato il più pericoloso concorrente con l'appoggio degli altri dirigenti bolscevichi, volle costruire "il socialismo in un Paese solo" facendo diventare l'arretrata Unione Sovietica una grande potenza industriale. Per centrare questo obiettivo organizzò rigidamente l'economia secondo piani di sviluppo stabiliti dallo Stato.
I piani quinquennali - Il piano di sviluppo economico guidato dallo Stato, impostato su 5 anni con inizio nel 1928, doveva avere il completo controllo di ogni attività produttiva. Per questo fu subito abbandonata la NEP, la "Nuova Politica Economica" voluta da Lenin per uscire dalla crisi del "comunismo di guerra" che prevedeva anche la libera iniziativa dei contadini proprietari di terre e dei piccoli industriali.
Con Stalin nelle campagne fu abolita la proprietà individuale e venne attuato un piano di collettivizzazione forzata della terra. Nacquero i kolchoz, grandi aziende agricole affidate a cooperative di contadini, e i sovchoz, aziende gestite direttamente dallo Stato che salariava gli agricoltori come operai delle campagne. I contadini che possedevano terre, i kulaki, si opposero al passaggio allo Stato di ogni loro proprietà e alla trasformazione in operai.

Molti reagirono non seminando più i campi e macellando il bestiame per vivere: nel 1931 i bovini erano diminuiti di quasi 30 milioni di capi e i cavalli della metà. La Russia ritornò ad una situazione simile al "comunismo di guerra".

La reazione del governo comunista fu durissima: quasi due milioni di kulaki furono deportati nei campi di lavoro in Siberia o uccisi in caso di resistenza armata. Nel 1934, al termine del primo piano quinquennale, i 25 milioni di poderi della piccola e media proprietà contadina non esistevano più, sostituiti da 200 000 aziende collettive. Questo programma attuato con la forza non raggiunse però i risultati produttivi sperati da Stalin, dato che i contadini impiegati contro la loro volontà nelle fattorie statali lavoravano con il minimo impegno. La produzione industriale invece quasi triplicò nel quinquennio, in particolare i settori dell'industria pesante (metallurgica, meccanica, mineraria) su cui si concentrarono investimenti e sforzi produttivi.
La produzione di beni di consumo (alimentari, vestiti, scarpe, casalinghi, automobili ecc.) venne lasciata in secondo piano e penalizzata: i prodotti erano di qualità scadente e spesso insufficienti di fronte alle richieste, e questo alimentava il malcontento tra la gente. L'obiettivo di Stalin fu comunque raggiunto: nel 1939 l'URSS si era trasformata in un Paese altamente industrializzato; la sua produzione era più che quadruplicata in soli dieci anni e corrispondeva al 17% di quella mondiale. Ma per raggiungere tale risultato fu creato un regime fortemente centralizzato, autoritario e repressivo nei confronti di ogni dissenso.

Le "grandi purghe" e il Gulag - Stalin aveva progressivamente accentrato il potere nella sua persona, grazie al pieno controllo della potente nomenklatura, la burocrazia del Partito comunista. GulagServendosi della potentissima polizia segreta, eliminò tutti gli oppositori, tra i quali molti protagonisti della rivoluzione d'ottobre del 1917.

Nel 1934 Stalin prese a pretesto la misteriosa uccisione del suo collaboratore Kirov per scatenare le "grandi purghe", che èbbero il culmine tra il 1936 e il 1939: centinaia di migliaia di militanti comunisti e soldati dell' Armata Rossa furono messi sotto accusa come "nemici dello Stato", incarcerati, costretti a confessare colpe inesistenti e condannati a morte o al lavoro forzato.

Bukharin, Kamenev, Rykov e Zinoviev, condannati alla fucilazione, furono le più celebri vittime delle epurazioni staliniane.

Trotskij, acerrimo oppositore di Stalin anche dall'esilio, fu rintracciato in Messico da agenti della polizia segreta sovietica e assassinato nel 1940. È difficile calcolare quanti morti provocò il terrore scatenato da Stalin negli anni Trenta in tutti i settori della società, ma si può parlare di alcune centinaia di migliaia di persone. Tra i 15 e i 20 milioni furono invece i deportati nell'arcipelago dei campi di lavoro, il Gulag.
Questo sistema carcerario, controllato direttamente dalla polizia segreta, era formato da almeno 160 campi di prigionia dislocati prevalentemente nella Russia siberiana. Vi furono rinchiusi oppositori veri o presunti del regime, trotskisti, kulaki; alcuni milioni erano i deportati di nazionalità non russa, appartenenti a popoli che reclamavano maggiore autonomia da Mosca, come i Cosacchi del Don, i Tatari di Crimea e gli Ucraini. Con identica brutalità il regime staliniano eliminò ogni forma di libertà religiosa: fu imposto l'insegnamento dell'ateismo, le Chiese cristiane e le comunità ebraiche vennero perseguitate. Il Gulag fornì a Stalin una massa di manodopera forzata impiegata nella costruzione di grandi opere - canali, strade, ferrovie - e nelle industrie, impegnate a centrare gli obiettivi prefissati dai piani quinquennali.
La politica estera - Tutto impegnato nello sforzo produttivo e nella repressione interna, in politica estera Stalin si limitò inizialmente ad un ruolo da spettatore.
Il sostegno dato ai repubblicani spagnoli nella guerra civile ebbe come rovescio della medaglia la lotta per l'egemonia sulle altre forze della sinistra. Stalin non ammetteva che il movimento operaio avesse un punto di riferimento diverso dal Partito comunista sovietico, e volle che la Terza Internazionale fosse sempre allineata alle sue posizioni. Ma il dittatore piegò sempre gli aspetti ideologici alla ragion di Stato: l'accordo con Hitler nel 1939 è un clamoroso esempio di spregiudicato realismo politico. Con il Patto Molotov-Ribbentrop, Stalin credeva di ottenere una serie di vantaggi concreti: conquiste territoriali in Polonia e Paesi baltici, e la garanzia di pace che gli era necessaria per proseguire lo sviluppo economico previsto dal terzo piano quinquennale. L'uomo che non si fidava di nessuno diede credito a Hitler, o pensò di aver visto più lontano. Ma ormai il Fuhrer era pronto per scatenare la nuova guerra in Europa.
Il culto della personalità - Il clima di terrore che caratterizzò lo stalinismo contrasta con l'immagine pubblica che il dittatore volle dare di sé. Nei manifesti Stalin è al fianco di minatori e contadini sorridenti, felici di contribuire alla riuscita dei piani quinquennali. I bambini lo adorano e gli offrono fiori in segno di omaggio e riconoscenza per il bene che ha fatto alla nazione. Grandi ritratti di Stalin bonario e rassicurante si vedevano negli uffici pubblici e sulle piazze. La propaganda comunista alimentò un vero e proprio "culto della personalità" staliniana: la sua immagine fu esaltata ed egli fu celebrato come la guida salda e ferma del Paese, che aveva aperto la via dello sviluppo e avviato l'URSS a divenire una grande potenza mondiale.

 

Germania - La repubblica di Weimar -

Dopo la sconfitta militare della prima guerra mondiale, in Germania era stata proclamata la repubblica. La repubblica tedesca fu detta di Weimar perché in questa piccola città (dove era vissuto il grande poeta Wolfgang Goethe, 1749-1832) venne trasferita la capitale. Il nuovo Stato si dette una costituzione democratica, parlamentare e federale. Presidente fu eletto il socialdemocratico Friedrich Ebert. La situazione politica, economica e sociale della repubblica era tuttavia difficilissima e il paese era fortemente lacerato da conflitti e disordini.

Nazionalisti e militari contestavano le punitive condizioni dei trattati di pace; altissimo era il numero dei disoccupati perché l’industria non riusciva a riprendersi; i socialisti rivoluzionari e i comunisti tentarono più volte di ribellarsi, ma le rivolte furono schiacciate dall’esercito e i loro capi, Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, furono uccisi (1919)

Crisi della democrazia tedesca -

A causa delle spese affrontate per la guerra, della crisi dell’economia, delle forti somme (le "riparazioni") che la Germania era stata condannata a pagare ai paesi vincitori, crollò il valore della moneta tedesca(il marco). L’inflazione fece salire alle stelle il costo dei beni di prima necessità: una pagnotta, che nel 1915 costava un marco, si vendeva nel 1923 a circa 2 milioni di marchi. Vennero stampate miliardi di banconote che tuttavia non valevano nulla. Per fare la spesa giornaliera una famiglia tedesca spendeva nel 1923 da 2 a 3 miliardi di marchi. I moderati e i piccoli borghesi, rovinati dall’inflazione e spaventati dai disordini e dai tentativi rivoluzionari, si orientarono verso il nazionalismo e i partiti di destra, proprio mentre i governi socialdemocratici riuscivano lentamente a riprendere in mano l’economia e ad arrestare l’inflazione. Ma era ormai troppo tardi. In questo clima di grandi incertezze e di forti tensioni sociali, nel 1925 venne eletto presidente della repubblica (1925-34) il maresciallo Hindenburg, uno dei comandanti dell’esercito tedesco nella prima guerra mondiale. Egli era sostenuto dagli ambienti militaristi e nazionalisti, fautori di un governo autoritario.
Nazismo -

La dottrina nazista sosteneva la superiorità dei popoli nordici (ariani) e in particolare dei tedeschi su tutte le altre popolazioni mondiali. La Germania aveva il compito di affermare tale superiorità e di combattere chi si opponeva. Hitler affermava che erano gli ebrei a ostacolare il successo della razza tedesca sulle altre razze del mondo. Tale assurda dottrina si basava su un concetto, quello della superiorità di una razza sulle altre, che non ha nessun fondamento. Addirittura, scientificamente non ha senso l’idea stessa che esistano differenti razze umane; quello che differenzia gli individui provenienti da un luogo diverso della Terra (il colore della pelle, gli occhi più o meno allungati, i capelli ricci o lisci) sono solo caratteristiche fisiche che nei secoli e nei millenni si sono sviluppate in modo diverso. Ma queste caratteristiche fisiche non hanno niente a che vedere conHitler l’intelligenza in generale, con le capacità e le qualità di ciascun individuo. Ogni popolo nella storia raggiunge un proprio livello di cultura e di sviluppo sulla base di un complesso di fattori, tra i quali la "razza", cioè l’origine (o etnia), non conta assolutamente nulla. In realtà dietro le assurdità del nazismo, dietro la pretesa superiorità del popolo tedesco, si nascondeva solo la volontà di rivincita di un paese sconfitto. La spinta decisiva verso l’affermazione del nazismo venne dalla grande crisi economica che nel 1929 colpì gli Stati Uniti e poi tutto l’Occidente: crebbe ancora il numero dei disoccupati, peggiorarono le condizioni di vita e si diffuse il malcontento. Nelle elezioni del 1930 il partito di Hitler ottenne 107 deputati.  Nel frattempo le squadre armate costituite dai nazisti moltiplicarono gli atti di violenza contro gli avversari politici, senza che le autorità di governo riuscissero o volessero impedirlo.
La presa del potere dei nazisti - Hitler nel gennaio del 1933 fu nominato cancelliere. Alla morte del presidente Hindenburg (1934) assunse la carica di capo dello stato. In questa veste Hitler prese una serie di decisioni che lo portarono a diventare capo assoluto della Germania e a riunire nelle sue mani un potere senza limiti e senza controllo:
sciolse il parlamento della repubblica e i parlamenti degli stati regionali: tutti i poteri locali furono assunti da governatori nominati da lui;
sospese la costituzione della repubblica di Weimar del 1919;
portò la capitale a Berlino;
sciolse i partiti e i sindacati.
La repubblica veniva sciolta e nasceva il terzo Reich. Reich significa impero: il primo era stato quello medievale, il secondo quello fondato da Guglielmo I e da Bismark nel 1871, il terzo quello del popolo tedesco guidato da Hitler stesso, il Fuhrer. "Un popolo, un capo" fu il motto del nazismo. Il partito nazista e lo stato tedesco divennero praticamente la stessa cosa. Nel 1934 Hitler creò la Gestapo, una polizia politica, e un tribunale speciale per i delitti di alto tradimento. Gli avversari politici del nazismo furono condannati a morte o imprigionati.
Dalle università e dalle scuole tedesche furono espulsi tutti gli studenti e i docenti di origine ebraica. Coloro che non vollero sottoscrivere una dichiarazione di fede nazista furono allontanati. NazismoDalla Germania emigrarono il fisico Albert Einstein, lo scrittore Tomas Mann, il filosofo Karl Jaspers ; dall'Austria fuggì Sigmund Freud fondatore della psicanalisi.

A partire dal 1938 le persecuzioni contro gli Ebrei divennero ancora più dure e violente: essi furono esclusi da tutte le attività commerciali e industriali; le loro abitazioni vennero sequestrate e rivendute; molte famiglie furono inviate ai campi di concentramento. Iniziava così quella crudele politica che, nel corso della seconda guerra mondiale, avrebbe portato allo sterminio di cinque milioni di ebrei. Per difendere la purezza e la sanità della razza il nazismo perseguitò anche gli zingari, gli omosessuali, i malati di mente, i bambini handicappati o malformati. Una volta preso il potere Hitler mirò ad un unico obiettivo: la rivincita dopo la sconfitta del 1918 e, in prospettiva, il dominio mondiale. La Germania per realizzare questo progetto non poteva sperare in aiuti esterni, quindi indirizzò tutto lo sviluppo industriale a questo scopo.
Venne potenziata l'agricoltura per poter alimentare tutta la nazione in caso di guerra, senza dipendere dalle importazioni. All'industria fu affidato un ruolo di primo piano nel riarmo del paese. Occorreva infatti ricostruire una flotta da guerra, una forte aviazione, dotare l'esercito di nuovi e moderni armamenti. Tutto ciò fu realizzato con il pieno sostegno dei grandi gruppi industriali tedeschi.

Altri regimi - Le crisi economiche seguite alla prima guerra mondiale, la rinascita del nazionalismo, il timore delle rivoluzioni rosse ebbero notevole peso anche in altre nazioni europee. Sembrò allora a molti che il ricorso a una politica autoritaria, o addirittura alla figura di un dittatore, avrebbe potuto risolvere i gravi problemi del dopoguerra.
In Spagna, nel 1923, si affermò un governo autoritario, controllato dai militari e presieduto dal generale Primo de Rivera.
In Portogallo, nel 1932 Antonio de Salazar realizza un regime simile al fascismo.
Regimi autoritari o vere e proprie dittature si affermarono nelle repubbliche baltiche (Lituania, Estonia, Lettonia), in Ungheria e in Grecia;
In Jugoslavia il re Alessandro prese i pieni poteri e lo stesso fece in Romania il re Carol II;
In Austria nel 1933 il cancelliere Engelbert Dollfuss, ammiratore di Mussolini, cancellò la costituzione e soppresse i partiti.

 

Francia e Inghilterra - In Francia e Inghilterra il sistema democratico rimase ben saldo. Tuttavia le due nazioni conobbero tra le due guerre un periodo di scarsa stabilità politica, a causa della continua alternanza fra governi socialisti e conservatori. Ciò impedì una ferma opposizione alla minaccia per la pace rappresentata dal nazismo e dal fascismo.
Gli anni fra le due grandi guerre mondiali furono difficili anche per la Francia. Nel giro di 21 anni furono costituiti ben 42 governi, della durata media di sei mesi. Destra e sinistra potevano contare più o meno sullo stesso numero di elettori ma erano frammentare in diversi partiti, spesso in disaccordo tra loro. Mancava invece un partito che, stando al centro, potesse allearsi con l’una o l’altra parte e costituire un governo più stabile. Vi furono tuttavia anche dei primi ministri abili e capaci, come il conservatore Raymond Poincaré e il socialista Léon Blum, che riuscirono ad affrontare con serietà le difficoltà economiche di tale periodo. E così in Francia rimase ben saldo il sistema democratico fondato su libere elezioni: i movimenti autoritari non vi trovarono spazio.

Lo stesso si può dire dell’Inghilterra, che tenne fede alla sua tradizione democratica.
Qui, nel primo dopoguerra, si affermò il Partito laburista, che si alternò con il Partito conservatore nel governo del paese. Il governo laburista favorì la diffusione delle scuole pubbliche e migliorò la legislazione sociale. L’alternarsi dei diversi governi è in generale un fatto molto positivo per la democrazia. Il partito che governa è infatti consapevole che gli elettori lo giudicano per ciò che fa e che, se non sono soddisfatti, voteranno, nelle prossime elezioni, per il partito di opposizione. Questo è un forte stimolo a governare bene, in modo da essere giudicati positivamente dagli elettori. In questo particolare caso, tuttavia, l’alternarsi dei governi di tendenze diverse in Francia e in Inghilterra ebbe anche un effetto negativo in politica estera. Infatti, nei confronti della Germania di Hitler e dell’Italia di Mussolini, Francia e Inghilterra ebbero una posizione oscillante.
In particolare, esse per molto tempo non riuscirono a respingere con decisione le pretese tedesche, a causa dei forti contrasti politici fra i governi conservatori e quelli socialisti o laburisti. E mostrarsi deboli o incerti significò lasciar proseguire Hitler nella sua politica sempre più aggressiva e non fermarlo in tempo prima che scatenasse la guerr
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