Sumeri e Accadi
Sumeri (4000-2350)
Epoca sargonide (2350-2150)
Rinascita sumera sotto la III dinastia di Ur (2150-1950, ma secondo la
cronologia media: 2112-2004)
Epoca babilonese ((1700-1100; 612-539 a.C.)
I Sumèri
Intorno al 4000 a.C. i Sumeri ("gente dalle teste nere") vivevano sui monti a
nord della Mesopotamia (monti Zagros, che appartengono ad Armenia e Iran),
nell'altopiano iranico, vicino all'attuale confine con la Turchia. Poi verso il
3500 a.C. questa popolazione sarebbe scesa dai monti per occupare la bassa
Mesopotamia, alla confluenza del Tigri e l'Eufrate (odierno Iraq sud-orientale).
Verso la fine del III millennio avvenne la fusione definitiva della popolazione
sumerica con quella semitica. Le varie tribù semitiche costituivano a quel tempo
la principale massa della popolazione di pastori dell’Asia occidentale; il loro
territorio comprendeva la steppa siriana, la Palestina e l’Arabia.
Nel IV-III millennio a.C. queste e altre tribù della zona erano in grandissima
maggioranza formate da agricoltori montani stanziali e pastori semi-nomadi che
vivevano ancora nelle condizioni sociali della comunità primitiva.
I Sumeri sono i primi a far nascere, in Mesopotamia, la civiltà patriarcale e
schiavile, sostituendo progressivamente quella matriarcale ed egualitaria,
ancora ferma al neolitico. Che cosa li abbia spinti a lasciare terre fertili per
accedere a un luogo arido e paludoso non è dato sapere. Se fossero stati dei
mutamenti climatici abbastanza seri, avremmo dovuto avere notizie di altri
popoli migranti. Ipotizzare che siano stati cacciati da altre popolazioni
schiavistiche ha poco senso, poiché lo schiavismo è sempre accompagnato dalla
scrittura e non abbiamo fonti che documentino una cosa del genere. Non resta che
pensare a una rottura traumatica con una popolazione arcaica, non-schiavile e
quindi priva di scrittura.
Ma se è stato così, bisogna presumere che all'interno della tribù sumerica vi
fossero già i presupposti della sua evoluzione verso lo schiavismo come sistema
sociale di vita. Si può forse presumere che nell'antica comunità di villaggio
(cui appartenevano i Sumeri) vennero ad un certo punto emergendo le figure dei
guerrieri, che si distinguevano per la loro abilità nella caccia. Una qualche
stratificazione sociale doveva esserci già in partenza e non è da escludere che
si riflettesse nei rapporti tra uomo e donna. E' vero che fino all'età
protodinastica non vi erano sostanziali differenze tra i diritti maschili e
quelli femminili, ma è anche vero che subito dopo le differenze a sfavore delle
donne si fanno sentire pesantemente, anche se quelle appartenenti a famiglie
reali continueranno a svolgere funzioni sacerdotali per molto tempo.
Considerando che qui ci si trova ancora nel periodo del Neolitico,
le armi principali che caratterizzavano questi guerrieri erano l'arco, la lancia
e, al massimo, il carro tirato da asini.
Nel corso del IV millennio conoscevano sicuramente l'uso del rame, della ruota e dell'aratro, nonché dell'argilla e della ceramica e, cosa molto importante, conoscevano l'uso dei sigilli per distinguere la proprietà privata da quella pubblica.
Nel corso
del III millennio apprenderanno l'uso del bronzo, con il quale potranno creare
spade, asce ed elmi, e intorno alla metà del II millennio a.C. dal vicino Egitto
arriverà l'uso del cavallo. Per misurarsi nella forza e nell'abilità i guerrieri
si servivano di duelli e, per difendersi, del cameratismo maschile.
Si può insomma presumere che in una determinata porzione di territorio (dei
monti Zagros), in cui, per un motivo o per un altro, era diventato difficile
trovare cibo per tutti, invece di cercare una soluzione di compromesso, che
salvaguardasse le fondamenta dell'antica comunità primitiva, una parte della
popolazione, che prese poi il nome di Sumeri, scelse la strada di un affronto
più radicale e autoritario del proprio problema, un modo di porsi che la
costringerà poi a compiere una scelta dolorosa: l'esilio in massa.
Grandi migrazioni di popoli si erano verificate sia sotto il paleolitico che
sotto il neolitico, ma non per questo si assiste alla formazione di un sistema
economico in cui viene sfruttato il lavoro altrui. Lo schiavismo non poteva
essere considerato un sistema di vita facilmente accettato da popolazioni
abituate a vivere in libertà. E' pertanto da escludere ch'esso si sia formato
come effetto inevitabile della particolare conduzione tecnica e lavorativa delle
opere di irrigazione e canalizzazione. Sarebbe come dire che quelle terre aride
potevano essere rese fertili solo da una società divisa in classi. I germi della
discriminazione sociale i Sumeri se li erano portati con loro sin dal momento in
cui avevano deciso di lasciare le montagne dell'Iran e dell'Armenia.
Non furono le particolari condizioni sfavorevoli delle terre paludose a rendere
necessaria una organizzazione collettiva del lavoro: questa l'avevano già. Si
dovrebbe anzi sostenere il contrario, e cioè che il frutto del lavoro collettivo
su quelle terre, non esistendo più una piena democrazia sociale tra i Sumeri,
porterà alla nascita di una determinata proprietà privata e alla trasformazione
della proprietà pubblica in proprietà statale (prima templare, poi anche
palaziale) in cui la maggior parte degli agricoltori liberi ad un certo punto
cominciò a svolgere un ruolo da salariato rurale.
I problemi del territorio
I Sumeri erano stati costretti, in qualche modo, a vivere in una zona arida,
paludosa, priva di foreste, di pietre, di legname, di minerali, dove le piogge
erano e ancora oggi sono a carattere stagionale, con soli due grandi fiumi, il
Tigri e l'Eufrate, che, scorrendo molto lentamente, a causa della scarsa
pendenza del suolo, straripavano facilmente, producendo, come accadeva col Nilo
egiziano, un fango che verrà molto usato nelle costruzioni edilizie e nelle
tavolette d'argilla per la scrittura.
Poiché le inondazioni, invernali e primaverili, erano intervallate da lunghi
periodi di siccità, durante i quali i due fiumi potevano rimanere in secca, il
problema dell'acqua fu sempre una delle maggiori preoccupazioni per il popolo
sumerico, e di conseguenza una delle principali cause degli scontri fra le varie
comunità e città mesopotamiche.
La trasformazione del territorio
Senza la costruzione di dighe, argini e canali sarebbe stato impossibile
sfruttare quei fiumi per costruire una civiltà che nulla avesse a che fare con
le antichissime comunità di villaggio. Fu l'agricoltura irrigua, inventata dai
Sumeri, che fece diventare fertile quella zona. Il terreno alluvionale della
vallata era tenero e friabile, e le sponde erano basse; per questo si potevano
costruire anche con attrezzi non perfezionati canali e dighe, serbatoi, argini e
sbarramenti. Tutti questi lavori di bonifica esigevano una grande quantità di
mano d’opera e quindi l’unione costante di molte comunità. Esigevano anche una
perfetta conoscenza della ciclicità delle esondazioni.
L'altro grosso problema da risolvere era la salinizzazione del suolo: bastava
l'1% del sale, che saliva in superficie dal sottosuolo, per vanificare la
raccolta del cereale allora più diffuso, l'orzo (più resistente del grano ai
tassi di salinità). Col tempo gli sbarramenti artificiali che s'impregnavano di
sale, rendevano infertile il suolo, costringendo gli agricoltori a emigrare
sempre più a nord, dove la salinizzazione era meno forte.
Nei lavori di bonifica e d'irrigazione cominciarono ad essere impiegati
strumenti con parti metalliche. Una più intensa utilizzazione del metallo portò
a un aumento della produttività, il che, in una situazione sociale egualitaria,
non avrebbe avuto effetti sconvolgenti. Viceversa, in una comunità già minata
dalla stratificazione sociale, quella maggiore produttività, che comportava la
nascita di eccedenze alimentari rispetto al fabbisogno, fu all'origine di uno
sfruttamento sistematico e sempre più intensivo degli elementi più deboli
presenti in quelle comunità. La tendenza cioè era quella, da parte dei clan più
forti, d'impadronirsi delle terre migliori. Col tempo questi clan costituirono
un’aristocrazia tribale che si arrogò il diritto di dirigere gli affari tribali.
Il lavoro schiavile
La stratificazione sociale era presente già durante la disgregazione del regime
comunitario primitivo, in quanto le tribù sumeriche sfruttavano il lavoro degli
schiavi (dapprima di sesso femminile, poi anche maschile), benché in misura
molto limitata e a livello domestico. Per gli storici è assodato che se tra i
Sumeri è esistita una concezione democratica della politica, essa doveva essere
anteriore alla fase protodinastica.
I primi canali di irrigazione vennero scavati dai membri liberi delle comunità,
come forma di prestazione obbligatoria; ma nei lavori più duri di scavo e
soprattutto nello sviluppo su larga scala del sistema di irrigazione si
sfruttavano sempre più gli schiavi, tratti non solo dai debitori insolventi (in
questo caso tutta la famiglia veniva schiavizzata), ma anche dai nemici di altre
città o comunità sconfitte militarmente e anche da chi aveva recato danno ad
altri senza essere in grado di risarcirlo: questo perché occorreva una
considerevole quantità di mano d’opera per questo tipo di lavori.
Gli schiavi non vivevano solo nelle campagne ma anche nelle città, in qualità di
domestici, concubine, artigiani. Essi non potevano guardare in faccia gli uomini
liberi e potevano essere sacrificati agli dèi e ai re morti. Intorno al 2500
a.C. la schiavitù era già così diffusa che ci si poteva permettere il lusso di
sotterrare molti corpi sacrificati dei servitori della regina di Ur nella sua
tomba. A volte gli schiavisti si preoccupavano dell'istruzione degli schiavi per
poterli sfruttare con maggiore efficienza. I figli di un genitore schiavo non
necessariamente venivano considerati schiavi e comunque non si negava a nessuno
di poter riscattare la propria schiavitù attraverso il denaro.
Il primo riformatore statale che cercò di ridurre i privilegi e gli abusi dei
soprintendenti e dei funzionari, impedendo che orfani e vedove finissero nelle
mani dei potenti, fu il re Urukagina, della città di Lagash, nel 2275, ma i ceti
privilegiati chiesero l'intervento del re di Umma, che lo eliminò
immediatamente.
La nascita delle città-stato
La trasformazione di quei territori, la cui unica ricchezza dipendeva da quei
due grandi fiumi, e che non erano abitati solo dai Sumeri, era avvenuta in
maniera conflittuale sia all'interno delle singole comunità che all'esterno, nei
rapporti tra queste comunità.
La cosiddetta "terra di Sumer" era composta da
molte comunità, poi divenute città autonome intorno al 3800-3400,
perennemente in guerra tra loro per il controllo dei canali, indispensabili per
drenare le acque in eccesso e al tempo stesso per distribuirle alle zone più
lontane. Nei testi epici che ci sono pervenuti vi è sempre una città che
pretende di ottenere tributi da altre. Particolarmente esosi fiscalmente erano i
funzionari reali di ogni città.
Le città dominavano i villaggi dei contadini ad esse adiacenti, su un territorio
di circa 30 km di diametro. La città di Uruk (la più importante nel IV
millennio, con 40-50.000 abitanti) si estendeva per quasi 10 km e aveva oltre
900 torri rettangolari a intervalli di nove metri, su una superficie urbana
complessiva di circa 550 ettari: essendo molto fortificata da mura e fossati (il
secondo muro doppiava il primo a una distanza di dieci metri), appariva
inespugnabile da parte di qualunque villaggio. La recinzione dei centri urbani
con mura fortificate risale almeno al 2700. Quanto più aumentava la superficie
delle città, tanto più esse venivano a conflitto per il controllo del territorio
e tanto più diminuivano le aree coltivate, in quanto la popolazione dalla
campagna tendeva a trasferirsi in città. Ma quanto più diminuivano le terre
coltivate tanto più si favoriva l'insediamento delle popolazioni seminomadi, che
già nel 2700 costituivano un notevole pericolo.
Al principio del III millennio a.C. nella bassa Mesopotamia si costituiscono le
prime città-stato, come progressiva espropriazione dei poteri del villaggio: si
comincia ad avvertire la necessità di spazi adeguati per tenere sottomessi gli
schiavi e l'80-90% dei contadini liberi delle campagne e per assicurare alla
casta privilegiata, sorta dall’aristocrazia tribale, la sua posizione egemonica
nella società. La città-stato doveva difendere le nuove forme di proprietà e
contribuire a sviluppare ulteriormente i rapporti schiavistici. Gli schiavi
appartenevano allo Stato, ovvero alla nobiltà. La parte del territorio irrigata
dalle piene dei fiumi non era più considerata proprietà collettiva delle singole
comunità, ma proprietà statale.
Le comunità di villaggio non reagiscono in maniera convincente a questa
progressiva espropriazione di poteri (a testimonianza che al loro interno vi
erano già degli elementi discriminatori) ed anzi si prestano ad offrire a piene
mani: militari, tributi e corvées. Se qualcuno si sottraeva a questi doveri, la
responsabilità ricadeva sull'intero villaggio ed era facile che qualcuno
diventasse schiavo per insolvenza. In ogni caso il processo di spoliazione delle
loro terre fu molto lungo: sottrarre la terra alla comunità, finché questa
restava salda e unita, era un problema complesso e difficile. I membri liberi
della comunità formavano la principale forza produttiva della popolazione su un
territorio divenuto favorevole all’agricoltura; in un primo tempo essi
costituirono anche il nucleo fondamentale dell’esercito.
Il sistema statale per un certo periodo conservò ancora gli elementi normali
della democrazia tribale: continuarono ad esistere le assemblee popolari, le
assemblee dei guerrieri e il consiglio degli anziani. Con il graduale sviluppo
della struttura sociale schiavistica, con la disgregazione delle comunità e il
venir meno dell'importanza dei membri liberi delle comunità, il potere si
accentra completamente nelle mani della classe schiavistica. Il monarca offre
solo l'illusione di una certa equidistanza tra schiavi e schiavisti. In realtà
egli era l'istituto di governo che doveva tutelare la forza sul diritto, o
meglio colui che si serviva del diritto come di un'arma per tutelare la forza di
singoli clan e ceti sociali privilegiati.
Se all'inizio il re (lugal) poteva essere eletto, in caso di pericolo,
dall'assemblea dei cittadini liberi, e il governatore della città poteva essere
un magistrato ordinario (ensi) con una funzione amministrativa, col tempo questo
magistrato assunse poteri sempre più straordinari, persino religiosi, che poteva
trasmettere per via dinastica (il suo potere deriva dall'essere il prediletto
del Dio Enlil). Solo quando il suo potere fu assoluto, le
funzioni religiose vennero delegate esclusivamente alla classe sacerdotale,
proprio per permettere ai sacerdoti di svolgere un'altra funzione illusoria,
quella di mediare gli interessi della casta schiavile, rappresentata dal
monarca, con quelli del popolo. In età neosumerica il sovrano è "signore
dell'universo".
E' tuttavia evidente che quanto meno i ceti subordinati riescono a riscattarsi
dalla loro condizione, tanto più indeboliscono le capacità difensive delle loro
città, offrendo occasioni a città limitrofe e anche a popolazioni
tecnologicamente e culturalmente meno avanzate di quella sumera, di poterne
approfittare per tentare delle azioni di belligeranza che ad un certo punto
avranno effetti devastanti sull'intera civiltà sumerica.
Lo sviluppo delle città-stato
Nelle città-stato (che in genere non superavano i 40-50 mila abitanti) s'erano
sviluppati il commercio e l'artigianato, mentre la stragrande maggioranza della
popolazione, i contadini, lavorava al di fuori delle mura, insieme agli schiavi
catturati in guerra. In città i prodotti venivano scambiati per ottenere
soprattutto legname, metalli e pietre dure (quest'ultime indispensabili per le
manifatture). I paesi coinvolti in questi traffici erano la Siria, il Libano,
l'Egitto, l'Arabia, l'Anatolia, la Persia e l'Afghanistan. Non esisteva solo il
baratto ma anche l'uso della moneta di rame e quella d'argento per le
transazioni più importanti. I liberi artigiani, anche quando si associano in
corporazioni, dipendono sempre o dal tempio o dal palazzo.
Va detto che a livello commerciale non esisteva all'inizio un mercato urbano
vero e proprio, in quanto il commercio era prevalentemente estero, gestito o dal
tempio o dal palazzo. I mercati appaiono tardi, quando le città si sono molto
dilatate. Gran parte dell'attività economica era assorbita da istituzioni
statali, che si preoccupavano di raccogliere i beni di consumo e di
ridistribuirli. L'economia urbana era autosufficiente solo nel senso che si
serviva del contado agricolo limitrofo al cento per cento. Era l'aristocrazia
terriera che gestiva privatamente i propri possedimenti.
In ogni città (Eridu, Ur, Larsa, Lagash, Umma, Uruk, Suruppak, Nippur, Kish,
Sippar ecc.) il vertice politico era rappresentato da una dinastia locale o dal
re, che all'inizio svolgeva funzioni anche sacerdotali; poi (si pensa verso il
2700 a.C,) si specializzò sul piano militare, assegnando le questioni relative
al culto religioso ad appositi sacerdoti. Formalmente la regalità veniva
considerata come un dono degli dèi, per cui i re erano tenuti ad amministrare un
territorio e una popolazione che appartenevano alla divinità. Tuttavia col
passare del tempo s'impose una certa "laicizzazione" del potere, come
conseguenza dell'idea che il re fosse un uomo come tutti gli altri e che dovesse
in qualche modo giustificare le proprie azioni.
Il tempio ("Ziggurat") era il centro di ogni attività, religiosa, economica, sociale. Costruito con dimensioni grandiose e monumentali, aveva forma di torre a gradinate, con un proprio recinto di mura, dentro le quali si trovavano anche le abitazioni dei sacerdoti-sovrani e le botteghe degli artigiani; vi erano inoltre i magazzini dell’orzo e del grano, le scuole, il tribunale. I sacerdoti dirigevano i lavori agricoli e l’irrigazione. Per un lungo periodo furono i sacerdoti a suddividere la terra in lotti e ad assegnarla da lavorare a ciascun capofamiglia; i prodotti venivano immagazzinati e, in seguito, divisi in razioni e distribuiti alla popolazione. Nel tempio si depositava anche l’argento che, come in una banca, veniva prestato a chi ne faceva richiesta.
Gli insediamenti agricoli si dimezzano nel periodo protodinastico (2800-2380) rispetto al periodo che va dal 3000 al 2800 e si riducono a 1/6 intorno al 1380.
Queste comunità, già intorno alla metà del IV millennio a.C., conoscevano la
tessitura e la ceramica, possedevano strumenti di lavoro di pietra e di osso, ma
già cominciavano ad apparire oggetti di rame. Praticavano caccia e pesca, ma
anche la coltivazione dell’orzo e, tra gli animali domestici, utilizzavano buoi,
pecore, capre, maiali e asini. Le abitazioni erano capanne di giunco, che ben
presto verranno sostituite con mattoni crudi (quando arriveranno a usare il
mattone di fango cotto passeranno all'architettura pesante, che sicuramente
influenzò quella egizia). Il trasporto delle merci veniva realizzato non
soltanto per mezzo della soma o per mezzo di slitte, su terreno paludoso, ma
anche con veicoli a ruote.
Lugalzagesi fu l'ultimo re sumero prima della conquista da parte di Sargon, di Akkad
Tra le tracce risalenti alla II° dinastia Ur, troviamo la saga di
Emmercar, l'eroe di Urur di cui abbiamo una letteratura di poemi che ne narrano
le gesta.
Gli Accadi
Gli Accadi (2350-2150 circa), sono il primo popolo di etnia semitica che appare
nella storia dell’Oriente.
Gli
Akkadi probabilmente provenivano dal deserto
arabico. Si erano stabiliti nella zona della Babilonia che da essi prese il
nome di Accad. La loro città principale fu Agade sul medio corso dell’Eufrate.
Il più grande re fu Sargon il Grande - funzionario del re Urzabba, sali al
potere - conquistò Kish, Uruk, Ebla; Tuttul, Iarmuti - sconfisse Lugalzagesi in
battaglia sottomettendo i Sumeri.
In pratica dal 2350 al 2300 a.C. Sargon conquistò la Mesopotamia ed estese il
proprio dominio anche su parte delle terre dell'Elam, della Siria e dell'Asia
Minore. La ragione dei suoi successi era probabilmente dovuta alla superiorità militare e
tattica del suo esercito, dotato di armi da lancio quali il giavellotto, l'arco
e le frecce. L'esercito sumero, schierato in falangi e armi pesanti, rimase
soggiogato dai colpi inferti da distanza dagli accadici.
L'impero di Sargon si estendeva dall'Assiria alle coste del Mediterraneo. Per
evitare d'essere a sua volta deposto, Sargon utilizzò il grande bottino di
guerra per fondare una nuova città, Accad, come capitale dell'impero. Ogni
tentativo di ribellione venne brutalmente soffocato dai conquistatori accadici.
Ai popoli conquistati venne anche imposta la lingua accadica, relegando così la
precedente lingua sumera alla cultura orale e alle pratiche religiose. Sargon
introdusse anche due nuove divinità accadiche: Ishtar e Shamash.
La dinastia sargonide
Alla morte di Sargon "il grande" nel 2260 a.C. gli
succedette il nipote Naramsin che conservò il titolo di "re delle quattro
regioni" ed estese ulteriormente i confini dell'egemonia accadica con la
conquista della potente città rivale di Ebla che nel periodo di maggiore
splendore (2400-2250 a.C.) aveva conquistato i territori siriani da Herna a
Aleppo.. Per altre due generazioni la
dinastia sargonide riuscì a mantenere intatto il suo potere. Lo stato era ben
organizzato, accentrato e sorretto da rigide regole burocratiche. Il governo era
affidato al re di Accad che lo esercitava in modo assoluto.
Il primo impero della storia - Molti storici ritengono l'epopea di Sargon come
la nascita del primo impero della storia. L'egemonia dell'impero di Sargon "il
grande" era estesa su gran parte del mondo antico conosciuto riuscendo a
unificare le città-stato sumere. Un'impresa di grandi dimensioni realizzata in
pochi anni. La figura di Sargon "il conquistatore" o "il grande" divenne presto
leggendaria e ispirò molti altri uomini del passato. A lui si deve anche la
nascita del dispotismo orientale.
La crisi dell'impero di Sargon - La vastità dell'impero fu anche la sua
principale debolezza. Le continue immigrazioni dei popoli asiatici occidentali (amorrei,
elamiti, churiti, gutei) causarono crescenti disordini e instabilità interna. La
burocrazia centrale dell'impero sargonide non riuscì a farvi fronte, perdendo il
controllo del vasto territorio. La debolezza di Accad fu immediatamente
percepita dalle città di Lagash e Ur che si ribellarono al suo potere centrale
dando inizio a una rapida frammentazione dell'impero fondato da Sargon. Il più
antico monumento ritrovato degli akkadi è la stele di Sargon
I
Gutei (2210-2119)
Nel 2210 queste città ribelli al potere accadico chiesero l'intervento militare
dei Gutei (o Guti), provenienti dei monti Zagros, tra Iran e Irak, nel 2150
a.C., i quali sconfissero l'esercito accadico, impadronendosi della Mesopotamia
settentrionale. I Gutei erano però di cultura nomade e non in grado di gestire
la complessa organizzazione statale. In particolare lasciarono deteriorarsi i
canali di irrigazione indispensabili per il mantenimento della produzione
agricola e la regione decadde economicamente. Progressivamente essi si andarono
assimilando agli Accadici.
I Gutei provocarono solo devastazioni, anche se le città di Lagash e Ur non
subirono gravi danni. Non si fusero coi sumero-accadici. Le tradizioni affermano
che come gli Accadi avevano rappresentato la punizione divina per la continua
litigiosità delle città sumeriche, i Gutei invece rappresentavano la punizione
contro la pretesa di creare una monarchia universale da parte degli Accadi, che
avevano voluto approfittare della divisione esistente tra le città sumeriche.
I Sumèri
La monarchia neosumerica
tornò al potere nel periodo che va dal 2150 al 1700 circa
ed ebbe capitale Ur, sul basso Eufrate, raggiungendo una grande prosperità
specialmente per mezzo dell'agricoltura e del commercio.
I più importanti re furono: Urnammi (2112-2095) re pacifico dedito al commercio e
alla costruzione di edifici.
Shulgi figlio di Urnammi (2094-2047) regnò 48 anni tra guerre e periodi di pace e fu il fondatore del regno neosumerico.
Armasin (2046-2038) e Shusin (2037-2029) figli e successori di Shulgi fecero spedizioni contro i popoli iranici e gli Amorrei. A loro si deve la costruzione del muro dell'Ovest a difesa di Sumer.
Ibbisin (2028-2004) successore di Shusin, con lui inizia il disfacimento dell'impero neo-sumerico e la decadenza di Ur.
Il potere si fondava ora su una struttura fortemente centralizzata,
rappresentata da un massiccio apparato burocratico. In ogni città vi erano
funzionari di fiducia del re, che gestivano l'amministrazione per suo conto.
Tutte le città della bassa Mesopotamia persero quindi la loro millenaria
autonomia.
Nella capitale di Ur venne redatto il primo codice di leggi conosciuto, che poi
confluirà in quello di Hammurabi, in cui è detto a chiare lettere che la legge
non poteva essere uguale per tutti, dovendo essere i nobili trattati meglio
degli schiavi. Il codice aveva una chiara intenzione di uniformare il paese,
introducendo misure standard per la capacità e il peso, oltre alle varie
indennità da pagare per ogni reato. Da notare che mentre i più antichi codici
sumeri prevedevano, per le offese, un risarcimento in denaro, in questi ultimi
codici è ben precisata la legge del taglione, fatte salve le eccezioni per le
categorie privilegiate.
Il livello tecnologico e produttivo
Verso il 2100 a.C. venne introdotto l'aratro a trazione animale e l'irrigazione
estensiva, favorendo così una ricca produzione agricola. Le piantagioni più
diffuse erano quelle dei cereali e dei datteri. Essendo la Mesopotamia un
territorio soggetto a siccità, i campi erano creati vicino ai canali, che
venivano costruiti a un livello superiore, permettendo così all'acqua di
defluire naturalmente nei terreni arati. Non tutti i terreni erano coltivati, ma
si attuava una rotazione biennale, lasciando riposare i campi utilizzati l'anno
precedente. Circa i due terzi del raccolto veniva trasportato nei magazzini del
tempio o del palazzo reale.
A livello tecnologico i Sumeri furono in grado di usare non solo la ruota, ma
anche la sega, il cuoio, lo scalpello, il martello, il fermaglio, le punte di
trapano, il chiodo, lo spillo, l'anello, la zappa, la scure, il coltello, la
punta di lancia, la punta di freccia, la spada, la colla, il pugnale, le pelli
d'acqua, le borse, la bardatura, la barca, l'armatura, la faretra, la guaina,
gli stivali, i sandali, l'arpione e gli strumenti per la distillazione della
birra. Inventarono la carrozza e le
formazioni militari.
La religione sumera
I Sumeri erano politeisti, in quanto ad ogni aspetto importante della realtà
naturale (acqua, cielo, fuoco, luna ecc.) attribuivano un dio protettore. Gli
dèi erano antropomorfi e immortali, raffigurati in statue, seduti, con teste
sproporzionate rispetto al corpo, cinte di una tiara a corna, simbolo di
sovrannaturalità, più altri simboli specifici.
Nelle loro mitologie, in cui il tema fondamentale è la ciclicità della vita, si parla unicamente di divinità urbane.
Il dio maggiore era An o Anu, dio del cielo, ovvero della separazione tra cielo e terra, il più grande, apparso in una fase successiva, come capo del pantheon sumerico;
al suo fianco Enlil, creatore del mondo, la natura come forza attiva, dio del vento e del destino, che stabilisce le sorti del mondo con decreti severi (i sovrani cercavano sempre di ottenere il consenso del clero che lo rappresentava, nella città di Nippur);
molto
importante era Enki, dio dell'acqua e creatore delle istituzioni umane: sua sede
principale Eridu; Inanna (Ishtar) è dea della fecondità, il cui marito Dumuzi
(Tammuz), protettore delle mandrie, mezzo uomo e mezzo toro, vive nel sottosuolo
e presiede alla fecondazione della terra, al punto che gli storici lo
considerano il dio più originario; Nin-Khursag (Ki) rappresenta la terra. In tutto
sono circa una cinquantina, tra cui possiamo citare anche Nanna gran dio lunare
e Ivanna dea madre.
Secondo il credo sumero, la terra era nata dal caos primordiale delle acque, da
dove erano sorte le forze che, a loro volta, avevano generato gli dèi, che
avrebbero creato gli umani dall'argilla, per usarli come servitori: tutta
l'umanità stava alla mercé degli dèi, visti più che altro come nemici da
ingraziarsi con continui sacrifici di agnelli, montoni e pecore (anche umani) e
libagioni di birra, olio, vino e cereali. Gli dèi avevano mandato il diluvio per
punire gli uomini.
Fin dall'età protodinastica era forte la convinzione dell'ineluttabilità dei
destini umani stabiliti dagli dèi. I destini potevano anche essere inspiegabili,
ma in genere venivano messi in rapporto a meriti e colpe. E comunque non esiste
nella loro religione una qualsivoglia escatologia.
L'universo non era che un disco piatto racchiuso in una cupola. L'aldilà
significava la discesa in un vile mondo inferiore, per passare l'eternità in una
miserabile esistenza di fantasmi. Più tardi si diffonde l'idea di una vita
celeste paradisiaca o infernale.
La cultura
La cultura più importante era quella matematica, astronomica e giuridica. I
Sumeri avvertivano forte la necessità di contare le merci e di calcolare i
tributi, di misurare le superfici e i pesi, di amministrare la proprietà.
Conoscevano già quelle "tavole" che dalla Grecia verranno molti secoli dopo
chiamate "pitagoriche", usavano le radici quadrate e cubiche e l'uso di
equazioni algebriche.
Possedevano una corretta visione eliocentrica del sistema solare del quale
riconoscevano cinque pianeti (visibili a occhio nudo).
Grazie agli studi astronomici avrebbero potuto dotarsi di un calendario solare,
ma a causa delle festività religione e delle attività agricole, preferivano
usarne uno lunare, in cui l'anno era diviso in dodici mesi, a loro volta
suddivisi in settimane: ogni tre anni aggiungevano un mese per colmare la
sfasatura col calendario solare.
Elaborando un sistema sessagesimale inventarono l'orologio, con i relativi 60
secondi, 60 minuti e 12 ore. Questo calcolo a base 60 è rimasto ancora oggi.
Erano anche molto interessati ai fenomeni delle eclissi. Nei vangeli cristiani
vi è un riflesso della loro cultura nelle figure dei re Magi (o Maghi).
L'aritmetica non era solo a base 60 ma anche a base 10, a seconda delle
necessità. In ogni caso furono loro a formulare per la prima volta il concetto
della numerazione basata sul valore della posizione della cifra.
Il peso base del grano e dei metalli era un talento di 60 mine, che rimase
quello standard fino a tutto il periodo greco.
Inventarono la geometria quando iniziarono a misurare i campi e a costruire gli
edifici.
Crearono il primo codice di diritto ed un sistema amministrativo completo di
tribunali, prigioni e archivi governativi. Molti secoli dopo l'invenzione del
cuneiforme, la pratica della scrittura si estese oltre i certificati di
pagamento/debito e d'inventario e fu applicata per la prima volta nel 2600 a.C.
per messaggi scritti e la consegna della posta, per la storia, le leggende, la
matematica, le annotazioni astronomiche ed altre attività, corrispondenti
generalmente ai campi di cui si occupavano insegnanti ed allievi. La scrittura
creata dai sumeri sarà sviluppata dagli egiziani, i fenici gli conferiranno un
ulteriore evoluzione fonetica fino agli Ioni (greci) che la completeranno con le
vocali.
La scrittura cuneiforme
Tra i funzionari più importanti vi erano gli scribi, gli unici a conoscere i
segreti della scrittura cuneiforme sillabica, da loro inventata per esigenze
amministrative e contabili.
Inizialmente (seconda metà del IV millennio), per esigenze
amministrative-contabili la scrittura era stata pittografica, dove p.es. il
verbo "camminare" era rappresentato da una "gamba". L'uso del sigillo impresso
su un contenitore, come segno di descrizione e convalida del suo contenuto, a
garanzia di manomissioni, fu inventato da questi scribi.
Ma già nel 3200 erano passati alla scrittura cuneiforme (un mix di ideogrammi,
cioè segni rappresentanti concetti, e di fonogrammi, cioè simboli rappresentanti
valori fonetici sillabici). Gli elementi a forma di cuneo venivano incisi con
uno stilo su tavoletta di creta. Naturalmente solo gli scrivani di professione
(scribi) erano in grado di usare questa difficile scrittura (inizialmente i
simboli erano circa 2000, poi si ridussero a 500-600).
Opere di
architettura si trovano a Lagash, da ricordare la stele di Urmannu, unico tra i
monumenti di Ur attribuito ai Sumeri.
Con questa scrittura potevano anche catalogare l'universo intero, rendendo
convenzionali i suoi elementi, a disposizione di chiunque conoscesse la
scrittura.
I sumeri riuscirono a conquistare, intorno al 1800, la città di Mari, sul
medio Eufrate, importante nodo di comunicazioni, che aveva costituito per circa
due secoli un potente regno. Verso il 1700 furono sottomessi dagli Amorrei,
popolo di stirpe semitica, proveniente dal deserto della Siria, che si era
stabilito in Babilonia, e che era guidato da un grande sovrano, Hammurabi.