Civiltà Minoica e Micenea 2800 a.C. 1100 a.C.
L’isola di Creta sorge al centro del Mar Mediterraneo. Si trova, inoltre, a poca distanza dalle coste della Grecia, dell’Egitto, dell’Asia Minore, della Fenicia e della Palestina. Creta è un’isola soprattutto montuosa e un tempo era ricca di legname.
La civiltà cretese o Minoica si è sviluppata a partire dal 2800 a.C.. l'isola infatti era abitata fin dal Neolitico da popolazioni d'origine non indoeuropea.
Creta gode di una posizione centrale nei traffici marittimi commerciali del Mediterraneo orientale. A lungo le navi minoiche, costruite in legno di cipresso, solcano quasi incontrastate i mari del mondo antico. Grazie alla protezione naturale del mare, l'isola di Creta sviluppa una civiltà superiore sotto molti punti di vista rispetto alle altre civiltà contemporanee dell'epoca. Allo scambio commerciale, molto intenso con l'Egitto, segue un arricchimento artistico e culturale di grande valore.
Tra
le costruzioni più importanti i famosi palazzi a Cnosso, Hanghia, Festo e Triada.
Oltre ai traffici commerciali l'economia dell'isola si basa sull'agricoltura,
sulla metallurgia e sull'artigianato della ceramica. I manufatti sono esportati
principalmente in Egitto. I cretesi introducono la coltivazione della vite,
dell'olivo e del fico,
producono ceramiche, gioielli, armi, olio, vino e tessuti di lana,
inoltre
acquistano materie prime come lo stagno, il piombo o il rame, l’avorio e i
metalli preziosi.
La scrittura.
I Cretesi hanno usato due tipi di scrittura.
Il primo tipo era una scrittura geroglifica, simile alla scrittura egizia; il
secondo tipo fatta da segni che rappresentavano, probabilmente,
delle sillabe, era più semplice ed è chiamata anche Lineare A.
Il potere economico derivante dai traffici commerciali consente alla civiltà cretese di controllare l'intero Mar Egeo (detto "talassocrazia").
Le divinità
I Cretesi erano politeisti, la divinità principale era la dea madre
che rendeva fertile la terra. Pregavano in grotte naturali o in terreni
pianeggianti dove c’era un albero dedicato
alla divinità. Per pregare usavano anche alcune stanze nei palazzi delle città.
Le città non erano circondate da mura perché i Cretesi non temevano di
essere attaccati da popoli nemici. Nella città gli archeologi hanno trovato
grandi
palazzi, che erano il centro della vita cittadina.
Ogni città aveva un re che chiamavano “Minos”: per questo la civiltà cretese è
detta anche civiltà minoica.
Gli antichi palazzi cretesi erano molto grandi, potevano avere anche centinaia
di stanze, ed erano alti anche molti piani.
Possono essere definiti palazzi-città perché all’interno erano come una città.
Vi
trovavano posto:
● gli appartamenti del Minos e della sua corte,
● la sala del trono e le stanze dove si facevano i riti religiosi per le
divinità,
● le botteghe degli artigiani,
● i magazzini per conservare i prodotti dei campi e le merci ricavate dai
commerci con altri popoli,
● gli archivi con le tavolette d’argilla per contare le merci.
Il palazzo comprendeva anche una grande piazza circondata da gradinate da cui
gli spettatori assistevano alle cerimonie religiose.
Nel 1750 a.C. un terribile terremoto rade al suolo i grandi palazzi di Cnosso, che puntualmente furono ricostruiti dai minoici di dimensioni ancora più grandi dei precedenti. Dal 1600 al 1400 a.C. la civiltà minoica entra nella sua fase di massimo potere (golden age) a seguito dell'unificazione del regno dell'isola sotto il controllo del re Minosse di Cnosso.
La grande ricchezza dell'isola di Creta e la diffusione della navigazione d'altura tra i popoli ellenici, sono i principali fattori di decadenza della civiltà minoica. Sempre più al centro delle scorribande dei pirati, l'isola di Creta viene conquistata e depredata dagli achei (micenei) nel 1400 a.C., cui seguirono nel 1100-1200 a.C. le invasioni dei dori. Il duro colpo inferto dalle invasioni ed alcuni cataclismi naturali causano la definitiva scomparsa della civiltà minoica. Molti costumi e conoscenze minoiche sopravvivono nella nascente civiltà ellenico-micenea. Come spesso accade nella storia, i conquistatori (micenei) sono a loro volta conquistati dalla cultura superiore del popolo assoggettato (minoici). L'antica ricchezza dell'isola di Creta entra a far parte della mitologia greca ed influenza fortemente la religione ellenica e le fondamenta della civiltà micenea.
Mitologia - il Minotauro
Minosse, re di Creta, pregò Poseidone di inviargli un toro, come simbolo
dell'apprezzamento degli dei verso di lui in qualità di sovrano, promettendo
di sacrificarlo in onore del dio. Poseidone acconsentì e gli mandò un bellissimo
e possente toro bianco di un valore inestimabile. Vista la bellezza
dell'animale, però, Minosse decise di tenerlo per le sue mandrie. Poseidone
allora, per punirlo, fece innamorare perdutamente Pasifae, moglie di Minosse,
del toro stesso. Nonostante quello fosse un animale e lei una donna, ella
desiderava ardentemente accoppiarsi con esso e voleva a tutti i costi soddisfare
il proprio desiderio carnale. Vi riuscì nascondendosi dentro una giovenca di
legno costruita per lei dall'artista di corte Dedalo.
Dall'unione mostruosa nacque il Minotauro, termine che unisce, appunto, il
prefisso "minos" (che presso i cretesi significava re) con il suffisso "taurus"
(che significa toro).
Il Minotauro aveva il corpo umanoide e bipede, ma aveva zoccoli, pelliccia
bovina, coda e testa di toro. Era selvaggio e feroce, perché la sua mente era
completamente dominata dall'istinto animale.
Minosse fece rinchiudere il Minotauro nel Labirinto di Cnosso costruito da
Dedalo. La città di Atene, sottomessa allora a Creta, doveva inviare ogni anno
(secondo altre fonti: ogni tre o ogni nove anni) sette fanciulli e sette
fanciulle da offrire in pasto al Minotauro, che si cibava di carne umana.
Allora Tèseo, eroe figlio del re ateniese Ègeo, si offrì di far parte dei
giovani per sconfiggere il Minotauro. Arianna, figlia di Minosse e Pasifae, si
innamorò di lui.
All'entrata del labirinto Arianna diede a Tèseo il celebre "filo d'Arianna", un
gomitolo (di filo rosso, realizzato da Dèdalo) che gli avrebbe permesso di non
perdersi una volta entrato. Quando Teseo giunse dinanzi al minotauro, attese che
si addormentasse e poi lo pugnalò (secondo altri, lo affrontò e lo uccise con la
spada).
Uscito dal labirinto Tèseo salpò con Arianna alla volta di Atene, montando vele
bianche in segno di vittoria. Ma poi abbandonò la fanciulla dormiente sull'isola
deserta di Nasso.
Il motivo di tale atto è controverso.
Si dice che l’eroe si
fosse invaghito di un’altra o che si sentisse in imbarazzo a ritornare in patria
con la figlia del nemico, oppure che venne intimorito da Dioniso in sogno, che
gli intimò di lasciarla là, per poi raggiungerla ancora dormiente e farla sua
sposa.
Arianna, rimasta sola, iniziò a piangere fino a quando apparve al suo cospetto
il dio Dioniso che per confortarla le donò una meravigliosa corona d'oro, opera
di Efesto, che venne poi, alla sua morte, mutata dal dio in una costellazione
splendente: la costellazione della Corona.
Poseidone, adirato contro Tèseo, inviò una tempesta, che squarciò le vele
bianche della nave, costringendo l'eroe ateniese a sostituirle con quelle nere.
Infatti a Teseo, prima di partire, fu raccomandato da suo padre Ègeo di portare
due gruppi di vele, e di montare al ritorno le vele bianche in caso di vittoria,
mentre, in caso di sconfitta, di issare quelle nere. Ègeo, vedendo all'orizzonte
le vele nere, si gettò disperato nel mare, il quale poi dal suo nome fu chiamato
mare di Ègeo, cioè Mar Egèo.
I Micenei, che arrivavano da nord, in breve tempo diventarono i dominatori dei mari. Anche i Micenei erano diventati abilissimi commercianti.
Il regno miceneo è durato fino al 1100 a.C. circa. La civiltà micenea prende il nome da Micene, principale centro economico degli achei dal XV al XIII secolo a.C., popolo
nomade che nel 1700 a.C. circa si era
fermato nel Peloponneso e aveva iniziato a coltivare la terra e ad allevare le
pecore.
I Micenei comunque sapevano fondere il bronzo per realizzare attrezzi armi e
oggetti.
Dapprima furono assoggettati al potere minoico-cretese, successivamente
riuscirono a conquistare l'isola di Creta facendola diventare la propria base
marittima per il controllo del mar Egeo. La ribellione ellenica al predominio
minoico è tramandato oralmente dalla leggenda del Minotauro.
Dopo la conquista di Creta, che pone fine alla civiltà minoica, gli achei
continuano il proprio piano di espansione fondando colonie a Rodi, in Asia Minore
(Cnido, Alicarnasso), nelle Cicladi, nella Magna Grecia (Siracusa).
I Miceni erano esperti nella lavorazione dell’oro, si dedicarono al commercio e alla vendita dei loro prodotti.
Le
città sorgevano su rilievi ed erano circondate da mura di pietra molto spesse.
Il palazzo del re era costituito da un edificio principale, in pietra, con
numerose stanze costruite intorno alla sala del trono, detta mégaron.
Le case della gente comune avevano i muri di legno intonacato. Nelle abitazioni
più grandi c’era una stanza riservata al culto degli dèi.
Secondo gli studiosi il mégaron, la sala del trono, aveva una forma che
ricordava una tenda. Era la tenda del capotribù quando i Micenei erano ancora un
popolo nomade.
L'espansionismo acheo è tramandato nella storia e reso celebre grazie ai poemi
omerici, in particolar modo dall'Iliade che narra l'epopea achea alla conquista
della città di Troia, sullo stretto del Dardanelli e importante punto di
passaggio per i traffici commerciali con il Mar Nero.
La conquista di Troia nel 1200 a.C. segna l'apice della potenza degli achei ed
anche l'inizio della loro decadenza. L'assedio prolungato per conquistare la
città, circa 10 anni, e le forze militari necessarie per controllare tutti i
territori conquistati, indeboliscono il potere militare acheo nei confronti
degli invasori esterni. Nel 1150 a.C., cinquant'anni dopo la conquista di Troia,
gli achei subiscono l'invasione dal nord del popolo dei Dori. Con l'invasione
dorica dei territori ellenici ha inizio un periodo di radicale trasformazione
sociale e di decadenza, denominato medioevo ellenico. Il ruolo centrale del re
miceneo, monarca assoluto di ogni comunità achea, perde gradualmente
d'importanza nei confronti dell'aristocrazia, che accresce il proprio potere
economico e di controllo sulle decisioni politiche della comunità.
Organizzazione politica micenea -
L'organizzazione politica dei micenei è basata prevalentemente sulla figura del monarca autocrate (wànax). Il re presiede il culto delle divinità e il governo della città, affiancato da un consiglio di saggi e di anziani, composto dai membri delle principali famiglie nobili del luogo. Il potere decisionale è saldamente in mano al monarca. I consiglieri possono intervenire soltanto se espressamente consultati dal re. Il rapporto tra il monarca e l'aristocrazia è di forte e continuo contrasto. Le famiglie nobili sono i principali proprietari terrieri del luogo. Quasi tutti sognano o ambiscono alla scalata al potere assoluto da parte di un membro della propria famiglia. Spesso sobillano il malcontento popolare nei confronti del re oppure organizzano congiure di Palazzo. Per impedire rivolte di popolo, il re tende a mantenere un rapporto diretto con il popolo, ad esempio costruendo opere monumentali o alimentando lo spirito cittadino con discorsi pubblici, e con l'assemblea popolare, composta prevalentemente dagli uomini dell'esercito, a cui spesso il re si rivolge per ottenere l'acclamazione e scoraggiare eventuali congiure di palazzo tramate dai nobili. Gli schiavi, gli agricoltori, gli allevatori e gli artigiani non partecipano invece ad alcuna attività politica, pur mantenendo un grado di libertà superiore rispetto ad altre civiltà contemporanee della vicina Mesopotamia o dell'Egitto.