Gli Etruschi
e l'Italia arcaica (1000-450 a.C.)
Il nome Italia (da vitulus, vitello) designò prima il sud
della Calabria, e più tardi tutta la penisola (escluse le
isole).
Nel nord-ovest fino al Rodano vivono i Liguri.
Nel nordest i Reti (trentino), Euganei, Veneti, ecc.
Il centro-sud è occupato dagli Etruschi e da Piceni, gli
Italici (Latini e altri), indoeuropei del II-I millennio. In
Puglia gli Japici.
Arrivano poi in successione i Sabelli (Umbri, Volsci, Sanniti, Lucani).
Siculi e Sardi sono di origini incerte.
Verso il 1000 a.C. si sviluppano le culture Villanoviana
(Bologna), di Golasecca (Varese), Atestina. La
Villanoviana forse evolve nella civiltà etrusca.
I greci li chiamano Tirreni, i latini Tusci o Etruschi.
Le origini - dagli albori al IX secolo a.C. -
Le origini degli Etruschi sono state argomento di discussione sin dai tempi più remoti.
Lo storico greco Erodoto,
vissuto nel V secolo a.C., sostenne la tesi della provenienza via mare dalla
Lidia, regione dell'Asia Minore. Secondo altri storici antichi gli Etruschi
sarebbero una popolazione di stirpe italica, che risiedeva nella penisola già
dalle epoche più remote. La tesi che invece si è imposta nella storiografia
moderna è quella di gruppi provenienti dal Mediterraneo orientale, portatori di
una civiltà tecnicamente e culturalmente evoluta, che si fusero verso il X
secolo a.C. con la popolazione italica residente, dando vita ad una nuova
civiltà.
La fioritura della civiltà etrusca - dall'VIII secolo a.C. al V secolo a.C.
Gli Etruschi rappresentano, dall'VIII secolo a.C., la prima civiltà italica con
l'energia necessaria ad intraprendere una politica espansionista, generata più
dal fermento della crescita economica che da una cosciente volontà di potenza.
Senza incontrare un'opposizione organizzata, tra il VII ed il VI secolo a.C. la
crescita dell'influenza etrusca arrivò a coprire una vasta area della penisola
italica, dalla Pianura padana a nord alla Campania a sud.
Gli Etruschi, nel 616 a.C. impongono i loro re a Roma fino al 509
a.C., e si espandono a Ovest fino a Marsiglia, a nord
fino a Mantova, a sud in Campania. Fondano Adria (da
cui Adriatico).
Sulle
loro navi i mercanti etruschi giungevano con i loro prodotti in ogni località
del Mediterraneo, ed erano dovunque in competizione, non sempre pacifica, con
Greci e Fenici. Gli Etruschi arrivarono al culmine della propria forza militare
e commerciale verso la metà del VI secolo a.C. quando, occupati i porti della
Corsica orientale, divennero i padroni riconosciuti del Mar Tirreno. In questa
fase di espansione territoriale, i popoli con cui gli Etruschi si confrontarono
furono i Cartaginesi, i tradizionali alleati, ed i Greci delle colonie
dell'Italia meridionale, gli avversari più agguerriti; mentre al nord i Celti,
divisi in tribù ed arretrati culturalmente non rappresentavano una minaccia.
La gloria e il declino - Dalla seconda metà del V secolo a.C. al III secolo a.C. -
Alleati di Cartagine, gli Etruschi erano riusciti ad imporsi alle colonie greche del meridione d'Italia, contrastandone con efficacia l'espansione sia sulla terra che sul mare. Dalla seconda metà del V secolo a.C. lo scenario però mutò radicalmente. Infatti, mentre le città etrusche avevano raggiunto il massimo dello sviluppo economico, le colonie greche diedero vita ad una travolgente crescita culturale e politica. Anche ai confini tra Etruria e Lazio era sorto un nuovo consistente pericolo: la città di Roma, un tempo dominata e governata da una dinastia etrusca si era resa indipendente, passando all'offensiva. L'effettiva decadenza degli Etruschi iniziò nel 474 a.C. sul mare, quando i Greci d'Italia guidati dalla città di Siracusa gli inflissero presso Cuma una sconfitta decisiva dopo la quale essi persero il controllo del Mar Tirreno. Anche sulla terraferma la situazione andò rapidamente deteriorandosi: in meno di un secolo l'Etruria campana fu conquistata da popolazioni locali, mentre quella padana venne invasa da popolazioni celtiche provenienti d'Oltralpe. Dalla metà del IV secolo a.C. la potenza commerciale e militare un tempo fiorente degli Etruschi si era così ridotta a città stato arroccate nei loro territori di origine nell'Italia centrale. Nel 450 a.C., con la civiltà etrusca in declino gli Osci invadono il sud, i Celti il nord e l'Emilia-Romagna (Insubri, Boi, Senoni).
Infine le varie città furono coinvolte durante il III secolo a.C. nella lotta
finale contro la neonata potenza romana. Le superbe città-stato, prive di una
forte identità nazionale, non riuscirono a coordinare una resistenza efficace, e
furono così sconfitte una ad una. Con la perdita dell'indipendenza politica si
concludeva il ciclo di un antico popolo che per secoli aveva primeggiato, per
cultura e per ricchezza, nel bacino del Mediterraneo occidentale.
La confederazione delle 12 città -
Gli etruschi vivevano organizzati in città-stato (una
dozzina) fortificate e circondate da vaste necropoli;
governate da un re (lucumone), più tardi da caste di
nobili.
La dodecapoli etrusca è l'insieme di dodici città-stato etrusche che, secondo la
tradizione, costituirono in Etruria una potente alleanza di carattere economico,
religioso e militare: la Lega etrusca.
Sull'identità delle dodici città che facevano parte della Lega confederata non
ci sono notizie certe perciò si possono solo fare supposizioni. Di certo
dovevano farne parte importanti città come: Veio, Caere, Tarquinia, Vulci,
Roselle, Vetulonia, Populonia, Volsinii, Chiusi, Perusia, Arretium (Arezzo) e
Volterra. Con la caduta in mani romane di alcune di queste città (come Veio),
oppure con il declino delle stesse, è probabile che altre città presero il loro
posto, magari quelle che fino a quel momento erano considerate centri minori,
come Cortona e Fiesole. Dopo che l'Etruria divenne, sotto l'impero di Augusto,
la Regione VII dell'Italia romana, le città principali divennero ufficialmente
quindici.
Le città della dodecapoli erano tra loro in concorrenza per l'espansione
territoriale e commerciale, e tali contrasti causarono una scarsa capacità di
coordinamento militare nel combattere aggressioni esterne. Ogni anno i
rappresentanti delle città si incontravano presso il Fanum Voltumnae, un luogo
sacro rimasto tutt'ora sconosciuto, forse nel territorio della città di Volsinii
(forse l'attuale Orvieto) oppure a Tarquinia (Corneto), per eleggere il capo
della Federazione, lo zilath mech rasnal, a cui sottostava tutto il popolo
etrusco, per discutere degli affari politici ed economici, e per onorare i
comuni idoli. In occasione di queste celebrazioni religiose e delle assemblee
aveva luogo un importante mercato, occasione di interscambio economico-culturale.
Dal lato economico le principali attività erano: agricoltura, allevamento, sfruttamento minerari,
commercio e artigianato pregiato.
Gli Etruschi introdussero l'arco a volte con
chiave e utilizzarono un'urbanistica a pianta ortogonale.
Edificarono i centri urbani fortificati per lo più sulle pendici
delle colline. Costruirono anche molti porti per le loro navi. Per esempio
Cerveteri ne ebbe tre: Alsium (Ladispoli), Pyrgi (S. Severa) e Punicum (S.
Marinella).
Erano buoni navigatori, come sappiamo disputarono a Greci e Cartaginesi il
dominio del Tirreno. Quest'attività marittima portò all'invenzione dell'ancora e forse il
rostro.
La civiltà etrusca determinerà molti usi e costumi romani
(auspici, aruspici, ecc.).
Essi erano ancora molto potenti quando fu fondata Roma, tanto che, come
sappiamo, alcuni dei
sette re erano etruschi.
Poi però tutte le loro città furono conquistate dai Romani, che le distrussero
completamente, al punto che se vogliamo farci un’idea di questa antica civiltà
dobbiamo basarci sulle pitture murali e sugli oggetti ritrovati nelle tombe.
Questo anche perché, gli Etruschi usavano materiali poco resistenti e di durata
limitata per costruire le loro città, come l’argilla e il legname. Solo le
fondamenta delle case e dei monumenti erano in pietra, così le tracce delle loro
abitazioni sono andate scomparendo, mentre le tombe erano costruite con
materiale resistente o scavate nel tufo, o nella roccia.
Gli oggetti ritrovati nelle tombe ci fanno capire che gli artigiani etruschi
erano bravissimi: la famosa lupa, uno dei simboli più conosciuti dell’antica Roma,
è un bronzo etrusco.
Un esempio delle conquiste romane è la città di Veio, conquistata nel 396
a.C. dopo una lunga guerra, che durò 10 anni.
I Romani, comandati da Marco Furio
Camillo si impadronirono della città con l’inganno, penetrando all’interno delle
mura attraverso un cunicolo e sorprendendo i Veienti. Gli abitanti furono uccisi
o venduti come schiavi, le terre della città furono distribuite ai cittadini
romani e tutti i soldati tornarono a casa con un enorme bottino.
Gli Etruschi hanno lasciato poche testimonianze scritte, la grande maggioranza
dei testi in lingua etrusca sono iscrizioni funerarie, atti giuridici che
ripetono sempre le stesse formule.
Dalle riproduzioni si rileva che gli uomini avevano la carnagione più scura, forse perché si esponevano di più al
sole, avevano il torace possente e vigoroso e il mento pronunciato spesso
ricoperto da una folta barba.
Le donne portavano i capelli lunghi avvolti in trecce oppure riuniti a crocchia
sul capo.
La filatura e la tessitura erano tra le attività artigianali più diffuse.
Il popolo etrusco curò sempre molto l’abbigliamento, anche se all’inizio era
semplice e ispirato alla praticità.
Uomini e donne indossavano calzari robusti, vesti pesanti confezionate con
stoffe locali e poco raffinate con rare decorazioni a disegno geometrico.
Più tardi, quando l’impero etrusco raggiunse il massimo splendore
l’abbigliamento mutò radicalmente.
Si importarono le stoffe pregiate dall’Oriente, si sviluppò una moda esotica e
variopinta.
Le donne che appartenevano ai ceti più elevati vestivano con eleganza,
indossavano vesti di lino finissimo strette ai fianchi da cinture, arricchite da
ricami e frange colorate e sfoggiavano gioielli preziosi come spille,
fibule, orecchini e bracciali.
I capelli erano riuniti a crocchia sulla nuca ricoperti da una calottina e
lasciavano cadere sul seno due trecce.
Il corredo femminile era completato da scatoline per piccoli oggetti, ventagli
di bronzo di varie forme e da boccette di vetro porta-profumo.
Gli uomini portavano una veste stretta in vita (tunica) che poi sarà la toga dei
romani, e un mantello poggiato sulle spalle.
Nella confezione delle calzature si manifestava tutta la loro fantasia e
originalità, i calzolai ne producevano tanti tipi, sia per gli uomini che per le
donne: una grande varietà di sandali pesanti e leggeri, zoccoli con la pianta
sondabile tramite cerniere, calzari con le stringhe per uso quotidiano o per le
feste, soprascarpe rivestite di sottili lamine di bronzo per i giorni di pioggia
e persino delle scarpe raffinatissime con la punta all’insù eseguite sui modelli
orientali.
La religione etrusca subì fortemente l’influenza della mitologia greca.
Accanto alle divinità locali come Northia, la dea del fato e Veltuna (Volutmna)
che era il dio nazionale degli Etruschi troviamo alcune delle principali figure
dell’Olimpo che conservano il significato e gli attributi originari più
importanti ma che sono raffigurate in sembianze umane.
Ci sono il dio Tin o Tinia che si identifica in Zeus (o Giove), la dea Uni è Era
(o Giunone), Turan è Afrodite (o Venere), Turms è Hermes (o Mercurio), Nethuns è
Poseidone (o Nettuno), Menerva è Atena, Maris è Ares (o Marte) e Hercle è
Ercole.
Le divinità minori sono riunite in gruppi di nove o di dodici membri e sono i
consiglieri di Tinia oppure coloro ai quali Tinia affida il compito di scagliare
i fulmini.
Una miriade di figure mitiche e di esseri miracolosi popola il mondo
soprannaturale degli etruschi: Vanth è il demone del destino, Culsu è la furia
alata, Charu e Tuchulcha sono i demoni mostruosi e crudeli dell’oltretomba.
Gli Etruschi ritenevano che esistesse una connessione strettissima tra il cielo
e la terra, tra il mondo celeste e il mondo della natura, erano convinti che
ogni fatto umano e naturale fosse il frutto di un preciso disegno divino, e
quindi il loro futuro dipendeva dalla volontà degli dei.
L’aruspice era il sacerdote-indovino che cercava di conoscere il destino
attraverso lo studio del fegato degli animali sacrificati agli dei,
Gli Etruschi amavano molto la musica e la danza.
Gli Etruschi amavano praticare le gare atletiche di qualsiasi disciplina: le
corse dei carri, il pugilato, la corsa, la lotta, la corsa a cavallo ecc.
Gli artigiani etruschi erano molto bravi; gli orefici colavano l’oro fuso in
appositi stampi per ottenere le lamine secondo la forma voluta, che veniva poi
decorata con varie tecniche, come “lo sbalzo” o “la granulazione”.
Ma la fama maggiore fu quella di essere bravi ceramisti, anche se oggi si
riconosce che questa attività fu prevalentemente di imitazione.
Nei tempi più antichi, quando la produzione era limitata alla ristretta economia
del villaggio gli Etruschi impastavano argilla poco raffinata e fabbricavano a
mano vasi per uso domestico dalle forme rozze, con qualche decorazione
geometrica incisa o graffita prima della cottura.
Successivamente, a partire dalla seconda metà dell’ottavo secolo a.C. alcuni
vasai greci aprirono delle botteghe specializzate nelle principali città,
diffondendo i loro sistemi di lavorazione: insegnarono a depurare e
impermeabilizzare l’argilla, introdussero l’uso del tornio, fecero conoscere
nuove forme di vasi e la decorazione dipinta con colori minerali.
Questi vasi, di varie forme e dimensioni sono dipinti nei modi più fantasiosi:
prevalgono le figure umane e di animali in rosso e in nero, a vote disposte in
fasce sovrapposte, ma compaiono anche figure di mostri insieme a motivi
geometrici e vegetali di stile orientaleggiante.
Ma la ceramica nazionale degli etruschi era soprattutto il bucchero che era
fabbricato con un particolare sistema di impasto, di cottura e di colorazione.
I vasi di bucchero hanno le pareti sottilissime e sono uniformemente neri
all’interno e all’esterno, con superfici così lucide da sembrare di metallo.
Soltanto a Chiusi, in epoca più tarda (V secolo a.C.) si
producevano i “buccheri pesanti” che sono grandi vasi dalle pareti assai spesse,
decorati con figure dipinte e a rilievo, oppure con ornamenti plastici eseguiti
a stampo e poi applicati sulla superficie.
Analizzando le ossa etrusche ritrovate nelle tombe, gli archeologi hanno potuto
ricavare molte notizie sull’alimentazione di questo popolo.
Secondo il cibo di cui ci nutriamo, aumentano o diminuiscono dei minerali
contenuti nel nostro corpo, attraverso questo tipo di indagine, che si chiama
esame paleonutrizionale, sappiamo che gli Etruschi mangiavano molti vegetali e
poca carne.
La caccia era praticata per lo più dalle classi aristocratiche, e si cacciavano
cinghiali, cervi, caprioli, capre selvatiche, lepri, l’antico bue selvatico,
uccelli, orsi, tassi, corvi e topi campagnoli.
La pesca lungo le coste forniva ogni tipo di pesce, dal pesce spada, al tonno,
alla razza; nelle lagune si pescavano
i capitoni, le anguille, le spigole, le
orate e i gamberi. I laghi di Bracciano, Bolsena e Vico furono ripopolati con
pesci di acqua salata.
Uno degli alimenti più importanti era la cipolla che veniva mangiata cruda con
il sale dai poveri e cotta dai ricchi.
Il pane veniva cotto senza sale, come si usa ancora oggi in Umbria e in Toscana.
Si usavano tanto i piselli, i porri, le bietole, il cavolo, le fave e le ghiande
e si consumava tanta frutta come le
nocciole, le mele e i fichi.
Il farro, un tipo di grano comune nell’antichità, veniva usato per fare pane e
polente e spesso era tostato.
Gli Etruschi facevano un ottimo formaggio con il latte di capra e di pecora.
Come condimento si usava l’olio di oliva e la bevanda principale era il vino.
Gli Etruschi mangiavano nei piatti e usavano i calici al posto dei bicchieri.
Al banchetto degli Etruschi partecipavano anche le donne, cosa che scandalizzava
i greci e gli altri popoli del Mediterraneo.
Guerrieri etruschi -
Tutti i cittadini che potevano permettersi di versare i tributi entravano a fare
parte dell’esercito etrusco; i nullatenenti, invece, erano esclusi dagli
obblighi militari.
Un soldato aveva l’elmo, che poteva essere crestato con decorazioni geometriche,
oppure liscio con figure a rilievo applicate, l’armatura, liscia o decorata a
sbalzo, i gambali e lo scudo circolare tutto in bronzo, mentre le armi da offesa
erano lance, giavellotti, spade, frecce, coltelli, asce e doppie asce
prevalentemente in ferro.
Le necropoli ci aiutano a comprendere la civiltà etrusca.
Infatti, gli Etruschi credevano che la vita continuasse dopo la morte e così le
loro necropoli erano organizzate come le città e le loro tombe riproducevano
fedelmente la struttura delle case, l’arredamento e le decorazioni; dalle tombe
sono giunti fino a noi tesori di vasi, gioielli, oggetti di vita quotidiana,
posti accanto al defunto per accompagnarlo nell’aldilà.
Tutto ciò è stato ritrovato in condizioni abbastanza buone, ad eccezione del
legno, delle stoffe e del cuoio.
La casa signorile etrusca si può considerare l’antenata della casa romana. Aveva
un ingresso che la isolava dalla strada e sul quale si aprivano tre porte: due
laterali che davano su stanze probabilmente adibite alla servitù, la terza sul
fondo dava accesso alla casa vera e propria. La prima stanza interna era la sala
del banchetto, sul fondo si aprivano le varie stanze della casa.
Nelle tombe più antiche il soffitto riproduce quello di una capanna di rami e di
canne: un trave centrale con il tetto molto spiovente. La tomba è una semplice
camera senza il letto.
Successivamente la tomba si arricchisce di una anticamera, che vuole ricordare
la sala del banchetto, con dei letti e delle banchine poste intorno alle pareti;
a volte ci sono anche i troni dei padroni di casa. In questo tipo di tomba, la
tomba vera e propria è stanza più interna che contiene i due letti funebri, a
destra quello della donna, che assomiglia ad una cassapanca con le due testate
di forma triangolare; a sinistra quello dell’uomo che ha la forma di un letto da
banchetto con le gambe scolpite.
Sfruttando sempre la friabilità del tufo vengono scolpiti tutti i particolari
architettonici della casa: nel soffitto, oltre al trave principale vengono
riprodotti i travi laterali e gli intrecci della copertura di canne del tetto.
Intorno alle porte vengono messi in rilievo gli elementi dell’architrave e sulla
parete interna del
vestibolo a volte si trovano delle finestrelle.