CRISI ECONOMICA E SISTEMA POLITICO BLOCCATO
La crisi petrolifera del 1973 mise a dura prova l’economia italiana e di
tutti i paesi occidentali.
La crisi in Italia fu particolarmente dura perché
agli effetti della crisi internazionale si sommarono le fragilità
strutturali dell’economia; ritardo tecnologico, inefficienza del sistema
fiscale, passivo della bilancia dei pagamenti, debolezza della lira,
inefficienze della pubblica amministrazione, ecc.
Come si vede nel grafico, partita dal 8% all'inizio
del 1973, l'inflazione superò il 12,50% a fine anno.
L’inflazione molto alta portò come conseguenza l'aumento del costo
delle importazioni (essenziali per la produzione italiana).
La Banca d’Italia adottò quindi una politica monetaria deflazionistica,
aumentando il tasso di sconto e provocando una recessione dell’economia:
diminuì il PIL, aumentarono gli interessi sui titoli di stato (CCT -BOT)
La presenza della scala mobile consentì la difesa del potere d’acquisto
dei salari e delle pensioni. Ne risentì l’occupazione, anche se la Cassa
integrazione e la legislazione fortemente a orientata alla tutela dei
lavoratori, attenuarono gli effetti della recessione.
Il ricorso frequente alla cassa integrazione, la crescita della spesa
previdenziale e l’alta evasione fiscale determinarono un crescente
deficit del bilancio dello stato, che si presentò come un nuovo problema
per la già difficile economia italiana.
POLITICA -
I primi anni ’70 videro l’insuccesso dei governi di centro-sinistra: le
alleanze si fecero sempre più fragili e litigiose, divise sulle
soluzioni da dare alla crisi economica.
Alle elezioni del 1976 vi fu un successo elettorale del PCI, grazie
soprattutto alla nuova linea politica realizzata dal suo segretario
Berlinguer, basata sulla ricerca di un compromesso storico (alleanza tra
tradizione socialista, comunista e cattolica).
Si formò un governo di un solo partito (DC) presieduto da Andreotti,
seguito da un governo di solidarietà nazionale.
Nello stesso periodo, nei primi mesi del 1978, si verificò uno dei più drammatici eventi della
nostra storia recente: il rapimento e la successiva uccisione di Aldo
Moro da parte della Brigate Rosse (terroristi di sinistra).
Alla fine del 1978 la solidarietà nazionale entrò in crisi, e fu
sostituita da nuovi governi instabili di centro-sinistra.
Con la fine della politica della solidarietà internazionale, vennero
meno anche i dialoghi tra imprenditori e movimenti sindacali.
Subentrarono duri scontri, che terminarono con la sconfitta del
sindacato.
Questi furono anche gli anni del terrorismo, di due diversi tipi:
_ TERRORISMO NERO. Di stampo fascista, ha insanguinato il paese con una
serie di attentati volti a colpire indiscriminatamente i civili e a
seminare terrore. Piazza Fontana (MI), piazza della Loggia (BS), treno
Italicus, bomba ad altissimo potenziale nella stazione di Bologna nel
1980 (la strage più grave della storia europea). Gli obiettivi erano
quelli di attaccare le istituzioni democratiche e le conquiste popolari,
contrari al loro ideale di autoritario e antidemocratico.
_ TERRORISMO ROSSO. Sviluppatosi a metà degli anni ’70. Formato dalle
Brigate rosse, dai Nuclei armati proletari. Dichiararono di praticare la
lotta armata per colpire lo stato e la classe dirigente borghese con
l’obiettivo di avviare un moto rivoluzionario attraverso rapimenti,
ferimenti, assalti e omicidi.
ECONOMIA negli anni ‘80
Nei primi anni ’80 l’economia era in grave crisi. Ma a partire dal 1984
si verificò una ripresa piuttosto intensa, tanto da far pensare ad un
secondo boom economico. La ripresa nasceva da una buona situazione
dell’economia mondiale, favorita soprattutto dal ribasso dei prezzi del
petrolio, e da una nuova disponibilità interna degli imprenditori ad
investire e alla crisi del sindacato (nuova rottura: ritornano Cgil,
Cisl e Uil).
Le grandi imprese effettuarono profonde ristrutturazioni e lanciarono
nuovi prodotti, che riportarono l’economia italiana ad una condizione
competitiva sui mercati internazionali.
I limiti della ripresa furono la crescita incontrollata del deficit del bilancio,
le inefficienze dei servizi, il ristagno della ricerca scientifica.
Ecco com'era l'Europa negli
anni '80 -->
PENTAPARTITO -
Sul piano politico si ripropose l’alleanza tra la DC, il PSI, i
Liberali, i repubblicani e i socialdemocratici, con l’esclusione del PCI
dalla maggioranza.
Rispetto al centro-sinistra, il pentapartito che governò l’Italia negli
anni ’80 presentava alcune differenze, la più importante fu il rapporto
tra i due maggiori partiti: se prima la posizione dominante della DC era
stata messa fuori discussione, ora i socialisti posero condizioni più
dure per partecipare alla maggioranza.
Dilagavano ancora pratiche di clientelismo, lottizzazione e corruzione.
Ma la caratteristica del sistema politico degli anni ’80 fu la paralisi
del sistema politico, che rendeva impraticabile l’alternanza e il
ricambio della classe dirigente.
Il contesto storico e politico, nazionale e internazionale, nel quale si
sviluppa il ‘partito armato’ in Italia.
Il famoso ’68, che in Italia si estese soprattutto al ’69-70, se
valutato col senno del poi, tra i tanti cambiamenti generati ne apportò
uno ben più importante, in termini storici, rispetto a tutti gli altri
messi assieme: la liberazione de facto delle donne dall’asservimento
patriarcale che perdurava da centinaia di anni.
La famiglia esplose: i
giovani e le giovani ventenni se ne andarono di casa per non tornare, e
ben poco rivelarono ai genitori delle tante cose che andavano facendo.
La
scuola, che fino ad allora era stata tra i pilastri del patriarcato,
strutturata per avere tre tipi di prodotti – pecore un po’ istruite,
scimmie parlanti e dominatori – crollò nel giro di un anno, svuotando di
autorità gli insegnanti, tra i quali proprio i più tirannici vennero di
fatto buttati fuori dagli edifici.
Nei caldi movimenti assembleari fu evidente che le
donne potevano valere quanto gli uomini per numero e
volontà. Nelle fabbriche successe la stessa cosa: la miriade di donne
che già lavorava in ogni industria, visto il vantaggio degli
imprenditori a pagare
salari più bassi, trasformò l’autonomia economica in autonomia
esistenziale.
Cambiarono quasi di colpo anche i rapporti, che furono segnati da una
nuova franchezza in entrambi i sessi e tra ceti diversi. Non esistevano
più comportamenti sanzionabili a priori: quattro ragazze, o anche una
sola, potevano salire in macchina e andarsene in giro la sera, per stare
in compagnia e divertirsi, come gli uomini avevano sempre fatto e le
donne, fino ad allora, mai.
Anche la cultura registrò passi avanti. Divenuta di massa, generò in una
classe fino ad allora contenuta, il proletariato, nuove e più
sofisticate esigenze: autonomia abitativa e di trasporto, ferie e
viaggi, tempo libero, letture, musica, tv a colori e porta blindata per
proteggere i nuovi beni conquistati; migliorò anche la copertura
sanitaria, infortunistica e previdenziale, oggi messe sotto attacco.
Il lascito di quell’epoca comprende dunque alcuni aspetti positivi e
consolidati e altri che con gli anni si sono arenati, o che ora vengono
sottoposti a dura critica. Tuttavia coloro che oggi criticano quel
periodo storico sono stati avvantaggiati proprio dalla situazione
complessiva che in quegli anni si era creata, dal fatto che una
moltitudine di persone con nuove idee andò a scalzare posizioni fino a
quel momento ritenute irremovibili.
Tutta la politica successiva, compresa l’estrema destra e il centro
clericale, dovette attingere prima o dopo ad almeno qualcuno dei valori
espressi in quel mutamento, pena l’estinzione per arcaismo. Ma il vuoto,
come ben si sa, fu riempito soprattutto e moltissimo dalla sinistra, al
punto che oggi il ’68 si identifica tout court con il prevalere della
sinistra
ed è in tal senso celebrato o denigrato a priori in qualsiasi
discussione.
Nel 1963 era uscito a Londra il primo
disco dei Beatles, Love Me Do, che coi Rolling Stones diedero inizio all’invasione
britannica, con ciò intendendosi il flusso del nuovo rock prima
dall’Inghilterra all’America e poi a tutto il mondo. Un’espressione
musicale che fu il più forte evento artistico del secolo, travalicò le
barriere e fu l’anticipatrice della globalizzazione, oltre a
diventare la colonna sonora di una gran parte dei movimenti di
liberazione e di sinistra.
Il risvolto negativo fu rappresentato dal parallelo e connesso avvento
della droga, che cominciò ad avere una diffusione spaventosa in ceti e
masse che ne erano stati fino ad allora esenti.
Il 1968 registrò il culmine internazionale, con rivolte studentesche in
Europa e in America. Simbolo dell’epoca rimane il Maggio francese. In
Italia la
contestazione studentesca cominciò più tardi ma trovò, almeno
in parte, il collegamento con la classe operaia; e fu proprio per questo
che in Francia il Maggio durò un mese, mentre in Italia dieci anni.
Se nel 1959 c’era stata Cuba, in Italia nel luglio 1960 era da tre mesi
al potere un governo monocolore della Democrazia cristiana con
l’appoggio esterno del Movimento sociale italiano, partito apertamente
neofascista. Quest’ultimo aveva scelto Genova come luogo del suo
congresso nazionale, proprio perché era una roccaforte del Pci.
Avvennero forti scontri e la lotta si estese all’intero Paese,
registrando i risvolti più tragici il 6 luglio a Reggio Emilia, dove la
polizia sparò coi mitra sui manifestanti uccidendone cinque.
Le dimissioni del governo a seguito dei fatti sanguinosi convinse la Dc
a cambiare strategia, mettendo in atto il precedentemente ripudiato
avvicinamento al Partito socialista, tradizionale alleato del Pci su
molti temi.
Nel progetto di Aldo Moro questo significava che in futuro
la Dc avrebbe potuto convergere un poco a sinistra, se avesse
riscontrato nel Pci la volontà di convergere un po’ a destra.
L’industria aveva avuto, dalla seconda metà degli anni ’50,
quell’impulso che generò il boom del quinquennio successivo. Lo
svecchiamento dei costumi e la maggior circolazione di denaro
trasformarono anche l’Italia in una società dei consumi, creando quei
consumatori di massa di cui ha bisogno un’industria di massa: tali
divennero gli stessi proletari, impegnandosi con pigne di cambiali, ma
garantendosi l’automobile e la lavatrice. Allo stesso tempo fu
incentivata una forte migrazione interna dal sud al nord Italia, per
rispondere alle necessità delle fabbriche di nuovi operai a basso costo;
tutto questo favorì la nascita di famiglie e discendenze miste, creò una
nuova tipologia di italiano e anche una nuova tipologia di militante, di
quadro politico e sindacale, di antagonista.
Ciò portò a un rafforzamento della sinistra in genere, del Pci, delle
confederazioni sindacali, ma generò anche una frattura, perché gli
operai delle grandi fabbriche erano in grado di tutelarsi maggiormente
rispetto a quelli delle piccole e piccolissime, che erano tuttavia le
imprese cresciute maggiormente e i cui padroni traevano i propri
profitti sottopagando e super producendo e non tenendo in alcun conto
misure sanitarie e di sicurezza. Un fattore che fu importante nello
sviluppo della sinistra extraparlamentare, che trovò terreno fertile per
lotte più radicali anche e proprio in queste situazioni lavorative,
sviluppandosi successivamente anche fuori dalle fabbriche con lotte nei
quartieri e occupazioni di case.
Gli operai immigrati dal sud si unirono
agli operai del nord, in quel grande ciclo di lotte per i contratti e
per lo Statuto dei lavoratori che veniva assumendo quel livello di
conflittualità che gli operai erano tradizionalmente bene in grado di
sviluppare e allargare.
Contemporaneamente le università erano in agitazione, venivano occupate
anche per lunghi periodi. La piazza rispecchiava ed era anzi la vetrina
pubblica e il luogo dello scontro: cortei sindacali di operai, che
rappresentavano la forza del Pci, e cortei dei gruppi
extraparlamentari, rifiuto di
sciogliere assembramenti e picchetti; scontri.
Gli slogan più diffusi:
“Lo stato borghese si abbatte e non si cambia, padroni, borghesi, ancora
pochi mesi”, mentre in fabbrica si scandiva: “Mirafiori – sarà – il
nostro – Viet-nàm”.
La parte extraparlamentare apparve più viva e ardita. Le critiche
portate al Pci erano di revisionismo, ovverosia di rinuncia alla linea
rivoluzionaria e di adattamento al quadro internazionale. In effetti nel
1966 era avvenuto un fatto storico: la Fiat aveva annunciato l’accordo
con l’Urss per costruire in terra sovietica uno stabilimento per
produrre automobili. Detto in altri termini: la più grande fabbrica di
una nazione capitalista, alleata agli Stati Uniti a quel tempo in guerra
contro il Vietnam, forniva al rivale degli Stati Uniti e alleato dei
nord vietnamiti l’intera tecnologia di una produzione di massa e di
pace: anche l’Urss voleva entrare nella società dei consumi.
La cosa irritò parecchi di quelli che, non ancora cinquantenni, avevano
avuto parte attiva nella Resistenza e nelle successive lotte operaie, e
che già covavano il risentimento di una rivoluzione
tradita.
Questo lasciò vasto campo alla fascia extraparlamentare che si
stava formando e in cui confluivano giovani ardenti e militanti
istituzionali delusi, e dove tutti gli intellettuali e studiosi di
sinistra del precedente periodo vedevano il possibile avverarsi delle
proprie teorie e rielaborazioni del materiale classico
marxista-leninista.
Il mondo culturale e artistico, già pullulante di ribelli perché la
nuova arte è sempre sovversiva, fu rapidamente conquistato e a sua volta
si fece megafono attraverso le proprie espressioni, soprattutto
cinematografiche e musicali, coinvolgendo i più grandi artisti e
registi, e contribuendo a portare il messaggio anche nei luoghi più
isolati o refrattari.
Piazza Fontana -
Fu in questo quadro che avvenne il fatto da cui si innescò tutta la fase successiva: la
bomba nella Banca nazionale dell’agricoltura di piazza Fontana, a Milano
(diciassette morti), la caccia agli anarchici, la morte di Giuseppe Pinelli, caduto dalla finestra della questura. La nascita della
strategia della tensione.
La sinistra insorse ovunque in Italia, in uno straordinario sforzo per
liberarsi da una falsa accusa
propagandata da tutti i giornali e telegiornali.
Nulla più dello
smascheramento della strategia della tensione valse ad aumentare i
ranghi della sinistra militante, e una originaria solidarietà verso il
movimento anarchico ingiustamente accusato si tradusse nel passaggio di
molti dal campo genericamente democratico, progressista, laico o
cattolico a quello marxista e comunista, affrettando e consolidando per
un decennio quelle organizzazioni extraparlamentari che giunsero ad
avere decine di migliaia di militanti mobilitabili. Organizzazioni che
ritenevano di essere ciascuna il nucleo del futuro partito o movimento
rivoluzionario, e pensavano che a una rivoluzione prima o poi si sarebbe
dovuti arrivare; nel frattempo limitavano l’uso della violenza agli
scontri di piazza, che erano una necessaria contrapposizione allo Stato,
e alla lotta contro i gruppi fascisti, avendo individuato in quella
direzione il serbatoio ove lo Stato attingeva per le proprie oscure
manovre.
L’inizio della lotta armata -
La sequenza degli avvenimenti finora elencati rappresenta un andamento
classico e, per continuare, si potrebbe essere portati a pensare: dallo
sviluppo dei movimenti extraparlamentari nacque poi la lotta armata.
Non fu così. Cinquanta giorni prima della strage di piazza Fontana era
già stato costituito a Genova il gruppo 22 Ottobre, che operò tra il
1970 e ’71 con attacchi politici e autofinanziamenti.
Subito dopo piazza Fontana, nella primavera del 1970, si formarono a
Milano i Gap, e nello stesso anno da qualche parte in Emilia un gruppo
ristretto di persone decise di formare un’organizzazione combattente,
che diventò poi le Brigate rosse.
Delle tre formazioni, due decaddero ben presto, ma la terza si trovò nel
giro di pochi anni alla guida di tutto il processo di sviluppo della
lotta armata, che quindi nacque come frammento appartato nella galassia
dell’ultrasinistra, fin da subito clandestino per motivi militari, ma
rigorosamente interno alle sue logiche per quanto riguarda la
preparazione politica e le modalità di discussione della linea da
tenere.
Le prime operazioni militari importanti portate a termine dai
brigatisti, i sequestri di capi e dirigenti industriali, furono tutte
gestite nel segno del giustizialismo esemplare: cattura, interrogatorio
e gogna, oppure rilascio mediatico di un prigioniero quasi convertito.
La lotta armata non nacque quindi all’interno dei gruppi
extraparlamentari, ma il flusso direzionale fu, per convincimento, dal
Movimento all’organizzazione già precostituita. Il Pci fu fortemente
avverso fin dall’inizio, e non volle mai, come era ovvio per la
sopravvivenza del suo stesso programma politico, dare patente di
legittimità di sinistra, pur anche contestandone le azioni, alle Brigate
rosse, né in seguito a tutte le altre formazioni che si costituirono e
operarono nell’ambito di quello che fu chiamato il ‘partito armato’. Il
contrasto col Pci ebbe poi a crescere, parallelamente al contrasto del
partito armato con le istituzioni del capitalismo, e non fu secondario,
come si ebbe a vedere durante e dopo il rapimento di Aldo Moro.
Questi collegamenti, personali e politici, vennero presto
affievolendosi; gli ultimi grandi momenti
di coesione emotiva coincisero con le elezioni comunali del 1975, che
videro l’exploit del Pci, e con quelle politiche del 1976, quando per un
attimo la sinistra sperò di poter diventare maggioranza nel Paese.
Dall’anno successivo la separazione, anche nella base, poté dirsi
definitiva...
La società -
Un decennio di libertà, di trasgressione, di lotte politiche, ma anche
di grande creatività in tutti i campi. Anni che videro la nascita di
innovazioni rivoluzionarie, proiettate verso un futuro che si
preannunciava roseo. Anni molto diversi dagli attuali
Formidabili, quegli Anni 70 - Gli anni 70 sono gli anni “creativi”, le basi della svolta
economico-sociale che si completerà soltanto nel decennio successivo.
Gli anni di Marcuse e della contestazione giovanile nel mondo
occidentale; di Andy Warhol (sua la frase: “Più che fare, conta
comunicare”); anni della musica pop e rock e dei figli dei fiori.
Gli
anni in cui i Beatles sciolgono il loro quartetto, iniziano i voli
commerciali del Boeing 747, gli Stati Uniti pongono fine alla
convertibilità tra dollaro e oro e la Cina e l’Olp vengono ammesse
all’Onu. In Medio Oriente esplode la guerra del Kippur e l’Opec alza il
prezzo del petrolio, provocando una crisi energetica mondiale.
In Cile
cade il governo Allende; negli Usa si dimette il presidente Nixon. Nello
spazio orbitano le sonde Voyager 1 e Voyager 2, mentre Luna 16 raccoglie
campioni rocciosi di suolo lunare.
Karol Wojtyla, primo non italiano
dopo 455 anni, diventa Papa con il nome di Giovanni Paolo II. Nel Regno
Unito Margaret Thatcher è eletta Primo ministro; l’Europa vota il primo
Parlamento europeo.
Il costo della vita -
Per meglio comprendere il “clima” degli Anni 70 ecco un riepilogo dello stipendio mensile medio di un operaio generico
confrontato con il
costo di alcuni prodotti di consumo (prezzi negozio standard), calcolati
in Lire italiane.
Esplode l’Hi-Tech
Gli Anni 70 sono il decennio della nascita dei moderni computer. Nel
1971 Intel costruisce il 4004, il primo microprocessore della storia,
progettato da Federico Faggin. Sul versante industriale, invece,
tecnologia e informatica ci mettono a disposizione il Commodore PET
(1977) e producono in larga scala internazionale le prime calcolatrici
elettroniche. Diventano popolari anche i primi videogiochi elettronici,
come gli Space Invaders, Asteroid e PacMan.
Su un fronte meno
ludico, ma non necessariamente business, Philips e Sony inventano il
compact disk; l’azienda giapponese lancia sul mercato il Walkman, iniziando così la serie dei prodotti di largo
consumo da intrattenimento.
Gli
anni Settanta sono anche gli anni del “mobile” anche nell’ambito
telefonico: Martin Cooper, direttore della sezione Ricerca e sviluppo
della Motorola (Usa), inventa il telefono cellulare e nel 1973 effettua
la prima telefonata. Tuttavia, i primi cellulari entreranno in
produzione solo 10 anni dopo, con un modello dal costo di 4.000 dollari.
Si fa accessibile a tutti, invece, per la prima volta, la fotografia:
compaiono sul mercato le “giapponesi”, fotocamere compatte,
relativamente economiche e tecnologicamente innovative.
Fenomeno sociale inedito, nascono nuovi strumenti di comunicazione, destinati ad avere un
impatto epocale sulla società:
le televisioni e radio “libere”.
In
Italia vigeva il monopolio televisivo. Riuscì a scardinarlo Telebiella,
che trasmetteva “via cavo”, capostipite delle nuove cable-tv diffuse in
tutta Italia: 100 emittenti nel 1975; 580 due mesi dopo (25 solo a
Milano). Circa duemila a dicembre ’77. Più televisioni riunite in
syndication ricorrevano a programmi confezionati da altre emittenti
aderenti al sistema.
Fu così che Fininvest (oggi ribattezzata Mediaset),
assorbendo le fallimentari iniziative di grandi editori come Arnoldo
Mondadori, Rizzoli, Perrone, Caracciolo creò tre reti nazionali: Canale
5 (ex Telemilano 58), Italia 1 e Retequattro, che trasmettevano su tutto
il territorio nazionale un palinsesto comune alle tv locali aderenti e
con programmi che andavano in onda alla stessa ora, ma soprattutto in
alternativa alle reti Rai.
Negli Anni 70 i giovani, complici le “radioline” giapponesi, ascoltavano
Radio Montecarlo. Poi fu la volta del fenomeno delle Radio libere dal monopolio Rai.
Anche da noi si affermano
la musica e la moda punk. Nel 1974 l’attacco al monopolio in Italia era
nell’aria e numerosi operatori si stavano preparando a sfidare la legge
e incunearsi nelle sue contraddizioni. La prima in assoluto a iniziare
le trasmissioni fu Radio Parma, il 1 gennaio del 1975. La
liberalizzazione delle frequenze è del 1976. Da citare, tra i pionieri,
Radio Bologna, Radio Milano International (marzo 1975) e Radio Roma
(giugno 1975), che trasmettono ancora oggi, con nome diverso. Le radio
degli Anni 70 contribuirono a cambiare anche il “linguaggio radio”,
inventando nuove rubriche più vicine al territorio e alla gente; famose
Radio Alice – legata all’”Autonomia”, poi chiusa nel 1977 con l’accusa
di aver diretto via etere gli scontri con le forze dell’ordine, e Radio
Popolare, nata nel 1976.
Il 31 dicembre 1976 sarà ricordato come il giorno della morte del
fenomeno “Carosello”: i suoi vent’anni di piccole storie di qualche
minuto sono stati una scuola di pubblicità e una gara di regia uniche al
mondo. L’anno dopo, il primo febbraio 1977 la Rai dà ufficialmente
inizio alle trasmissioni televisive a colori.
Il 4 aprile debutta sul
secondo canale Rai la serie Atlas UFO Robot: i cartoni animati
giapponesi arrivano sugli schermi italiani.
Nel 1979 nasce il terzo
canale italiano chiamato Rai Tre. La metà degli anni 1970 ha visto anche
la nascita della musica disco e delle discoteche, che ha dominato
durante la seconda metà del decennio con gruppi come il Bee Gees, Abba,
Village People, Donna Summer. Nella musica entrano strumenti
elettronici. Nascono i primi generi Electro, Synth, Pop, Dance. Elvis
Presley muore il 16 agosto del 1977. Nel 1978 a Torino entra in
produzione la Fiat Ritmo, autovettura media che nelle linee si distacca
nettamente da tutta la produzione precedente.
“Da casello a casello…”
Nei ‘70 era il tormentone automobilistico: “Da casello a casello in...”
e giù a dichiarare record di percorrenza tra Milano e Portofino o tra
Roma e Forte dei Marmi. Sono gli anni in cui gl’italiani scoprono le
vacanze: di massa, il “week end”, le seconde case di villeggiatura.
Raggiungibili attraversando foreste di cartelli stradali pubblicitari
(da cartello a cartello!). La pubblicità statica è in voga: vistosi
cartelli extraurbani e poster in città (sulle strade le benzine, gli
altri beni di largo consumo in città) erano un diffuso – efficace non si
può dire, mancando all’epoca elementi certi di valutazione – strumento
di comunicazione di marca e di prodotto.
La pubblicità dinamica
conquistava i mezzi di trasporto pubblici: tram e autobus sfoggiavano plancette che riprendevano le campagne di affissioni. Aumenta la rete
viaria e nel 1977 nasce Autogrill Spa, fusione delle attività di
ristorazione autostradale di Motta, Alemagna e Pavesi. L’area di ristoro
diventa in quegli anni un vero e proprio Punto di Vendita, stipato di
pubblicità e promozioni.
Di quegli anni si ricorda l’intervento dello stato in campo monetario e
fiscale, grazie al quale crescono Pil e reddito pro-capite. L’Italia si
ritrova così a essere la quarta potenza industriale del mondo, dopo
America, Giappone e Germania. Negli Anni 70 si ha la scala mobile.
Cresce il sistema previdenziale, viene varato il SSN (servizio sanitario
nazionale). La spesa pubblica continua ad aumentare per rispondere
all’inflazione. Anni di crescita, anche se non priva di contraddizioni.
Di grande migrazione interna, soprattutto dal Meridione. Furono anche,
malauguratamente, gli “anni di piombo”. Erano anni caratterizzati da
ottimismo, entusiasmo, voglia di apprendere e voglia di fare: le aziende
investivano, marketing e pubblicità erano “attrezzi” di successo.
La
comunicazione, in tutti i campi, correva parallela all’evoluzione della
società italiana. I budget erano adeguati e coerenti, la “creatività”
agiva a briglia sciolta. Anche nel calcio primeggiavamo: è del 1970 la
partita del secolo, ovvero la semifinale della Coppa del Mondo 1970,
disputata a Città del Messico tra Italia e Germania Ovest e vinta per 4
reti a 3 dagli Azzurri di Ferruccio Valcareggi.
«E dopo Carosello, tutti a nanna ...»
Carosello, sinonimo di “spot pubblicitario”. Programma in onda ogni
giorno dalle 20,50 alle 21,00, sul Programma Nazionale (poi Rete 1) Rai
dal 3/2/1957 al 1/1/1977 per un totale di 7.261 episodi.
Concepito come
un teatrino (i vari brani sono “solo” presentati da un prodotto
commerciale) è il primo spazio televisivo dedicato alla pubblicità.
Risponde a regole molto precise: 1) ogni filmato dura (a seconda del
periodo) da 1 minuto e 45 secondi a 2 minuti e 15 secondi. 2) di questo
tempo solo 35 secondi possono essere dedicati alla pubblicità vera e
propria (codino pubblicitario). 3) Il resto del tempo è dedicato a una
scenetta, un filmato, un cartone animato o altro che deve essere
assolutamente slegato dal prodotto che viene pubblicizzato. 4)
Assolutamente vietati riferimenti a: sesso, adulterio, lusso eccessivo,
oggetti superflui e odio di classe. Non deve creare troppi desideri e
non deve fare uso di parole “indecenti” come sudore, mutande, reggiseno
e via dicendo.
Tutti i più grandi attori, registi e cantanti hanno
fatto
“caroselli”.
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