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Perchè Salò e le RSI?
Eredità
di guerra e inizio della ricostruzione
Napoli e sud Italia
Perchè Salò
e la RSI?
Quali sono i motivi per cui nacque la
Repubblica Sociale Italiana,
quella pazzia cui hanno dato vita i
giovani neofascisti nel 1943?
Quella della RSI fu una generazione di
giovanissimi, tra i 18 e i 22 anni. Per
loro l’8 settembre ’43 è “la morte della
patria”, il punto di non ritorno, la
rabbia per il “vile tradimento” è un
sentimento diffuso tra i giovani del
fascismo.
Nella ribellione degli adolescenti
(futuri militanti MSI - Movimento
Sociale Italiano) che scelgono di
arruolarsi nella RSI, prevale il fattore
emotivo.
Prevale un sentimento di vergogna, si
sente palpabile il disprezzo dei
tedeschi e si arruolano per dimostrare
che gli italiani non erano fatti tutti
della stessa pasta, non erano un popolo
di vigliacchi.
Molti ex-repubblichini sottolineano il
carattere apolitico della propria
scelta. Se anche al posto di Mussolini
ci fosse stata Greta Garbo, sarebbe
stato lo stesso.
È una crisi esistenziale, prima ancora
che una consapevolezza politica: quei
ragazzi si ritrovarono davanti ad
“deserto
di valori e indicazioni”.
L’armistizio agisce come un’atomica sui
miti patriottici e sui valori nei quali
le giovani generazioni del Ventennio
sono cresciute. È un passaggio
fondamentale per poter comprendere come
la generazione di ragazzi che daranno
vita al movimento giovanile del MSI,
sentiranno di incarnare la parte più
pura e genuina del fascismo, legittimata
quindi a rappresentarlo nel nuovo
scenario postbellico.
Dopo il 25 aprile, questi ragazzi non ci
stanno ad accettare il tramonto di
ideali e valori - primo fra tutti la
difesa della patria, per loro, tradita
con il “vile armistizio” dell’8
settembre – di cui si sono impastati nel
ventennio precedente. Ma soprattutto
sentono forte il bisogno di affermare,
nelle piazze, un’identità per loro
irrinunciabile – pena lo sgretolamento
esistenziale – quella cioè di (neo)
fascisti, cui il popolo del composito
mondo resistenziale, in specie
comunista, non vuol concedere il minimo
spazio di affermazione.
L’immediato dopoguerra, gli anni dal
1945 al 1951 vede anche lo scontro tra i
giovani missini e i comunisti. Sono
proprio i giovani che prestano i pugni
affinché il nascente MSI conquisti il
diritto di parola, puntualmente negato,
dagli attivisti del PCI, in occasione di
comizi che regolarmente finiscono in
scazzottate tra le opposte fazioni. Una
violenza quella del neofascismo, almeno
all’inizio, cui certo la guerra ha
contribuito i reduci ad assuefarsi.
Una violenza alla quale comunque non è
estraneo il fronte comunista. Esemplare
è la dura reazione dei comunisti
scatenata dall’episodio di piazza
Colonna, nei pressi di Montecitorio,
dell’ottobre del 1947, dove il MSI è
riunito per il comizio conclusivo per le
amministrative romane. La sera del 10
ottobre, a pochi passi dall’aula dove si
sta approvando la Costituzione della
Repubblica italiana, si è riunita
un’agguerrita folla di fascisti: la
piazza era piena fino all’orlo, si
cantava Giovinezza e l’Inno degli
arditi, tra i giovani c’era una grande
euforia.
Giorgio Almirante,segretario del MSI,
dal palco del comizio, si lascia andare
a toni pesanti: definisce gli
antifascisti “vili fomentatori di
discordia” e dipinge il periodo
trascorso dalla fine della guerra come
un “triennio infausto, pregno di
vergogne, di umiliazioni, di lutti e di
sangue”. Il deputato comunista Giorgio
Amendola, di passaggio per la piazza,
intima alla polizia, senza successo, di
sciogliere il comizio. Il suo collega
Pajetta accecato dall’ira, irrompe tra
la folla e riesce a strappare i fili del
microfono, quindi si precipita nell’aula
della Costituente gridando al pericolo
fascista. Il comizio verrà sospeso dalla
polizia con un seguito di pesanti
tafferugli. La risposta dei rossi non si
fa attendere. Il giorno dopo il comizio,
a Milano operai comunisti invadono la
sede del MSI, distruggono tutto e
aggrediscono i presenti. Il 29 ottobre
1947 subirà la stessa sorte la sede del
“Meridiano d’Italia”; il 4 novembre
membri della Volante Rossa faranno
visita all’ex generale della RSI,
Ferruccio Gatti, considerato il capo dei
Far (Fasci di azione rivoluzionaria)
milanesi, e lo fredderanno con un colpo
di pistola davanti alla moglie e ai
figli.
Ma la vicenda di questi giovani missini
non è solo storia di violenze e di lotta
per strappare
il diritto alla cittadinanza politica
per una generazione che non poteva
permettersi il lusso di dissentire
dall’esistente.
Sorprende, per esempio, la vitalità del
movimento giovanile missino e la
facilità con cui miete consensi
crescenti tra il ’47 e il ’50, raccolti
in specie tra gli adolescenti e tra gli
universitari, tanto che il comunista
Pietro Ingrao, dalle pagine de
“L’Unità”, pur deprecando quel
“canagliume reazionario”, deve ammettere
che “la trama sciagurata” del
neofascismo coinvolge ormai “alcune
migliaia di giovani italiani”. Un
esempio di vivacità dei missini è dato
delle manifestazioni contro Tito e per
il ritorno all'Italia dell'intero
Territorio libero di Trieste: I missini
intercettano un diffusissimo sentimento
patriottico che sembra non ricevere
attenzione dagli altri partiti, specie
quello comunista. Altro esempio, il moto
di entusiastico consenso giovanile
ottenuto da missini poco più che
ventenni, quando tentarono, nel gennaio
del ’49, l’affondamento della nave
Cristoforo Colombo, ormeggiata nella
rada di Taranto, per impedire che fosse
consegnata all’Unione Sovietica, come
previsto dal Trattato di pace del 1947.
C’è poi l’offensiva missina nel mondo
studentesco (tramite il Raggruppamento
giovanile Studenti e Lavoratori e il
Fuan), che spesso vede neofascisti e
comunisti uniti nell’occupazione delle
università per ottenere l’abbassamento
delle tasse o per l’abolizione dei
cosiddetti “parlamentini” universitari.
Nel 1950 la “Caravella”, il gruppo
studentesco missino, vincerà le elezioni
universitarie alla Sapienza di Roma,
ultimo di una lunga serie di successi
inanellati in breve tempo dal fronte
universitario del MSI.
È un mondo,
quello della gioventù neofascista,
percorso da fermenti culturali
di tutto
rispetto. Sebbene uniti nel rifiuto del
sistema democratico e parlamentare,
nella critica della società occidentale
che vede nell’America il suo frutto
maturo, i giovani dissentono dalle
posizioni aperturiste del MSI nei
confronti, per esempio, dei partiti
“borghesi” della destra moderata e
tradizionalista, monarchici in testa;
contro i cedimenti pro-atlantisti della
dirigenza del partito; contestano i
“vecchi”, ex gerarchi imbolsiti e
statici che, secondo i giovani, hanno
fatto il loro tempo ma soprattutto la
disgrazia del fascismo; rivendicano il
diritto di ribellarsi e di imporre le
proprie idee, pur nel rispetto dei
valori della gerarchia e della
tradizione. Una contestazione
tutta interna al MSI che tra il 1947 e
il 1950 vedrà il movimento giovanile
occupare per ben due volte la sede del
Comitato Centrale del partito. Un
protagonismo delle nuove leve che non ha
paragoni nell’Italia del tempo.
E non è un mondo monolitico: si
delineano infatti due correnti nel
movimento giovanile, quella
“spiritualista”, e quella dei
cosiddetti fascisti di sinistra,
teorizzatori di un fascismo
socialisteggiante. Dibattono fittamente
in quegli anni dalle pagine di giornali
i cui giovani redattori (classe 1926)
sono destinati a future fortune: Egidio
Sterpa e Pino Rauti, daranno vita a
dibattiti di grande spessore culturale.
In non pochi casi tali pubblicazioni
rappresenteranno tribune di discussione
stimolanti e originali, considerate tali
anche dagli oppositori politici. Un
dialogo spesso infruttuoso e che ancora
oggi risulta difficile, ma che dà il
segno di come le giovani generazioni
uscite da una guerra fratricida ancora
avessero voglia di combattere per degli
ideali, giusti o sbagliati che fossero.
1945-50 -
eredità di guerra e inizio della ricostruzione
Politica - Un breve riepilogo
della situazione politica alla fine di
questo tumultuoso 1945.
A dicembre cade il governo Parri: dopo
il ritiro dei ministri di PLI e DC Parri
é costretto a dimettersi e il 10
dicembre - DE GASPERI vara il suo primo
governo. Ne diventa il Presidente
conservando il ministero degli Esteri, e
nomina vice PIETRO NENNI, PALMIRO
TOGLIATTI alla Giustizia, GRONCHI
all'Industria, SCELBA alle Poste ecc.
L'anno si chiude con un accordo
stipulato il 6 dicembre tra
Confindustria e CGIL, dove vengono
deliberati:
1) I minimi salariali dei lavoratori.
2) L'introduzione del cottimo.
3) Il meccanismo della Scala Mobile
(contingenza) che regola i salari in
rapporto al costo della vita.
La Confindustria ottiene come
contropartita lo scioglimento dei
consigli di gestione che si erano
formati nelle aziende subito dopo la
Liberazione. Cioè riprendere in mano le
proprie aziende.
Inizia La grande avventura della
ricostruzione, e dello sviluppo
economico dell'Italia.
Ricostruzione -
Quasi tutte le città del Centro Italia e
del Nord oltre a Napoli, hanno case,
fabbriche e ferrovie danneggiate o
distrutte.
La produzione industriale italiana è
bassissima: fatta 100 quella del 1938,
nel 1942 era scesa a 89, nel 1943 si era
abbassata a 69, e in questo 1945 era
precipitata a 29.
C'è una diffusa indigenza: la tessera
alimentare procura 900 calorie al
giorno, chi ha un po’ di soldi fa
acquisti al mercato nero, gli altri
saltano i pasti. Rientreranno nelle case
dopo 20 mesi i 200.000 partigiani e i
circa 500.000 italiani nascosti o
fuggiti all'estero nonchè i 1.360.000
prigionieri
sparsi
nei cinque continenti. Per alcuni il
ritorno fu peggiore della prigionia.
Nessuno venne festeggiato, sembrarono
quasi ingombranti, e spesso vennero
accusati quasi con rancore di aver
voluto e di essere stati loro i
responsabili della guerra.
L'Italia è fisicamente divisa in due. Il
15 ottobre si prova a ricostruire un
ponte provvisorio sul Po per far passare
qualche treno, ma i numerosissimi
traghettatori, lesi nei propri
interessi, incendiano le traversine e
buttano nel fiume la notte le putrelle
montate di giorno.
L'Italia é divisa in due anche nella
moneta. Non avendo una normale
circolazione monetaria, si ricorre
all'emissione dei biglietti
anglo-americani le AMLIRE, viene emessa
una grande quantità di denaro che fa
galoppare l’inflazione. Per
un bene che si acquistava con una lira
nel 1938, nel 1944 ne occorrevano 8,58 e
in questo 1945 addirittura 20,6.
L'inflazione nel '43 era al 68%, nel '44
al 344%, in questo '45 del 97%. Eppure
l'apparato industriale italiano era
uscito praticamente illeso dalla guerra
con danni che non superavano l' 8% della
capacità produttiva totale. Quindi l'
economia italiana aveva energie e
competenze tali da poter assolvere da
sola ai compiti della ricostruzione,
nonostante lo Stato e l'Amministrazione
Pubblica siano in totale paralisi.
Inoltre l' Italia tra il 1948 e il 1952
ricevette dall' ERP (European Recovery
Program) circa 1.470 milioni di dollari
pari all' 11% degli stanziamenti di
tutto il Piano Marshall.
E non basta, arriveranno gratuitamente
macchinari e materie prime e saranno
concessi prestiti a tassi ridotti per
l' acquisto di impianti: fu così
possibile procedere ad un ammodernamento
delle attrezzature industriali.
Oltretutto buona parte degli aiuti non
fu spesa ma tesaurizzata dallo stato
come anche fu tesaurizzata la somma
ricavata dalla vendita di parte delle
merci donate all' Italia con buona pace
degli Americani che si convinsero a
cambiare strategia con l' Italia e
sospesero il programma.
I (soliti) problemi del Mezzogiorno
- Il Mezzogiorno
era
la parte del paese che più era uscita
dissestata dalla guerra. Oltre ai danni
provocati dalle operazioni belliche, il
sud aveva subito gli effetti di
un'inflazione selvaggia prolungatasi per
tutto il periodo della separazione dal
resto della penisola a causa della forte
domanda (dovuta alla presenza delle
truppe anglo-americane) e la scarsa
offerta. Si pensò allora a tutta una
serie di riforme che avrebbero dovuto
alleviare i problemi del sud. Nel 1950
fu varata la riforma agraria, meglio
nota come Riforma Segni, che portò
all'esproprio di 760mila ettari di terra
da assegnare a 113mila capofamiglia che
avrebbero ripagato allo Stato la terra
attraverso il versamento di 30
annualità. In fase di attuazione però
non fu possibile soddisfare tutte le
domande e la dimensione degli
appezzamenti (6-8 ettari) si rivelò
insufficiente a garantire alle famiglie
un reddito accettabile se non in quelle
zone dotate di ottimi sistemi irrigui
come il Delta del Po, la Maremma e la
Campania. Quindi malgrado gli ingenti
costi sostenuti dalle finanze pubbliche
per l'esproprio e le successive spese di
trasformazione fondiaria, la riforma
agraria si rivelò un flop che non
assicurò un effettivo sviluppo della
produttività e dei redditi nelle
campagne del sud.
Parallelamente, sempre nel 1950, fu
creata la Cassa del Mezzogiorno che
doveva essere un'ente autonomo in grado
di garantire la creazione e la messa in
opera di strutture e attività economiche
nel meridione ma che finì per diventare
un ente politicizzato e per dipendere
strettamente nelle
sue
scelte dalle alterne direttive delle
diverse coalizioni governative.
Si riteneva che l' allestimento di
infrastrutture pubbliche (strade,
ferrovie, centrali elettriche,
acquedotti) avrebbe potuto offrire
migliori condizioni ambientali per un'
espansione delle attività produttive
nelle regioni del sud. Ma più che
l'avvio di un processo industriale
autoctono i crescenti investimenti in
infrastrutture contribuirono alla
formazione di un più ampio mercato
interno per le imprese del Nord e
pertanto favorirono la crescita del
reddito e dell' occupazione nelle zone
già sviluppate.
1945-50 -
Napoli e sud Italia
Le cause scatenanti
dell’insurrezione napoletana di fine
settembre 1943, le famose “4
giornate” di Napoli, furono la
caccia indiscriminata contro gli
uomini adulti per essere tradotti in
Germania e l’ordine di sfollare il
centro urbano, emanati il 23
settembre dai tedeschi.
Napoli rispose con una rivolta di
massa (27/30 settembre), largamente
partecipata,
come
dimostrano gli oltre 600 caduti.
Alla sollevazione presero parte
anche donne e ragazzi, in particolar
modo nei quartieri popolari,
andandosi a mescolare alla
resistenza spontanea di molti
combattenti.
E l’esercito Italiano? I militari
sbandati erano spesso aiutati dai
civili che fornivano abiti borghesi
e nascondevano le armi. L’immagine
dei giovani soldati del regio
esercito che abbandonano la divisa
grigio-verde, aiutati dalle donne
napoletane, ci riporta alla
disastrosa sconfitta militare subita
dal nostro
paese.
L’Italia, da paese
aggressore, era divenuta oramai un
territorio occupato e conquistato. I
civili italiani, pur nell’ambigua
situazione in cui si trovava il
governo Badoglio, costituivano
quindi la popolazione di un paese
“vinto” considerato,
per
molti versi, ancora “nemico”. Un
chiaro esempio di quanto fosse forte
tale orientamento è costituito dal
comportamento, nel Lazio
meridionale, delle truppe coloniali
francesi, Algerine e Marocchine,
le
quali chiamate a pagare un altissimo
prezzo in termini di vite umane
nello sfondamento della linea Gustav,
ebbero in cambio una sostanziale
tolleranza “50 ore di svago” in cui
compirono numerosi stupri, assassini,
furti, violenze contro i civili
italiani, in particolar modo contro
le donne, che ne hanno conservato
una fortissima memoria.
1944 - I soldati alleati, in
prevalenza americani hanno occupato
Napoli già liberata
dall’insurrezione e attendono la
caduta di Cassino.
Gli Americani portano una ventata di
aria nuova che, insieme alla fame e
alla grande miseria, fa impazzire
gli uomini e le donne napoletane. Le
donne, i ragazzini e le ragazzine di
10 anni, si vendono per 2 o 3
dollari (300 lire) ai soldati
bianchi e neri che li valutano
palpeggiandoli prima di decidersi.
Costa molto di più un chilo di carne
d’agnello che una ragazza o un
ragazzino a Napoli. Le donne
abbondano. Vengono portate con i
carri a prostituirsi da altre
regioni: Calabria, Basilicata,
Puglia, Sicilia.
I soldati usano gli italiani, i
napoletani usano gli alleati:
ricevono generi alimentari, derubano
i soldati in libera uscita, riescono
a smontare e a far sparire un carro
armato in 2 ore, si parla persino di
una nave da guerra sparita…
E’ un abrutimento generale quello
che assale la gente dopo la
liberazione: tanto erano stati
orgogliosi, coraggiosi, ricchi di
straordinaria dignità durante
l’oppressione tedesca e nei giorni
della lotta contro i nazisti,
cacciati da Napoli praticamente
senza armi, quanto adesso uomini,
donne, vecchi , bambini si prestano
alle cose più degradanti, a
qualsiasi forma di prostituzione per
salvare.. la pelle.
Altri esempi della caduta morale e
spirituale di Napoli tra il 1944 e
il 1945: le donne sedute lungo una
scalinata che attendono il passaggio
dei gruppi di soldati per aprire le
gambe e mostrarsi nude. Oppure del
padre disposto a mostrare e a far
verificare ai soldati la verginità
della figlia per 1 dollaro a testa…
da – La Pelle di Curzio Malaparte
(Prato 1898-Roma 1957)
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