Il territorio - La regione del Kurdistan - 550 mila chilometri quadrati
- a cavallo tra Turchia, Iraq, Siria, Iran e Armenia è abitata da circa
35 milioni di Curdi.
Per la maggior parte di religione musulmana sunnita, e vivono
soprattutto in Turchia, dove sono tra i 12 e i 15 milioni di persone,
circa un quarto della popolazione.
In Iraq vivono circa quattro milioni di curdi, in Iran sono dai sei agli
otto milioni, in Siria circa un milione, e nelle ex repubbliche
sovietiche, soprattutto in Armenia, 30.000.
Dopo la prima guerra mondiale venne disattesa la promessa degli alleati
occidentali di creare una nazione. Da allora i vari gruppi sono
diventati minoranze in diversi Paesi
Rappresentano il quarto gruppo etnico più grande del Medio Oriente.
In Turchia, dove la repressione dei curdi è particolarmente violenta,
con molti giornalisti e politici di origine curda in prigione, è attivo
il Pkk, Partito dei lavoratori del Kurdistan, che combatte per formare
uno Stato curdo nel sud del paese.
Si tratta di un gruppo terrorista di ispirazione marxista leninista che
è stato fondato in Siria nel 1974. Negli ultimi anni il Pkk si è reso
responsabile del rapimento di numerosi occidentali, tecnici e turisti,
che sono comunque stati tutti liberati indenni.
Gli altri due partiti curdi, il Partito democratico curdo (il Pdk,
fondato nel 1945 da Mustafa Barzani) e l'Unione patriottica del
Kurdistan (Puk, di Jalal Talabani) sono in Iraq e chiedono invece una
larga autonomia, che hanno in parte ottenuto grazie alla zona di
esclusione aerea creata dall'Onu nel 1991.
Dal dicembre 1994 però Pdk e Puk, un tempo alleati, hanno cominciato a
contendersi militarmente il dominio della regione e il governo regionale
curdo, istituito grazie alla protezione occidentale, è di fatto
impotente dinanzi alla guerra fratricida.
Le differenze fra i vari curdi - I curdi sono a maggioranza musulmana
sunnita e formano una comunità distintiva, unita attraverso cultura e
lingua, anche se non hanno un dialetto standard. Ogni gruppo nazionale,
però, si differenzia per priorità e alleati. I curdi turchi, i curdi
siriani e i curdi iracheni, che insieme hanno combattuto contro l’Isis,
sono i gruppi finiti nel mirino di Erdogan. I curdi iracheni hanno da
tempo una loro regione autonoma all'interno dell’Iraq (il Kurdistan
iracheno), mente i curdi siriani soltanto di recente hanno ottenuto il
controllo della regione che abitano, il Rojava.
L'emigrazione curda dalla Turchia è iniziata circa 20 anni fa, e ha
interessato quasi esclusivamente Germania e Austria. Secondo alcune
stime, i curdi che attualmente vivono in Kurdistan sono circa 38 milioni
(20 milioni in Turchia, sei milioni in Iraq, dieci milioni in Iran e due
milioni in Siria). Sono circa un milione e mezzo i curdi che vivono
nella diaspora, un numero che negli ultimi anni è salito enormemente: le
organizzazioni internazionali calcolano che i profughi, in questo
momento, siano almeno cinque milioni.
In Europa, il gruppo più consistente (circa 500 mila) si trova in
Germania, ma altre numerose comunità si trovano in Austria (45 mila),
Scandinavia, Francia e Grecia. In Italia si trovano circa tra i tre e i
quattrocento curdi, sparsi nel centro e nel nord Italia, per lo più con
regolare permesso di lavoro.
Massiccia, ma di data più recente, anche l'emigrazione da queste regioni
curde verso le metropoli turche (Ankara, Istanbul, Adana, Izmir), che
ospitano attualmente perlomeno quattro milioni di curdi.
La storia -
Il popolo curdo è di origine indoeuropea, la sua storia inizia nel 612
a.C. con la distruzione di Ninive da parte dei Medi. Gli studi
etno-antropologici e linguistici condotti sino ad oggi ci dicono che è
un popolo frutto della fusione tra le popolazioni autoctone del
Kurdistan e di diverse tribù indoeuropee che in ondate successive si
spinsero fino ai territori dell’Alta Mesopotamia e provenienti dalle
steppe attorno al Mar Caspio e dagli altopiani afghano e iranico.
La storia antica e moderna dei curdi è un susseguirsi di guerre e di
conquiste: hanno combattuto contro gli eserciti assiri, sono stati
dominati dai persiani per due secoli, sono stati in guerra con i greci,
arrivati nella regione con Alessandro il macedone. Il Kurdistan è
rimasto sotto il dominio dei romani dal I secolo d.C. fino alla
conquista dell’Islam nel 637; poi è stato invaso dai mongoli e dai
tartari, dai persiani safawidi e dagli ottomani che sono rimasti fino
alla prima guerra mondiale.
Il primo scritto in lingua curda, una poesia di argomento
religioso, risale al VII secolo. In questo periodo i curdi si convertono
all'Islam. Tra il 1169 e il 1250 una dinastia curda - Saladino ne è
l'esponente più illustre - regna in tutto il Medio Oriente musulmano.
Nella metà del Cinquecento i curdi si alleano con il sultano ottomano
contro la Persia, e Selim il Crudele si impegna a riconoscere uno Stato
curdo. All'inizio del XVI secolo il Kurdistan viene diviso tra ottomani
e persiani.
Nel XIX secolo quasi tutto il territorio curdo passa sotto la
dominazione ottomana, e a partire dai primi del '900 i turchi cominciano
una politica repressiva nei confronti delle popolazioni conquistate. Il
30 ottobre 1918 l'impero ottomano viene battuto dagli Alleati: alla Gran
Bretagna viene dato il mandato sull'Iraq arabo. Nel 1920 il trattato di
Sevres stabilisce il diritto alla nascita del Kurdistan nelle province
orientali dell'Anatolia. Nel 1923 il trattato di Losanna annette alla
Turchia la maggior parte del territorio dei curdi, e per oltre 15 anni
si susseguono rivolte popolari contro il governo di Ankara e di Teheran.
Nel 1937 viene sancita la definitiva spartizione del Kurdistan con un
trattato tra Turchia, Iraq, Iran e Afganistan, che prevede anche un
coordinamento della lotta contro l'irredentismo curdo. Nel 1945 l'Unione
Sovietica favorisce la nascita di una repubblica popolare curda in Iran.
Un anno dopo, al ritiro delle truppe sovietiche. lo scià riconquista la
regione. Nel settembre 1961 cominciano le prime azioni di insurrezione
armata, che proseguono poi negli anni Settanta sia contro la Persia che
contro l'Iraq. Durante la guerra tra Iraq e Iran (1980-1988), i curdi
sono tra le principali vittime del sanguinoso conflitto. L'ayatollah
Khomeini dichiara pubblicamente che "uccidere un curdo non è peccato",
mentre l'Iraq utilizza armi chimiche per riprendere il controllo del
nord del paese. Il conflitto provoca l'esodo di circa 60 mila curdi in
Turchia. Dopo la Guerra del Golfo, l'Onu crea un'area di sicurezza a
nord dell'Iraq che ha formato "di fatto" uno stato curdo.
I legami tra curdi siriani e Pkk -
Il Partito dell’Unione Democratica (la sigla in curdo è Pyd), assicura
il governo dei territori sotto il controllo curdo attraverso l'ala
militare dell'Ypg, unità di protezione popolare. Il Pyd ha espresso
un’idea di società socialista-libertaria, un modello raro e innovativo
rispetto alle tradizioni islamiche, un modo di pensare vicino a quello
espresso dal Pkk, partito dei lavoratori del Kurdistan, di Abdullah
Öcalan. Ed è anche per questa sintonia fra Pyd e Pkk che la Turchia a
ottobre 2019 ha
fatto partire l’offensiva nel Nord-Est della Siria. Ankara considera
infatti il Pkk un’organizzazione terroristica e il leader del partito
Öcalan è in carcere in Turchia dal 1990.
Il popolo curdo è un popolo indoeuropeo. Gli studi condotti nei secoli
ne individuano le origini in un complesso sistema d’incroci culturali ed
etnici, favoriti anche dalla particolare posizione geografica del
Kurdistan, da sempre territorio di confine tra imperi e regni, spesso in
lotta fra loro. La terra dei curdi era prima divisa tra l’impero
Ottomano e quello Persiano, e nei secoli le molteplici battaglie hanno
sempre visto come vittime il Kurdistan e il popolo curdo. Dopo la prima
guerra mondiale gli stati vincitori hanno diviso il Kurdistan in quattro
stati, ovvero Turchia, Siria, Iraq e Iran, ma purtroppo questi stati
hanno avuto molti conflitti e varie crisi tra di loro, e sulla questione
curda non hanno mai condiviso una vera strategia: nella maggioranza dei
casi hanno cercato sempre di eliminare l’identità curda ed è per questo
motivo che nacquero diversi movimenti curdi, con il principio di
difendere e lottare per il diritto di essere ed esistere in quanto
curdi.
La religione -
Prima dell’occupazione araba si praticava la religione zoroastriana e
nel territorio del Kurdistan erano presenti le comunità ebraiche e
cristiane, poi arrivò la religione musulmana e ancora c’è il detto
“l’Islam è arrivato con la punta della spada e i curdi dopo tante lunghe
sanguinose guerre si sono convertiti alla religione musulmana”. Oggi la
maggioranza dei curdi è di religione musulmana sunnita e nel sud est del
Kurdistan si pratica la religione musulmana sciita. Il 5% professa la
religione cristiana caldea, e vi sono anche curdi che professano la
religione Yezida (circa 500.000 fedeli). Prima del 1991, quando venne
concessa l’autonomia al Kurdistan, in tutto l’Iraq se un musulmano si
convertiva al cristianesimo rischiava la pena di morte, se invece un
cristiano si convertiva all’islam non solo non subiva persecuzione da
parte del regime di Saddam, ma il governo concedeva addirittura dei
benefici. Oggi nel Kurdistan iracheno ci sono più di 60 giovani
musulmani che si sono convertiti al cristianesimo, ma ciò non ha toccato
i loro diritti, in quanto sia il governo curdo che la popolazione
permette la libertà di religione.
Dopo la caduta di Saddam i curdi hanno preso parte attivamente alla vita
politica irachena, e insieme alle altre forze politiche si sono
impegnati a riscrivere la Costituzione per un Iraq Federale, Democratico
e Unito (Costituzione votata dall’80% degli iracheni). Oggi il Kurdistan
iracheno è libero ed autonomo, sta rinascendo, avviandosi ad un processo
di stabilizzazione e di pace. Più di 80 imprese italiane stanno
investendo e lavorando in Kurdistan, la gente ha ripreso la vita quasi
normalmente.
Nel 2006 la squadra di calcio di Arbil ha vinto la coppa
dell’Iraq, per la prima volta nella storia irachena. In una gara in
Germania il gruppo sinfonico di Sulemaniya si è classificato al primo
posto. La gente non pensa più alla guerra, ma a come costruire una nuova
vita serena e tranquilla, pensa alla ricostruzione e alla
stabilizzazione del Kurdistan.
Gli studenti del Kurdistan siriano ed
iraniano, quando vengono allontanati in quanto curdi dalle loro
università, si recano nel Kurdistan iracheno per proseguire gli studi. A
tutti i curdi è permesso di permanere e studiare nel Kurdistan iracheno.
Sono stati girati diversi film, tra cui l’ultimo, “Jani Gal”, ha
partecipato anche al film festival di Roma nel 2006, ed è uscito nel
febbraio del 2007 nelle sale italiane.
Sono più di mille i canali d’informazione e più di cinque i canali
satellitari (fra cui Kurdsat, Kurdistan, Zagros, Nawroz e G.Kurdistan).
Anche il turismo sia interno che esterno si è intensificato. Molti
turisti visitano i meravigliosi paesaggi del Kurdistan, un posto
completamente diverso dal resto dell’Iraq. La gente curda è socievole,
accogliente e gentile. Il governo curdo lavora affinché il Kurdistan
diventi il primo paese turistico e democratico del Medio Oriente. Oggi
tutti quelli che scappano dal resto dell’Iraq si rifugiano nel
Kurdistan. I rifugiati ricevono casa, lavoro e i minori vengono inseriti
a scuola. L'augurio è che la questione curda in Turchia,
Siria e Iran venga risolta pacificamente e vengano riconosciuti a tutti
i curdi i loro diritti, anche perché finché non si risolve la questione
curda non si può avere pace nel Medio Oriente. È essenziale che rimanga
un Iraq federale e democratico.
La lotta contro l’Isis e il supporto degli Usa -
Dei curdi siriani negli ultimi anni si è spesso parlato in Occidente
anche per la loro battaglia contro l’Isis. L'Ypg ha anche ricevuto il
supporto degli Stati Uniti, che individuarono come propri alleati sul
terreno nella guerra contro l’Isis i curdi siriani. Nel corso del 2015 i
guerriglieri curdi, con il sostegno Usa, sono riusciti a riconquistare i
propri territori (noti anche come Rojava, o Kurdistan siriano) che erano
stati occupati dall’Isis e sono anche riusciti ad espandersi in aree
abitate da popolazioni arabe. Negli anni successivi, 2016 e 2017, i
curdi-siriani hanno rafforzato il proprio controllo sul Rojava e
contribuito in modo determinante alla sconfitta finale dell’Isis.
Le simpatie occidentali per la causa curda -
La causa curda dell’Ypg ha suscitato così grandi simpatie presso
l’opinione pubblica occidentale. Non solo per il contrasto all’Isis, ma
anche per l'ideologia espressa dal movimento. In un'ottica
post-marxista, alle donne vengono riconosciuti gli stessi diritti che
agli uomini. Esistono inoltre anche milizie curdo-siriane composte da
donne, come ad esempio l’Ypj, Unità di protezione delle donne, che
combattono spesso a capo scoperto contro gli estremisti islamici dell’Isis.
Il Rojava, poi, è stato anche un esperimento politico-sociale, con
l’adozione di una Costituzione di stampo democratico, pluralista e
liberale, che enfatizza l’ambientalismo e il ruolo delle comunità locali
nella gestione del potere.
Nell'ottobre 2019 i curdi siriani si sono sentiti traditi -
Attaccati dalla Turchia e abbandonati dagli Stati Uniti, i curdi siriani
si sono sentiti traditi proprio da quel mondo occidentale che aveva espresso
sostegno e stima negli ultimi anni. Ilham Ahmed, presidente del Comitato
esecutivo del Consiglio democratico siriano, da Bruxelles chiesto alle
istituzioni europee di "non abbandonare i siriani" e di non chiudere gli
occhi su Erdogan."Gli Stati dell’Ue devono ritirare al più presto i loro
ambasciatori dalla Turchia perché sta violando troppe leggi
internazionali e continua a danneggiare la Siria. Questo crimine va
fermato e la Turchia deve essere sanzionata per quello che ha fatto".
Un'esperienza di autonomia unica nella storiografia delle battaglie per
l’autodeterminazione del popolo curdo e di varie minoranze che vivono a
cavallo tra Turchia, Siria, Iran ed Iraq (comunità curde si trovano
anche in alcune repubbliche ex sovietiche, come l’Armenia e
l’Azerbaigian), il cosiddetto Kurdistan, è certamente quella che si è
creata nel nord della Siria a partire dal 2012.
Qui, a causa della frammentazione del conflitto civile, le forze
governative della Repubblica Araba Siriana di Assad si erano ritirate
quasi completamente dalle aree settentrionali del paese abitate dai
curdi. È in quel frangente che è nato l’esperimento politico basato sul
confederalismo democratico di un’entità autogestionaria suddivisa in tre
aree autonome non contigue (Afrin, Cizre o Jazira e Kobane) e retta da
un “modello d’organizzazione multiculturale, antimonopolistico ed
orientato al consenso” con il femminismo e l’ecologismo quali pilastri
centrali.
La drammatica espansione dell’auto-proclamatosi Stato Islamico in Siria
e in Iraq nel 2013 ha portato al definitivo collasso dell’accordo
franco-britannico Sykes-Picot, detto accordo sull'Asia Minore, che nel
1916 doveva riorganizzare, secondo aree di influenza dei due paesi
colonialisti, le regioni dell'Impero ottomano ormai in via di
disgregazione. I Curdi erano riconosciuti come popolo dalla costituzione
turca del 1921 e veniva loro accordato uno status di autonomia, ma con
il Trattato di Losanna del 1923, il Kurdistan fu frammentato per gli
interessi delle potenze dell'Intesa uscite vincitrici dalla Prima guerra
mondiale e iniziò una lunga fase di repressione di questo popolo senza
stato e rivolte popolari contro i governi di Ankara e Teheran, in
particolare.
Entità da sempre osteggiata dalla Turchia, contraria alla sua
affermazione lungo la propria frontiera sud orientale a maggioranza
curda e che, dal 2014, ha iniziato a combatterla mediante azioni più
concrete. Conflitto che ha subito un’impennata nel mese di gennaio 2018
con l’operazione “Ramoscello d’ulivo” con cui Erdogan, con il pretesto
di combattere quello che dalla Turchia è chiamato “terrorismo curdo”,
invase l’area di Afrin così da bloccare ogni avanzamento politico e
sociale dell’esperienza in Rojava.
Che le autorità turche non abbiano mai visto di buon occhio la questione
curda è storia risaputa. Negli ultimi tre anni anche la situazione dei
Curdi nella Repubblica di Turchia è nettamente peggiorata in virtù dei
successi militari e politici da essi ottenuti nel Nord della Siria.
Trionfi che hanno anche alimentato tra la popolazione curda che vive nel
paese anatolico quella voglia di autodeterminazione che il Governo
centrale, nonostante innumerevoli repressioni, non è mai riuscita a
scalfire.
Anzi, a seguito delle accuse di supporto a vari gruppi jihadisti in
chiave anti-curda mosse al Governo di Erdogan, in alcune città del
Sud-Est del Paese a ridosso con il confine siriano, dei gruppi solidali
con il "modello Rojava” dichiararono l’autonomia democratica delle loro
aree tra il 2015 ed il 2016.
La risposta turca al tempo non si fece attendere: una feroce
repressione, che aprì un fronte di guerra interno, con lo schieramento
di carri armati e l’utilizzo di artiglieria pesante che, stando ai dati
forniti dall’International Crisis Group, provocò la morte di quasi 3.000
persone, soprattutto civili.
Esponente curdo racconta come «negli ultimi due anni la repressione sia
tornata più violenta di quella di anni addietro. Dopo il tentativo di
colpo di Stato del 15 luglio 2016, Erdogan dichiarando lo stato di
emergenza - durato sino agli ultimi mesi del 2017 - ha consentito al suo
Partito della Giustizia e della Libertà (AKP) di aggirare il Parlamento
e governare per decreto». Continua, «la repressione post-golpe si è trasformata in una caccia
alle streghe per colpire tutte le opposizioni, soprattutto noi curdi». Adham era solito frequentare il Centro Culturale curdo “Amara” di Suruç,
città lungo il confine turco-siriano, dove nel luglio del 2015, 33
giovani attivisti per la ricostruzione della città distrutta di Kobane
vennero uccisi da una bomba a grappolo, fatta detonare da un attentatore
suicida che secondo le indagini ufficiali, era affiliato ad ISIS .
«Il responsabile dell’attacco fu l’AKP, l’attentato, infatti, non
avrebbe potuto aver luogo senza l’assistenza dello Stato», è sua
opinione. «La solidarietà unitaria di genti turche e curde lungo questa
linea di confine ha sempre fatto paura alla Turchia che invece tende a
voler rimarcare l’identità turca», rincalza con rabbia Mohammad, un
amico di Adham, che ci spiega come sulla base di una serie di decreti di
emergenza emanati a partire da luglio 2015, decine di organizzazioni,
associazioni, scuole di lingue e istituzioni culturali curde sono state
chiuse.
Anche il Centro Culturale Amara, con la scusa dei controlli
antiterrorismo, è stato sottoposto a restrizioni pesanti e riempito di
telecamere e microfoni per monitorarne le attività. In tutta la regione
a ridosso del confine siriano, il Governo di Ankara ha poi rimosso i
sindaci eletti di oltre 90 municipi curdi, sostituendoli con
“amministratori”. Inoltre migliaia di militanti della sinistra
rivoluzionaria turca e curda e decine di politici filocurdi sono stati
arrestati con accuse di terrorismo, tra questi anche i copresidenti del
Partito Democratico Dei Popoli (HDP) - che unisce forze filocurde e
forze di sinistra della Turchia - Dermitas e Yuksendag.
La lotta del regime di Erdogan contro i Curdi, insomma, si fa ogni
giorno più dura e non solo all’interno dei confini nazionali, ma anche
in territorio siriano, dove l’obiettivo dichiarato del presidente Recep
Tayyip Erdogan è spazzare via la presenza delle milizie curdo siriane
Unità di Protezione Popolari (YPG) e le Unità Di Protezione delle Donne
(YPJ) da tutte le zone settentrionali del Paese a ridosso della sua
frontiera.
Nel dicembre del 2018, il presidente turco annunciò già ad un vertice
sull'industria della difesa turca ad Ankara che avrebbe lanciato una
nuova offensiva militare contro le YPG/YPJ nel nord della Siria "entro
pochi giorni": “La nostra operazione per salvare le aree a est
dell'Eufrate dall'organizzazione terrorista separatista YPG inizierà a
breve”.
Erdogan ha poi deciso di compiere ulteriori
passi contro la confederazione della Siria settentrionale. Tra la notte
dell'9 ed 10 ottobre, la Turchia ha iniziato la cosiddetta "Operazione
fonte di pace". Questa è la terza operazione turca in Siria dal 2016
dopo “Scudo dell'Eufrate” e “Ramoscello d'ulivo”.
Incursioni aeree e colpi di artiglieria hanno colpito ripetutamente il
quartiere di Bouzra (Derek), a Qamishlo, Ain Issa, Mishrefa, Tal Abyad,
Ras al Ayn (Sere Kaniye) e altri centri abitati. Fonti locali indicano
che durante i primi attacchi contro la Siria settentrionale sono stati
utilizzati 2 aerei che hanno colpito con sette attacchi l'area di Sere
Kanye (Ras Al Ayn), due raid a Ein Aissa ed uno a Tell Abiad. Inoltre,
fuoco indiretto ha colpito diverse volte la città di Quamishli e i suoi
sobborghi e le aree periferiche del villaggio di Mansura - Al-Malekkiyeh.
Dopo numerosi bombardamenti e attacchi aerei, seguendo fonti locali di
attivisti per i diritti umani, le forze armate turche hanno rimosso
parte del muro che divide Turchia e Siria settentrionale a Qamishlo.
Nonostante la situazione sfavorevole per i curdi, nella zona di Manbij
lo YPG è riuscito sin dall’inizio dell’operazione a respingere i
continui attacchi guidati da mercenari, principalmente islamisti,
dell'Esercito Libero Siriano - FSA, ora chiamato "Esercito Nazionale"
per quanto si tratti di una forza antigovernativa.
Grazie all'intervento americano, un intesa tra gli Stati Uniti e il governo di
Ankara, i combattenti curdi ha dato cinque giorni di tempo per ritirarsi
dalla "zona di sicurezza", che il governo turco ha indicato in 32
chilometri di profondità a partire dal confine Nord-est con la Siria. La
fascia di sicurezza dovrebbe diventare una sorta di protettorato turco
in Siria lungo 120 chilometri.
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