Tuttitemi - testata

  Brasile 1960 - 2014
     
 

Il territorio brasiliano fu scoperto da Pedro Alvares Cabral, un navigatore portoghese, nell’aprile del 1500.

Il suo primo porto di approdo fu battezzato Porto Seguro, a sud di quella che oggi è Salvador De Bahia.

Le terre da lui scoperte furono chiamate Isole di Vera Cruz, ed entrarono definitivamente a far parte dei possedimenti portoghesi del Nuovo Mondo grazie agli accordi siglati nel Trattato di Tordesillas, firmato il 7 giugno 1494 e ulteriormente migliorato dalla convenzione di Saragozza del 1529.
Il Brasile rimase sotto il controllo coloniale del Portogallo fino a quando l’imperatore Pedro I non salì al trono, nel 1822: le rivolte del popolo brasiliano si perpetuarono fino all’aprile del 1831, allorchè Pedro I abdicò forzatamente per cedere lo scettro a suo figlio Pedro II, un bambino di soli 5 anni.

Pedro II divenne un uomo preparato e dalla grande perizia politica: favorì un periodo di intensa espansione economica, migliorando le infrastrutture ed istituendone delle nuove.

L’aristocrazia terriera beneficiò particolarmente delle politiche imperiali, inaugurando nel 1860 la prospera coltivazione intensiva delle piante di caffè.

Pedro II fu anche promotore dei flussi migratori dall’Europa al Brasile.
Sebbene i princìpi che reggevano le riforme di Pedro II fossero visibilmente orientate al liberismo, i modi per renderli effettivi erano tutt’altro che pacifici e democratici.

Durante il periodo coloniale, la grande maggioranza della popolazione era composta da schiavi e il Brasile fu l'ultimo paese al mondo ad abolire la schiavitù nel 1888.

La frangia conservatrice del Paese riuscì ad allearsi con l’esercito per organizzare un colpo di stato: nel 1889 il dispotismo di Pedro II si concluse a favore della fondazione della repubblica.

A favorire il rovesciamento del regime imperiale c'era inoltre la situazione storico politica del Paese, giacchè sia l’imperatore che le classi ai vertici dell’amministrazione reale avevano già avvertito lo smorzamento delle spinte monarchiche, dovuto anche alle correnti razionaliste diffuse in quel periodo. Il nuovo Brasile somigliava molto agli Stati Uniti per quanto riguardava l’impianto istituzionale, la matrice laica e l’elaborazione della costituzione.
La neonata repubblica non si scoraggiò davanti alle pressioni dell’esercito e della flotta, respingendo tutti gli attacchi. Dal 1894, data di elezione del presidente Barros, fino al 1930 si avvicendarono nella più totale legittimità dodici diversi presidenti, che condussero il Paese verso una fiorente condizione economica, favorita dalla ingente esportazione di caffè e dall’arrivo crescente di immigrati provenienti per lo più dall’Italia, dal Portogallo e dalla Spagna.
Già nel 1914 il Brasile si era imposto come lo Stato più importante di tutta l’America Latina, ma le cose cambiarono velocemente: la crisi economica del decennio successivo causò la contrazione dei mercati europei, che si chiusero al commercio estero.

Il crollo vertiginoso del caucciù e del caffè e la profonda crisi del ’29 misero in ginocchio il Paese e i suoi organi di governo.

Getúlio Vargas, il leader del partito liberale, istituì un governo transitorio di stampo dispotico che durò fino al colpo di stato militare del 1945; l’anno dopo, fu redatta una nuova costituzione dal sapore democratico e federalista.

Le successive elezioni condussero alla presidenza il generale Eurico Gaspar Dutra, già ministro della Guerra di Vargas. Nel settembre 1946 fu promulgata una Costituzione liberale, ispirata alla prima repubblicana del 1891.

Il Paese sembrò potersi incamminare sul sentiero della democrazia, ma né Dutra né le forze che lo appoggiavano seppero interpretare quelle esigenze di ammodernamento che invece Vargas aveva captato. Perciò, nel 1950, il voto popolare riportò al potere l'ex dittatore, che riprese la sua politica di sviluppo.

Nuovamente entrò in conflitto con gli oligarchi, ma continuò nella sua azione riformatrice.

Fra l'altro, nel 1953, creò la Petrobrás, ossia l'ente di Stato per lo sfruttamento e la distribuzione del petrolio. Questo indirizzo governativo, per i costi che comportava, accelerò la spirale inflazionistica. Ne trassero profitto i conservatori per attaccare duramente Vargas. Nel 1954 la tensione salì al massimo. In agosto, ancora una volta, i militari intervennero e chiesero al presidente di abbandonare l'incarico. Vargas respinse l'ultimatum e il 24 dello stesso mese, anziché cedere, preferì uccidersi.

Il suicidio di Vargas sembrò gettare il Paese nella guerra civile; le elezioni, già fissate per l'ottobre del 1955, portarono alla presidenza della Repubblica il candidato socialdemocratico Juscelino Kubitschek; vicepresidente fu il delfino di Vargas e leader del PTB João Goulart.

La nuova amministrazione, entrata in carica nel 1956, proseguì la politica del predecessore contro l'arretratezza, ma con maggiore condiscendenza verso gli investimenti stranieri. Ne derivarono cospicue spese pubbliche, che fecero accelerare l'inflazione. Il 21 aprile 1960, inoltre, Kubitschek inaugurò la nuova capitale Brasília, costruita ex novo nello Stato di Goiás.

L'opposizione, di destra e di sinistra, ebbe facile gioco nell'accusare il governo di incapacità; nessuno si sorprese quando le elezioni dell'ottobre 1960 furono vinte largamente dal governatore di São Paulo, Jânio Quadros, presentatosi con un programma moralistico e risanatore. Goulart venne comunque confermato vicepresidente. Anche Quadros, però, rimase prigioniero degli ingranaggi inflazionistici e non seppe proporre una politica coerente di riassestamento.

Il 25 agosto 1961 Quadros si dimise.

Ancora una volta il Brasile parve sull'orlo della guerra civile; i gruppi della destra e buona parte dei militari si opponevano infatti alla successione di Goulart, prevista dalla Carta costituzionale.

Si dovette giungere a un compromesso: il 2 settembre il Congresso modificò la Costituzione, abolì il sistema della Repubblica presidenziale e lo sostituì con quello della Repubblica parlamentare. In tal modo, privato dei suoi poteri effettivi, Goulart poté assumere la carica che gli spettava (7 settembre). Superata la crisi istituzionale, la tensione momentaneamente si allentò. Nel gennaio 1963 con un referendum il popolo approvò a larga maggioranza il ripristino del sistema presidenziale. Il capo dello Stato riprese dunque la direzione del governo e tentò di attuare una politica di riforme, a cominciare da quella agraria, ma la strada gli fu sbarrata dalla reazione conservatrice; il 31 marzo 1964 i governatori di alcuni Stati si sollevarono, chiedendo l'intervento dell'esercito.

Goulart fu deposto e dovette rifugiarsi in Uruguay. La presidenza della Repubblica fu affidata al maresciallo Humberto Castelo Branco. Nel mese di ottobre dello stesso anno un “Atto istituzionale” provvide a sciogliere tutti i partiti; al loro posto ne furono creati due di regime, uno per l'appoggio al governo, Aliança Renovadora Nacional (ARENA, Alleanza Rinnovatrice Nazionale), l'altro, formalmente, per l'opposizione, Movimento Democrático Brasileiro (MDB, Movimento Democratico Brasiliano). Sulla base del voto di queste due organizzazioni, il 3 ottobre 1966 il Congresso designò capo dello Stato il generale Arthur da Costa e Silva, che entrò in carica nel marzo successivo. La vera natura dittatoriale del nuovo ordine risultò ben chiara dalla Costituzione promulgata il 17 ottobre 1969. E ancor più rigido diventò il regime quando ascese alla presidenza – dopo le dimissioni di Costa e Silva per malattia – il generale Emilio Garrastazu Medici (30 ottobre 1969).
Tra la fine degli anni 70 e gli inizi anni 80 i militari si accorgono che è ora di cedere il potere ai civili, di ristabilire le libertà democratiche e iniziano quella che è stata chiamata la "apertura, lenta, graduale e controllata" che porterà alla legge sull'amnistia del 1978, alla libertà di costituire partiti politici nello stesso anno (o nel 1979), alla prima elezione parzialmente libera dei deputati e senatori del 1981, alla prima elezione di un presidente civile nel 1984 (però di forma indiretta), al Congresso costituente del 1988 (che ha proclamato la Costituzione) e alla prima elezione diretta del presidente della Repubblica nel 1989.

Le presidenze di Ernesto Geisel (1974-79) e di João Baptista de Oliveira Figueiredo (1979-84) segnarono il graduale e inevitabile trapasso dalla dittatura alla democrazia. Il fenomeno, con le sue contraddizioni, divenne particolarmente evidente durante il mandato di Figueiredo, che attuò una serie di misure intese a liberalizzare la vita politica del Paese.

Cruciali in questo senso furono le elezioni legislative e amministrative del 1982. Il Partido Democrático Social (PDS, Partito Democratico Sociale), il braccio politico dei militari, vinse di misura, ma il Partido do Movimento Democrático Brasileiro (PMDB, Partito del Movimento Democratico Brasiliano), che rappresentava l'opposizione moderata, conquistò le maggiori città del Brasile. Nel 1985, scaduto il mandato di Figueiredo, la presidenza della Repubblica passò nelle mani di Tancredo Neves, avvocato e uomo dell'opposizione, candidato del PMDB: dopo 21 anni si chiudeva il capitolo della dittatura militare. Neves tuttavia morì un mese dopo l'elezione; gli succedette il vicepresidente José Sarney, che si impegnò subito nell'arduo compito del consolidamento della democrazia e dell'attuazione di un vasto programma riformistico, a suo tempo annunciato dal defunto presidente e nell'approvazione da parte del Congresso di un emendamento sulla costituzione per permettere l’elezione del presidente della repubblica usando il principio del suffragio universale.

Nella seconda metà degli anni Ottanta temi principali della vita politica erano quindi stati quelli concernenti la struttura statale (durata del mandato presidenziale e tipo di repubblica) da far esprimere alla redigenda nuova Costituzione (promulgata nell'ottobre 1988), il risanamento dell'economia (e in particolare la riduzione dell'iperinflazione e dell'indebitamento) e la questione ambientale, connessa all'indiscriminato sfruttamento dell'Amazzonia e posta all'attenzione mondiale dall'omicidio dell'ecologista Chico Mendez (dicembre 1988).

I piani di austerità erano falliti, trovando grande opposizione sociale, mentre lo Stato doveva sospendere e quindi rinegoziare la restituzione dei forti debiti contratti (passati in un decennio da 64 a 107 miliardi di dollari). In tale perdurante stato di crisi il conservatore Fernando Collor de Mello, del Partito della Ricostruzione Nazionale (contestualmente creatosi), nelle elezioni del 1989 riusciva a ottenere la presidenza della

Repubblica (marzo 1990), avviando quindi una rigida politica economica.

Nel 1992, tuttavia, travolto dagli scandali, era costretto a rimettere il mandato nelle mani del vicepresidente Itamar Franco.

Nell'ottobre 1994 veniva eletto presidente Fernando Henrique Cardoso che, malgrado il programma di stabilizzazione economica per promuovere lo sviluppo e ridurre sia il costo del lavoro sia i tassi d'interesse, perdeva rapidamente buona parte del credito politico di cui godeva, facendo ripiombare il Paese in un'ennesima crisi.

Nonostante l'incertezza economica in cui aveva trascinato il Paese, nel giugno 1997 Fernando Henrique Cardóso riusciva a far approvare al Congresso, in via definitiva, una modifica alla Costituzione, che rendeva rinnovabile il mandato presidenziale per un secondo termine. Questo gli consentiva di ricandidarsi alle elezioni dell'ottobre 1998, dove veniva riconfermato. Il governo proseguiva il cammino delle riforme economiche dovendo però affrontare due problemi: la protesta legata ai militanti del Movimento dei senza terra (MST), che chiedevano l'accelerazione della riforma agraria; e la deforestazione amazzonica che, in occasione del 50° Anniversario dello sbarco portoghese, vedeva manifestare gli Indios contro il progetto “Avanza Brasile” approvato dal governo per il suo elevato impatto sull'ambiente e sulle popolazioni dell'Amazzonia, già gravemente emarginate e discriminate.

 

Le elezioni amministrative dell'ottobre del 2000 vedevano l'affermazione del Partito dei lavoratori (PT) all'opposizione. Il sorprendente risultato del voto amministrativo anticipava quello, ben più rilevante, verificatosi alle presidenziali dell'ottobre 2002, che vedevano l'affermazione proprio dell'esponente del PT, Luiz Inácio "Lula" da Silva, eletto al ballottaggio con ampio margine sul suo rivale, il socialdemocratico José Serra. Già nei primi mesi di governo il neopresidente affrontava problemi scottanti apportando novità rivoluzionarie quali lo spostamento di finanziamenti dagli armamenti ai ministeri degli affari sociali, inaugurando il progetto detto “fame zero” e firmando lo storico decreto che consente agli abitanti delle favelas di diventare proprietari del terreno sul quale sorgono le baracche in cui risiedono. Nonostante la protesta degli strati più poveri della popolazione di fronte alla manovra economica del 2003, il governo riusciva a far approvare una riforma delle pensioni che eliminava sprechi e allargava la platea di soggetti interessati. All'inizio del 2004 entrava nel governo il PMDB (Partito del Movimento Democratico Brasiliano), partito di centro che era stato determinante nell'approvazione in Parlamento della riforma tributaria e di quella riguardante le pensioni.

Nel giugno 2005 il primo ministro José Dirceu de Oliveira si dimetteva in quanto coinvolto in uno scandalo di tangenti. Al suo posto veniva nominata Dilma Roussef, ex ministro dell'energia. Nel novembre 2006 si svolgevano le elezioni presidenziali che venivano nuovamente vinte da Lula al secondo turno, dopo essere riuscito a riconquistare il ceto medio, provato dagli scandali, e con l'appoggio determinante dei ceti più poveri beneficiati dal suo programma "fame zero". Nell'ottobre del 2010 si svolgevano le elezioni presidenziali, vinte dalla Roussef con il 56% delle preferenze. Primo presidente donna del Paese, la neo-eletta sconfiggeva al secondo turno il socialdemocratico Josè Serra. Nonostante alcuni successi economici e di sviluppo sociale, il governo perdeva l'appoggio di una parte della popolazione, soprattutto in vista delle grandi manifestazioni internazionali (Coppa del Mondo di calcio del 2014 e Olimpiadi del 2016). Nell'estate del 2013, l'aumento dei prezzi dei trasporti pubblici, scatenava una serie di manifestazioni di massa che denunciavano la speculazione e la corruzione sulle grandi infrastrutture dei Mondiali di calcio.

Nell'ottobre del 2014 si svolgevano le elezioni presidenziali, vinte dalla presidente uscente Roussef, che sconfiggeva il candidato conservatore Aécio Neves.
Dal punto di vista economico basti pensare che  nel 1950 il 75% della popolazione era rurale e nel 2000  il 75% è urbana: c'è stato un processo di urbanizzazione accelerato e brutale e un processo di migrazione interna spaventoso con milioni di persone che si sono spostate e che continuano a spostarsi all'interno del Brasile dal Sud all'Amazzonia, dal Nordest al Centro Sud, dal Sud e dal Nordest vero il Centro Ovest ... seguendo le nuove frontiere agricole e i grandi poli industriali. Questo fenomeno sta all'origine dei gravi problemi sociali del Brasile di oggi perché provoca una dissoluzione delle strutture tradizionali in modo molto brusco e violento senza che si costruiscano nuovo identità sociali ...

Dal punto di visto politico la dittatura provoca fenomeni nuovi così riassumibili:
Il blocco dominante riesce a mantenersi al poter con una politica gattopardesca di cambiare tutto per non cambiare niente. I militari si ritirano discretamente di scena senza subire quei processi che hanno subito in altri paesi dell'America Latina; mantenendo una certa influenza nei centri economici di potere, ma allontanandosi sempre più dai centri politici di decisione.

Riescono così a controllare la transizione politica senza grossi traumi. L'elite economica e politica che era cresciuta e si era modernizzata sotto i militari continua a dare le carte riciclandosi come partito "democratico".
La transizione avviene quindi senza una brusca soluzione di continuità: ne è prova il fatto che il nuovo blocco politico che domina la scena negli anni 80 e negli anni 90 fino alla elezione di Lula, è una alleanza fra l'erede del partito di opposizione ai militari (il PMDB, Partido do Movimento Democratico Brasileiro) e l'erede del partito di governo del periodo militare che si é riciclato e "democratizzato" il PFL (Partido da Frente Liberal), prima col governo Sarney e poi con il governo Fernando Henrique Cardoso, leader del PSDB (Partido da Social Democracia Brasileira) che è una scissione "a sinistra" del PMDB.
Il momento cruciale è il 1978/79 quando è fondato il PT, Partido dos Trabalhadores, nascita che suscita grande scandalo per Brizola e gli eredi del populismo perché, per la prima volta, un operaio non si accontenta più di votare per il leader, ma vuole essere lui stesso il leader.

Di fatto però, se si sono fatti enormi passi in avanti quanto alle libertà democratiche anche se è una democrazia recente (basti solo pensare che il suffragio universale con il diritto al voto degli analfabeti è stato introdotto solo nel 1988) i diritti economici e sociali continuano senza un minimo di garanzia per la grande massa della popolazione esclusa (circa 50 milioni di persone secondo alcune stime, cioè quasi un terzo dei brasiliani) che vivono in quelle situazioni di esclusione sociale che tutti conoscono soprattutto nelle immense periferie delle megalopoli o nelle zone rurali più remote ...
Il Brasile comunque, recentemente, é cresciuto democraticamente nelle politiche di rispetto dei diritti umani:
Ha firmato dal 1991 praticamente tutti i trattati internazionali sui diritti umani
È uno dei pochi paesi che ha prodotto, nel 1996 un Programma nazionale di diritti umani e ha creato una Segreteria nazionale di diritti umani che, nel governo Lula, ha goduto  lo status di Ministero
Esiste una società civile organizzata con un immenso numero di ONG di promozione e difesa dei diritti umani nei più ampi e svariati campi
Si sono creati, a partire dalla Costituzione, innumerevoli "Conselhos", consigli di diritti composti pariteticamente da rappresentanti della società civile e degli organi pubblici

Di contro gli indicatori "macro-economici" dicono che:

Il debito estero e interno costituisce un forte condizionamento a qualsiasi progetto di investimenti per progetti sociali o di infrastruttura
Il paese ha bisogno di capitali esteri per cui deve offrire tassi di interesse altissimi per evitare la fuga dei capitali, che sono di tipo speculativo: il tasso di interesse del governo Lula era salito al 27,5% all'anno agli inizi del governo;
Le privatizzazioni del governo FHC hanno creato degli oligopoli privati nei settori che un tempo i militari consideravano di sicurezza nazionale e il governo ha creato delle agenzie che dovrebbero "monitorare" le imprese, ma di fatto non hanno strumenti o non lo vogliono fare ...
La politica neo-liberale ha portato a una continuazione della polarizzazione sociale fra poveri e ricchi senza distribuzione di reddito.
La politica di distruzione delle risorse naturali, soprattutto nell'Amazzonia, continua senza che si riesca a porre un freno nonostante tutti ormai parlano di "sviluppo sostenibile", di fatto continua il "desmatamento" indiscriminato ...
A questi fattori dobbiamo aggiungere:
La magistratura che costituisce una "casta" privilegiata e corrotta con poche eccezioni, soprattutto nel Pubblico Ministero ...
La corruzione ampia della "classe" politica dal consigliere comunale ("vereador") della piccola città ai vertici dello Stato con uno spreco delle risorse pubbliche impressionante.
L'inefficienza e la corruzione del sistema di sicurezza pubblica nel suo insieme ...
La violenza soprattutto urbana che ha raggiunto livelli assolutamente intollerabili, prossimi ad una guerra civile non dichiarata, che miete più vittime che in certi paesi in stato di guerra aperta e che trova un forte alimento nel traffico di droga e che attinge soprattutto i più giovani ...

La mancanza di una effettiva riforma agraria che alcuni analisti, anche di sinistra, considerano non più necessaria dal punto di vista economico, ma che avrebbe una grande funzione dal punto di vista sociale, permettendo a una massa di persone emarginate di incontrare uno sbocco produttivo e una vita degna, diminuendo la pressione sulle grandi città
Il fallimento del sistema di "welfare state" che non è mai stato impiantato effettivamente e che soffre ancora di più con l'ondata neo-liberale: fallimento del sistema pubblico di salute, di educazione e di abitazione.
Il Brasile intende privilegiare i rapporti con i paesi del Mercosul e gli altri paesi dell'America Latina per formare un blocco che possa negoziare assieme il progetto degli Stati Uniti di istituire una zona di libero commercio (ALCA). Vuole inoltre rafforzare i rapporti con altri paesi "emergenti" tipo Cina, Africa del sud, India ... vedi ad esempio l'incontro del WTC/OMC dove la diplomazia brasiliana ha svolto un ruolo importante.
L'integrazione latino-americana dovrà dar continuità ai grandi progetti di integrazione latino-americana e di occupazione degli spazi geografici.