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  Africa 1945-1960
     
 

La seconda guerra mondiale sancì la definitiva crisi del colonialismo dei popoli.
Grazie anche all’azione dei movimenti indipendenti poterono emanciparsi dapprima le colonie italiane (Etiopia nel 1941 e Libia nel 1952), poi quelle francesi (Tunisia e Marocco, 1956).

Più tormentata fu l’indipendenza dell’Algeria, conquistata nel 1962 dopo una sanguinosa guerra condotta dal Fronte di liberazione nazionale algerino contro la Francia. Le trattative per la soluzione della questione algerina vennero condotte dal generale della Quinta Repubblica francese.

Anche i Paesi dell’Africa subequatoriale raggiunsero l’indipendenza nello stesso periodo (Ghana, Nigeria, Somalia, Sierra Leone, Tanzania e Kenya), così come quelli dell’Africa del Sud, dove in alcuni casi si insediarono i regimi razzisti (Repubblica Sudafricana, Zimbabwe).decolonizzazione in Africa
Il Congo ottenne l’indipendenza dal Belgio nel 1960, ma la caotica situazione interna portò il Paese alla guerra civile, che cessò nel 1965.

La fine del colonialismo europeo in Africa fu un processo relativamente rapido che, fra la fine della Seconda guerra mondiale e l'inizio degli anni sessanta, condusse all'indipendenza gran parte del continente, dando vita a stati per lo più coincidenti con i territori delle precedenti colonie. Le istanze di liberazione legate alla lotta contro il nazifascismo, cui molti africani parteciparono come membri delle armate delle rispettive potenze coloniali, ebbero un forte impatto sul nazionalismo anticoloniale e spesso fornirono lo sfondo ideale a insurrezioni e movimenti di protesta come quelli dell'Algeria (1945), del Madagascar (1947-49), della Costa d'oro (1948). Inoltre l'apparire sulla scena politica mondiale delle due nuove superpotenze di Usa e Urss, estranee per storia e per ideologia alle forme del colonialismo europeo, favorì l'instaurarsi di un nuovo tipo di supremazia, basato sull'influenza nella politica interna dei nuovi stati e sulla loro sudditanza economica, in cambio dell'appoggio finanziario e militare ai nuovi capi per il mantenimento dei delicati equilibri interni.

Mentre l'Italia aveva perso i suoi possedimenti africani in seguito alla sconfitta nella Seconda guerra mondiale, le colonie degli altri paesi europei giunsero ad affrancarsi dalla dominazione straniera attraverso lo sviluppo di movimenti anticoloniali che portarono in molti casi a vere e proprie lotte per l'indipendenza.

La Francia di De Gaulle, bisognosa di sostegni contro il governo collaborazionista di Vichy, aveva promesso riforme sostanziali, riconoscendo alle colonie dell'Africa occidentale francese e dell'Africa equatoriale francese lo status di entità individuali, all'interno di un'associazione con la madrepatria (Conferenza di Brazzaville del 1944 e Union française nel 1946), superando così la dottrina della spersonalizzazione e assimilazione dei popoli colonizzati, nell'ambito della civilisation come obiettivo del colonialismo. Negli anni cinquanta maturò un movimento anticoloniale ormai orientato verso l'autogoverno o l'indipendenza vera e propria, condotto da una nuova generazione di intellettuali e politici sovente formatisi in Europa o negli Stati Uniti e fortemente influenzati dalle dottrine di liberazione e autodeterminazione emerse specialmente nelle lotte antimperialistiche dell'India e dell'Asia orientale. Questa componente si saldò in certi casi con le espressioni della costante resistenza opposta dal mondo africano alla sopraffazione coloniale, che non avevano mai cessato di manifestarsi es. rivolta dei Mau Mau in Kenya, 1952-1956.

Nel 1955, ventinove Stati afroasiatici, per reazione alla politica dei blocchi, costituirono il movimento dei Paese non allineati (conferenza di Bandung, 1955). Questi Paesi da poco indipendenti furono definiti terzo mondo per differenziarli dal primo mondo dell’Occidente e dal secondo mondo comunista dell’Est.

In Algeria, nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre 1954, una cinquantina di operazioni vennero condotte contro caserme, gendarmerie, piccole postazioni militari. Il congresso della Soumman riunì in agosto i principali capi dell’insurrezione, che costituirono un Comitato di coordinamento e d’esecuzione (CCE). Si dovette attendere il discorso del generale De Grulle del 16 settembre 1959 perché fosse compiuto un passo decisivo verso la pacificazione. Il referendum per l’autodeterminazione (1° luglio 1962) decretò l’indipendenza.
Con la fine della lotta armata, si aprì un’accesa lotta politica fra i capi nazionalisti, e, più particolarmente, tra Ben Keddha, presidente del GPRA, e il leader del FLN, Ben Bella, che creò un Ufficio politico in aperto contrasto con il GPRA, assicurandosi l’appoggio dell’esercito. Consapevole del peso determinante dell’esercito, Ben Bella non ridusse lo spazio politico di questo neppure dopo essere stato designato come capo del governo. Ma il 19 giugno 1965 Ben Bella venne deposto in seguito a un colpo di Stato militare guidato dal colonnello Boumedienne.
Il Dahomey si avvia verso la totale indipendenza il primo agosto 1960, che segnò l’inizio di una successione di colpi di stato.
Il paese è stato governato da una dittatura militare di ispirazione marxista-leninsta dal 1972 al 1990. Il 30 novembre 1975 il paese assunse la denominazione di Repubblica Popolare del Benin.
Il Botswana seguì le sorti delle vicine colonie britanniche, sino all’avvio del processo verso l’indipendenza, proclamata il 30 settembre 1966. Con l’atto dell’indipendenza sembrò che, al pari del piccolo Lesotho, il Botswana fosse destinato a diventare uno stato-satellite della repubblica sudafricana. Invece sotto la prudente ed equilibrata guida del presidente Seretse Nkhama, è riuscito a impostare una politica di relativa autonomia.
Il Burundi fu avviato all’indipendenza, proclamata nel luglio 1962. Dato il relativo grado di integrazione tra Hutu e Tutsi sembrò in un primo tempo che la monarchia tradizionale potesse conservare il trono. Presto, però, si ebbe un inasprimento delle discordie tra Tutsi, che costituivano la classe aristocratica, e Hutu, che rappresentavano la grande massa della popolazione (90%). Si ebbe così una serie di atti di violenza. L’instaurazione di un regime militare rendeva pressoché assoluta l’autorità monarchica. Questa era esercitata dal primo ministro Biha, su delega del re, ritiratosi, per ragioni di sicurezza, in Svizzera. Egli inviò a rappresentarlo il figlio diciottenne, Charles Ndizeye.
Entrato in conflitto con il primo ministro, il principe appoggiò il colpo di stato militare fomentato dal giovane capo delle forze armate capitano Michel Micombero (8 luglio 1966). Il ventiseienne Micombero formò un governo di giovani militari e borghesi, facendo incoronare re Ndizeye, con il nome di Ntaze V (1 settembre 1966). Insorsero presto contrasti e, nel novembre successivo, Micombero dichiarò deposto il re, proclamò la repubblica e si autonominò presidente. Imboccata la via del neocolonialismo, Micombero ha potuto contare sull’appoggio del Belgio e degli Stati Uniti, cointeressati allo sfruttamento delle risorse del paese.
Il territorio del Ruanda-Urundi nel 1946 fu è affidato dall’amministrazione fiduciaria per conto delle Nazioni Unite e  iniziò il processo verso l’indipendenza che doveva portare alla costituzione di due Stati distinti. In entrambi i territori la tutela belga non apportò alcuna modifica sostanziale alla tradAfricaizionale struttura sociale, caratterizzata dal programma del predominio dell’aristocrazia feudale Tutsi sugli altri gruppi etnici. Nel 1959 gli oppressi Hutu si ribellarono a impedirono l’insediamento dell’erede al trono. Nel referendum istituzionale del settembre 1961, la grande maggioranza della popolazione si pronunciò a favore della repubblica. Nel luglio 1973 c’è stato un incruento colpo di Stato, promosso dal generale Juvenal Kanyarimana per impedire la rielezione per la quarta volta consecutiva del presidente Kayibanda.
Il 16 agosto 1960 la Repubblica Centroafricana pervenne alla piana indipendenza. Il regime di  Dacko si presentava meno condizionato del neocolonialismo. Questo a motivo anche dalla scarsa attrattiva che poteva offrire un paese lontano dal mare, con una rete stradale del tutto insufficiente e pressoché privo di altre infrastrutture. Ci fu un colpo di stato il primo gennaio 1966. Nel dicembre 1976 il capo di Stato generale Jean Bedel Bokassa proclamava l’impero centroafricano.
Il 21 settembre 1979, veniva deposto. L’ex presidente del Centroafrica David Dacko (cugino dell’imperatore del quale era stato a sua volta spodestato tredici anni prima) approfittava di un viaggio di Bokassa a Tripoli per assumere tutti i poteri e proclamare la repubblica.
Il Ciad accentò alla piena indipendenza l’11 agosto 1960. Il Ciad è situato in quella fascia territoriale in cui l’Africa araba si incontra con l’Africa nera e in cui le unità statali create dal colonialismo senza tener conto dei confini etnici naturali hanno portato all’unione di popolazioni tra di loro dissimili. I problemi etnico-politici del Ciad sono gli stessi del Sudan e della Mauritania, anche se qui la situazione appare rovesciata. Infatti, non sono gli Arabi ad opprimere la popolazione nera, bensì i rappresentanti di quest’ultima a imporre la volontà del governo centrale. L’identificazione del governo con il gruppo etnico meridionale e la volontà di neutralizzare la minoranza araba portarono nel 1963 alla nascita del Governo della repubblica islamica del Ciad in esilio.
Nell’agosto 1968 il governo centrale dovette ricorrere all’aiuto militare francese per evitare la secessione delle regioni ribelle.
Il 15 agosto 1960 il Congo acquistò la piena indipendenza e Youlou accentrò nelle proprie mani le maggiori cariche dello Stato.
Nell’agosto 1963 fu rovesciato. Caduto in una profonda crisi economica e politica, il Paese fu scosso da vari sussulti, finchè nel settembre 1968 si ebbe il definitivo esautoramento di

Massemba-Debat ad opera di un gruppo di militari. Questi affermarono l’appartenenza al Congo al campo socialista, proclamando la repubblica popolare nel 1970.
Il Niger pervenne alla totale indipendenza nel marzo 1960.
Il rovesciamento nel 1974 del presidente Hamari Diori, portava un governo di militari. Il 21 febbraio 1976 il presidente Kountchè ha proceduto ad un rimpasto del governo nel quale, accanto ai ministri militari, sono stati immessi tecnocrati civili in ministeri economici chiave.
La Guinea Equatoriale ottenne l’indipendenza il 12 ottobre 1968.
Nel marzo del 1969 la vita politica fu scossa da un fallito tentativo di colpo di stato, messo in atto dalla guarnigione spagnola e avallato dal ministro degli esteri N’Dongo, contro il presidente eletto Francisco Macis Nguema, il cui intransigente nazionalismo stava compromettendo i piani neocoloniali spagnoli. Macis consolidò la propria posizione istituendo un regime dittatoriale.
Divenuta indipendente il 24 dicembre 1951, la Libia non si dette alcuna struttura politica moderna. Inoltre la vita politica del nuovo Stato fu immediatamente caratterizzata da forti contrasti fra le tre regioni tradizionali, ossia Tripolitana, Pirenaica e Fezzan, che opponevano soprattutto la filoccidentale Tripolitana alla filonasseriana Pirenaica. Ad essa venne posto fine con il colpo di stato militare attuato da giovani ufficiali filonasseriani il primo settembre 1969.
Il processo costituzionale che doveva portare all’indipendenza della
Nigeria nell’ottobre 1960, era stata guidata dall’alto. L’equivoca coalizione di governo tra gli elementi feudali del nord e i rappresentati della borghesia liberale dell’est aveva l’unico scopo di salvaguardare le rispettive zone di influenza regionali da interferenze da parte degli organi di governo federale. Nel 1964, quando si giunse alla rottura della coalizione di governo, la Nigeria apparve divisa come non mai in zone tra loro incomunicabili. Il paese precipitò in una situazione caotica alla quale sembrò porre fine il colpo di stato militare del gennaio 1966, in cui apparve evidente la volontà di egemonia degli Ibo. L’abolizione del federalismo provocò nel luglio 1966 un nuovo colpo di stato militare capeggiato dal colonnello Yakubu Gowon, appartenente a un gruppo etnico unitario del Nord. Col nuovo colpo di stato, la precedente situazione fu rovesciata e i potenti Ibo, fatti segno a violente persecuzioni, furono costretti a lasciare in massa i territori delle altre province della Federazione. Il 27 maggio 1967, l’Assemblea della provincia orientale decretò la secessione, affidando al colonnello O. Ojukwu la presidenza del nuovo stato, denominato repubblica del Biafra. Le sorti della guerra cominciarono presto a svolgere a favore dei federali e il 12 gennaio Ojukwu fuggiva all’estero, mentre i suoi più stretti collaboratori annunciavano la resa del Biafra e la decisione degli Ibo di ritornare nella comunità nigeriana.
Nel gennaio 1959, dopo lunghe trattative fra i rappresentanti del Senegal e del Sudan francese, nacque la Federazione del Mali. L’approfondirsi dei contrasti tra i rappresentanti dei due stati portò, nell’agosto 1961, al ritiro del Senegal e alla creazione della repubblica indipendente del Mali. I militari (19 novembre 1968) s’impadronirono del potere. Il varo di una nuova Costituzione, sottoposta a referendum popolare nel 1974, ha rappresentato la prima importante tappa verso la normalizzazione della vita politica.
All’atto dell’indipendenza della Somalia,  proclamata il 1° luglio 1960, si ebbe anche l’annessione del protettorato inglese del Somaliland. La vita della giovane repubblica precedette per alcuni anni senza particolari scosse e avvenimenti politici di rilievo, pur rimanendo viva l’aspirazione a costituire la cosiddetta Grande Somalia, con l’annessione del territorio francese della Cote Francoise des Afars et Issas e di territori possesso dell’Etiopia (Ogaden) e del Kenya (regione nordorientale). Pertanto, dopo alcuni anni di relativa calma, la tensione aumentò. Il paese sembrava orientarsi verso uno sviluppo pacifico quando, in seguito all’assassinio del presidente della repubblica Abdirachid Ali Shermarke, si ebbe un colpo di Stato militare (21 ottobre 1969) e l’assunzione dei pieni poteri da parte di un Consiglio della rivoluzione.
Il 1° gennaio 1956 fu proclamata la repubblica indipendente del Sudan. La stabilità politica del nuovo Stato apparve sin dall’inizio compromessa dalla drammatica contrapposizione tra il Nord, abitato da una popolazione araba o arabizzata, di religione musulmana, e il Sud, abitato da popolazioni di religione animista, con nuclei cristiani. Il governo centrale cercò di sottoporre le province meridionali a un accelerato processo di islamizzazione, accompagnato da violente repressioni.
Nel 1946 il territorio del Togo iniziò un processo politico-amministrativo che, attraverso varie tappe, l’avrebbe portato all’indipendenza, proclamata nell’aprile 1960. Nel gennaio 1967 il governo veniva rovesciato da un colpo di stato militare.Africa clima
Il processo d’indipendenza dell’Uganda non fu accompagnato da un adeguato sviluppo delle istituzioni locali e la tradizionale struttura feudale rimase immutata, anche dopo la proclamazione dell’indipendenza nell’ottobre 1962. I quattro regni tradizionali sopravvissero anche dopo l’adozione di un ordinamento repubblicano federativo (ottobre 1963). Essi conservavano infatti un’ampia autonomia nell’ambito della repubblica federale. Fu avviato un processo istituzionale volto all’abolizione delle monarchie ereditarie e alla trasformazioni dei tre regni minori in altrettanti distretti, destinati a costituire, insieme con i quattro distretti in cui era diviso il regno del Buganda, l’ossatura della nuova repubblica unitaria.
Conseguita la proclamazione unilaterale d’indipendenza delle Comore del 6 luglio 1975 si scontrava con le manovre della Francia tendenti a staccare l’isola di Moyotte dal nuovo Stato. Col referendum dell’8 febbraio 1976 gli abitanti dell’isola di Mayotte si pronunciavano a favore dello statuto di dipartimento d’oltremare della Francia.
Ancor prima che il Lesotho pervenisse all’indipendenza, proclamata il 4 ottobre 1966, erano andate maturando due tendenze di fondo. L’una, conservatrice, espressa dal National Party di Leabua Jonathan, l’altra progressista, incarnata nel Basutoland Congress Party, espresso dalla popolazione urbana più politicizzata e appoggiata dal giovane re, Monshoeshoe II, contrario all’indipendenza dalla Gran Bretagna. Una conferma delle tendenze autoritarie in atto si ebbe nel gennaio 1970, quando dai primi risultati delle elezioni cominciò a profilarsi dei partiti d’opposizione. Proclamato lo stato d’emergenza, il governo annullò l’elezioni, sospese la Costituzione e dichiarò in arresto i leader dell’opposizione. Il re, costretto dapprima alla residenza forzata, fu poi esiliato. Nel dicembre successivo fece ritorno accettando la nuova Costituzione che gli riconosceva una funzione puramente formale.
Stretto tra il Sudafrica e l’ex colonia portoghese del Mozambico per la sua struttura economica, con l’acquisizione dell’indipendenza (6 settembre 1968) l’ex protettorato dello Swaziland si è venuta a trovare nella condizione di dover allacciare stretti legami con la vicina repubblica del Sudafrica.
Liberatisi dal colonialismo politico, molti Paesi afroasiatici subirono un neocolonialismo economico da parte delle nazioni ricche, alle quali si erano rivolti per un massiccio sfruttamento delle loro risorse, come nel caso dell’estrazione del greggio a costi irrisori effettuata dalla compagnie petrolifere (Sette sorelle) nei Paese arabi, che nel 1960 reagirono costituendo l’Opec.
Il diretto contatto con i colonizzatori e le comuni esperienze di studio e di lavoro hanno avuto una parte importante nella formazione del movimento indipendentista, contribuendo a diffondere fra le popolazioni colonizzate il desiderio di emanciparsi e di conquistare la libertà.
La politica del non allineamento - La decolonizzazione contribuisce in un certo senso a mettere in crisi il bipolarismo della guerra fredda, aprendo la strada a un terzo blocco di Paesi, che si pongono fuori dagli schieramenti legati alle politiche di Usa e Urss. Nasce così il non allineamento, sancito nel 1955 alla conferenza di Bandung in Indonesia, dove ventinove Paesi afroasiatici proclamarono la lotta al residuo.