HomeLance Armstrong Poteva essere una bellissima storia, da film strappalacrime: una malattia mortale che colpisce un atleta nel momento della sua ascesa in carriera,  lui non solo si batte per sconfiggere il suo male, ma ritorna anche a gareggiare e vince tutti i premi più ambiti.
Ma il cinema e la realtà spesso hanno un finale diverso...
Nato a Plano, Texas, il 18 settembre 1971, Lance Armstrong inizia la sua carriera sportiva molto giovane: la madre Linda lo supporta fin dall'inizio.

A soli 13 anni gareggia in uno degli sport più duri che si conoscano, il Triathlon, con percorsi lunghi e massacranti da percorrere a nuoto, poi in sella ad una bici e infine di corsa.
Lance Armstrong decide a 16 anni che la sua professione sarà quella dell'atleta. Conclusi gli studi e conseguito il diploma entra nella squadra nazionale di ciclismo per un progetto olimpico sperimentale, in Colorado Springs. Inizia qui la sua carriera sulle due ruote.
Gareggia nelle categorie dilettanti: si qualifica per i campionati mondiali juniores di Mosca 1989. Nel 1991 vince il campionato nazionale dilettanti e subito dopo passa nei professionisti.
Non trascorre molto tempo e Lance vince il campionato nazionale professionisti. La sua stella brilla anche a livello internazionale: vince qualche tappa al Tour de France, un campionato mondiale e diverse vittorie al Tour du Pont. In breve raggiunge la cima delle graduatorie mondiali. Nel 1996 è lui a guidare la squadra ciclistica USA ai giochi olimpici di Atlanta.
Mentre sembra proiettato verso un futuro di successi accade qualcosa che lo strappa dai pedali per gettarlo nella disperazione: all'inizio del mese di ottobre del 1996 i medici gli comunicano di essere affetto dal cancro. La analisi rivelano un cancro avanzato al testicolo. Le possibilità di guarire sembrano meno del 50%: Lance inizia a sottoporsi a un'aggressiva cura chemioterapica. Il rischio di danni collaterali accompagna come un'ombra il periodo della cura. Piano piano la chemioterapia comincia a funzionare e Lance, gradualmente, può persino pensare di tornare all'attività agonistica. Il cancro gli lascia una profonda cicatrice fisica ma anche emotiva: suo malgrado oggi Lance ricorda quel triste periodo della vita come "... la miglior cosa che mi sia capitata". Il nuovo stato mentale e le nuove prospettive lo spingono oltre i suoi impegni sportivi: fonda così la "Lance Armstrong Foundation" con l'obiettivo di aiutare gli altri nella lotta contro il cancro.
La completa guarigione di Lance sembra miracolosa. Terminata però l'esperienza con la squadra francese Cofidis, si ritrova senza un team e deve aspettare che la "United States Postal Service" decida di credere e scommetere su di lui. Se non fosse tornato in sella la storia sarebbe stata comunque positiva, ma non sarebbe stato abbastanza perché Lance. Armstrong sente il bisogno di mettere se stesso nuovamente alla prova. Il suo ritorno nel mondo agonistico non è dei più facili. Partecipa nel 1998 ad una fredda e poco fortunata Parigi-Nizza che termina in malo modo ritirandosi. Lance più tardi ammetterà che non era pronto a tornare così presto alle gare.
Si ritira così nel North Carolina, con il suo amico e allenatore Chris Carmichael per una serie di duri allenamenti, durante i quali Lance torna a imparare ad amare nuovamente la bicicletta, e soprattutto a ricostruire il coraggio per riprovarci ancora. La gara che segna il suo ritorno è un simbolo che gli da la ragione e la motivazione per fare bene: vince la "Lance Armstrong Foundation Downtown Criterium" nella sua città, Austin, in Texas. I suoi nuovi e rinvigoriti obiettivi, assieme all'adeguato allenamento lo p
ortano a ottenere risultati positivi: finisce tra i primi cinque alla Vuelta spagnola e al Campionato mondiale successivi.
Nel 1999 l'obiettivo è importante e preciso: il Tour de France,  la più importante gara del mondo per immagine e blasone. Al prologo del Tour,  Lance è già un doppio vincitore, per aver sconfitto il cancro e per esser tornato tra i nomi più importanti del ciclismo mondiale. Ma mostrarsi in pubblico per lui non è abbastanza. Vince il prologo e vince il Tour in un'impresa atletica che coinvolge un mix di potenza, grinta, aggressività e strategia di squadra. Le circostanze e la sua storia commuovono l'intero mondo sportivo: Lance Armstrong è un eroe internazionale.
Lance non si ferma. Sino al 2003 aggiunge consecutivamente alla sua lista altri quattro titoli al Tour de France (prima di lui solo Anquetil, Merckx, Hinault e Indurain), riceve numerosissimi riconoscimenti da ogni parte del mondo, e soprattutto diventa un simbolo vivente di speranza e di ispirazione.
Nel 2004 il nome di Lance Armstrong rientra nella leggenda del ciclismo ancor più di quanto non fosse già presente, conquistando ai Campi Elisi la sua sesta - consecutiva - maglia gialla.
Poi, nel 2005 ancora: dedica i mesi della sua preparazione atletica solo per il Tour. Con una prestazione superlativa il secondo in classifica generale - primo tra gli "umani" - sarà l'italiano Ivan Basso; il varesino  dichiara: "Ho attaccato e ho provato a vincere la corsa, ma Armstrong ha dimostrato di essere il migliore". Lance vince l'ultima crono: ed è settima apoteosi. Ottantatre volte in maglia gialla, ventidue tappe vinte nel giro di Francia. Un vero titano.
Alla fine del mese di agosto 2012 l'Usada (United States Anti-Doping Agency) ufficializza la decisione di squalificarlo a vita: gli toglie tutti i risultati sportivi ottenuti dal 1998 in poi, compresi i sette Tour de France. La Nike gli rescinde il contratto di sponsorizzazione ed Armstrong è costretto ad annunciare le dimissioni da presidente della fondazione Livestrong, da lui fondata nel 2003 per la lotta al cancro.

Messo alle strette da ripetute confessioni e reciproche accuse di ex compagni di squadre e collaboratori, Lance Armstrong ha confessato l’uso di sostanze dopanti per vincere i suoi sette Tour de France consecutivi dal 1999 al 2005. La condanna sportiva gli revoca i titoli acquisiti sul campo, anche se nessun test effettuato allora ha mai provato la colpevolezza dell’americano: solo analisi successive, infatti, hanno evidenziato possibili anomalie nei campioni ematici.
Armstrong confessa tutto: l’assunzione di farmaci, ormoni ed emotrasfusioni. Poi la domanda dell'intervistatrice:
DOMANDA: “è possibile vincere 7 volte di fila il tour senza doparsi?”
RISPOSTA: “Non in questa generazione ciclistica”.
Dove sta l’uomo Lance Armstrong? Lui si colloca subito nella sua storia perfetta, di uomo che sconfigge il cancro in giovane età, poi diventa campione ed ha una famiglia modello. Molto americano, molto ego-oriented. E poi il suo personale rammarico: “non ho saputo gestirla”. Perché “è una mia colpa non aver fermato la cultura del doping” – dice – “ma su 200  ce n’erano 5 che non si dopavano”.

Entriamo davvero nella sua psiche quando si definisce come “un prepotente, perché volevo sempre avere la situazione sotto controllo”, aggiungendo che l’arrivo del cancro – improvviso ed incontrollabile – ha esasperato questa sua combattività e desiderio di controllo. Intollerabile vivere con quell’incertezza su ciò che accade, meglio correre sapendo in partenza che la vittoria è sicura grazie al doping – come ha candidamente ammesso.
Lo scacco matto è dovuto al perfezionismo di Lance, autore un meccanismo curato al dettaglio, disumano o forse troppo umano. L’unico particolare che è sfuggito gli è costato caro: nel 2009 rientra alle corse, senza doparsi e ottiene modesti risultati, allora decide di vincere. Il suo ritorno crea gelosie nei nuovi compagni, toglie loro visibilità, e più tardi li spinge alle prime confessioni.
La storia si è svolta così, nel perfezionismo non è tollerata l’incertezza di non vincere, c’è la volontà di dominare sugli altri con prepotenza e sentendosi sopra le parti.

Quando Armstrong si interroga sulla liceità del suo comportamento e chiede alla sua coscienza, gli risponde il vocabolario:

“Si dice che una persona imbroglia quando si avvantaggia su un rivale con un metodo scorretto di cui altri non dispongono”.

per questo Lance afferma “credo fosse una battaglia tra pari....”