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La canapa

     


La canapa ha un lungo stelo (4-5 metri), costituito da due parti: una interna rigida, il canapule e una esterna, il tiglio, da cui, attraverso opportune lavorazioni, si otteneva la fibra tessile impiegata per la fabbricazione di tele e cordami.

Tra la fine di febbraio e la prima metà di marzo si effettua la semina. Dalla seconda metà dell’Ottocento iniziarono a diffondersi le seminatrici meccaniche.

La raccolta della canapa, fatta nel mese di agosto. Secondo l’andamento climatico, può essere
anticipata alla fine di luglio o posticipata di qualche giorno per cogliere il momento opportuno.
I fasci man mano tagliati sono deposti sul terreno a due a due a formare una x, vendono poi più volte rigirati, perché il sole li asciughi uniformemente. Raggiunta l’essiccazione in un periodo variabile da due a sei giorni, nelle ore più calde
della giornata, le cime della pianta erano battute ripetutamente sul terreno, per distaccarne foglie e infiorescenze.
A questo punto del processo lavorativo si selezionavano gli steli, riunendoli in mannelle,
secondo la loro lunghezza e grossezza e quindi in fasci.
Per ottenere il distacco della fibra tessile, il tiglio, dalla parte legnosa dello stelo, il
canapule, si devono trasformare le pectine e le lignine, che tengono
saldate le fibre tra loro e alla parte legnosa dello stelo, in sostanze solubili e quindi asportabili mediante un processo chiamato macerazione.
La durata media della macerazione era di 6-9 giorni, secondo l’andamento stagionale, il grado di maturazione degli steli, la quantità di canapa posta a macerare.

Al termine delle operazioni di scavezzatura e gramolatura le schegge di canapule cadute sull’aia sono radunate dai contadini con forche di legno e vengono disposte in un ordinato mucchio.

Questi sono utilizzati dalla famiglia contadina come materiale combustibile per gli usi domestici - alimentazione del forno o del camino - prelevati di mano in mano, secondo il bisogno, si ponevano in un contenitore apposito, situato accanto al camino.

La prima operazione di trasformazione del tiglio greggio è la pettinatura, con cui si eliminano le impurità ancora presenti, si raddrizzano le fibre, stirandole e rendendole parallele le une alle altre, si selezionano per lunghezza e si dà loro morbidezza e finezza.

Con la filatura la fibra pettinata viene ulteriormente stirata e al filato in formazione si applica una torsione, capace di unire saldamente le fibre per formare il filo. Le donne contadine imparavano a filare fin da bambine, facendo esperienza con le fibre di qualità
più scadente, come la stoppa.
Di mano in mano che si ottiene il filo, vendono formate le matasse con l’aspo.
Terminata la filatura e ottenute le matasse, le donne iniziano a sbiancare il filo: In un mastello si colloca uno strato di matasse e uno di cenere prodotta da legna e, bollita l’acqua nella caldaia, si versa sopra le matasse. Si ripete l’operazione più volte, eliminando l’acqua del mastello e versando
nuova acqua.

Alla sera, il ranno così ottenuto si lascia riposare per l’intera notte; si
ripete poi il procedimento nei due o tre giorni successivi e anche più, finché il filato non è divenuto bianco. Si risciacquano poi le matasse, spesso lavandole nell’acqua del macero, e si distendono al sole per l’asciugatura.
Il tessuto è un insieme di fili disposti verticalmente e paralleli fra loro: l’ordito,
opportunamente intrecciato con un altro filo continuo orizzontale e perpendicolare all’ordito, la trama. Per tessere è dunque necessario predisporre l’ordito e il filo di trama.
La tela prodotta, sottoposta a liscivia, risciacquata più volte è distesa al sole per
un’ulteriore sbiancatura.

I tessuti di canapa sono ricavati dalla lavorazione della componente fibrosa dello stelo della pianta, detto "tiglio". Le fibre sono cave e igroscopiche e la combinazione di queste proprietà dona ai tessuti di canapa un'elevata capacità termoisolante e traspirante insieme, pertanto sono freschi d'estate e caldi in inverno.

Inoltre la canapa è una tra le fibre naturali più resistenti, sia all'azione meccanica (usura e strappi) che alle deformazioni, grazie a questa caratteristiche un indumento di canapa risulta essere morbido, confortevole, fresco con il caldo e coprente con il freddo, resistentissimo, indeformabile e duraturo.

Ma i tessuti di canapa rivelano altre caratteristiche ancora più speciali: sono riflettenti sia dei raggi ultravioletti che degli UVA (fino al 95%), schermanti dai campi elettrostatici, non conducono l'energia elettrica, non irritano la pelle perchè sono anallergici e tengono lontani i batteri dalla superficie del nostro corpo perchè sono antisettici.

Da cosa si ricava la carta di canapa? La carta si ricava dal fusto, sia dalla sua parte esterna, costituita da fibre, sia da quella interna legnosa, denominata canapulo. Il fusto della canapa è costituito da: 15-20 % circa da fibre 80% circa da canapulo 4% da lignina e pectina, che costituiscono il collante organico.

Una volta estratte le fibre lunghe da cui si realizzano i tessuti, rimangono la stoppa e la parte legnosa, il canapolo. Con la stoppa si fabbrica carta di alta qualità, sottile e resistente. Dalle fibre medie, si ottiene una carta pregiata, sottile, dura ed un po’ ruvida. Mentre con le corte fibre cellulosiche del canapulo, la parte legnosa della canapa, si produce un tipo di carta soffice, piuttosto spessa ed un po’ meno resistente; la carta ideale per uso corrente, come carta di giornale, cartoni, fazzoletti, tovaglioli ecc.…
La pianta di canapa è talmente forte e resistente che la carta si può riciclare fino a 7 volte, a differenza di altri tipi di carta che è possibile riciclare al massimo 3 volte.

Le fibre della corteccia di canapa possiedono un alto grado di variabilità e come materiale grezzo sono adatte alla più grande varietà di usi industriali. La tradizionale lavorazione della canapa è ad un livello tecnologico che risale a cinquant’anni fa, di conseguenza improduttivo. class="style7"> La tecnologia dell’esplosione a vapore consente la realizzazione di fibre speciali che possono essere modificate in base ai prodotti oppure alle esigenze dei test. Attraverso l’adattamento del processo ingegneristico, si possono produrre manufatti di fibre "su misura", come, per esempio, nuovi tipi di filati di canapa creati nelle filature per il cotone; lo stesso criterio può essere applicato alla produzione di fibre speciali usate nell’industria della lana (pettinato di lana o filati di lana), o per specifici usi tecnici come tessuti non filati, elementi filtranti, ecc.
Nel metodo dell’ esplosione a vapore, il vapore, e gli additivi, quando necessari, penetrano, sotto pressione e con la temperatura gradualmente aumentata, lo spazio tra le fibre nel fascio. In questo modo la lamella centrale e le sostanze aderenti la fibra vengono elementarizzate "morbidamente" e rese solubili nell’acqua, per essere poi rimosse dalla successiva lavatura e risciacquatura.
Rispetto al filo tradizionalmente filato ad acqua, quello prodotto con l'esplosione di vapore possiede una maggiore flessibilità ed una morbidezza al tocco, che sono particolarmente favorevoli per il vestiario.