In Cina, dalla seconda metà del 1300, dopo la cacciata dei Mongoli ci fu la dinastia dei
Ming che
resse il paese sino al 1644.
Nel XV secolo ci fu per la Cina un
consolidamento territoriale (annessione del Vietnam ed
estensione dei confini) e
una stabilizzazione interna attraverso l’affermazione del potere
centralizzato
della monarchia e dello sviluppo economico e commerciale.
Nel corso del XVI
secolo le regioni settentrionali videro lo sviluppo di un’economia mercantile
urbana mentre il riso divenne la principale coltura delle regioni meridionali.
La società cinese nell’ultimo periodo Ming aveva al vertice della gerarchia
sociale la ricca
aristocrazia fondiaria; seguiva una classe di funzionari e
intellettuali.
Il rapporto tra i due settori era assai stretto.
Uno dei principali motori dell'economia cinese fu la cosiddetta “Via della Seta”
termine che individua un fascio di vie carovaniere lungo le
quali dalla
seconda metà del I millennio a.C. fino oltre la metà del II millennio d.C. si sono
snodati i
commerci tra l’Estremo Oriente e l’Europa.
Il termine è relativamente recente
essendo stato coniato nel 1907 da Fedinand von Richtofen,
geografo e geologo
tedesco,
con riferimento a quella che è stata la merce che ha
dato il maggiore impulso ai
contatti
commerciali fra Oriente ed Occidente, almeno nella
fase iniziale.
Nei secoli gli scambi commerciali si sono basati su molti tipi di beni.
Alcuni di questi
hanno avuto
periodi in cui sono stati soggetti a forti scambi,
e periodi nei quali non sono stati scambiati
affatto, poiché nel corso dei secoli sono
mutate le necessità di
approvvigionamento dei
popoli.
Oltre alla seta le principali merci scambiate sono state:
- dall’Occidente all’Oriente: oro, metalli preziosi, pietre preziose, avorio,
vetro;
- dall’Oriente all’Occidente: pellicce, ceramica, vernici, oggetti di ferro e di
bronzo, spezie.
La Via della Seta ha consentito oltre allo scambio di beni
materiali anche quello di
importanti scoperte scientifiche ed innovazioni tecnologiche:
la bussola, la polvere da sparo, la stampa, le tecniche di
lavorazione di alcuni metalli e
materiali e molte conoscenze matematiche.
Lo stesso segreto della produzione della Seta ha “viaggiato” lungo
questa
Via.
Inizialmente i traffici si sviluppavano fra l’Impero Romano e l’Impero Cinese
con
l’intermediazione del Regno dei Parti.
Sia l’Impero Romano che quello Cinese
possedevano un sistema di trasporto esteso, efficiente ed organizzato. Già prima
del 1000
a.C. la Cina era collegata mediante strade sorvegliate ed ogni 20-25 km vi erano
stazioni di
posta con alloggiamento per i viaggiatori.
Sotto la dinastia Chou (1122 – 256
a.C.) si ha
anzi il primo esempio di quello che
oggi chiamiamo “codice della strada”.
Quegli
imperatori infatti furono costretti ad emanare una serie di disposizioni intese
a regolare
il
traffico agli incroci, a limitare la velocità nonché a prescrivere una scala
uniforme di
grandezza dei veicoli.
Particolarmente interessante è la classificazione delle
strade in
cinque categorie, per ciascuna delle quali vigevano determinate disposizioni.
Anche
l’Impero Romano era collegato da una rete viaria molto estesa (circa 100.000 km
nel
periodo di massima espansione), dotata a distanze regolari di servizi per i
viaggiatori e
costantemente mantenuta in ottime condizioni. Le tecniche costruttive delle
infrastrutture
viarie romane, ed in particolare quelle relative ai ponti, sono rimaste
insuperate fino ai
giorni in cui sono stati introdotti il cemento armato e l’acciaio.
In contrasto
con la perfetta
organizzazione ed efficienza dei sistemi viari Romano e Cinese,
il territorio
interposto fra
questi due Imperi non solo era privo di quello che si può definire
un sistema di
trasporto
organizzato, ma in alcune aree non era neanche attraversato da strade.
Tale
carenza si è
quasi permanentemente mantenuta nel corso dei secoli, con rare eccezioni
limitate nello
spazio e nel tempo (ad esempio un’efficiente rete stradale fu costruita intorno
alla metà del
I millennio a.C. dai Persiani, la cui arteria più importante era la “Strada
reale”, lunga più di
2.600 km, che collegava le coste occidentali dell’Asia Minore con la
Mesopotamia).
Nel corso dei secoli ad Occidente le condizioni geopolitiche sono mutate: il
controllo
del Mediterraneo e dei traffici commerciali è passato dall’Impero Romano ai
Bizantini e
poi ai Genovesi e Veneziani.
Anche nel Medio Oriente e nell’Asia Centrale si
sono
alternati diversi popoli che hanno avuto
il controllo del territorio e hanno
fatto da
intermediari ai traffici:
ai Parti si sono succeduti i Persiani, gli Arabi e poi
i Mongoli, con
periodi intermedi nei quali
l’assenza di un potere forte ha fatto sì che il
territorio fosse
controllato da molteplici tribù
in lotta fra loro.
L’Estremo Oriente è rimasto
sempre sotto il
controllo dell’Impero Cinese, a parte
la parentesi mongola; tuttavia nel tempo
si sono
succedute diverse dinastie di Imperatori,
alcune delle quali hanno dato impulso
ai
commerci, mentre altre hanno adottato politiche isolazioniste.
Nel periodo a cavallo fra il XV e il XVI
secolo, la Via della Seta entra in declino a causa
della concorrenza delle rotte
marittime
oceaniche concorrenti.
Nel XIV secolo i contatti e gli scambi culturali e commerciali fra Occidente e
Cina
erano arrivati ad un punto tale che fu istituito il primo arcivescovato
cattolico romano nella
città di Pechino.
Fino al XVI secolo, il miglior punto di partenza per arrivare in Cina erano
le basi
genovesi nel mar Nero e nel mar d’Azov, Caffa e Tana. In senso inverso si
muovevano le
merci dalla Cina verso l’Occidente.
Le rotte oceaniche che collegavano l’Europa all’Asia circumnavigando l’Africa
erano
predominio esclusivo dei Portoghesi, e solo nel tratto finale le rotte erano
talvolta coperte
dai Cinesi. Le due grandi potenze marittime del tempo, il Portogallo e la
Spagna, si erano
spartiti gli oceani e i nuovi territori col Trattato di Tordesillas firmato il 7
Giugno del 1494,
con l’obiettivo di raggiungere i primi l’Oriente navigando
verso Est ed i
secondi verso Ovest. Il tutto si basava sull’erronea convinzione di Colombo di
aver
raggiunto le Indie, e pertanto gli Spagnoli restarono fuori dalle rotte che
portavano ad
Oriente.
All’inizio del XV secolo sette grandi spedizioni navali erano state organizzate
dagli
imperatori della Cina. Le prime tre flotte raggiunsero il Vietnam, Giava e
Sumatra, Ceylon
e Calicut (India). Le successive quattro spedizioni si spinsero ancora più
lontano e si
inoltrarono nel mar Rosso e sulle coste africane. Furono stabilite relazioni
diplomatiche e
commerciali con gli Arabi Mamelucchi, anche se dopo il 1433 queste relazioni si
affievolirono poiché la Cina si orientò verso l’espansione continentale del suo
Impero. I
mezzi navali cinesi erano all’avanguardia rispetto ai tempi ed erano talvolta di
lunghezza
superiore ai 100 metri; la loro stazza era spesso di gran lunga superiore a
quella delle navi
costruite dagli Europei
Nella seconda metà del XV secolo cominciò un epoca di grandi esplorazioni e di
colonizzazione dei Portoghesi. Nel 1444 essi avevano raggiunto le coste del
Senegal ed
erano riusciti a stabilire un rapporto commerciale diretto fra l’Europa e
l’Africa. Nel 1488
Bartolomeo Diaz varcò il Capo di buona Speranza e dimostrò la raggiungibilità
dell’Oceano Indiano attraverso l’Oceano Atlantico. A quel punto il re del
Portogallo pensò
di organizzare una grande spedizione navale che compisse l’intero percorso da
Lisbona
all’India.
L’8 luglio 1497 partì da Lisbona la flotta destinata a raggiungere l’India,
sotto il
comando di Vasco da Gama, con quattro navi e 170 uomini di equipaggio. Egli
giunse alle
isole del Capo Verde e successivamente fece scalo a Sant’Elena, poi doppiò il
Capo di
Buona Speranza ed entrò in contatto con le città mercantili sulla costa
orientale dell’Africa,
frequentata da Arabi, Iraniani, Indiani e a volte anche da Cinesi. L’ultima
tappa del viaggio
prese il via dal porto di Malindi il 24 aprile 1498, guidata da piloti arabi, e
sfruttando i
monsoni estivi giunse il 16 maggio in vista di Calicut, uno dei grandi nodi
commerciali
dell’Oceano Indiano, in cui si raccoglievano spezie e prodotti provenienti da
tutta l’Asia.
Dopo aver completato il carico di tutte le spezie che fu in grado di acquistare,
Vasco da Gama
iniziò il viaggio di ritorno il 5 ottobre 1498 ed il 29 settembre 1499 fece
ritorno a Lisbona
con una sola nave, essendo state altre due distrutte da una tempesta e una terza
data alle
fiamme dopo che lo scorbuto (allora sconosciuto) aveva falcidiato l’equipaggio.
Nel 1502 un’altra spedizione guidata da Vasco da Gama, con 15 velieri armati di
cannoni e 800 soldati bombardò Calicut ed impose al sovrano locale di accettare
rapporti
commerciali. Da quel momento una flotta annuale partì da Lisbona senza aspettare
il
ritorno della precedente. Il viaggio di andata e ritorno durava circa 18 mesi.
Nel giro di pochi anni i Portoghesi distrussero le basi strategiche del traffico
arabo e
costruirono una rete di fortezze e porti nell’Oceano Indiano. Gli accessi del
golfo Persico e
del Mar Rosso furono bloccati occupando il porto di Hormuz e l’isola di Socotra.
Infine nel
1511 espugnarono Malacca, il più importante nodo commerciale verso l’Indonesia,
attraversata la quale si poteva giungere direttamente in Cina.
Nel corso del XV secolo Venezia aveva finito per acquistare una posizione di
sostanziale
monopolio nel commercio europeo delle spezie. Anche se le attività commerciali
dei
Veneziani includevano una grande quantità di altri articoli, una gran parte
della prosperità
economica della Repubblica Veneta dipendeva dalle spezie. I Veneziani
acquistavano le
spezie nei porti del Mediterraneo orientale, ai quali la merce arrivava
dall’Oriente
attraverso il percorso terrestre della Via della Seta.
I consumi di questi
prodotti erano
costantemente saliti durante il secolo XV, fino al picco
del 1496. La guerra del
1499-1550
contro il Sultanato Turco segnò una prima battuta
d’arresto, ma molto più gravi
furono le
conseguenze dell’apertura della rotta del Capo e
dell’irruzione dei Portoghesi
nell’Oceano
Indiano.
Focalizzando l’attenzione sul periodo a cavallo fra il XV e il XVI secolo,
quando la Via
della Seta entrò in declino, è evidente l’influenza su questo declino delle
rotte marittime
oceaniche dalla Penisola Iberica all’Oceano Indiano. L’analisi effettuata mostra
chiaramente che le rotte marittime presentano alcuni punti di vantaggio rispetto
alla Via
della Seta, mentre non sono evidenti aspetti svantaggiosi.
Il tentativo di individuare uno specifico momento storico che ha caratterizzato
la crisi
definitiva della Via della Seta, sembra ragionevolmente condurre al 1502, quando
Vasco
da Gama con la forza impose al sovrano di Calicut, principale porto di
interscambio, di
accettare rapporti commerciali stabili. Infatti, da questo momento, una flotta
partiva da
Lisbona con regolare cadenza annuale.
Questa ipotesi sul ruolo chiave di questo evento nel declino della Via della
Seta è
supportata dai dati sui traffici di spezie provenienti dai porti del
Mediterraneo orientale,
che proprio nel 1502 registrano un netto e definitivo calo.
Nel XV° secolo, due grandi dinastie dominarono la storia cinese dopo l’ascesa di Zhu
Yuanzhang,
che assunse il nuovo nome di Hung Wu: le dinastie Ming e Ching.
La dinastia Ming
stabilì inizialmente la capitale a Nanchino, ripristinando la tradizione
dei
periodi Tang e Sung.
La Grande Muraglia e il Gran Canale furono ampliati.
L’impero fu suddiviso in 15 province,
ognuna amministrata da tre commissari
responsabili delle finanze, degli affari militari e
delle questioni giuridiche.
I primi Ming ristabilirono inoltre la pratica dei tributi da parte degli stati
vassalli.
Già nei primi anni del XV secolo le tribù mongole furono sconfitte e
la capitale riportata a
Pechino. Le numerose spedizioni navali intraprese resero
manifesta a tutto il Sud-Est asiatico
la potenza dei sovrani Ming. Dalla metà
del XV secolo, tuttavia, il loro potere iniziò a declinare.
Gli eunuchi di corte giunsero a esercitare un forte controllo sull’imperatore,
fomentando
malcontento e discordia all’interno del governo; le casse imperiali
furono prosciugate dalle
spese per la difesa contro i mongoli e contro
l’invasione giapponese della Corea tentata da
Toyotomi Hideyoshi nel 1592.
Parallelamente si erano sviluppate relazioni commerciali tra la Cina e il mondo
occidentale
(con i portoghesi, nel 1514; con le colonie spagnole nelle Filippine
a partire dal 1570; nel 1619
con gli olandesi stabilitisi a Taiwan). Nella
seconda metà del XVI secolo i missionari gesuiti giunsero
in Cina dall’Europa,
ma non riuscirono a diffondere né il cristianesimo, né il pensiero scientifico
occidentale.
La caduta dei Ming fu anticipata da una ribellione popolare nello Shaanxi.
Quando i ribelli raggiunsero Pechino nel 1644, il comandante delle forze
imperiali decise di respingere
i loro attacchi ricorrendo all’aiuto dei
guerrieri manciù ; una volta ottenuta la vittoria, tuttavia,
questi si
rifiutarono di lasciare Pechino, costringendo i Ming a ritirarsi nel Sud della
Cina, ove cercarono,
invano, di ristabilire il loro regime.
Ancora sull'impero cinese
Uno sviluppo eccezionale, contrastato dalle autorità
Nell'XI secolo la Cina entrò in una fase di espansione economica. Il dato che ha
stupito gli storici è la
precoce ed elevata produzione metallurgica, in grandi altiforni alimentati da
carbon fossile, la Cina,
intorno al 1078, produceva circa 125mila tonnellate annue di ghisa (lega binaria
di ferro e carbonio),
cosa che in Inghilterra si verificò solo intorno al XVIII.
Questo sviluppo economico fu però intralciato dal governo, che riservò a sé il
monopolio della
produzione delle armi e degli attrezzi in ferro, e per ottenere maggiori
vantaggi, le autorità fissavano
prezzi bassi quando dovevano acquistare la materia prima e li alzavano quando li
dovevano vendere per
questo motivo, la mancanza di un libero mercato autonomo, si rivelò per la Cina
un punto debole.
Inoltre i mercanti cinesi non furono mai liberi di manifestarsi, in quanto il
meccanismo economico non
fu mai indipendente dai capricci e dalle interferenze delle autorità.
A livello periferico, i funzionari dello Stato (chiamati "mandarini") erano
scelti in base alla loro cultura e
non per le loro competenze in ambito amministrativo. Fieri della loro mentalità
tradizionalista, ispirata
all'etica di Confucio, essi disprezzavano sia i militari che i mercanti,
categorie considerate pericolose
per l'ordine sociale.
I mongoli, invece, che nel XIII secolo avevano conquistato la Cina, non avevano
lo stesso atteggiamento
di disprezzo nei confronti del commercio, del profitto e dei mercanti, per cui
tra il 1250 ed il 1360,
l'economia cinese attraversò una fase di grandi traffici su lunghe distanze e fu
di nuovo in pieno
sviluppo, e mentre le carovane portavano merci in Europa, veniva costruita una
grande flotta per la
navigazione dell'Oceano Pacifico e Indiano.
Trionfo e declino della flotta cinese -
Nel 1294, dopo la morte di Qubilay Khan, l'impero mongolo-cinese
degli Yuan durò
poco più di mezzo
secolo.
Ma i successori di Qubilay furono personaggi mediocri, così il sistema
mongolo si avviò ad
essere travolto dalla corruzione e dall'inefficienza: le cariche più importanti
vennero sottratte
all'efficiente burocrazia, che costituiva una delle più grandi forze
dell'impero, e affidate a stranieri.
Le inondazioni del Fiume Giallo e le carestie, sempre più frequenti, sembravano
essere la prova che
alla dinastia mongola fosse stato tolto il "mandato del cielo", fondamento della
legittimità del potere.
Gli atti finali furono costituiti da una nuova inondazione del Fiume Giallo nel
1344, e da una nuova
epidemia di peste nel 1353-54, che decimarono la popolazione cinese.
La popolazione passò da 120milioni di abitanti nel XIII secolo, a 60milioni nel
1393.
Dal 1350 cominciarono a manifestarsi ribellioni contro il potere mongolo,
assumendo il doppio aspetto
dell'insurrezione contadina e del movimento religioso. Fra tutti emerse Zhu
Yuanzhang, nato nel 1328
in una provincia del basso Fiume Azzurro, la sua famiglia venne colpita dalla
carestia del 1344 ed egli si
fece accogliere da un convento buddhisti. Nel 1350 si unì ad una banda di
rivoluzionari budddhisti,
chiamati "Turbanti rossi". Presto rivelò le sue qualità militari, e nel 1359
riuscì ad occupare la città di
Nanchino.
Eliminati i suoi rivali, portò la Cina alla sua riunificazione e nel
1368 occupò Pechino. Qui si
proclamò imperatore con il nome di Hongwu, che letteralmente significa
"grandezza militare", e fondò
la nuova dinastia cinese dei Ming.
La piccola minoranza mongola che discendeva dagli antichi conquistatori venne
espulsa e si disperse
nelle steppe della Mongolia.
I Ming
L'origine della nuova dinastia era meridionale, a Nanchino, importante
porto situato sulla foce
del Fiume Azzurro, in cui Hongwu pose la sua capitale.
Hongwu, primo imperatore Ming si preoccupò molto del popolo e si dedicò alla
ricostruzione del sistema agricolo e alla difesa dei contadini poveri
cui destinò tutte le risorse.
Hongwu ricostruì la società
cinese secondo un modello tradizionale e rurale (diede più importanza
all'agricoltura che al commercio,
tolse la terra ai ricchi per ridistribuirla a favore dei poveri), le religioni
cinesi (buddhismo, islamismo,
cristianesimo) vennero emarginate a favore del confucianesimo. Gli ultimi anni
del suo impero
furono caratterizzati da metodi dispotici e da violente oppressioni di
oppositori, arrestati e giustiziati.
Hongwu morì poi nel 1398.
Se nel XII secolo i Ming erano riusciti a prendersi il potere politico, portando le
giunche fino ad Indonesia,India, golfo del Persico, Africa orientale, quando la dinastia dei Ming
lo riprese dai mongoli (1398-1644), la marina cinese possedeva la più grande
flotta del mondo.
Tra il
1404 ed il 1407, la Cina fabbricò ben 1681 navi.
Le navi più grandi, le navi forziere, misuravano 120m per 48m ed avevano 9
alberi, che potevano
portare fino a 12 vele di seta rossa.
Tra il 1405 e il 1431, i cinesi intrapresero sette grandi spedizioni,
raggiungendo Indonesia e Africa. Alla
guida della flotta imperiale c'era l'ammiraglio eunuco Cheng Ho, che nel suo
primo viaggio comandò un
complesso di oltre 27mila uomini imbarcati su 62 giunche, il confronto con tre
le caravelle di Colombo,
con 90 uomini d'equipaggio, non potrebbe essere più stridente.
Quando Cheng Ho tornò da suo sesto viaggio, l'imperatore Yongle (regno
1402-1424), il quale aveva
promosso le sue imprese, era morto, anche se il successore di Yongle gli
concesse di fare un altro
viaggio, l'ultimo, nel 1434 Cheng Ho morì, per cui ci fu la fine delle
spedizioni.
Successivamente, i Ming posero delle limitazioni all'attività mercantile. Fin
dal 1371 ai cinesi era
proibito commerciare con l'estero, ma nel 1436, fu proibita la costruzione di
navi per la navigazione
marittima.
Nel 1500, chi costruiva navi con più di due alberi, rischiava di essere
condannato a morte, nel 1551,
navigare per motivi commerciali, fu di nuovo vietato severamente.
I divieti segnano che la società cinese si adeguò mal volentieri e lentamente al
volere imperiale, il
risultato fu che nel XVI secolo, l'impero cinese era chiuso su sé stesso ed era
profondamente diffidente
verso tutto ciò che era straniero, sia per quanto riguarda le merci che i
rapporti culturali. L’idea quindi
comune dei Cinesi era che essi costituivano non UNA delle civiltà ma
propriamente LA civiltà, avendo
anche scarsa consapevolezza e considerazione delle altre civiltà che pure
fiorivano in altre parti del
mondo (Europa, India, Medio-Oriente).
Da questo punto di vista non si vedeva quindi la utilità di continuare una
impresa cosi costosa: anche se
si fosse riusciti a stabilire il proprio predominio nell’Oceano Occidentale,
non si vedeva quale utile
poteva poi venirne alla Cina.
Cheng Ho (Zheng He)
Membro della dinastia dei Ming, eunuco reale.
L'imperatore Zhu Di, amico di Cheng Ho fin dall'infanzia, ordinò, nel 1403, la
costruzione della flotta
imperiale e Cheng ne fu nominato ammiraglio. Venne incaricato di effettuare
spedizioni navali a
carattere diplomatico, scientifico e commerciale, nei mari occidentali, guidando
la flotta che includeva
anche le navi mercantili, le cosiddette "navi dei tesori".
Le imprese di Cheng Ho costituirono una eccezione mai più ripetuta, una anomalia
della politica cinese
che nella sua millenaria storia non si è mai spinta molto al di fuori dei suoi
confini e soprattutto non ha
mai tentato di espandersi di là dei suoi mari : non se ne ravvisava la utilità,
il senso.
Morì all'età di sessant'anni, dopo un viaggio, e fu seppellito in mare.
Il ripiegamento cinese e la supremazia europea
L'isolamento della Cina lasciò campo libero agli europei e successivamente
questa scelta avrebbe
permesso loro di sottomettere la Cina.
D'altra parte, l'Europa cercò di
individuare i punti di forza dei
cinesi, e i fattori che determinarono
la sua espansione oltremare ed infine la
sua supremazia
planetaria.
I cinesi concepirono i viaggi oltremare come una ostentazione del potere e la
manifestazione della loro
supremazia tecnica e culturale, nei confronti dei barbari di altri Paesi. Per
questo, è innegabile che gli
imperatori Ming decisero di porre fine alle spedizioni anche per il fatto che i
costi superavano
ampiamente i profitti.
Quando nel 1479, il generale Wang Chin si propose di consultare le relazioni di
viaggio di Cheng Ho, in
vista di una spedizione militare, gli fu vietato di leggere quelle carte:
secondo le autorità cinesi, quei
viaggi erano una parentesi da chiudere e dimenticare.
I sovrani Ming, in realtà,
erano convinti che la
conoscenza di quanto avveniva fuori dall'impero fosse
sostanzialmente inutile,
dato che la Cina non
aveva bisogno di alcun contributo culturale con l'esterno.
Lo stile di vita, le usanze ed il modo di agire dei barbari, non erano ritenuti
degni di nota, ma così
facendo i cinesi non si accorsero della crescente potenza tecnologica
dell'Occidente e guardarono con
disprezzo gli sviluppi che gli occidentali seppero trarre da invenzioni
originariamente cinesi, come la
stampa e la polvere da sparo.
Dopo la cacciata dei mongoli (1368), i Ming fissarono la
capitale a Nanchino. Nel 1409 la
corte imperiale si spostò a Pechino, la capitale fu ingrandita ed abbellita, e
nel 1420, era completato
il palazzo imperiale, cinto di mura, che prende il nome di Città proibita.
Nel 1449, i mongoli sconfissero l'esercito cinese e giunsero alle porte di
Pechino, solo tramite il
pagamento di un tributo, l'imperatore riuscì ad allontanarli. Nello stesso
periodo, i pirati giapponesi,
chiamati Wako, iniziarono a minacciare le coste del Pacifico, così l'impero
proibì il commercio poiché
incapace di difendersi su due fronti: quello marittimo e quello continentale.
L'imperatore limitava il potere delle altre istituzioni ed egli solo aveva il potere decisionale.
L'Europa, invece, dopo il crollo dell'impero romano, viveva una frammentazione
politica che ha reso le
vicende europee più tormentate di quella cinese; questa frammentazione a
favorito lo sviluppo
europeo e quindi l'inizio della sua supremazia a livello mondiale.
CINESI ED EUROPEI
Grandi differenza intercorrono fra le spedizioni Cinesi e quelle dei navigatori
europei di alcuni decenni
dopo.
Quando nel 1498 Vasco de Gama con i suoi vascelli apparve nell’oceano indiano
non pochi di quegli abitanti pensarono che i Cinesi fossero tornati. Ma in realtà si trattava di
qualcosa di molto diverso.
Le motivazioni innanzi tutto erano molto diverse. I portoghesi, piccola nazione
periferica dell’Europa
non pretendevano certo, come i Cinesi, di essere il centro del mondo e le loro
intenzioni erano di
commerciare e non di crearsi un impero.
Esclusi dal mediterraneo in cui da sempre passavano i commerci, i Portoghesi
sognavano di
commerciare circumnavigando l’africa, raggiungendo direttamente l’Oriente,
evitando quindi la
intermediazione araba. Non volevano territori da governare ma basi navali,
empori, cosi come avevano
le repubbliche marinare italiane in Medio-Oriente.
Per questo Enrico il navigatore fece ogni sforzo e alla fine i Portoghesi
riuscirono realmente a
raggiungere direttamente l’Oriente. I Cinesi invece non avevano alcuna
intenzione di aprire nuove
strade non conosciute. Non si diressero infatti verso il mare che avevano di
fronte, l’Oceano Pacifico,
perchè non vedevano nessuna utilità nell’esplorare quelle terre barbare e
primitive. Seguirono invece
le rotte già conosciute e non scoprirono alcuna terra che non fosse già nota alla civiltà.
Per i Cinesi poi il motivo dei commerci, fondamentale per i Portoghesi, era
abbastanza secondario
rispetto a quello di stabilire un supremazia politica nell’Oceano Occidentale.
Le navi portoghesi erano piccoli vascelli: ci meravigliamo quando ne vediamo le
ricostruzioni come navi
così piccole potessero sfidare gli oceani; potevano misurare intorno ai 30 o 40
metri di lunghezza
mentre l’ammiraglia di Cheng Ho ne misurava 140.
La flotta cinese era una specie di città galleggiante, poderosa ma incapace di
percorrere le immense
distanze come le piccole navi europee.
I Portoghesi però, come i Cinesi, furono alla fine delusi dai risultati
economici.
E’ vero che riuscirono a
portare in Europa mercanzie orientali a prezzi concorrenziali rispetto a quelle
delle marinerie del
mediterraneo: tuttavia le spese per sostenere le flotte su distanze così enormi
e
per condurre difficili
guerre per debellare la concorrenza araba finirono con il sorpassare gli utili
stessi
anche se si tiene
presente che poi un maggiore afflusso di merci finiva con farne diminuire il
prezzo.
L’impero portoghese, infatti, in realtà non portò benefici duraturi al
Portogallo, anzi in qualche modocontributi alla sua decadenza .
D’altra parte le scoperte geografiche non portarono grandi vantaggi economici a
nessuna nazione,
almeno nel breve periodo.
Solo un caso fortuito fece per qualche tempo ricca la
Spagna: infatti in
America si trovarono quei metalli, oro e argento, che in Europa venivano usati
come moneta di
scambio per la loro rarità: ma in America essi erano molto più comuni e non
usati per la monetazione.
Per questo i Conquistadores e la Spagna si arricchirono ma era pure ricchezza
momentanea in quanto
solamente monetaria e svanì presto lasciando la Spagna più povera di prima.
Le nazioni europee in seguito alle esplorazioni conquistarono immensi territori,
soprattutto nelle
Americhe. Tuttavia si trattava di territori abitati da popoli piuttosto
primitivi: anche le civiltà amerinde
del Perù e del Messico, per quanto evolute, erano tuttavia indietro di millenni
rispetto all’Europa.
La formazione di imperi coloniali fu anche esso un imprevisto per l’Europa: solo
nell’800 invece le
potenze europee si mossero proprio per crearsi imperi coloniali, anche in paesi
di antiche civiltà come
quelli islamici e indiani e infine anche nella stessa Cina che comunque non
riuscirono mai a conquistare.
La spedizione cinese di Cheng Ho aveva invece proprio per scopo principale di
stabilire la egemonia su
tutti i popoli .
D’altra parte le esplorazioni europee furono essenzialmente opere di privati,
spesso stranieri. Lo stato
si limitava a patrocinarle, ad autorizzarle, qualche volta a finanziarle: ma
quelli che si muovevano erano
soprattutto dei privati mossi dall’ansia di arricchirsi o comunque del successo
personale. Solo in un
secondo tempo gli stati intervenivano direttamente. Ad esempio, fino alla
seconda meta dell’800, i
domini inglesi in India appartenevano a un ente privato, la “Compagnia
britannica delle indie” e non
alla corona.
I viaggi Cinesi invece erano propriamente una espressione dello stato, guidati
da un fiduciario
personale dell’imperatore, organizzata da funzionari dello stato e tutto a spese
comunque dello stato: i
mercanti si aggregarono, ma solo in funzione secondaria.
In conclusione ci pare priva di fondamento l’idea che le imprese di Cheng Ho,
anche se fossero state
continuate, avrebbero portato la Cina al predominio nei mari e quindi sulle
terre in tutto il mondo:
l’idea di conquistare il resto del mondo era del tutto fuori della cultura
cinese perché per essa il resto
del mondo era senza valore. Solo nell’800 i Cinesi si accorsero, con stupito
dolore, che gli europei non
erano i soliti barbari incivili come tanti, precedentemente, nella millenaria
storia della Cina .
Tuttavia bisogna considerare pure che se i Cinesi avessero mantenuto la loro
egemonia nell’Oceano
Indiano i Portoghesi si sarebbero trovati di fronte a una grande potenza e non
avrebbero potuto cosi
facilmente istaurare un loro predominio in quei mari.
Un ex ufficiale di marina inglese, Gavin Menzies, ha nel 2002 sostenuto in
articoli vari e in un libro dal
tiololo,“1421: The Year China Discovered the World” , che Cheng Ho avrebbe anche
raggiunto e
esplorato l’America: si ipotizza pure che una carta di Zeng He sia arrivata, a
mezzo di mercanti italiani,
fino ai Portoghesi che si sarebbero basati quindi su queste notizie per i propri
viaggi.
L’affermazione si basa su un mappamondo cinese ritenuto dell’ epoca di Cheng Ho
nel quale appare
anche il disegno delle coste americane.
La
tesi non solo non ha alcun fondamento ma appare assolutamente assurda ed
è stata rigettata da
tutti gli esperti, sia europei che Cinesi , ed è veramente sorprendente che
abbia ricevuta tanta
attenzione. Innanzitutto il mappamondo è una evidente copia cinese del 700 di
una carta europea:
appare addirittura la dicitura “America” che secondo l’autore sarebbe stata
aggiunta in seguito.
Appaiono chiaramente i contorni di tutto il continente americano, cosa
assolutamente inconcepibile
anche se Cheng Ho avesse veramente, come ipotizza il fantasioso autore,
oltrepassato il Capo di Buona
Speranza e raggiunto in qualche punto il continente americano.
D’altra parte, come abbiamo visto, un resoconto di tutte le terre visitate fu
redatto da Ma Huan e non si
vede perchè questi avrebbe dovuto tacere di una scoperta cosi importante. A
parte tutto però la
scoperta dell’America contraddirebbe proprio il senso dei viaggi di Cheng Ho:
come abbiamo visto i
Cinesi non intendevano affatto scoprire nuove terre ma stabilire una egemonia
sulle terre già
conosciute: se avessero voluto scoprire nuove terre non si sarebbero dirette
verso occidente ma ad est
inoltrandosi nell’Oceano Pacifico: in questo caso di terre ne avrebbero
scoperte tante e avrebbero
prima o dopo raggiunto anche le Americhe.
Ma come abbiamo visto, i Cinesi non erano interessati al mondo al di là della
Cina che, secondo la loro
concezione, non poteva avere nulla di interessante
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