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Mutande
Nonostante la
loro indiscussa utilità, nel corso dei secoli, le mutande hanno avuto
alterna fortuna.
Gli antichi Romani non le indossavano.
Solo in alcuni casi, per fare attività fisica e come costume da bagno, si accontentavano
della subligatula (da subligare, cioè legare sotto), un pezzo di stoffa
con un capo che cingeva la vita e l’altro che passava in mezzo alle
gambe. E i Greci non si ponevano neppure il problema di coprire le parti
intime; anzi, almeno in giovinezza le ostentavano. Da adulti indossavano
la tunica, ma sotto le donne erano nude mentre gli uomini, a volte,
indossavano un perizoma. E a letto si andava rigorosamente nudi.
Biancheria intima e lingerie: la storia nei secoli
BRIGLIE DA CULO. Nel Medioevo le notizie sulla moda intima diventano
scarne e contraddittorie. È comunque in questa epoca che nasce il
termine mutanda, che deriva dal latino medievale mutare, che significa
“ciò che si deve cambiare”.
Gli
storici raccontano che la svolta
avvenne nel ’500, con Caterina de’ Medici, moglie di re Enrico II di
Francia.
Donna fantasiosa, innovativa e piuttosto libertina,
introdusse un modo originale di cavalcare, con il piede sinistro nella
staffa e la gamba destra orizzontale sull’arcione. In questo modo però
si rischiava di mostrare più del dovuto. Per questo Caterina introdusse
l’uso di mutande strette e attillate di cotone o fustagno. L’indumento,
chiamato “briglie da culo”, prese subito piede tra le nobildonne di
Francia e degli ambienti nobiliari europei, ma degenerò altrettanto in
fretta in forme così lussuose e stravaganti, persino in tessuti d’oro e
d’argento, da suonare peccaminoso. Da fine capo per nobildonne, le
mutande diventarono così uno strumento di lussuria, bandiera delle
prostitute.
Con il nome di braghesse, lunghe fino al ginocchio,
le mutande arrivarono alle cortigiane di Venezia, alle quali furono imposte dalle
autorità per ragioni di decoro. La Chiesa da un lato
le osteggiava, reputandole un capo libidinoso, dall’altro le invocava
per coprire le pudenda nei dipinti scabrosi. Daniele da Volterra,
pittore del ’500 di notevole valore, allievo di Michelangelo, è passato
suo malgrado alla storia come “il Braghettone” per essere stato
incaricato da papa Paolo IV di coprire le nudità presenti nel Giudizio
universale michelangiolesco della Cappella Sistina a Roma.
Così le mutande persero popolarità: all’inizio del ’700, si stima, le
indossavano solo 3 nobildonne su 100. Il loro ritorno definitivo si
colloca all’inizio dell’800, ed è legato all’avvento delle crinoline, le
gabbie da infilare sotto la gonna; era necessario indossare qualcosa
sotto che salvasse il pudore in caso di colpi di vento o scale ripide…
Il resto è storia recente. Il dibattito sulle mutandine è passato
dall’indossarle o meno a come dovessero essere, in termini di colori e
tessuti. Nel corso del tempo le mutande si sono evolute, arricchendosi
di nuovi modelli, materiali innovativi, tecnologie d’avanguardia e
colori di moda.
Dal passato relativamente recente giungono aneddoti curiosi: per esempio
a Parigi, nel secondo Dopoguerra, non tutte le ragazze che andavano a
ballare nei locali potevano permettersele. E quindi vi erano mutandine
“collettive” dietro il bancone che potevano essere indossate a turno
dalle clienti.
Dagli anni ’60-’70 gli slip sono entrati a pieno diritto nel vorticoso
giro della moda.
A proposito: il termine slip (dall’inglese to slip, far scivolare,
infilarsi) appare per la prima volta nel 1906, per indicare mutande
corte e aderenti (cioè che non si allungano sulle cosce) adatte
soprattutto agli sportivi.
ARRIVANO I BOXER. La tendenza è stata di ridurre le dimensioni
dell’indumento, ma anche su questo aspetto ci sono stati corsi e
ricorsi. E se da un lato negli anni ’70 sono apparsi, probabilmente in
Brasile, i primi ridottissimi tanga, dall’altro negli anni ’80 gli
stilisti hanno riesumato per gli uomini le mutande a calzoncino: i
boxer. Che si chiamano così perché richiamano le brache dei pugili;
anche se mutande lunghe con un elastico in vita invece della
tradizionale cinghia erano già state proposte negli anni ’20.
Oggi i boxer, in una versione più corta, sono utilizzati dagli
adolescenti che intenzionalmente mettono in mostra la biancheria intima
con pantaloni a vita molto bassa. Inizialmente i boxer maschili furono
anche appoggiati dalla scienza: alcuni studi degli inizi degli anni ’90
sostenevano infatti che permettevano un più efficace raffreddamento dei
testicoli e di conseguenza un miglioramento della qualità dello sperma.
Altre ricerche successive non hanno però mostrato correlazione tra
l’indossare i boxer e la fertilità.Per
entrami i sessi le mutande devono essere di fibre
naturali: cotone,
seta, lino... Prevengono gli sfregamenti e preservano una zona in cui vi
sono cute e mucose delicate. Le fibre artificiali invece possono creare
problemi, come le allergie.
Sul fronte femminile, per contro, gli anni ’90 hanno visto il boom delle
vendite di tanga e perizomi. Per produrre un perizoma si parte da un tessuto di
21 x 25 cm, per una normale culotte che copre fianchi e glutei da un
tessuto di 62 x 44 cm, cioè circa 5 volte più grande.
Gli anni ’90 sono anche quelli degli
eccessi: dagli Usa arrivano gli slip che si possono mangiare,
aromatizzati in vari gusti. Il Giappone nel 1993 fu invece costretto a
varare una legge che impedisse di vendere in distributori automatici per
strada gli slip usati delle studentesse (con tanto di foto della
proprietaria), articoli che comunque nel Paese del Sol Levante hanno
ancora un mercato sotterraneo. E che evidentemente sono richiesti anche
da noi, visti i siti internet nostrani che li propongono.
Ci sono almeno due giorni in cui può capitare di trovare gente in
mutande sulla metropolitana. Il primo è a gennaio, in occasione del No
pants Subway Ride, un'iniziativa stravagante promossa dagli amanti del
metrò. Il secondo è il No Pants Day, la festa senza pantaloni, celebrata
in vari Paesi il primo venerdì di maggio.
Ai nostri giorni, sempre dal Giappone, arrivano
anche le mutande anti peti , agghiaccianti bragoni contenitivi
realizzati con un tessuto in poliuretano e nylon che trattiene l’aria e
che accumula i gas maleodoranti in un’opportuna tasca dove sono
“ripuliti” grazie a un filtro ai carboni attivi. Nel 1995 appare anche
la mutanda che alza il sedere, il corrispettivo dell’analogo indumento
per il seno. Valentino propone uno slip maschile imbottito davanti, e
Calvin Klein una linea di boxer per arrotondare i fianchi e ingrossare
il “davanti”.
Ma forse la mutanda meritava una degna collocazione, e per questo nel
2009 è nato a Bruxelles un museo apposito. Il controverso artista belga
Jan Bucquoy ha raccolto e messo in cornice una dozzina di slip
appartenenti a personaggi belgi di rilievo.
Quando un paio di anni fa
si è parlato di un analogo museo a San Marino, la proposta è affondata
nelle polemiche. |
Perizoma
Come il perizoma,
comodissimo per le donne, nacque in realtà per lui.
Genesi dell'indumento
intimo più piccolo e super partes della storia
No, non era per le
donne.
Tessuto qb.
Quanto
basta a coprire il minimo indispensabile. Biancheria intima preferita
dalla stragrande maggioranza delle donne che la ritengono comodissima, il perizoma in realtà nacque con scopi tutt'altro che di praticità.
E nemmeno per mettere in evidenza silhouette toniche sotto abiti attillatissimi. Ebbene no, il perizoma nacque praticamente insieme
all'uomo. Fu, infatti, il primo indumento pensato per riparare i
genitali dei combattenti, uomini combattenti. I quali, infatti, per
proteggere la propria intimità da qualsivoglia aggressione, inserivano
nella parte anteriore di questo proto-slip una sorta di conchiglia.
Nell'antico Egitto il perizoma, intimo indossato per
tenere a riparo i "gioielli" dell'epoca, era una struttura di pelle
animale e fibre vegetali. Indumento usato anche dalle popolazioni
minoica e micenea intorno al 1570 a. C., dai lottatori di sumo nel VI
secolo d.C. e dagli atleti nel 1800.
Solo nel 1939 il perizoma venne
indossato da una donna, nello specifico da una ballerina di burlesque.
La danseuse in questione è Jennie Lee che, in occasione del The World's
Fair e per volere del sindaco di New York di allora Fiorello La Guardia,
danzò con i glutei ben in vista.
Fu, però, solo dagli
anni 60 che la biancheria intima cominciò a "rimpicciolirsi". Negli anni
70 il perizoma fece il suo ingresso trionfale nelle spiagge, ma fu nel
1975 che Lisa Taylor e Jerry Hall vennero immortalate da Helmut Lang con
un costume intero a perizoma. Negli anni 80 poi fu Cher, in particolare
nel video di If I Could Turn Back Time, a rendere questa lingerie in
formato mini parte integrante della cultura pop.
Nel 1998 Monica
Lewinsky mostrò, galeotti dei pantaloni a vita troppo bassa, una parte
della sua biancheria intima, nello specifico un perizoma, quella T che
emergerà dal jeans per tutti gli anni 2000.
Oggi il perizoma,
nonostante i suoi effetti quasi deleteri, è lo slip considerato più
comodo dal sesso femminile. Non importa se indossarlo alzi il livello di
malattie intime (e odori intimi).
Non importa se c'è chi addirittura ha
ringraziato per il ritorno delle mutande della nonna (versione couture).
C'è chi prova a glissare l'argomento trovando iper-sensuali le mutandine
"cocotte" francesi e cerca di dimenticare quel primo indumento intimo
della storia. Ma se c'è uno zoccolo duro di donne che ama il perizoma il
motivo forse è da cercare nel fatto che il perizoma è la prima conquista
femminile dell'armadio, sexi e comodissima.
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Tanga
Il nome tanga deriva
da quello di un ornamento tipico delle tribù del Brasile Settentrionale.
Ancora oggi viene utilizzato da alcuni gruppi abitanti alla foce del Rio
delle Amazzoni, ma è molto diverso rispetto al successore moderno.
Il
tanga ‘primitivo’ è costituito da una placchetta di ceramica a forma
triangolare tenuta sospesa da una cordicella passante per due fori
praticati lungo la base, quindi il fianco dell'indumento è praticamente
inesistente.
Sia in versione
lingerie sia costume da bagno, il tanga ha riscosso grande successo
diventando un capo di abbigliamento indispensabile nell’armadio di ogni
donna.
Spesso confuso con il perizoma, slip con una parte posteriore
talmente sottile che può essere costituita anche da un semplice
cordoncino, nel tanga, invece, il lato b è più consistente non lasciando
il sedere del tutto scoperto, inoltre il tanga è molto più sgambato
tanto da essere quasi inesistente sui fianchi.
Il tanga come indumento che è ancora
oggi sinonimo di scandalo.
Secondo la storia non
ufficiale la vera madre del tanga è Rose di Primo, modella brasiliana di
origine italiana, che in occasione
di una festa in spiaggia, ridusse ai minimi termini il suo costume per
far in modo che tutti gli occhi fossero puntati su di lei.
Nel giro di
pochi giorni la moda tanga esplose per le spiagge di Rio de Janeiro per
arrivare nel giro di un decennio in California ed essere lanciato
ufficialmente a livello planetario.
La rivoluzione della
modella carioca cambiò la vita a molte donne a cominciare dalla propria.
Due decenni dopo Rose annunciò di essersi fatta suora evangelica,
confessandosi pubblicamente durante una diretta televisiva.
Non importa chi sia
stato il vero ideatore del tanga, quel che conta è che da trent’anni fa
sognare uomini e donne di ogni età!
In Brasile, continua
ancora oggi la gara delle ballerine durante il Carnevale per entrare nel
Guinness dei primati e superare così il record del costume più succinto
- o più inesistente, dipende dai punti di vista.
Nel 2008 la ballerina
e modella brasiliana Viviane Castro aveva indossato un mini tanga di
soli 4 centimetri, entrando così nel Guinness dei primati, ma ottenne
anche una sanzione per violazione della pubblica decenza. Penserete che
non sia possibile battere il record di 4 centimetri di mutandina,
eppure, nel 2009 Dani Sperle indossò un tanga di soli 3 centimetri di
stoffa!
Protagonista non solo
delle spiagge, ma anche del underwear il tanga viene usato sotto i
vestiti ultra aderenti per non disturbare la linea degli abiti.
A fine
anni ’90, con l’arrivo del pantaloni a vita bassa, il tanga diventa un
intimo indispensabile per mostrarlo dai jeans, un must: pantaloni a vita
ultra bassa dai quali un tanga colorato o animalier usciva sul lato b e
sui fianchi.
Nonostante il grande
successo del passato, negli ultimi anni il tanga è caduto nel
dimenticatoio, diventando sinonimo di mancanza di classe e ad ignorarlo
sono proprio gli stilisti.
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Calze
La storia dei calzini
inizia presto, infatti occorre tornare indietro all'antico periodo
assiro (1800 a. C. – 1350 a. C.) per poter incontrare i primi esempi di
pantaloni simili a calze. Quei calzoni non avevano molto in comune con
gli odierni collant: infatti non erano lavorati a maglia ma venivano
realizzati cucendo un pezzo di stoffa.
Nell'età dei faraoni (1400 a. C.
– 950 a. C.), invece, si conoscevano già i calzini realizzati con
lavorazione tubolare. I romani, così come altre popolazioni, indossavano
dei calzini di lana per cavalcare, mentre le raffigurazioni sui vasi di
origine greca testimoniano l'utilizzo di pantaloni simili alle calze e
aderenti alle gambe.
Sporadicamente, a
partire dal VII secolo, cominciavano a comparire i calzini lavorati a
maglia. Tuttavia, ancora nel XIII secolo, i calzini realizzati di questo
tipo erano noti soltanto in Italia, mentre nel resto dell'Europa si
utilizzavano esclusivamente le calze in tessuto.
Pare però che anche
Enrico IV (1367-1413), re d'Inghilterra, abbia indossato calzini di lana
lavorati a maglia.
Nel corso del XV
secolo si cominciarono a cucire calze di lana e anche di pelle, per
realizzare una sorta di collant aderenti alle gambe. Particolarmente
predilette erano le calze e i collant in scarlatto elastico, un filato
di lana di alto pregio.
L'usanza
di indossare calze di due colori
diversi era segno di eleganza e raffinatezza.
Gradualmente, verso il XVI secolo, fecero la
loro prima comparsa le calze in seta cucite e, più tardi, lavorate a
maglia.
I collant vennero divisi nuovamente in calzini e pantaloni.
Grazie all'arte del ricamo, le calze di seta ornate d'oro diventarono
accessori di elevato pregio per la nobiltà.
Nell'anno 1589
l'inglese William Lee costruì il primo telaio per calze, grazie al quale
sarebbe stato possibile realizzare meccanicamente calzini con
lavorazione rettilinea. Fu quello l'inizio vero e proprio della storia
dei calzini lavorati a maglia, sebbene la lavorazione all'inizio fosse
ancora piuttosto grossolana e i calzini non riuscissero a reggere il
confronto con le sottili calze di seta.
I calzini, fino ad allora indossati quasi
esclusivamente dagli uomini, divennero un articolo sempre più ambito
anche dalle donne, grazie all'introduzione di calze alla moda.
Da allora i calzini
passarono a coprire anche i piedi e le gambe delle donne: non era ancora
possibile intravederli, in quanto le gonne erano lunghe fino a terra. La
moda delle calze femminili ebbe inizio nel 1720, quando fece la sua
comparsa la crinolina.
I calzini
bianchi venivano tenuti fermi con apposite giarrettiere al di sotto o al
di sopra del ginocchio.
La comparsa dei pantaloni lunghi all'epoca della
Rivoluzione Francese decretò, dopo secoli di supremazia, la fine delle
calze da uomo, da allora non più visibili.
Alla fine del XVIII secolo
negli ambienti di corte tornarono nuovamente in auge i collant, con
raffinati ricami di gusto maschile, che tuttavia non riuscirono a
imporsi come una nuova moda.
Invece, nel XIX secolo, questo capo di
abbigliamento fino ad allora riservato esclusivamente agli uomini,
diventa appannaggio delle donne.
Nel 1866 l'americano Lamb costruì la
prima macchina per maglieria facilmente utilizzabile. La produzione
giornaliera era pari a dieci paia di calze lunghe per donna o venti paia
di calzini da uomo.
La nascita del nylon e delle calze di nylon.
Fu nel 1935 che Wallace Hume Carothers scoprì il nylon. Carothers
depositò la sua domanda di brevetto nel 1937, ma solo venti giorni dopo
egli si suicidò, perdendo così l'occasione di godersi il successo
ottenuto dalla sua invenzione e per vedere le donne indossare le calze
fully fashioned.
Il termine "nylon" deriva dalla parola "No-Run" (non si smaglia), come i
ricercatori avevano scelto di chiamare il loro nuovo prodotto. Dato che
il settore pubblicità della DuPont non era convinto di questo nome,
inizialmente si pensò di invertire le vocali ("Nuron") e poi di cambiare
ulteriormente la parola in "Nulon".
Tuttavia, in base ad alcune
considerazioni relative alla legge sulla protezione del marchio non fu
permesso di utilizzare questo nome, pertanto si continuò a cercare
finché si approdò al nome "Nylon".
La ditta DuPont pubblicizzò la sua
invenzione già a partire dal 1938 e mise in luce un suo possibile
utilizzo per le calze da donna. Il 24 ottobre 1939 le prime calze di
nylon fecero il loro ingresso sul mercato. Le 4000 paia di calze di
nylon prodotte per eseguire il test di prova vennero vendute in sole tre
ore. Solo dopo questa vendita di prova, il 15 maggio 1940 ebbe inizio la
vendita ufficiale in tutto il Paese. Nei primi quattro giorni vennero
venduti 4 milioni di paia di calze.
Dopo il 1942, ossia dopo l'ingresso degli Stati Uniti nel secondo
conflitto mondiale, il nylon assunse un nuovo ruolo. Grazie alla sua
resistenza, suscitò l'interesse delle forze armate, tanto che per la
produzione di calze venne utilizzato quasi esclusivamente il nylon. Le
calze di nylon diventarono così una merce rara, utilizzata sul mercato
nero come moneta di scambio.
Meno nota è la contemporaneità della scoperta del poliammide negli Stati
Uniti, dove assunse il nome di nylon, e in Germania, dove il nuovo
prodotto venne chiamato Perlon. Tuttavia, mentre il gruppo IG Farben,
produttore del Perlon in Germania, venne smantellato dagli Alleati dopo
la fine della guerra e le fabbriche di Perlon vennero chiuse, le calze
fully fashioned cominciarono la loro marcia trionfale a partire dagli
Stati Uniti.
Nel 1945 la produzione e la vendita delle calze di nylon
prese un nuovo slancio: a New York in sole sei ore ne vennero vendute
oltre 50.000 paia!
La calza di nylon diventò così un accessorio
irrinunciabile per modelle e attrici. Bellezze hollywoodiane come R. Hayworth o J. Russel mostravano quanto fossero belle le gambe delle
donne se si indossavano le calze di nylon. Il produttore di calze "Opal"
si assicurò i diritti del concorso per la scelta della Miss e regalò a
Miss Germania ben 50 paia delle adorate calze. All'inizio, le calze
avevano uno spessore compreso tra i 70 e 40 denari, che si ridusse in
maniera relativamente veloce fino ad ottenere, intorno al 1950, calze
con una trasparenza pari a 10 denari.
Negli anni '50 e '60 il nylon ha conosciuto tassi di crescita
eccezionali. Indossare le calze di nylon con l'inconfondibile cucitura
diventò un simbolo dei tempi. Quando però vennero introdotte le macchine
per maglieria tubolare, le calze persero ben presto questa loro
caratteristica distintiva.
Nel 1959 la ditta DuPont fece brevettare l'elastane con il nome "Lycra".
L'elastane ha la proprietà di allungarsi fino a quattro volte la
lunghezza originaria senza perdere la propria forma. Utilizzando il
nylon e la lycra insieme è stato possibile, intorno al 1960, produrre i
primi collant di nylon.
Il vantaggio dei collant è rappresentato dalla
scomparsa del reggicalze, fino a quel momento indispensabile.
La
comparsa della minigonna favorì naturalmente questo cambiamento e fino
agli anni '70 le giarrettiere praticamente scomparirono per essere
sostituite dai collant. A partire dalla fine degli anni '90, tuttavia,
la domanda di collant diminuì sensibilmente. Tra i produttori molti
abbandonarono il campo. Questa fase di ribasso era dovuta, da un lato,
alla comparsa di tessuti sempre più resistenti rispetto al nylon e alla
lycra, e dall'altro alle nuove abitudini assunte dalle donne nel
vestirsi (calzini sportivi al posto dei collant di nylon, pantaloni al
posto delle gonne). Al momento il mercato sembra essersi stabilizzato e
le donne sembrano aver di nuovo scoperto che le calze sono un simbolo di
femminilità.
È la donna che fa della calza ciò che essa è.
Questo
morbido tessuto avvolge con delicatezza le gambe nude delle donne. La
sua brillantezza e la forma allungano le gambe e attirano gli sguardi.
Che sia di tendenza, classico, discreto o all'avanguardia, un bel paio
di collant rimane il modo migliore per mettere in mostra le proprie gambe.
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seamless
Cosa
possono avere in comune calze, collant, leggings, costumi e biancheria
intima? La risposta è semplice: sono tutti capi d’abbigliamento
cosiddetti ‘seamless’, ovvero ‘senza cuciture’.
Il
risultato? Prodotti dagli indiscussi vantaggi estetici e dalla perfetta
vestibilità, che al giorno d’oggi sono sempre più apprezzati dai
consumatori e quindi richiesti sul mercato. Ma, com’è facile immaginare,
la produzione di capi di abbigliamento di questo genere necessita di
macchinari particolari che, utilizzando la cosiddetta ‘tecnologia del
seamless’, eliminano quasi completamente il bisogno di produrre e poi
cucire parti di tessuto.
Con una storia iniziata quasi un
secolo fa nell’ambito della produzione di macchine circolari per calze
da uomo e da donna, l'abbigliamento seamless sportivo, tecnico, da mare, maglieria, intimo, medicale e
modellante ha sostituito quasi interamente la precedente tecnica di
produzione
Alla
moda, classico o funzionale, il design e lo sviluppo delle
collezioni seamless donna/uomo realizzano oggetti sofisticati come i boxer più costosi del mondo o degli slip in grado
di proteggere gli uomini dalle radiazioni dei cellulari.
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